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Gambarara

Rosanna Gambarara
"PETTA'L PARAVENT" poesie in dialetto e in lingua

 

Arcipelago itaca Edizioni 2025 - Via Mons. D. Brizi, 4 - 60027 Osimo (AN)
www.arcipelagoitaca.it                ISBN 979 12 81767 19 5
 

 

PREFAZIONE
di Danilo Msndolini

 

A sei anni dalla sua ultima pubblicazione, Dedlà, Rosanna Gambarara torna con una raccolta di poesie in dialetto, il dialetto delle sue origini, di Urbino, città dove è nata, ha studiato, si è laureata e ha insegnato prima di trasferirsi più di quarant'anni fa a Roma.

Rosanna Gambarara da anni sta tracciando un percorso di ricerca in versi che l'ha vista pubblicare alcuni volumi, partecipare ad eventi pubblici e lavori antologici e ottenere diversi riconoscimenti in importanti premi letterari nazionali.

Pur componendo anche in lingua, non si può qui non affermare, innanzitutto, che la sua intera produzione vede come principale protagonista il dialetto della città dove è nata, quel dialetto proibito in famiglia, appreso con innocente libertà e trasgressione nelle scorribande per i vicoli e per le piole quando il centro storico era il regno dei giochi. Quel dialetto che nella scrittura poteva tuttalpiù rappresentare la filastrocca popolare e il folclore. Oggi la "poesia dialettale" (fondamentali gli studi di Pancrazi, Pasolini, Contini, Mengaldo) ha perso la connotazione esclusivamente popolare, può rappresentare tutti gli aspetti della modernità, ne assorbe via via il vocabolario adattandolo alle esigenze espressive dei vari poeti e facendosi idioletto. È diventata "poesia in dialetto" e ha acquistato dignità letteraria (Gianfranco Contini in Letteratura dell'Italia Unita 1861-1968,1968, e Pier Vincenzo Mengaldo in Poeti italiani del Novecento, 1968, hanno inserito poeti in dialetto accanto a quelli in lingua).

Quello in uso nel capoluogo del Montefeltro non è un dialetto al quale viene attribuito il "titolo" di idioma, di vera e propria lingua - come è per il friulano o il romagnolo. Si tratta di un "parlato" dotato di grande musicalità, armonia e di sonorità ben definite. Queste caratteristiche peculiari testé citate, queste qualità proprie del dialetto urbinate, sono l'ingrediente alla base dell'operazione che l'autrice mette a punto nel suo fare poesia; sono, in definitiva, la sostanza che contribuisce ad attribuire un segno di singolarità alla produzione in versi della nostra. Rosanna Gambarara sceglie infatti di edificare la stragrande maggioranza delle proprie poesie nell'architettura del poetare ancora oggi considerata tra le più classiche e complete per eccellenza; nella struttura, nella misura, nella metrica del sonetto.

In Rosanna Gambarara «il sonetto, forma metrica prediletta, abbinato al dialetto urbinate e adattato con abilità e perizia a moderne esigenze espressive, si apre delicatamente a nuove visioni. Se non totalmente, almeno in misura parziale, le frequentazioni musicali hanno permesso all'autrice di sviluppare un'acuta abilità prosodica... Sebbene si possa pensare che l'uso delle strutture canoniche sia un atteggiamento tipico dei vetero-dialettali, la poesia della Gambarara risulta pienamente immersa nel contesto neodialettale, in virtù di una attenta rilettura e riformulazione degli strumenti espressivi del nostro patrimonio letterario» (Poeti neodialettali marchigiani, Versante, 2018, a cura di Jacopo Curi e Fabio Maria Serpilli, pag. 84).

Il lettore che incontrerà questo volume si renderà conto da sé che l'operazione alla quale poco prima ci si riferiva è senz'altro riuscita (se il lettore potesse ascoltare l'autrice interpretare le proprie poesie rimarrebbe di certo colpito e affascinato), potrà scoprire come l'uso che Rosanna Gambarara fa del dialetto risulti funzionale ad esaltare proprio la perfezione dell'impianto compositivo scelto (in questo aspetto risiede il carattere di originalità in precedenza evidenziato; prerogativa che non può che perdersi, per ovvii motivi, nelle trasposizioni in lingua dei testi). Si sta qui parlando di un grande omaggio che l'autrice fa alla propria lingua madre, una lingua madre conservata e portata con sé e in sé negli anni anche lontano dai luoghi d'origine, una lingua madre che è tutt'altro che persa; è soltanto «petta '1 paravent» / «dietro il paravento».

La voce poetica offerta dalle liriche di questa raccolta sembra viaggiare lungo una linea mobile del tempo, in uno scarto, a volte repentino, che fa affiorare, anche mescolandoli e in qualche modo contrapponendoli, ricordi di luoghi e di situazioni ormai trascorse e pensieri e riflessioni dell'oggi, paesaggi del passato e visioni di vita vissuta più vicine alla contemporaneità. Davvero seducente è questo alternarsi, quasi rincorrersi, del tempo nel tempo, questo affidate alla scrittura - e diremmo, ancora, grazie al dialetto che è al tempo stesso lingua antica e attuale - il compito irrinunciabile di mantenere in vita dò che è stato, nel presente. Non c'è desiderio di consolazione, nella poesia di Rosanna Gambarara, pare piuttosto esserci una sorta di profonda coscienza della realtà che si manifesta, tra l'altro, attraverso la sublimazione dei minimi accadimenti, e finanche degli oggetti, che silenziosi hanno attraversato e attraversano la vita dell'autrice e le vite di tutti (Le robb da gnent - Le cose da niente del titolo dell'ultima sezione del libro). È dunque anche grazie a le robb da gnent che la realtà si vede scorrere, la si osserva come sciogliersi nel "gioco" della rincorsa del tempo nel tempo prima sottolineato.

Notevoli sono i versi che chiudono il libro - che si riportano qui nella sola versione in lingua - e con i quali si chiude anche questo contributo: «E so il di là / che balena in una sgranata stranezza inquieta / - come un dejà vu - / nelle cose da niente / come un dejà-vecu - un mattino andando in un'aria di vetro».

Danilo Mandolini

INDICE
Cliccare sulle voci sottolineate per vederne il tsto

SPILLOVER

 

1 –Respir

2 - Paura

3 –Arbalton

4 –Resiliensa (1)

5 –Resiliensa (2)

6 -L’alba de dman

 

PETTA 'L PARAVENT

 

7 – Petta 'l paravent

8 - Rivelasion

9 - Fori piov

10- Paradoss rasional

11- Ipottesi

12- M’er messa i calcol...

13- El sprovingol

14- Mise en abyme

15- Man

16- Analessi

17- C’arpens adess

18- Cola novembre

19- Agost 2010

20- Sintesi

21- Nott

22- El grid

23- Tutt’ i sant

24- L’ech

25- Carneval

26- L’onda

27- La corsa

28- Rivisitasion

 

29- La risposta

30- Tempus fugit

31- Requiescat

32- C’sa t’ho da di’

33- L’ecliss

34- Da cima 'l Mont

35- Du en gitti a fni’

36- Repart X

37- Quand arton a Urbin

38- Techetechetè

39- La sinfonia

40- Violoncell

41- Concert K488

42- Arios Dolent

43- Preghiera

44- Enthusiasms

45- Enthusiasms (Nat King Cole)

 

LE ROBB DA GNENT

 

46- El Lensol

47- El buton

48- El scontrin

49- El matarass

50- I calsett

51- Le pantoffle

52- Discesa ai Infer

53- La moral d’Epicuro

54- ...e le violett

55- Dedlà

 

 

Risvolto di copertina di Manuel Coen

 

Al di là e al di qua del paravent, di un mondo vero e vissuto, ma anche sognato e prefigurato, sembra muoversi, tra resilienza e dissolvenza, la scrittura anfibia e meticcia di Gambarara. Recuperando dall’autobiografia e da una distanza temporale considerevoli la parlata urbinate, non prima di averla immersa nel fiume di un inarginabile meticciato linguistico e di una feroc’ babel (feroce babele) contemporanea, tratteggia i dubbi e le inquietudini di un orizzonte liquido e impermanente, talvolta dai tratti orrifici o inquietanti: come nel ricordo dello 'sprovingol’ e di creature che animano notti insonni o agitate. Ne deriva un quadro d’insieme in cui la parola, dialettizzando e includendo in sé termini e lemmi dall’italiano e dalle allotrie (inglese, francese), rendiconta di un travalico di confini e di un travaso di temi infiniti, in scenari postleopardiani. Ecco allora che l’hic et nunc della scrittura assume valore aggiunto nel continuo affondo prospettico, spaziale e temporale insieme, vagando e deambulando in avanti e indietro. Il tutto, come nella realtà di un sogno pirandelliano, dove si sogna di sognare e si smarrisce la materia del sogno e della realtà: della vita e dei suoi istanti trascorsi, sembra che resti «solo un flash rubato per caso», come il vento o le gocce d’acqua sul greppo urbinate del Pincio; «solo la traccia sfocata e l’eco / rimane / e l’impronta delle unghie / sul palmo della mano».

Manuel Cohen

alcune poesie
(Omessa la versione in lingua)
 

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5 - Resiliensa-(2)

 

Fa strimulì com tla lavagna el gess
sta matina banal d' dicembre nata
da 'na nott a l'arversa, sgretolata...
la mastich sa 'na smorfia com un less

raspos de spin, pian pian. Un sol perpless
piov gió sta luc' avara impolvarata
ch' sensa prescia se sgrana tla folata
de ste vent pigre. Epur ecch che rifless

tun sta piscolla trema 'n pess d'seren,
en me par vera, e fora tel giardin
el prat è tutt bell verd, stann per sbocè

tramezza l'erba nascosti i ciclamin...
e mentre ch' bru bru bru sal el cafè
m'arconsol e veggh el bichier mezz pien.
 

 

 

 

7 - Petta 'l paravent


Ecchce maché a scaldacc' ma sti du tiss
giacci com i occhj del gatt, la lampadina
ceca pend, cola 'l gel gió per la schina,
avem pers per la strada l'indiriss,

la legna frigg' e fuma, gn'anca 'n guiss
de fiamma ce sarà, la naftalina
t'la piega dle sacocc' è 'na farina
come de gess, la gaida è svoida, el bis

en è previst. Ma petta 'l paravent
de tela piturata a calc', t'l'odor
d' fuliggina e de scarp vecchie 'l sentor

c' l'ho avutt, com p'r un eror, 'na distrasion
d'la natura. Nov ann c'avev... Arsent
sotta el ginocchj el dur giacc' del madon.
 

 

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13 - EL sprovingol

 

S'era pers da 'n bel pess el giorne, sfnitt
tel golf dla nott. Io già sensa sospett
come morta durmiv el sonn bnedett
del giust. Ma lo de sguaraguai sitt sitt

com 'na biscia ha strisciat sopra el piancitt,
el sprovingol diggh, po' so so ma 'l lett
s'è slungat e m'ha fatt un bugh tel pett,
maché tel mezz, e t'n attim m'ha scarpitt

el cor. E adess s' me volt a guardè indietra,
veggh sol un fondal grig' sensa spesor,
e el mond, un fiat de vent ch' sensa rumor

gira gira... Quel ch' magn' sa de cement.

E se chiud i occhie stretti stretti sent
el lament de 'sta mussica de pietra.

 

 

 

 

16 - Analessi


I potessa arsfoiè com un quaderne
tun ste dicembre nud pietrificat
i mi natal fasciati dal'inverne
el gel ma i pied le nuvole del fiat

dentra tla chiesa sotta le lanterne
malasó giacce sotta le navat
ch' rimbombavne la voc' del padreterne...
cantavne le bisoch infervorat...

dentra l'odor d'incens e de candel
l'orghne pioveva un vent 'na vibrasion...
e anch'io cantav “tu scendi o re del ciel"...

cantav el dur del banch sotta i ginocchj...
cantav felic' e per la comosion
me sentiv batta el cor e pichè i occhj

 

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25 - Carneval

 

Volavne le su man com du farfall
mentre ce drapegiava ti fioram
d' na coperta e c' vestiva com du dam
dl'otcent. Una colana de corall

de vetre, un corpett strett i guant un sciall
fatt sa 'na tenda, 'na borstina a squam
de paiett, el capell: vualà eravam
pront per la festa, pront per el gran ball.

Un ann c'aveva mess sol du molett
de ferr tla testa e 'n fiocch d' carta velina.
Iezzo che cors, che afann! Ancora arsent

chel fiocch de carta sfrigolè tel vent!
Eravam du regin. Ma el tu bab, Nina,
t' l'ha chiapat p'le cartin dle sigarett

 

 

 

 

28 - Rivisitasion

 

Le tram fresche dla terra disodata,
el verd cangiant ti grepp e gió tel foss
sotta el ciel de smerald d'una giornata
splendent de sol, la casa, dal tett ross

discret, tutta de bei madon, garbata,
e el gran mor el gran ficch e el mel pió gross
dla cerqua bella sotta la scarpata,
e la siep d'osmarin vicin al poss.

Tutt quest me passa sopra com un vent
improvis, un susult brev repentin
che dentra me frastorna el cor... Arsent

el fremmit dla vitalba dolc' e amara
che tiravam pian pian gió sa'l rampin
e el fruscio dla dansa dla falc'nara.

 

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31 - Requiescat

 

Arcomparivi sa i tu giorn corsar
nascosti tla valigia a ogni stagion
per en so pió quanti ann, po' dlà dal mar
te v'dev sparì - gud bai - com 'n aquilon

pers tel ciel, sa chel retrogust d'amar
de tutt quell ch' fnisc' e sa 'na comosion
blanda...Ogni tant distant distant ma chiar
un ciao lunar da 'n'antra dimension...

A metti un dietra a cl'atre insiem i istant
che la memoria tel mi cor ha impress
sa'n po' d' calor, tla mappa di tu gir

se la somma è de du-tre giorne è tant...
Epur en se' mai stat viv com adess
ch'en mov pió l'aria ormai el tu respir.
 

 

 

 

39 - La sinfonia

 

Arcomparivi sa i tu giorn corsar
nascosti tla valigia a ogni stagion
per en so pio quanti ann, po' dlà dal mar
te v'dev sparì - gud bai - com 'n aquilon

pers tel ciel, sa chel retrogust d'amar
de tutt quell ch' fnisc' e sa 'na comosion
blanda...Ogni tant distant distant ma chiar
un ciao lunar da 'n'antra dimension...

A metti un dietra a cl'atre insiem i istant
che la memoria tel mi cor ha impress
sa'n po' d' calor, tla mappa di tu gir

se la somma è de du-tre giorne è tant...
Epur en se' mai stat viv com adess
ch'en mov pio l'aria ormai el tu respir.
 

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43 - Preghiera

 

Chiusa tel bossol de sti quattre mur
mentre el giorne pasisc' e smor tla sera
e l'aria dla dal vetre s' tign' de scur
inals a te, o Signor, 'sta mi preghiera.

Quand arnasc' rò, chisà tun che futur,
'na bella voc' robusta pura e fiera
damm e 'na man insiem grav e legera
e fiat pien de pasion. Tle insenatur

divine e misteriose dl'armonia
port'me e el mi cant inalsa sideral,
fa' scivolè la seta del violin

sotta i mi ditt e el vlutt del pian, carnal
increspa el ras del corn e del clarin.
Nientatre t' chied Signor. E così sia.

 

 

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54 - ... e le violett

 

Ogg' che de fora un sol innamorat
rid dopp el limb d' giornat tinte d' grigior
opach, voi pesè el temp sa'l sagiator
sensa ch' gnanca 'n second vagga sprecat,

el voi beva pian pian pacificat,
el voi centelinè al ralentator,
sentì tla lingua lent viv el sapor
d'ogni centesim d'attim distilat.

E sensa prescia voi guardè el celest
de st'aria , e tun ste fresch fraggil perfett
guardè el gerani ch' brimbola e s'ostina

a sfidè el gel, le bacch dl'asparagina
rosse pcinin, le margheritt modest
t'un cant del mi giardin, e le violett.

 

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