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IX°  Concorso  2009  Agenda 2010
PARTE ANTOLOGICA

Tutti gli autori dialettali

 

       Vitaliano Angelini

In viagg per Roma

ESTAT

URBIN

EL VENT
 

       Zeno Fortini

A mia madre

Quand’ero piccolo

flagello umano

Nell’acqua pura di sorgente

Notte senza rugiada

Ad Alberto Luminati

Se io fossi

Frammento

Spazio

Semiramide

Ragazza ingrata

Nell’aula del Parnaso
 

       Ludius Anonimo

INQUIETUDINE

DELUSIONE

DISTACCO

LA PRIMAVERA D'NA VOLTA

SOLITUDINE

UN PENSIER TUTT PER TE
 

      Luigi Colocci

L'AMICO LUCA (detto FURO)

 

Sono stati omessi da questa WEB Antologia rispetto al cartaceo i testi dei seguenti autori, perchè già riportati nelle edizioni precedenti edizioni:

Renzo De Scrilli: Concorso 3

Don Ciro Scarlatti: Concorso 2

Michele Gianotti: Concorso 3

 

 

 

 

VITALIANO ANGELINI

Vitaliano Angelini, uno degli esponenti di spicco nel panorama dell'arte contemporanea italiana, produce arte da più di 50 anni. Gli esperti definiscono il suo stile come una miscela di realismo critico, astrazione ed espressionismo, e i mezzi espressivi cui fa ricorso sono ancora più eclettici. Ma, in sostanza, Angelini è un uomo che appartiene soltanto a due mondi. Come la città in cui vive, Urbino, una città del XVI secolo inserita in un contesto del XXI secolo, la sua arte è nota per la sua fusione unica, spesso sottile, tra ideali rinascimentali e modernità.
(Sunny Thao)     
NOW magazine Usa -2011-2012

 

 

In viagg per Roma

di Vitaliano Angelini

 

È ‘na  question de civiltà,

un pensier

ch’ c’ha la voia

dl’anima

e l’immalincunisc.

 

In tel barluginè dla matina,

tra le nebbia, canta la radio

mentre la corriera

veloc va vers Roma.

Ritmicament, a turne,

i pensier, le preocupasion

me passen per la testa.

 

Un’idea del mond

diversa, nova,

ch’se scontra

sa la banalità de tutt i giorne,

sa'l mod d’intenda la vita.

 

All’improvis me vien in ment

la tu pell

liscia e morbida

a tocalla.

È com un sogn,

un’utopia dla vita

ch’m’incanta.

 

In t’un ‘sta gran tristessa,

in t’un ‘sta solitudin,

el sol s’ fa veda a sbals

e fòra sta gran nebbia.

È com se se preocupassa de noialtre.

  

C’ho na gran smania dentra.

 

 

INIZIO PAGINA

 

 

ESTAT

di Vitaliano Angelini

 

 Ha lasciat gì da tirè el vènt

e in tl’aria azurina c'è ancora

qualche strefne bianch

ch’sembra pitturat.

Adess le betulle e i ciprèss

en c’han piò i stremuliss,

nemen i piòp

che giò ma'l fòss

fann compagnìa

ma un fiumicin pcin pcin,

che adèss c’è e po’ en c’è

e lascia asciut el lètt

do’ le bisciulin de prat

e le lucertol giocheran tutta l’estat,

……………………………………

come facevam ‘na volta da burdei

 

 

INIZIO PAGINA

 

 

 URBIN

di Vitaliano Angelini

 

Paesagg straordinari

dò’ l’aria cambia dan minut a clatre

l’atmosfera se sciòi;

un post che sfurmicola d’ni cosa,

do’ ch’en c’è sfogh

e tutt  rischia da scoppiè.

 

“In Urbin pòl capitè l’assurd;

l’incredibbil, è acèttabbil, acèttat….”

 

T’artrovi insiém di ritme strani,

morbidi e asciutti

per el gust del contrari,

se compiac del contrast ‘sta città,

cè prova gust:

la luce gambia continuament.

 

In tun  ’sti grand spasi

en s’riesc a dì

la realtà material dle còs:

 

tension ch’en lascne mai gì,

scattne all’infinit

e la volontà en le decid

e manca le controlla.

.

Le linee, le forme di palass,

dle colin, di mont,

t’el spasi luminos,                      

in t'el sguissè continue,

tra la luc e l’ombra,

se spèrden, scomparne

e arcomparen sensa fin.

 

Per tutta ‘sta belessa

me se stremulissa l’anima.

 

 

INIZIO PAGINA

 

 

EL VENT

di Vitaliano Angelini

 

Com quand

el vent

fischia

tra le serand

un stremuliss

me corr

giò per la schiena,

se te pens.

Alora

m’artornen in tla ment

le suposision,

le emosion,

le sensasion,

ch’avem provat

e avem vissut.

Tutt tremolant

tra le serand

è el vent

che sopra la tu pell

vola

e dventen

piò vivi

tutt i color.

 

INIZIO PAGINA

 

 

 

 

 

Zeno Fortini

 


Nato a Barchi (PU), si é formato in Urbino dove vive e dove é stato professore e preside nelle scuole medie superiori

Poeta e scrittore, é presente in numerose antologie ed é stato inserito nella Storia della Letteratura Italiana del Novecento (edizioni Helicon).

L’ultimo libretto di poesie IL SILLOGISMO E LA MARIELLA – Editrice Montefeltro, Urbino, ha ricevuto l’elogio dell’illustre Critico Letterario, Prof. Giorgio Squarotti

 

 

 

A MIA MADRE

di Zeno Fortini

 

Ho cantato la bellezza e l’amore,

le piante soffuse d’arcobaleno,

nella terra ho ritrovato la leggenda

del tuo nome;

e nel cielo i brividi del tuo amore

m’hanno fatto vibrare come un virgulto

scosso dalla brezza.

Sei stata sorgiva che zampilla e rinfresca;

i miei nodi si sono disciolti quando ti ho veduta,

nel giaggiolo che s’apre alla rugiada

ti ho sempre di nuovo riconosciuta madre mia,

e ora ti cerco, anche se so che non mi lascerai,

perché nel tramonto è stampato il tuo amore,

nell’amore stilla il tuo candore,

e l’aquila vola con te verso il sole.

 

 

INIZIO PAGINA

 

 

QUANDO ERO PICCOLO

di Zeno Fortini

 

Quando ero piccolo andavo col babbo

a caccia di passerotti.

E io avevo una gran voglia di sparare,

ma non agli uccelli che sono creature del buon Dio.

Si stava nel capanno per quasi tutto l’anno.

Ricordo che una volta,

quando squillarono le campane della santa Pasqua,

io premei il grilletto contro un fantoccio.

Però avevo una gran paura di sparare.

E quando lo feci le campane che squillarono

mi rinfrancarono il cuore.

Ora che son vecchio ricordo con nostalgia quei giorni,

perché erano tempi belli

e non come adesso che si corre tutti ai soldi.

A me bastava sentir trillar gli uccelli:

il pettirosso, il verdone o questi o quelli.

Ma non ti dimentico, babbo Guido,

ma ti ricordo sempre con un sorriso.

 

 

INIZIO PAGINA

 

 

IL FLAGELLO UMANO

di Zeno Fortini

 

Credevo che il flagello umano

fosse la guerra,

ma ciò che affligge questa piccola stanza,

questo granello di sabbia

che noi chiamiamo “Terra”,

non è la guerra,

pur fonte di tanto odio,

ma è la non conoscenza,

o detto in una parola sola

è l’ignoranza.

Perciò sappia, amico lettore,

che la sapienza, quella vera,

pura, seria,

è la sola cosa al mondo

che libera il cuore umano

da tanta cattiveria.

 

 

INIZIO PAGINA

 

 

NELL’ACQUA PURA DI SORGENTE

di Zeno Fortini

 

Dalla nonna Albina io ti ho conosciuta,

giovane ragazza,

che pascolavi e, al sorgere dell’aurora,

cantavi una melodia

che mi stringeva il cuore.

Poi ti immergevi nell’acqua di sorgente,

e risorgevi fresca coi capelli al vento.

Se ora sentissi tutto quello che io sento,

diresti parole care al mio cuore,

che leniscono la malinconia ed il dolore.

Ma mi accontento di rivederti in sogno.

Ora che curi l’intimo del corpo

e passi inosservata fra la gente,

per me resti sempre la ragazza pura di sorgente.

 

 

INIZIO PAGINA

 

 

NOTTE SENZA RUGIADA

di Zeno Fortini     Urbino, 14 Gennaio 2008

 

Notte senza rugiada,

caldo di nebbia,

pianto delle stelle,

perché lei mi ha lasciato,

appoggiato alla ringhiera,

i brividi di freddo con le gocce di nebbia

nel ferro stretto fra le mani.

M’ha consegnato un volto

tagliato dalla luna,

nell’anima mi scende

la sua assenza,

come la lama di un pugnale.

M’ha lasciato per sempre

e sempre vuol dire

che mai più sarà con me.

E’ malinconica la strada

come una tavola sparecchiata.

Stranezza delle cose,

sorseggio whiskey per ricordare meglio

chi voglio dimenticare,

e invoco il suo nome al centro della piazza,

ma il vento porta il mio lamento

sui tetti fino all’alba.

 

 

INIZIO PAGINA

 

 

AD ALBERTO LUMINATI

di Zeno Fortini

 

Timido ed insicuro già nel varco dei vent’anni,

io ti ho visto, sfilare per le piazze

energico e volitivo.

 

Ma il tuo tocco gentile,

mi é sceso subito al cuore,

ragazzo che subito ha intuito

il germe che mi maturava il cuore

sbocciando in tutto il suo ardore

di un fiore che non può perire.

 

Tu, sei stato tu, che hai raccolto

il mio ramingo andare

e l’ha trasfuso nel candore

del canto che non muore,

ma toghe dal suo velo

il pungolo

che mi scavava il cuore

apriva soavemente

nel nodo chiuso nella gola

il raggio dolce e ardente

di questo mio voler cantare.

 

 

INIZIO PAGINA

 

 

SE IO FOSSI

di Zeno Fortini

 

Se io fossi sull’ali del vento

salirei sulle vette del cielo.

E una goccia bagnata d’azzurro

porterei alla gente nel cuore.

Se io fossi foriero di fiabe

giocherei fra uno stuolo di fate,

e la voce innocente che allieta

fermerei nella gola a gioir.

Se a te ancor fossi vicino

coglierei questo aprile di stelle,

e versandole lieve nel grembo

fremerei un sussulto d’amore.

Ma dolente la voce si spegne,

perché amare e gioire non so.

Fugge l’aria fischiando e ripete:

“no! gioire ed amare non sai”.

 

 

 

FRAMMENTO

di 7.eno fortini

 

Ho visto un gatto

abbandonato alla lordura dell’alba nascente,

e la mia anima si chiuse nel mantello

come nel mallo una noce secca.

 

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SPAZIO

di Zeno Fortini

 

Spazio grande, dove affonda l’identità

dell’uomo quanto più ti avanza,

le cose svaniscono

nel tuo ventre di gigante,

sei l’amuleto

che dissolve ogni tremore

covato nei riposti nascondigli

dell’anima assediata.

Mi stringe la tua immensità

e pure disperde

battiti che non dann rumore

lungo le tue sostanze

ansiti che fremono

e non giungono

lo spasimo squarcia il tuo silenzio

e poi si annulla nel rantolo di un rivo

o sulla gronda di un orto

prostrato dalla luce accecante

di un sole insano.

 

 

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LE PROMESSE DELLA VITA

di Zeno Fortini   Urbino 24 luglio 2008

 

E’ la sete della tua pienezza, o Vita,

quella in cui in ogni angolo ti cercavo,

con la speranza fanciulla

in un sorriso di donna,

oppure stringendo una mano

che sciogliesse l’ansia del cuore,

i grumi dei desideri insoddisfatti.

E tante le volte che lasciai cadere al fianco

le braccia sconsolate,

come il coltivatore

quando vede che il frutto da cogliere

svetta roseo ed invitante

più in alto della mano.

Muto nel silenzio della notte

mi stringevo allora sotto le coperte,

come a soffocare la pena

di quelle promesse deluse

dopo tanto peregrinare

al sorgere della Vita.

 

INIZIO PAGINA

 

 

 

SEMIRAMIDE

di Zeno Fortini   Urbino, 23 aprile 2008

 

Giù al Mercatale c’era il Luna Park,

e tu, ruotando sulla rotonda,

sventolavi, al ritmo di “Torero”,

la tua gonna finemente ornata.

Ti chiamavi Semiramide,

come la regina degli Assiri,

e, per noi giovani imberbi,

eri davvero una regina.

Ma con te l’amore era puro,

come l’acqua che sgorga dalla polla.

Tu, Semiramide, resti nel mio cuore,

perché m’hai dato l’ebbrezza

che m’ha fatto fremere per tutta la giovinezza.

 

 

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RAGAZZA INGRATA

di Zeno Tortini

 

Non sapevo che tu

mi trattassi come

un mulo frustato che s’impenna.

Eppure io t’ho portato

a passeggio nei posti più belli e suggestivi.

Sono stato il tuo accompagnatore

del professore anziano

che poi non condivise con te la vita,

perché scegliesti un giovane

dai caldi sentimenti.

Ti ho scritto poesie

che non meritavi

e il bacio che mi hai dato è stato l’attimo

di un passero spaventato

che fogge dagli alberi verso il cielo.

Eppure il tuo rossore

sul viso, aureolato dai capelli mori, di catrame,

ha pervaso di un brivido il mio cuore.

Ed il libretto che ti ho regalato

con i versi a te dedicati, adesso,

che sei donna matura,

lo conservi, forse, come allora

fra le cose tue più care.

 

 

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NELL’AULA DEL PARNASO

Zeno Fortini

 

Nell’aula del Parnaso,

vi ho incontrati tutti, amici miei,

di strada e di cultura.

Ed è stato un tuffo nell’acqua di sorgente,

dove risorgi pulito e rinfrescato.

E ho ricordato

voi che amavate tanto

e anch’io ho amato.

Non importa se Giuliana o Laura o Caterina.

Quel che è certo di mattina

andavamo cantando fino alla sera,

e nel vicoli stretti recitavamo

Cecco Angiolieri o Dante.

E anche tu, Dante Domenicucci,

eri un amico grande,

anche se sventolavi la bandiera

dei re Savoiardi.

Ma io non so dimenticarti,

lo dico a te: “al re! al re!”

 

 

INIZIO PAGINA

 

 

LUDIUS ovvero COROSEDUTO

è ancora perfettamente anonimo.

 

Una volta Ludius mi si è presentato come urbinate non residente, riferendomi nome, professione, città di residenza, ma esprimendo il desiderio di rimanere ufficialmente incognito. Il sottoscritto per tener fede al desiderio dell'anonimo, ma soprattutto per la debole vetusta memoria ha completamente dimenticato le credenziali confidatemi.  Michele Gianotti

 

 

 

INQUIETUDINE

di Ludius  (Anonimo)

 

Te el se, el so che ‘l se, o almen el sper,

- e ‘l sapè ch’è dacsè me dà coragg -

da creda che da te, profond e inter,

com un bel sol estiv sal su cald ragg,

 

me nirà ‘n giorne un sentiment sincer,

tal qual è el mia, com un sentit omagg.

E aspett, tutt el mi temp – e, credme, è ver -

in ansia, com l’inverne aspetta magg.

 

So machè, sempre, ferm e risolutt,

so machè per gì insiem sa te a na méta

anca se per adess sto sitt e mutt.

 

E t’amir e gioisch al par d’ n’ “esteta”

de front al bel piò pur e asolutt,

anca se ‘l tu pensier me turba e inquieta.

 

INIZIO PAGINA

 

 

 

DELUSIONE

di Ludius  (Anonimo)

 

Tutt è pasat, ormai tutt s’è disolt,

t’un soffi, t’un istant, t’un batta d’ali:

e in poch o nient s’è tramutat el molt

ch’sentiv dentra per te, per tutt quel ch’vali.

 

 Nient ormai poss piò veda tel tu volt,

in ti tu occh, un temp dacsè leali:

adess, tutt sol, un gran silensi ascolt,

tristessa e delusion in part uguali.

 

‘Na parola, soltant una parola

saria statta, tla nott piò scura, luc:

un segn, un cenn, una speransa sola

 

 per famm capì calcosa ch’me conduc

dal sogn a la realtà, e me consola.

Mo tutt è pers e a nient ormai s’arduc.

 

INIZIO PAGINA

 

 

 

DISTACCO

di Ludius  (Anonimo)

 

El silensi è el compagn, el piò perfett,

quand tra noiatre c’è la lontanansa,

mo a malapena dentra me l’acett

perché ma la tu asensa dà sostansa.

 

Alora me sent sfnitt, scontent, inett,

e perd ogni mi slanc vers la speransa

d’avet ma che sa me e piò en connett

sotta ‘n destin che dur e trist s’avansa.

 

Damm un segnal, dimm sol una parola,

calcosa per levamm da ste torpor:

fa’ in mod ch’capisca ch’en è piò da sola

 

l’annima mia! E famm essa miglior!

Un cor seren un cor trist el consola

se, sincer, i sa dè el sens dl’amor.

 

INIZIO PAGINA

 

 

 

LA PRIMAVERA D'NA VOLTA

di Ludius  (Anonimo)

 

Quand’er bordell e stav da cima ‘l Mont

Urbin per tanti aspett era diversa:

e alora quel ch’m’arcord adess v’l’arcont,

sperand che la memoria en se sia persa.

 

Tant robb un temp en erne com adess,

i grand e i pcin campavne sensa intopp,

se rideva sa poch e daver spess

ce se fermava per non corra tropp.

Alora le stagion – beh – quattre erne,

e per ognuna c’era ‘n mod de viva:

insomma, s’era autunn opur inverne,

s’c’era la primavera o l’afa estiva,

s’capiva ben, com sopra ‘na gran rota

ch’fa, ann dop ann, ugual el su bel gir,

sempre guidata dal su “Gran Pilota”,

tra ‘l ben e ‘l mal, tra la gioia e i sospir.

 

La primavera niva fin da mars,

sa i prim caldin, dop ‘na lunga invernata,

e anca se quel ch’c’era era un po’ scars

ognun sentiva adoss ‘na voia arnata

de fè, de movse, de scapè, d’gì fora,

de giochè, de parlass, anca d’fè festa

insiem sa chiatre. E già da la bon’ora

tutti sa indoss, per el tepor, na vesta

piò legera, ti vigol e tle piass,

se vdevne gì e nì, sa na gran smania

de sorida, de viva, d’incontrass,

magari de fè ‘n gir fin in Urbania !

S’arcminciava a gì a spass fina ai torion

sa'l sguard ma'l paesagg sempre piò verd,

vers Fermignan, so so fina al Neron,

fin che la vista dentra ‘l ciel se perd.

E se ti vigol po' movevi el pass,

da le finestre aperte, giorne e sera,

sentivi sbatta fort i materass

per le gran pulisie de primavera.

E per Pasqua, fina al Venerdè Sant,

in so e in giò  da i ricch e da i porett,

de corsa, sa ‘l gonlon tutt svolasant,

vdevi gì in gir el pret sa i chierichett,

per benedì le cas e anca i ova

da magnè, sodi, dop che mama i lessa,

la dmennica matina, come prova

de devosion, prima da gì a la Messa.

La crescia d’Pasqua, quanta bona era!

Bella, morbida, alta, profumata,

te dava propri ‘n sens d’’na festa vera,

un sens d’famiglia, insiem tutta ardunata!

Era ‘na gioia, un rit, ‘na tradision

per le donn alsass prest, apena giorne,

fè l’impast, mettle ben in ti bidon

e po' portall a cocia dentra i forne.

 

Dop niva giugn e alora tutt Urbin

s’preparava sa gioia e devosion

a festegiè el su Sant, San Crescentin,

e s’giva tutti a la porcesion:

l’Arcivescov in testa e dietra i pret,

tutti bardati, sa i gran brett tla testa,

i chierichett, - ch’facevne un rapascet! -

e po' tuta la gent, sa ‘na modesta

aria tla faccia, intenta in tle orasion,

tle litanie e ti cant, mentre el corteo

faceva giust el gir del prim torion.

“Ave”, “Gloria” e “In excelsis Deo”

borbotavne i fedel tra mezza i dent,

mo de sicur la magior part de lor

de quel ch’diceva en capiva nient,

anca se ‘l cant i niva so dal cor!

E sempre po tel mez c’era la banda

e cla mussica acsè solenn te dava

propri la sensasion d’na festa granda

che ‘l Patron per daver se meritava,

e te faceva nì tla gola ‘n gropp.

A la fin s’giva a casa, già tla ment

i problema e i pensier del giorne dopp,

mo sa’l cor piò leger e piò content.

Nantra stagion saria prest arivata,

piò calda e luminosa, piena d’sol:

l’estat era malè, apena nata,

mo già pronta a sbocè e chiapè ‘ vol.

 

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SOLITUDINE

di Ludius  (Anonimo)

 

Te ved - de rad, è vera - mo te ved,
anca se, de sicur, el vria piò spess:
mo se 'l distacch è lung, tutt sol me sied
fora dal mond, a pensè, com adess.

 

Te cerch dentra la ment, e, sfnitt, me chied
du sé, sa fè, se mai piò t'interess,
se te nascondi, opur, com ormai cred,
da 'na part com un stracc da già m'è mess.

 

Te me turbi, me streghi, me confondi,
sa'l tu soris apert, sa chi tu densi
sguard, sa i tu occh fugevoli e profondi.

 

I so machè, a dmandam se mai me pensi,
se speransa me dè o se m'afondi
com un ch's'afoga in mezz ai flutt intensi.

 

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UN PENSIER TUTT PER TE
di Ludius  (Anonimo)

 

Un pensier, tutt per te, pcin mo sincer,

com ‘na lucciola sola, presa al vol:

è pcin, el so, mo credme, è schiett e ver

e tel regal, sa ‘l cor. E te dig sol

 

ch’ m’ispiri, com ‘na Musa, sa ‘n piacer

dolc e sotil e sa quest me consol.

I pensier naschen mej tel pien dle ser

quand la ment s’alsa libera com vol.

 

Acetta  sensa ofendte el mi omagg

e cerca de non essa piò scontrosa:

apressa anca tutt el mi coragg

 

ch’c’ho mess tel datt sta “pcina pcina cosa”.

Tel scur sarà soltant de luc un ragg,

o piccarà, con ‘na rosa spinosa.

 

 

 

Luigi Colocci (Gigi)

 

l Urbinate, ex dipendente in pensione della Benelli Armi, ma attivissimo nella sua nuova mansione di Consulente, ogni tanto alza la testa dai conti e si scopre poeta e narratore.

Ad maiora !!!

 

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L'AMICO LUCA (detto FURO)

di Luigi Colocci

Sem riunitti al “FONTESPINO”,
non per fare uno spuntino!

Ma per fè ‘na gran magnata

Che rallegri la serata!

Sem machè per festegè le prim noss d'na compagnia,
a cui Luca ha dato il via.

I' la sposa ogg l'ho cnosciutta: m'è sembrata brava e bella, ben
grasiosa e impiperitta,
da godè tutta la vitta.

Sia ben chiar, so' amich de lo; per ciò quel che dirò adess,
per qualcun sarà uno stress;

ma fra tanta confùsion,

cercherem ‘na solusion,

sa un discors sobrio e maturo:

parlerò solo di Furo!

L'ho cnosciutt ch'aveva 10 ann: era alto e mingherlin
che asmeja ma ‘n stechin:

la passion per il pallone era ‘n vissi di famiglia:
tutti amavan quella biglia!

El su ba', cl'accompagnava al ritrov o al camp sputiv, en perdeva
l'occasion per lancè la su scommessa
d'na carriera compromessa.

In tel C.S.I. è cresciutt ben, ha imparat l'educasion,
più importante del pallon.

Ormai grand e un po' cresciutt, ha c'minciat la su carriera
ai confini dla Miniera;

Romagnoli e i su compari, l'han portato sugli altari;
ma lui, sempre sa i su acciacc,
è partit per Canavacc.

Per un quart di convenutti, ste storielle del pallon,
romperanno un po' i maron!

Alora gim t'la vita privata

Ch'é una vera cannonata.

A vent'anni e forse più en c'aveva nisciun vissi:

per quest è gitt a lavorò da “Spiffy”.

I su amidi ginvne a truval; le su amich

el trastulavne sa i specchiett e i vetre d'art;

al che “Spiffy”, un po' adombrat,
ha con calma commentat:

“ma che invec d'una buttega,
è dventata 'na congrega!”
Per armediè la situasion,
è dventat subit padron.

Le donn c'ha avut tla vitta,
en se conten sa le ditta!

Ma alla fin d'una stagion,
en so ben per che ragion,
se trovat alla presensa
d'una crisi d'astinensa.

La stagion che v'ho descritta, era proprio maledetta,
perché tre di su compagn
s'en trovat in ti stess pagn.

Tutt le ser ch' passa Dio, erne
giù da piassa, da Basili, arcerchevne d'lacè i fili;
ma le donne, lo si sa, cercan sempre novità!
Acsè, gira, mista, imbroia,
j era quasi nut la noia;

ma 'na sera, per fortuna,
han tovat 'na faccia d'luna;

Furo, tutt indolensit,
en riusciva più a stè sitt
e nel gir de qualch minut,
ha lasciat el su attribut
“questo viso così bello,
mi è già entrato nel cervello”!

Ero al Tris un sabte sera e... non credo più ai miei occhi,
che t'un angol c'è Scirocchi;

all'ingresso c'eran grane

ed in mezzo ho visto Bame;
nel bel mezzo del casino, c'era pure Bigarino!

A quel punt tutti i sfigat,
ho d'un tratto ritrovat;
me mancava il prode Furo,
ch'già pensava al suo futuro.
Ho girat per tutt le stans, fin che sent 'na musichina,
veramente sopraffina..........

ecco là la Monachina.

Qui seduti, a proprio agio,
è scoccato il primo bacio.

La pressione è ai sette piani,
per la gioia dei ruffiani.

Machè han fatt el compromess per la firma che ogg hann mess.

 

La mi storia saria fnitta,
se non che 'na compagnia,
ma costrett archiapè el via.
Lollo Fabbri sa la Sonia, la Milena sa Londei, la Daniela sa Valenti,
hann lanciat ai quattro venti
la proposta d'una gita
per la meta preferita.

Per la coppia appena unita,
è una cosa molto ambita!

Dopo un po' di discussioni, senza frasi al vetriolo,
la partenza è per Sirolo.

Quel'ch success tun da cità,
en vl'arcont per carità.

Tutt le robb c'avem descritt, hann bisogn d'un gran finale
per cercare la morale

de cla stansa in riva al mare!

Chi magnava questa sera tutt'sta robba sapuritta,
se non c'era quella gitta?

 

 

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