Home Urbinati indimenticabili

Home Antologia Concorso 18

VITTORIO SANTINI
Maestro - Direttore / Ispettore Didattico
 

Biografia

Chi scrive & vecchi Urbinati 1890-1906

Io maestro e istrione 1906-1917

Frutti acerbi e Fiori olezzanti 1906-1917

Dolcezza amara di ricordi

L'antemato Tabarin

Preti 1890-1910

Bibliogafia

In partibus et
in pectore

Minestrone(curiosotà urbinati)

I pesci e la mosca di Raffaello

Museo degli scandali

Sciaplon e Mechiop-pa: eterni fidanzati

Casta Susanna

Genealogia

Madonne dell'Olmo e dell'Homo

Mardocheo Culipeppi

I due popolani

Piron Tanacca

Cacce cacacce

Poesie in dialetto
di Arturo Santini

Grandi spese in piccolo Stato

Vittorio Santini

Part da foto di gruppo
Nuovo Palazzo scolastico "Pascoli" 1937 ca.

 

BIOGRAFIA

Santini Vittorio (Aristide, Gaspare) nacque ad Urbino in Via dei Maceri il 20 Settembre 1888; data che ricordava come 18° anniversario della presa di Porta Pia, avvenuta nel 20/09/1870.  Fu figlio naturale di Arturo Santini, ventiduenne studente in Legge all'Università degli Studi di Urbino, e di una donna nubile, Clelia Pieretti,ventitreenne massaia e sarta.  Vittorio fu legittimato nel 1892, quando aveva compiuto 4 anni, in seguito al matrimonio dei genitori naturali.  Dati gli assillanti impegni di studio del padre e domestici e di sarta della madre, guida dei suoi primi anni fu la nonna materna: «La mia nonnina dal viso scarno mi voleva un bene dell'anima, parlava con me di cose serie come fossi un adulto… Quando morì potevo avere 5 anni… (v. Chi scrive)». Il padre Arturo, nato nel 1866 ottenuta la laurea in Legge dopo il matrimonio, esercitò poi in modo esemplare la professione di avvocato nel Foro di Urbino (*), quando Vittorio aveva già superato la fanciullezza. Perciò Vittorio nelle scuole inferiori si trovò nel gruppo dei poveri non paganti amaramente escluso dai privilegi riservati ai ricchi e benestanti.


(*) Da: "L'ordine degli avvocati di Urbino fra passato, presente e futuro" di Maria Morello e Paola De Crescentini , Ed. Ciampichelli, 2009:

"Non può passare sotto silenzio a tal proposito (cioè, ricordando i professionisti della sinistra storica, ndr) la figura di un avvocato molto amato e ancora vivo nei racconti della popolazione urbinate, Arturo Santini (1866-1921) (alcuni fra i cittadini più anziani lo ricordano dal vivo come l’avvocato con il fiocco in luogo della cravatta), anarchico combattivo e difensore dei più poveri. L’immagine di questo professionista è indubbiamente curiosa e poco consona con il prototipo dell’avvocato di fine Ottocento. Egli viene infatti descritto con l’andatura zoppicante, appoggiato ad un bastone nodoso, il fiocco nero ed il tabarro fin quasi ai piedi. Di lui viene ancora ricordata la bontà e l’efficacia con la quale difendeva nelle aule del Tribunale di Urbino i più umili, riuscendo spesso a penetrare l’animo dei giurati e ad ottenere l’assoluzione dei suoi assistiti. La Frusta, quindicinale anarchico degli anni Venti, dedicò al professionista un’ampia celebrazione in occasione della sua morte, avvenuta nell’ottobre del 1921, ricordando come l’avv. Arturo Santini si fosse sempre dedicato alla professione legale per difendere, durante le  turbolenze di fine secolo, quanti avevano “la sola colpa di lottare per la sopravvivenza”, anche quando i suoi clienti non avevano nulla da offrirgli per retribuzione.

Benché da queste parole possa effettivamente emergere l’immagine di un professionista sui generis, Arturo Santini fu un avvocato degno di nota e certamente stimato dai colleghi dell’Ordine di Urbino, tanto che tra il 1904 e il 1912 lo troviamo in qualità di membro del Consiglio di Disciplina dei Procuratori di Urbino e nel 1919 membro del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Urbino".

Dal giornale La Frusta, quindicinale anarchico, Fano 31 ottobre 1921:

“Quelli che se ne vanno: è morto ad Urbino, sua città natale, Arturo Santini, il vecchio internazionalista, l’anarchico impenitente, tra il compianto universale. Era di professione avvocato, ma non di quelli che sotto il manto di un’idealità nascondono la speculazione professionale. L’opera sua mirava sempre al bene dell’umanità. Quando si avvide che il suo fertile ingegno poteva essere utile a molti e non poteva nuocere a nessuno [...] si diede con accanimento degno di maggior encomio a strappare dal silenzio e dal dolore della galera quanti vi incapparono. La sua vasta dottrina, la vivacità del suo ingegno, l’appassionata parola ne fecero il principe del foro urbinate [...].

 

Nel 1892-93 Vittorio frequentò il primo anno all'Asilo Valerio sotto la guida di una pessima direttrice ma brave maestre e, nello stesso asilo, nel 1894-95 frequentò la prima elementare con esame di verifica finale perchè era scuola privata annessa alla statale. Dopo le elementari il padre lo iscrisse al Ginnasio, allora Scuola Secondaria Inferiore, ma si ammalò seriamente. Ripresosi dalla malattia si trasferì nella meno impegnativa Scuola Tecnica.

«Questa scuola - racconta il Santini -  ora quasi del tutto scomparsa, allora aveva la sua brava importanza; il corso aveva la durata di tre anni.  Vi si insegnava oltre alle materie tradizionali, la computisteria, il francese, il disegno e la calligrafia e; la licenza che vi si conseguiva dava adito all'Istituto Tecnico (ragioneria, fisico-matematica, agrimensura), alla Scuola Normale, oggi istituto Magistrale, e il diploma in se ammetteva a piccoli impieghi statali, comunali, di enti pubblici… Ormai la antipatia per lo studio si era fatta strada nel mio sangue ragion per cui nelle "tecniche" fui tutt'altro che un modello di scolaro.  Ogni anno ero rimandato regolarmente agli esami di ottobre e in questa sezione ottenevo le promozioni sebbene poco studiassi durante le vacanze.  E pensare che i professori mi bocciavano a fin d'anno proprio, dicevano essi, per costringermi a studiare durante le ferie estive... (v. Chi scrive)».

«Licenziato dalle tecniche avevo tre vie avanti a me: o piantarla con gli studi, o entrare nell'Istituto Tecnico o in quello Magistrale (detto anche Scuola Normale).  D'accordo coi miei, scelsi quest'ultima via anche per non allontanarmi da Urbino che qui l'Istituto Tecnico non c'era come non c'é nemmeno oggi…(v. Chi scrive)» Nelle Magistrali "B.Baldi" di Urbino finalmente trovò la comprensione del Direttore e di altri bravi insegnanti, tanto da fargli esclamare: "Maestro, un buon maestro io voglio diventare!"  Questa sua aspirazione fu poi pienamente realizzata, iniziando dal 1906 dopo il conseguimento del Diploma Magistrale.

Nel 1906 Vittorio iniziò la professione di maestro in un piccolo comune di Reggio Emilia, indicato nei suoi scritti come tipico comune emiliano e con le stesse caratteristiche di Brescello di Don Camillo e Peppone descritto da Guareschi. Molto probabilmente come traspare dagli scritti è il comune di Montecchio Emilia. Senza difficoltà si amalgamò con gli emiliani partecipando alla vita del luogo e prendendo parte come primo attore in commediole di colore locale.  Queste imprese sono descritte nei minimi particolari nei racconti "Io maestro di scuola e istrione dilettante" e "Frutti acerbi e fiori olezzanti". Fu questo il periodo più bello della sua vita ottenendo grandi riconoscimenti in tutti i campi: professionale, sociale e sentimentale.

Il 23-02-1914 sposa l'urbinate Tabarini Anna di Pietro e di Piacesi Maria.  Il "nonno Tabarini" del racconto "L'antenato di casa Tabarin" vissuto nella prima metà del 1800, che abitava in un rustico fra il Tufo e San Cipriano, fu verosimilmente il nonno della moglie Anna; quest'ultima nacque ad Urbino il 06-11-1887 e ivi morì vedova il 27-06-1972, lasciando alla chiesa l'abitazione in Via Piave.  

Il 10 settembre 1917 nacque  a Reggio Emilia Arturo, suo unico figlio, che muore in giovane età per tubercolosi ad Urbino il 22 aprile 1947.  Di Arturo Santini Jr. non si hanno altre notizie; molto probabilmente è l'autore  delle 5 poesie in vernacolo urbinate in seguito qui riportate e di un breve racconto, "Alcuni vizi capitali" nella raccolta "Il minestrone".

Dopo la nascita del figlio Vittorio si trasferì dalla provincia di Reggio Emilia ad Urbino sempre come maestro elementare.

Nel 1934, a 46 anni, diventò per concorso Direttore Didattico e successivamente Ispettore scolastico, professioni che esercitò in Urbino se si esclude un breve periodo a Recanati.

Circa nel 1955 maturò la pensione di anzianità.  Negli anni successivi per rompere la monotonia della sua giubilazione gli è venuta l'uzzola di ricordare la vita della sua città, lasciandoci un faldone di dattiloscritti e manoscritti ancora allo stato di bozza, con numerose correzioni e rifacimenti e quindi non ancora pronte per la pubblicazione. Da tutti questi scritti, che comprendono anche alcune commediole e alcune poesie in dialetto urbinate  trapela uno spirito burlone e scanzonato, tipicamente goliardico, sorprendente se si pensa al ruolo professionale che il Santini esercitava con la massima serietà come fosse una missione. 

Il 09/10/1964 morì ad Urbino in via Salvalai n. 14. L'abitazione in via Salvalai fu donata alla Curia di Urbino e fu abitata prima da don Gogliardo e poi da Stefano Mancini Zanchi. Quest'ultimo trovò detta cartella di manoscritti e dattiloscritti e che consegnò alla Pro Urbino. L'Associazione nella persona del dott. Giuliano Donini in data 31/05/2016 deposita detto "Fondo Santini" nell'Archivio di Stato di Urbino.