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Biografia

VITTORIO SANTINI:   Maestro - Direttore / Ispettore Didattico

AVVENTURE GALANTI di MARDOCHEO CULIPEPPI

 

 

L'AFFARE DEL FAZZOLETTO

ovvero

LE AVVENTURE GALANTI DI MARDOCHEO CULIPEPPI

 

  La personalità del protagonista era all'altezza del suo nome probabilmente affibbiatogli da uno spiritoso impiegato del brefotrofio cittadino. Adottato da una coppia di sposi sterili si laureò in legge a stento a trent'anni suonati. Poi nella professione acquistò la fama di "avvocato delle cause perse". Lui amava tutte le donne, ma sfortunatamente le donne non amavano lui: nessuna del gentil sesso se la sentiva di diventare una Culipeppi. Inaspettatamente una gentil signora nobile e ricca si interessò a lui fino ad invitarlo ad un ricevimento a casa sua. Il Mardocheo che non stava più nei panni dette sfogo a tutta la sua eloquenza dissertando malamente sulla relatività, sul moto perpetuo e sull'entelechia. La signora lo ascoltava maneggiando nervosamente un fazzolettino ricamato e benedetto dallo zio cardinale, finchè il fazzoletto, in una delle nervose acrobazie al quale era sottoposto, cadde non visto da entrambi, sulla patta dell'avvocato. In seguito, quando l'avv. Culipeppi abbassando lo sguardo vide la stoffa bianca ricamata posata sulla sua pancia, rimase di sasso pensando alla fuoriuscita della camicia dai pantaloni; confuso si guardò furtivamente intorno e ficcò velocemente nel pertugio il fazzolettino. La nobil signora accortasi della perdita del benedetto fazzolettino chiese a Culipeppi e agli altri invitati se l'avessero visto. Culipeppi nega innocentemente e si fa in quattro per ritrovarlo. Tuttavia un servo in livrea, al quale non era sfuggita la furtiva manovra dell'avvocato, dietro autorizzazione della signora estrasse il fazzolettino dall'indecente nascondiglio. Mardocheo fu cacciato dal palazzo spinto a ruzzoloni per le scale e da quel giorno non amò più le donne. (ndr)

 

PRESENTO L'AVVOCATO MARDOCHEO CULIPEPPI

 

Molto lieto di conoscerla... Dio mio, come si fa a non essere lieti di far una così bella conoscenza? Se non altro la letizia deve sgorgare dall'annuncio del roboante nome e dal pittoresco cognome. L'uno e l'altro lo si devono alla scanzonata fantasia di un capo ufficio dell'istituto degli esposti che affibbiò al nostro uomo, quando appena egli ebbe aperto gli occhi alla luce. I parenti della donna che lo tenne nascosto nel suo seno per nove mesi, si credettero in dovere ed in diritto di affidarlo alle materne cure del brefotrofio cittadino. Donde vi sarà facile argomentare che questo signor Mardocheo Culipeppi era, come avrebbe detto Perravila, "figlio di pochi ma ignoti genitori", insomma un bastardo. Dopo l'allattamento fu preso in custodia da due buoni sterili sposi che lo amarono come un figlio e lo fecero anche studiare. Giunto il nostro uomo alla fine degli studi, il che avvenne, in forza della sua brillante intelligenza e della pazienza dei genitori putativi, intorno al trentesimo anno di vita si diede alla professione forense che esercitò con tale profonda perizia da guadagnarsi la fama non scroccata di "avvocato delle cause perse". E per sua mala stella, non erano solamente le cause che perdeva, ma perdeva (o non trovava) anche le donne. Mi spiego: a Culipeppi piacevano molto le donne, le sue predilezioni erano per le belle, le giovani, le simpatiche, le attraenti e di simili qualità. Il suo credo era: le donne, o belle o brutte mi piacciono tutte. Senonché lui non piaceva alle donne, talché giunto "nel mezzo del cammin di nostra vita" era riuscito a registrare un buon numero di fiaschi che uniti a quelli professionali, erano tanti da riempire una "cantina sociale". Ma siamo sinceri anche le donne non avevano poi tutti i torti. Per esempio, come avrebbe potuto una gentil donzella che si fosse messa a far l'amore con lui, sussurrargli teneramente :

«Quanto t'amo o Mardocheo!» Non avrebbe suonato sentimentalmente come  1'Amami Alfredo della Traviata. E con che serietà e coraggio una giovinetta che si fosse fidanzata con lui avrebbe potuto annunciare ad amiche e conoscenti:

«Diventerò una Culipeppi!»  Roba da chiodi, proprio una bella anzi sconfortante disdetta! Se il nostro uomo meditando, come spesso faceva, sulla scalogna dei nomi che seco portava, avesse avuto per le mani quel manigoldo del Priore (cosi era chiamato il capufficio dell'Istituto degli Esposti), sai, lo avrebbe incenerito di pugni ma... pace alla sua anima perchè da un pezzo era morto.

E perciò niente fidanzate e conseguentemente niente mogli. Sperava molto su qualche "avventura galante" e ci teneva anzi! Ma anche qui niente da fare perchè se aggiungiamo che, oltre ai ridicoli nomi che seco si portava, costui era goffo nel portamento, per quanto non avesse nessuna menomazione fisica, prolisso insipido e barboso nel conversare, per quanto si piccasse di essere un oratore di grido, mentre godeva fama, anche questa non scroccata, di essere un "attaccabottoni" resistente a tutte le intemperie, avrete motivi più che sufficienti per comprendere le buone ragioni per le quali non riusciva ad entrare nelle buone grazie del sesso gentile. Ma,

FINALMENTE!!!

una buona volta quel ragazzaccio di Cupido volle interessarsi anche di Mardocheo Culipeppi e, a dire il vero ci si interessò tanto bene che lo fece incontrare, non sappiamo in quale fortuita circostanza, con una piacente gentile signora, la quale, signora nel vero senso della parola, non si formalizzò dei nomi di costui e, a differenza delle altre, lungi dal voltargli le spalle fu con lui cortesissima tanto è vero  che gli concesse qualche fuggevole innocente scambio di parole; accettò inoltre, senza far troppo la schizzinosa o la ritrosa, qualche impacciato complimento che Mardocheo pronunciò come recitasse il "Te Deum”,  lo trattò insomma con tale attenzione da far sperare in una conquista tanto invocata come tanto ritardata. (E che conquista!) Onde l'avvocato dalle cause perse non trascurando occasione per incontrarsi con lei, si mise a corteggiarla con la stessa grazia con cui "un lupo si fosse messo a prender passere", come diceva a mo di esempio la buonanima di mia nonna. E la bella signora lungi dal disprezzare tali intraprendenze dimostrò, anzi, di accettarle come omaggio alla sua bellezza. (Era civetteria? era interesse a questo sistema per lei nuovo di essere così corteggiata? Ma!)

E tanto la bella distinta dama si interessò di questo Mardocheo che un bel giorno (Oh! che giorno beato, per Culipeppi!) gli inviò un profumato bigliettino che lo invitava ad un ricevimento che essa avrebbe offerto l'indomani sera a conoscenti e amici di casa nel suo palazzo.

Fu davvero un giorno beato quello perchè la combinazione volle che proprio quel giorno Culipeppi avvocato aveva riportato anche nel Tempio di Temi (in Pretura) la sua prima strepitosa, grandiosa, vittoria professionale, riuscendo con una felice orazione forense durata tre ore e tre minuti a far assolvere un suo cliente imputato di aver rubato la gatta all'accalappiacani della città (si disse che il pretore aveva dormito per tutto il tempo dell'arringa dell'avvocato e fu un bene che, se il magistrato non si fosse addormentato ed avesse ben meditato sulle argomentazioni di tanto difensore, sai che condanna gli arrivava tra capo e collo all'imputato!)

Che mi si canzona? Due vittorie in un giorno, una professionale e una sentimentale! Ne aveva ben donde il nostro Culipeppi di esserne beato! Facile intuire con quale giubilo il nostro uomo accettasse tale promettente invito. "Non c'é da dubitare, pensava fra se e se, c'é caduta; io sono vicino alla felicità. Chi lo avrebbe detto? E con una signora di così alto affare"! La notte non dormì emozionato alla più alta potenza e meditando sui discorsi che avrebbe dovuto pur pronunciare davanti la sua Dulcinea e il rispettabile pubblico degli invitati (e che invitati! il fior fiore dell'aristocrazia cittadina!). La giornata che precorse la gran serata che doveva segnare il suo trionfo anche oratorio (come passavano lente quelle ore!) la dedicò studiando a fondo gli argomenti che aveva in animo trattare, consultando antologie e enciclopedie, dizionari, giornali di mode ecc. e curando la sua toelette che doveva essere vistosa e incensurabile.

All'ora di cui all'invito, puntuale come una clessidra, Culipeppi giunse a Palazzo. Fu anzi il primo ad arrivare. Indossava uno stifelius nuovo di fabbrica, come diceva lui, preso a nolo, come dicevano le male lingue; ostentava uno sparato inamidato di fresco, calzava scarpe di pelle lucida (queste sì che dovevano essere nuove perchè gli facevano vedere in quella sala tutta risplendente le stelle che brillavano fuori e che lo costringevano ad un incedere claudicante che faceva un bellissimo vedere), guanti gialli, polsini di ottone che, però, sembravano oro, un abbigliamento insomma di gran forma che il nostro uomo si portava con la stessa disinvoltura con cui l'avrebbe portato un ottentotto.

La bella sirena lo accolse con garbo veramente signorile, usò buone parole di convenevoli, accettò senza mostrarsi contrariata anzi con amabile sorriso, (un sorriso canzonatorio? forse) il mazzo di papaveri che il nostro felice mortale le offrì con un inchino così goffo da muovere il riso ad un trappista moribondo e si degnò di presentarlo agli altri invitati man mano che questi arrivavano, provocando significativi sorrisetti ed occhiate espressive all'annunciazione di un tal nome pronunciato da amabile bocca di bella signora. Momenti deliziosi furono quelli per Mardocheo perché, mentre alcuni invitati ballavano (lui sapeva ballare balli moderni e di società), altri giocavano in tavoli separati (lui non aveva soldi sufficienti per sfidare quei gentiluomini che puntavano forte e... baravano meglio) e altri più festaioli sonnecchiavano in soffici divani e sbadigliavano a tutto spiano, la padrona si degnò di intrattenersi con lui e lui ormai certo di aver fatto colpo sul di lei cuore e per vieppiù conquistarselo, intavolò una dissertazione sulla teoria della "relatività" della quale egli ne sapeva, a dire il vero, un po' meno di Einstein ma fu in grado di citare sull'argomento Nabucodonosor e Fausto Coppi, Vasco De Gama e Primo Carnera, Orazio Coclite e Adolfo Hitler, Keplero e Fernandel, Caterina di Russia e Gina Lollobrigida, concludendo col vituperare il cranio di Mussolini, perchè si era fatto accoppare da uno scalcinato contabile.

Non c'é che dire l'avvocato dalle cause perse dava luminose prove di solida cultura, ma è da domandarsi che relazione ci potesse essere tra la relatività e l'amore; e tra i personaggi sopracitati e la relatività. Ma questo non conta, solo dico che la dizione del narratore era così suggestiva da incantare un serpente a sonagli. E tuttavia la bella cortese signora si degnò di ascoltare il suo adoratore con studiato interesse e signoril cortesia. Ma quando la dotta dissertazione minacciava di correre alle calende greche essa cominciò a dar segni inconfondibili di stanchezza giocherellando con un bianco ricamato pregevole fazzolettino, dono di un suo zio vescovo e da lui benedetto solennemente; fazzolettino che essa si passava distrattamente da una mano all'altra, manovra questa che occhi più scaltriti di un qualunque altro Mardocheo avrebbe intuito a volo che lei, la dama, della "relatività" ne aveva piene le tasche e non solo relativamente… Ma poiché l'altro imperterrito continuava a buttar fuori fiumi di parole incomprese, il bel ricciuto capo della sua ascoltatrice cominciò a dondolare in qua e il là e gli occhi distolti dall'oratore, si posavano or su questo or su quel gruppo dei suoi invitati i quali, beati loro, non erano alle prese con Einstein nè col suo odierno apologista. E fu appunto durante quest'altra manovra che il benedetto ricamato fazzolettino... vescovile si liberò dalle dolci manine della vezzosa padrona e senza che essa nè il vicino se ne accorgessero, prese adagio, adagio la via del pavimento in ossequio alla vecchia legge della gravitazione universale; ma al pavimento non arrivò per la semplice ragione che trovò ostacolo nel ventre di Mardocheo e trovò riposo sopra i di lui pantaloni e, per essere più precisi nella linea più o meno retta dove i medesimi vengono abbottonati. E questo avvenne perchè, ripeto , nessuno dei due personaggi si accorse della scappatella del benedetto fazzoletto in quanto la signora stava in piedi vicino a lui e lui contrariamente alle più elementari regole di buona creanza, ed a quelle di cavalleria parlava stando comodamente seduto con le gambe a cavalcioni talché il fazzolettino non potendo trovar via libera per toccar terra dovette accontentarsi di fermarsi dove abbiamo detto, ivi facendo bella mostra di se e dei suoi ricami artistici.

Intanto Mardocheo accortosi (era ora ) che l'argomento in esame cominciava a sbancare la bella ascoltatrice diede una giratina al discorso passando a trattare dell'entelechia, spiegando alla intelligente signora essere 1'entelechia una espressione aristotelica che sta ad indicare la forma come principio informativo o sostanziale o vis vitale, entro la materia... Chiaro no? (La definizione l'aveva imparata a memoria quando studiava filosofia del diritto). La bella signora, educata com'era, non si turò le orecchie al rimbombo di si potente definizione e nemmeno chiese ulteriori spiegazioni, giacché la cosa era tanto chiara, ma si degnò di assentire col capo con molti complimenti all'indirizzo della brillante cultura di Mardocheo, il quale, confuso ma giubilante, ringraziò abbassando il capo in segno di ostentata modestia, ma proprio in quel movimento "balen tremendo!" che ti vede con la coda dell'occhio? proprio sopra i pantaloni e precisamente nella cortina di demarcazione fra l'interno e 1'esterno un gingillino bianco che i suoi occhi esterrefatti non esitarono, data la posizione di esso, a riconoscere o credere di riconoscere essere un lembo della sua camicia che avesse preso la via d'uscita per i fessi delle allacciature e forse mentre gesticolava sulla relatività o sulla entelechia (o per lo strappo di qualche bottone); e del resto che altro poteva essere in quel punto?

Ma la signora non disse proprio nulla in quanto di nulla si era accorta anche perchè i suoi occhi, tutti intenti a ispezionare invitati e servi in livrea, non si erano ancora abbassati su quei paraggi. Ma, orrore! da un momento all'altro si sarebbero potuti abbassare e vedere ... Che scandalo mio Dio! che scandalo! meditava dentro di se il nostro poveretto. Ma dite niente? La camicia fuori dei pantaloni! E proprio di fronte la sua bella prima conquista e in quella sala signorile piena di fiori, di bellezze e di lusso! Che indecenza! Una spiegazione più essenziale e quasi poetica della "entelechia" che stava per pronunciare, gli morì sulle labbra assillato dal solo pensiero della sua camicia lì in bella mostra. Come cavarsela?

come evitare lo scandalo che sarebbe certo scoppiato da un momento all'altro? Prendere, seduta stante, quei provvedimenti di emergenza che sogliono prendere gli uomini in simili contingenze non era nemmeno da pensarci; si sarebbe dovuto ricorrere alle movenze del "mimo per tutti" del "telematch" e nemmeno Silvio Noto ci sarebbe uscito con onore e senza strepito, date le circostanze di tempo e di luogo, e il giochetto sarebbe degenerato in una sconcezza bella e buona... ossia tutt'altro che buona. D'altra parte un provvedimento si imponeva e con tutta urgenza. In quella stasi infernale Mardocheo sentiva la sua testa scivolare nella disperazione. Ma, buon per lui, che provvida venne una man dal cielo. Oh! non per far essa quello che era necessario fare in quel frangente, ma per mettere la signora nella necessità di allontanarsi per condurla in altro loco (dove non possiamo precisarlo... ma questo non ha interesse) Dice difatti la dama al suo cavaliere:

«Debbo allontanarmi un momento, pardon!»

«Nienton» Risponde il dotto cavaliere. La papera è da compatirsi perchè con quel che lui aveva in capo e... altrove non poteva certo seriamente pensare od usare il "gallico idioma". E fu davvero un provvidenziale contrattempo l'allontanarsi della signora, perchè mentre ella si allontanava leggera leggera, egli, il nostro spasimante, spasimante ora in senso ben diverso dallo spasimo d'amore, trovatosi solo, sbirciò in qua e in là per rendersi conto se qualcuno lo guardava e accortosi o credendo di essersi accorto che nessuno si interessasse dei fattacci suoi senza scomporsi alcunché, senza dare nell'occhio a nessuno con fulminea manovra manuale, zig zag, quello che egli credeva essere un lembo della sua camicia che, viceversa altro non era, come noi sappiamo,che il ricamato, profumato fazzolettino della dea, sparisce rapidamente nell'interno dei pantaloni a far compagnia alle mutande, alla camicia e al resto di Mardocheo (ma che sacrilegio però! pensare che era stato benedetto da una mitria di Santa Madre Chiesa!) e tutto questo seguì con una rapidità di Sputnik e senza che i presenti si fossero accorti di nulla… e buona notte allo scandalo. Ah! che sollievo per il nostro Mardocheo! L'aveva proprio scampata bella! Egli sentì il sangue correre libero e tepido per tutte le vene e sentì svanire, come per incanto, le apprensioni di pochi minuti prima. Tutto finito, tutto a posto... Ma la cosa non finisce qui.

 

Non passa molto tempo che la bella signora ricompare nella sala e, leggera, leggera com'era partita (forse anche più leggera di prima) ritorna presso il nostro uomo (ma è davvero da pensare che si sia incapricciata di lui!), il quale fatto ormai certo dello scampato pericolo di un naufragio nel ridicolo si rimise con maggior slancio a far sfoggio di brillante erudizione prendendo questa volta per tema il calcolo infinitesimale asserendo, con una sicumera degna della miglior causa che se lui avesse avuto lì a portata di mano un fil di ferro, un compasso, un martello ed alcune bullette avrebbe risolto su due piedi 1'ancor insoluto problema della quadratura del cerchio (facile: avrebbe diviso il circolo fatto col fil di ferro in quattro archi uguali, li avrebbe raddrizzati sì da farne quattro linee rette con le quali avrebbe costruito il quadrato (e pensare che nessuno, nemmeno Pitagora ci aveva pensato! Ci voleva proprio un Mardocheo per arrivare a tanto!) e aggiunse che se oltre gl'ingredienti di cui sopra avesse avuto a disposizione anche una molla da orologio non avrebbe esitato a risolvere a tambur battente l'altro insoluto problema scientifico del moto perpetuo (vi risparmio la dimostrazione un po' più complicata dell'altra) e concluse:

«... così potrei assicurarla, signora mia bella, che il moto da me avviato, sarebbe veramente perpetuo come lo sarà il mio amore per lei».

Furbo l'amico! E che tempista e come ha saputo sceglier bene il momento per la dichiarazione d'amore. Scrisse De Musset "Innamorarsi non è difficile, difficile è il saperlo dichiarare". Un poeta stereostipato disse per spasimanti timidi (un tempo c'erano davvero) che non sanno trovare il coraggio di dare il "via" ad una dichiarazione d'amore.

Il difficil sta sol nel primo detto

Dopo si corre via, come un treno diretto.

E Mardocheo il primo detto l'ha detto… e ormai preso l'aere avrebbe continuato alla velocità di un direttissimo, se la signora non avesse dato il controvapore così:

«A proposito, avvocato, (e intanto cercava con lo sguardo per terra, sulle seggiole, sui mobili vicini) lei che saprebbe far bene tante belle cose, riuscirebbe a ritrovare un fazzolettino a me tanto caro, che pocanzi avevo in mano ed ora inopinatamente sparito?»

«Ma scherziamo? che non riesca a trovarlo io? Non fia detto… solo avrei bisogno di sapere dove si è andato a nascondere…»

«Grazie; in questo caso me la caverei da sola».

«Ma non si preoccupi signora che lo ritroveremo. Se mi ci metto io! E ci si mise lui con tutto lo zelo possibile. Si guarda di qua, si guarda di là e niente. Si cerca             sotto la poltrona dove fino a pochi secondi fa era seduto lui, e niente. La signora        corre a far ricerche nel luogo dove essa era stata prima e niente. Se invece di cercar troppo lontano si fosse... pescato vicino si sarebbe trovato l'introvabile,  ma poiché il nascondiglio era, come noi sappiamo, in un posto che a nessuno, né tantomeno ad una signora che si rispetti, sarebbe venuto l'uzzola di andare a stanarlo, così le ricerche riescono assolutamente infruttuose. Mardocheo è dolente; vorrebbe farsi onore anche col moccichino della signora, ma niente di fatto.

Si chiede a questo e a quello degl’invitati e nessuno sa dar notizie positive. La signora spazientita si rivolge ad un servo con tanto di livrea che prestava servizio di guardia proprio poco distante dai due personaggi. Duro e piantato lì come un piolo.

«Battista avete veduto voi dove s’é cacciato il fazzolettino che poco fa avevo in mano?»

E Battista, sprofondandosi in un inchino di novanta gradi, risponde, ossequioso e sicuro di sé:

«Sicuro che l'ho veduto e so anche dove si trova adesso».

Però che servo coi fiocchi questo Battista! Lui vede tutto, sa tutto e niente gli sfugge. Ce ne vorrebbero dei servi con occhi di lince come quelli di costui e si potrebbe star certi che le cose non si perderebbero tanto facilmente. E, ritornando a bomba, la signora ormai rassicurata che l'oculatezza del suo servo non ha perduto di vista il suo fazzolettino gli dice, quasi risentita e autoritaria:

«E se sapete dov'é che cosa aspettate a stanarlo e consegnarmelo?»

Battista non avrebbe voluto far di meglio che accontentare la sua venerata padrona, ma la cosa, com'é facile capire, si presentava complicatuccia anche per servi di stampo antico usi a "obbedir tacendo". Onde, altro inchino di Battista:

«Ma signora!» Ma la signora sdegnata della ribellione del servo:

«Non c'è ma che tenga; obbedite e tosto…»

«Se lei me lo comanda, obbedisco».

E tosto il servo si avvicina compassato e grave al nostro Mardocheo, il quale, poveretto, era rimasto lì in piedi non sapendo dove si sarebbe andato a finire e, lontano le mille miglia dall'immaginare che razza di tegola stava per cadergli sulla testa, gli si fa innanzi pari pari, gli avvolge il braccio sinistro intorno la schiena in atto di tenero abbraccio e introduce l'indice e il pollice della destra là "dove il sol tace" vale a dire dove il fazzolettino era stato inconsciamente archiviato e uno, due, tre, il fazzolettino c'é; e viene fuori lentamente come una lumaca dal suo guscio, stretto fra le due dita "villan del servo" e sventolato poi davanti la esterefatta signora come dovesse dare il via ad una gara di corsa. Scena: la bella signora che in un primo momento aveva istintivamente allungato la mano per riprendere la cosa sua, tosto ripresasi, ritirò con ripugnanza e non potendo reggere a tale sconcio fulminei sguardi gettò sul servo  e più fulminei ancora sull'altro personaggio poi svenne (o fece finta) tra le braccia della prima amica accorsa. Accorse anche il marito (già, perchè la signora aveva anche un marito) il quale sguainò la destra dal guanto bianco e con la medesima pif paf appoggiò sulle guancie dello sfortunato Mardocheo due solennissimi schiaffi mentre gli altri presenti facevano sforzi inauditi per trattenere le risa...

E Mardocheo? Oh! lui rintontito dall'avvenimento e dagli schiaffi giudicò consiglio migliore in tale disastroso frangente affidarsi all'aiuto delle estremità inferiori che in men che non si dica, lo sfrecciarono fuori della lussuosa sala servendosi della prima porta della parete dove era andato a battere il naso, lo ruzzolarono per le scale marmoree del palazzo, lo sgambettarono per le silenziose vie della città e lo depositarono sul suo letto dove ci si trattenne poi per un mesetto in compagnia di una violenta itterizia…

 

E la storia della prima conquista galante di Mardocheo Culipeppi, dottore in legge e avvocato dalle cause perse, finisce qui, un po' drammaticamente per lui, comicamente per gli altri. A solo titolo di informazione aggiungo che la sua avventura fece, per diverse tempo, le spese per le chiacchiere delle allegre brigate della città, tanto che lui indignato e disperato, una volta guarito dell'itterizia e dalla mania delle avventure galanti, lascio il suo natio borgo selvaggio e, debbo dir proprio tutto?, si fece... frate. Aggiungi che nel convento che lo ospitò e dove tutti i frati dovevano disbrigare speciali mansioni fu eletto sopraintendente al guardaroba per il quale ufficio si dimostrava ben tagliato e dico anche (e perdonate, ma ho finito) che i confratelli lo chiamavano "fra Gazza Ladra" per la mania che lo tormentava di tutto nascondere. Effetti delle passate vicissitudini.