Diamo spazio sul Sito web della Diocesi ad un'iniziativa dell'UNILIT - Università Libera Itinerante che ricorda un nostro prete: don Amato Cini.
Il luogo dell'evento è il Circolo ACLI - Centro Universitario di Urbino (piazza Rinascimento, 7) e si terrà domani venerdì 26 febbraio ad iniziare dalle ore 16,30.
A questo link potete visionare il programma.


Don Amato Cini (Fermignano 4 marzo 1919 – Urbino 27 novembre 1987) ha vissuto con la poesia o meglio la poesia ha indirizzato il suo mondo culturale e spirituale legato al suo ambiente d’origine ed alla sua formazione. E’ nato ed è cresciuto nel mondo agricolo di Limara (termine complesso per zona franosa o acquitrinosa, suggerisce il linguista Sanzio Balducci), una casa padronale ora scomparsa, il luogo dei Cini da più di cinque secoli a Fermignano nella riva destra del Metauro vicino alla Pieve di San Silvano.
Oggi quella pieve è quasi totalmente distrutta, la canonica che era stata scuola elementare di campagna dall’unità d’Italia per più di un secolo è stata restaurata per realizzare un agriturismo che non riesce a decollare. Quella contrada sacra e popolare del medioevo, continuamente rianimata nella rete delle pievi della piana verso Urbania e delle cappelle carolingie verso il Furlo e il Tarugo, continua ad essere affascinante per il paesaggio agricolo e invitante per la vita sociale e la dimensione spirituale.
Da quell’ambiente, da quel mondo magico, Amato Cini è passato al seminario di Urbino per intraprendere la sua formazione al sacerdozio diocesano. Ha studiato in un ambiente stimolante, ricco di giovani che erano stati formati, fra le due guerre, dai preti murriani che venivano dalla Romagna - Bagnacavallo nella diocesi di Faenza - portati da mons. Valentini, direttore del seminario diocesano e vicario generale urbinate (fra gli altri don Gino Ceccarini, don Italo Mancini, don Ferminio Poggiaspalla, don Ugo Del Moro, don Licio Guidi poi parroco della pieve di San Silvano). La poesia e la bellezza indirizzano il suo immaginario intellettuale e di lettura della realtà spirituale e sociale: nelle sue prime poesie dominano la campagna di San Silvano e la situazione bellica e della ricostruzione, è un poeta un po’ enragé.
Don Amato viene consacrato prete nella chiesa di Santa Veneranda il 23 luglio 1943 alle 7 del mattino, in un periodo di sofferenze per i morti nella guerra in pieno disastro e per la povertà della gente (un fratello giovane è mobilitato nei Balcani e tornerà allora gravemente malato). La prima Messa di don Amato sempre a Santa Veneranda è il 26 luglio 1943 alle ore 11, nel giorno nuovo dell’Italia: arresto di Mussolini e caduta del fascismo. I documenti che abbiamo parlano dell’organizzazione dell’ordinazione, non dei giorni che seguono. Si esultava per la fine della guerra e per il volto nuovo dell’ordine sociale. Don Amato era coinvolto in quel contesto. Anche se è “prete di Dio e del Popolo” (Cf.Un nuovo Sacerdote del Signore: D. Amato Cini”, “La Voce del Pastore”, Fermignano, Luglio 1943.), non è un prete orientato alla politica, come don Gino Ceccarini, ma alla cultura ed alla poesia con prospettive ecclesiali (l’insegnamento nel seminario diocesano e poi regionale di Fano). Il mondo che cerchiamo di interrogare è espresso nei testi letterari, che interpretano la nuova situazione sociale.
I libri di poesia sono nove: il primo nel 1957 e l’ultimo postumo nel 1989, due anni dopo la morte. a cura del nipote Abramo Cini, che vive a Milano (un convegno l’abbiamo organizzato il 25 febbraio 1988 al Circolo Acli-Centro Universitario, relatori don Italo Mancini, Giorgio Savorelli, Umberto Piersanti, Gastone Mosci e don Ugo Del Moro). La prima attività editoriale è collegata all’Editore Guido Miano di Milano: il suo primo libro, “Le rive del tempo” viene pubblicato nel 1957, opera n. 2 della Collana “Quaderni di nuova poesia”, subito dopo il primo volume della antologia, dove era inserito, dei “Poeti italiani del Secondo Dopoguerra” (Miano 1956) con introduzione di Mario Apollonio - già docente di lettere e teatro a Urbino portato da Carlo Bo alla fine della guerra – aperta ai giovani poeti formatisi nelle vicende belliche. Cini viene così presentato dall’editore: “Scoprire un poeta nuovo costituisce ancora per noi un atto di fede nella vitalità disinvolta e suggestiva della poesia moderna. (…) incluso per certi suoi toni del tutto inediti di assorto smarrimento, di nuda introspezione, percettibili e densi, per quella sua vigilanza sicura dello stile.” Ed ancora: narra “la sua verità di uomo”, “è come se avesse scavato ogni giorno in sé il dolore tutto nostro dell’esistere…”. Scrive Cini: “Io sono angoscia necessaria: / mio tormento / è non spegnermi mai.” (p. 18). Un cenno la poesia “L’urlo delle metropoli” (pp. 28-9), “Il mare si stanca” (p. 30). Prendono forma i suoi temi preferiti, vocaboli di senso e di passione poetica: il vento è la vita che guida, il sogno è il desiderio della polis e della cittadinanza, e la speranza è il canto religioso profondo, di fede.
Il secondo libro, “Non è giorno ancora” (Miano 1959), 36 poesie, stessa impaginazione, non visione intimista ma quotidianità pacificata, attesa di tempi di luce, “i giorni dei fiori”.
Il terzo libro, “Vento e rocce” (Miano 1962, porta la premessa di Giovanni Cristini, 38 testi, impaginazione più controllata. Dice Cristini: l’aspetto esistenziale cresce, diventa un itinerario, un “cammino” con due riferimenti forti, due temi-simboli, il vento e la roccia. Il vento è legato al dialogo notturno di Gesù con Nicodemo (“Lo spirito soffia dove vuole, e tu non sai donde venga e dove vada, ma ne odi il suono…; la roccia è il luogo solido, “scenario in cui si svolge una drammatica ricerca.”. Come “il cervo sui monti / di roccia in roccia / imparo che tutto è sentiero”.
E’ il vento la mia speranza” . Conclude Cristini; “Il vento sgretola la roccia; la speranza, e sia pure una speranza gridata, ha vinto la disperazione”.
Il quarto libro, “Cadenze del Tempo Penultimo” (Omnia Editrice Roma 1965), presentazione di Anna Lo Monaco Aprile, quattro parti 37 testi
Il quinto libro, “Un difficile Dio” (Ca’ Spinello 1977), un libro d’artista delle splendide edizioni d’arte di Walter Piacesi, squadernato, cinque fogli di rosaspina, cm. 18x13, si compone di venti poesie di Amato Cini, della premessa del filosofo Italo Mancini, di quattro incisioni (Natura morta mm. 38x98, Piante con casa mm. 125x75, Ricordo di una scampagnata Giugno ‘69 mm. 115x53, Donna nella siepe mm. 100x30), es. 30/75, grafica Alberto Bernini, Age.