domenica 27 giugno 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

Pesaro

Cari amici, ben ritrovati all’ascolto delle puntate estive della Cartolina dalle Marche. Anche quest’anno, come già preannunciato, vi proporremo l’ascolto del meglio delle puntate trasmesse nel corso delle passate edizioni, riadattate con opportune integrazioni ed aggiornamenti.

Oggi parliamo della Chiesa del Nome di Dio che si trova a Pesaro.

Qualche tempo dopo che venne istituita la Compagnia del Santissimo Nome di Dio, fu posta la prima pietra della chiesa, nel giugno del 1577, mentre qualche anno piu' tardi, nel 1581, iniziarono le decorazioni, quando i confratelli commissionarono a Federico Barocci (1535-1612) il quadro per l'altare maggiore, raffigurante la "Circoncisione". L'originale, oggi conservato al Louvre di Parigi, dopo le spoliazioni napoleoniche, venne sostituito in loco da una copia del pesarese Carlo Paolucci (1733-1803). Dal 1617 al 1619 venne realizzato il soffitto decorato, con tele di Giovan Giacomo Pandolfi (vissuto tra il 1570 e il 1640) incorniciate da strutture lignee a cassettoni create da Giovanni Cortese (1569-1629). Sempre al Pandolfi si devono le decorazioni alle pareti, scandite dall'architetto scenografo Nicolo' Sabbatini (1574-1654), in tre fasce sovrapposte, di cui la mediana con dieci grandi quadri relativi ad episodi che segnano il passaggio dal Vecchio al Nuovo Testamento, attraverso imprese collegate al Nome di Dio. La chiesa e le due sagrestie, con le opere pittoriche e lignee, gli apparati, le suppellettili, l'organo del 1629 di Antonio Paci, fanno dell'Oratorio del Nome di Dio il piu' riuscito ed autentico monumento della Pesaro del '600. Concludiamo dicendo che il soffitto è a pianta ottagonale allungato ed è sorretto da paraste corinzie. Sono belli anche gli intagli del cornicione.

Pesaro ha molti altri gioielli da scoprire. Si può dare un’occhiata alle mura della Rocca Costanza, oppure visitare il prestigioso Conservatorio musicale e la casa del noto compositore pesarese Gioachino Rossini. Interessanti sono anche i numerosi reperti custoditi nel Museo Oliveriano, nonché le bellissime chiese e gli oratori che ornano il centro storico della città. Sulla via principale che porta al mare si giunge comodamente al Duomo di Pesaro, che contiene i famosi mosaici di epoca tardo-romana, recentemente portati alla luce. In zona mare si può scorgere una villa, unica nel suo genere in città, in stile liberty e, nelle vicinanze, la grande scultura bronzea denominata la “Palla di Pomodoro”, dal nome dell’artista che l’ha realizzata.

Pesaro è predisposta anche per le lunghe passeggiate a piedi o in bicicletta. A Nord si può visitare il Parco del San Bàrtolo, in cui è compresa anche la Villa Imperiale, costruita per il Duca di Urbino Francesco Maria I Della Rovere. A Sud si possono percorrere ben 12 km di pista ciclabile, lungo un percorso che scorre parallelo sia alla spiaggia sabbiosa, alla strada nazionale, alla ferrovia, che alle maestose pareti delle colline che scendono a strapiombo. Di notevole interesse storico, artistico e architettonico sono anche le due ville che si trovano fuori città: Villa Caprile e Villa Miralfiore.

Ora, cari amici in ascolto, vi parliamo, naturalmente con un certo anticipo, di un grande evento internazionale che, puntalmente, si svolge a Pesaro ogni anno nel mese di agosto.

Il Teatro Rossini ospiterà la rassegna lirica internazionale denominata Rossini Opera Festival. Come è noto, lo scopo di questa rassegna è promuovere la diffusione del repertorio operistico rossiniano, anche attraverso la realizzazione di un paziente lavoro filologico e interpretativo delle composizioni operistiche. Il programma dell’anno 2004 si articola secondo il seguente ordine. Il 6, 9, 12, 15 e 18 agosto, alle ore 20, verrà rappresentato il “Tancredi”. Il 7, 10, 13, 16 e 19 agosto, sempre alle 20, sarà la volta di “Elisabetta, Regina d’Inghilterra”. L’8, 11, 14, 17 e 20 agosto, ancora una volta alle 20, seguirà la rappresentazione di “Matilde di Shabran”. C’è spazio anche per le produzioni musicali corali: la “Petite Misse Solennelle”, il 9 agosto, alle ore 17; e la cantata “Il vero omaggio”, il 18 agosto, sempre alle ore 17.

Seguono altri appuntamenti, a corollario della rassegna. Il 7 e il 10 agosto, al Teatro Sperimentale, alle ore 12, si potrà vedere la farsa “Il trionfo delle belle”, dramma eroi-comico di Gaetano Rossi, con musica di Stefano Pavesi. E’ stato anche programmato un “Festival Giovane”. Il 26 luglio, al Teatro Sperimentale, alle 20 30, si svolgerà il concerto conclusivo dell’Accademia Rossiniana. Infine, l’11 e il 14 agosto, al Palafestival, alle 11, verrà rappresentata la cantata scenica rossiniana “Il viaggio a Reims”.

Attenzione, però. Data l’importanza delle manifestazioni, suggeriamo di prenotare i biglietti per tempo. I numeri di telefono di riferimento, per ulteriori informazioni, sono: 0721/38001, oppure 0721/3800294. Potete anche visitare il sito internet www.rossinioperafestival.it .

Con questo è tutto. La Cartolina dalle Marche termina qui. Potete consultare tutti i testi trasmessi nel sito www.pro-urbino.it , cliccando su Cartolina dalle Marche. Grazie per la cortese attenzione e a risentirci domenica prossima.“”

 FRANCESCO VENDITTI

 

 

 

 

domenica 04 luglio 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

 

Macerata

“”Cari amici della Cartolina, oggi vi presentiamo un’altra tipicità dell’estate marchigiana: la stagione 2004 del Macerata Opera, che si svolge, come è tradizione, allo Sferisterio del capoluogo. Lo Sferisterio è una struttura di stile tipicamente neoclassico, che venne realizzata nel 1819 con il contributo di 100 cittadini che offrirono 100 scudi a testa. Seguì un’altra sottoscrizione di altri cittadini che versarono, ancora una volta, altri 100 scudi ciascuno. L’opera venne completata grazie alla generosità del nobile maceratese Maffeo Pantaleoni, con una donazione di 16 carati. Seguì l’inaugurazione nel 1829, con solenni festeggiamenti. Originariamente, lo Sferisterio era stato progettato per ospitare dispute sportive, in particolare quelle legate a un noto sport molto di moda nel XIX secolo, la “Palla col bracciale”, ma si celebravano anche spettacoli di equitazione, giostre, circhi equestri, tombole, manifestazioni fieristiche ed era un ottimo luogo per ricevere papi, capi di Stato e rappresentanze politiche. Tuttavia, si ravvisò migliore il suo utilizzo per manifestazioni liriche di grande spessore, data la sue enorme capienza (5000 posti) e un’ottima resa acustica. Ed ecco la nascita e progettazione di queste splendide stagioni di rilievo internazionali. La prima rappresentazione lirica avvenne nel 1921, con l’ “Aida” di Giuseppe Verdi. Lo Sferisterio si trova nel cuore di Macerata, un ameno capoluogo di provincia che presenta una tipica impronta medievale. La struttura, inconfondibile, venne progettata dall’architetto Ireneo Aleandri e presenta una forma emisferica chiusa, al suo interno, da un alto muro. Esternamente si notano due ordini di archi chiusi, intervallati da colonne. L’entrata presenta un’iscrizione: AD ORNAMENTO DELLA CITTA' A DILETTO PUBBLICO, LA GENEROSITÀ DI 100 CONSORTI EDIFICIO' MDCCCXXIX (1829). Internamente sono visibili due ordini di palchi sovrapposti, sorretti da colonne doriche.

Quest’anno, la direzione artistica della stagione lirica è affidata alla nota cantante Katia Ricciarelli. Inoltre, la 40ª Stagione Lirica 2004 è dedicata alla riapertura del Teatro alla Scala nel quadro dei festeggiamenti internazionali su iniziativa degli Amici della Scala. L’organizzazione è a cura dell'Associazione Sferisterio Teatro di Tradizione.

MacerataQuesto è il calendario previsto. Naturalmente, ricordiamo di attivarsi in anticipo per il reperimento dei biglietti, data la rilevanza internazionale dell’evento.

Tre sono le opere liriche in programma: “Le contes d’Hoffmann”, “Francesca da Rimini” e “Simon Boccanegra”.

“Le contes d’Hoffmann”, di Jacques Offenbach, verrà rappresentato il 17 e il 25 luglio e il 5 e l’8 agosto, alle 21 30. “Francesca da Rimini, di Riccardo Zandonai, sarà in scena il 24 luglio e l’1, il 6 e il 13 agosto, alle 21 30. Infine, “Simon Boccanegra”, di Giuseppe Verdi, verrà rappresentato il 31 luglio e il 4, il 12 e il 14 agosto, alle 21 30.

Per ulteriori informazioni e prenotazioni biglietti si può visitare il sito www.macerataopera.org, oppure si può chiamare dalle 9 30 alle 13 e dalle 16 alle 20, allo 0733/230735 o 0733/233508, fax 0733/261570. L’e-mail è info@macerataopera.org. I biglietti possono essere prenotati anche via Internet presso il sito www.helloticket.it.

Naturalmente Macerata non è rappresentata solo dallo Sferisterio. Vi sono altre curiosità da visitare durante la permanenza in questa splendida città: il museo delle carrozze d’epoca, il museo civico, la pinacoteca comunale e il museo del Risorgimento, la biblioteca comunale Mozzi-Borgetti, con i suoi 350000 volumi e codici e 266 incunàboli, il teatro comunale Làuro Rossi, le mura castellane, i palazzi, nonché le immancabili e bellissime chiese. Intorno si spande una dolce e tranquilla campagna e in vari punti del capoluogo è anche possibile scorgere bellissimi panorami: da una parte il mare e da un’altra i Monti Sibillini. Infine, nella vicina frazione Villa Potenza, si può visitare la zona archeologica di Helvia Recina, antico insediamento romano di notevole importanza.

Con questo è tutto. La Cartolina dalle Marche termina qui. Potete consultare tutti i testi trasmessi nel sito www.pro-urbino.it , cliccando su Cartolina dalle Marche. Grazie per la cortese attenzione e a risentirci domenica prossima.“”

 FRANCESCO VENDITTI

 

 

 

 

domenica 11 luglio 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

Ancona

“”Cari amici della Cartolina, la replica di oggi è dedicata ad Ancona e alla sua provincia. Ancona, capoluogo di Regione, ha 110 000 abitanti e viene, sovente, soprannominata la “dorica”, a causa delle sue origini greco-doriche. Tra l’altro, anche il nome è di derivazione greca. Ancona deriva da “A’nkon”, che vuol dire “gomito”, proprio per la sua peculiare posizione geografica.

Anselmi, nel suo libro “La provincia di Ancona, storia di un territorio”, edito da Laterza nel 1987, così ci descrive la città.

       «Quando i Galli Senoni fondano la città di Sena, hanno il vantaggio di una costa protetta, all’interno della quale il mare penetra per circa un chilometro, formando uno specchio d’acqua salmastra in cui confondono le loro acque le foci del fiume Misa e l’impetuoso fosso Sant’Angelo. Ciò impedisce sorprese dal mare, mentre Montefortino di Arcevia, sorto a guardia dei valichi appenninici, garantisce protezione dalla parte dei monti. I Galli Senoni mettono subito in chiaro i rapporti con i greci di Ancona tramite un patto di non belligeranza, stretto attorno al 387 a.C., con Dioniso I di Siracusa che, più o meno in quegli anni, aveva spedito coloni ad Adria e in Ancona per accrescere i poli di sviluppo sulla costa adriatica. Ancona segue la fondazione di Numana, stando almeno a ciò che dice Plinio, ma per entrambe pare che non si possa risalire a prima del IV secolo, ed essa fa subito parte a sé, forte della sua posizione alta sul mare, sottolineata dalla costruzione di un tempio che Giovenale dice dedicato a Venere. Il tempio stava su un’imponente piattaforma in blocchi di tufo con fronte rivolto a nord-ovest, ed è il luogo dell’attuale cattedrale di San Ciriaco».

Cogliamo, ora, l’occasione per ricordarvi, cari amici, che in Ancona, dal 21 al 25 luglio, avrà luogo l’Ancona Jazz Summer Festival 2004. I concerti si svolgeranno a partire dalle 19 30 fino a notte fonda nei seguenti luoghi: centro storico, Enopolis Jazz Club “concerto aperitivo” in corso Mazzini, al Teatro delle Muse, al Ridotto Jazz Club, alla Scalinata del Passetto, al Parco della Posatora e a Lascensore Jazz Club presso l’ascensore del Passetto. In programma sono previsti ben 20 appuntamenti di qualità, con svariate formazioni jazzistiche. Maggiori informazioni sugli appuntamenti e sui prezzi dei biglietti sono reperibili al sito www.teatrodellemuse.org .

Adesso parliamo di Filottràno, altro Comune che si trova sempre in provincia di Ancona, a 270 metri sul livello del mare. La località ha origini molto antiche. Già dal V-IV millennio a.C. esistevano popolazioni dell’era neolitica. Successivamente vi abitarono i Piceni e poi i Celti. Filottrano, comunque, ha natali longobardi. Come cittadina sorse intorno all’anno Mille e il suo nome deriva da Ottrano, o meglio, dai figli di Ottrano. Il borgo, nel corso dei secoli, ebbe una storia un po’ turbolenta, a causa dei saccheggi provocati da soldati di ventura e dagli scontri con la vicina Osimo, per motivi di confine.

Nel 1790, Filottrano venne nominata CITTA’ da Papa Pio VI, nell’ambito dello Stato della Chiesa.

La cittadina, oggi, si caratterizza per le sue sette chiese, all’interno del centro storico. San Cristoforo è un convento avellanìta dell’XI secolo; il convento di San Francesco è un monumento nazionale, in quanto esempio di stile barocco unico nelle Marche. Vi sono anche San Michele, La Pieve e Santa Maria di Storaco. Tra i palazzi ricordiamo il Palazzo Municipale, il Ricci-Accorretti e il Beltrami-Luchetti, che ospita il museo del barocco marchigiano e il museo della raccolta Beltrami. Concludiamo dicendo che lo stemma di Filottrano consiste in una croce ai piedi della quale riposano sette lapidi , tre nella prima fila e quattro nella seconda, le quali poggiano, a loro volta, su un ripiano.

Concludiamo con Osimo, che ospita circa 30000 abitanti ed è situata a 265 metri sul livello del mare.

L’antica A’uximon è stata fondata (secondo il parere degli storici locali) tra il VII e il VI secolo avanti Cristo da coloni greco-siculi, gli stessi che avevano fondato Ancona. Storicamente il Comune fu un municipio romano e fece parte dello Stato della Chiesa (come, del resto, tutte le Marche), godendo di statuti che sono tra i più antichi della Regione. Infine, dal punto di vista dell’architettura, dell’arte e del turismo, Osimo contiene moltissimi monumenti.

Il più antico è Fonte Magna, costruita intorno al I secolo avanti Cristo. Si prosegue con il Duomo, il Battistero del ‘200, il Palazzo Comunale del XVI-XVII secolo, la Biblioteca e l’Archivio Storico Comunale, che custodisce il Libro Rosso (che contiene i documenti cittadini dall’XI al XII secolo, gli Statuti, i Catasti e gli atti del Consiglio fino allo Stato Unitario).

Osimo è conosciuta anche per le statue senza testa e per una festa di carattere religioso, che ogni anno si tiene a Campocavallo. Si tratta di una ricorrenza che è capace di coinvolgere aspetti storico-culturali del territorio locale. In particolare, il covo è un dono di ringraziamento per la fertilità della terra e consiste in un manufatto in spighe di grano intrecciate, completamente fatto a mano. Ogni anno si riproduce qualcosa. Per esempio, nel 2000 è stata riprodotta la Natività di Betlemme, il cuore della cristianità, con la cui città, per l’occasione, Campocavallo si è gemellata. In questo modo, la festa ha voluto costituire un veicolo per portare in Terra Santa un messaggio di pace.

Con questo è tutto. La Cartolina dalle Marche termina qui. Potete consultare tutti i testi trasmessi nel sito www.pro-urbino.it , cliccando su Cartolina dalle Marche. Grazie per la cortese attenzione e a risentirci domenica prossima.“”

 FRANCESCO VENDITTI

 

 

 

 

domenica 18 luglio 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

Urbino

“”Cari amici in ascolto, nella replica di oggi siamo a Urbino, per proporvi un turismo alternativo rispetto a quello tradizionale. Parliamo, innanzitutto, delle sue porte di accesso al centro storico che, nel corso dei secoli, hanno costituito un elemento protettivo di grande portata. Ve ne sono di due grandezze, a seconda della loro importanza. Cominciamo da Porta Santa Lucia. In alto vi è una meridiana e, alla sua sinistra, iniziano i camminamenti (denominati la passeggiata del Duca), i quali sono molto simili a quelli di San Marino e che conducono dapprima in un punto panoramico, dove si può dominare la città e i monti  retrostanti, e poi al Monte e quindi alla Fortezza Albornòz.

Continuiamo con Porta Valbona, la più grande. Questa fu innalzata a guisa di arco trionfale, in occasione delle nozze, celebrate nel 1621, tra Federico Ubaldo Della Rovere e Claudia De’ Medici, come ricorda l’epigrafe sotto l’arco. Sopra la porta, di cui sono visibili i resti del legno che la chiudeva, si possono osservare i torricini del Palazzo Ducale e la facciata posteriore del Duomo. Infine, in alto, sempre sopra la porta, troneggiano due gigantesche aquile ducali in bronzo.

Porta Lavàgine è l’ultimo grande ingresso alla città. La sua caratteristica è quella di inglobare, in uno dei suoi lati, la piccola Chiesa di Sancta Maria Angelorum. Porta Lavàgine è anche il luogo dello storico ingresso di Federico da Montefeltro, nel 1444, nel clima torbido e drammatico seguito alla tragica morte del primo duca Oddantonio, fratellastro di Federico.

Porta San Bartolo e Porta Sant’Agostino, più piccole, accedono entrambe, in punti diversi, alla strada che conduce, rispettivamente, a Pesaro, da una parte, e a Urbania, dall’altra.

Proseguendo nella presentazione, Urbino, cittadina di 15148 abitanti, distribuiti su un territorio di gran lunga più esteso della Repubblica di San Marino, con tutto il centro storico è città-patrimonio mondiale dell’Unesco e si presenta come uno scrigno da scoprire giorno per giorno. Suggeriamo, proprio per questo motivo, la permanenza turistica per almeno una settimana. Infatti, durante questa ipotetica settimana si possono visitare il Palazzo Ducale, la casa di Raffaello e il Palazzo Passionei, adibito a biblioteca dell’Università e a sede rettorale. Seguono le visite alle due Chiese principali: il Duomo e San Francesco, nonché il giro degli oratori di Urbino, tra cui Santo Spirito, San Giuseppe e San Giovanni. In altri momenti suggeriamo di visitare la Fortezza Albornòz e di fare una passeggiata attraversando i vicoli e le piòle del borgo. Camminando, si possono visitare gli Oratori aperti, leggere le numerose iscrizioni inserite nei muri dei palazzi e scorgere le rovine romane. Per inciso, ricordiamo che esse sono presenti anche lungo Via San Domenico, dove si intravede un anfiteatro, nonché nel cortile interno della Facoltà di Economia e Commercio, in Via Saffi.

Fuori le mura si possono gustare tragitti naturalistici intorno ai Monti delle Cesàne e scoprire molti gioielli come il Mausoleo dei Duchi, la Chiesa della Madonna di Loreto, la Casa delle Vigne in zona Pineta, e così via…

Urbino è molto bella anche di notte con i suoi locali e soprattutto per le passeggiate romantiche lungo le mura intorno al quartiere San Bartolo, oppure dai Portici fino alla salita del Pincio, passando per il Teatro Sanzio. Davanti al teatro ci si trova ai piedi dei Torricini, magicamente illuminati. Inoltre, sempre di fronte al teatro, posa il famoso ORECCHIO DEL DUCA, un semicerchio, o meglio un’esèdra, dalle cui estremità si può curiosamente comunicare. Nell’800, quando venne costruito, esso serviva per far girare le carrozze degli spettatori che si recavano agli spettacoli.

Adesso soffermiamo la nostra attenzione sul Palazzo Passionèi, che è stato aperto recentemente.

L’edificio, un tempo, si chiamava IL TORRIGLIONE, perché era stato costruito su un torrione della vecchia cinta muraria. Inizialmente ci abitava un ramo della famiglia ducale dei Montefeltro. Poi la casa fu venduta ai Passionèi e, nel 1500, verso la metà, ai Paciotti. Le casate sono importanti, perché nacquero personaggi come il Beato Cappuccino Benedetto Passionèi e l’architetto civile e militare Francesco Paciotti. Nella 1ª metà dell’800 il palazzo divenne il CONSERVATORIO DELLE ORFANELLE. Successivamente passò alla famiglia Ligi e, infine, da pochi anni, all’Università di Urbino, che ha provveduto al restauro. Il pianterreno è composto da una cappellina, da un tipico cortiletto rinascimentale con sistema di scolo delle acque, finestre e porticato, e da qualche stanza. I piani nobili superiori richiamano gli ambienti ducali: il Salone, la Cucina, il Soggiorno, le travi intarsiate, le scale, le porte ornate in stile cinquecentesco, lo Studiolo, la mansarda…Oggi, il Palazzo Passionei è sede del Rettore dell’Università degli Studi di Urbino ed ospita i libri della vastissima biblioteca personale del compianto Magnifico Rettore Prof. Carlo Bo, la quale è accessibile nelle ore diurne.

A chiusura dell’odierna Cartolina, precisiamo che, nei vari luoghi del centro storico di Urbino, oggi prende il via fino al 25 luglio. il 35° Festival Internazionale di Musica Antica, organizzato in collaborazione con la Fondazione Italiana per la Musica Antica e il Comune di Urbino. In scaletta sono previsti concerti e, dal 22 al 24 luglio, anche una mostra di strumenti antichi, presso le Sale del Castellare del Palazzo Ducale. Le informazioni su eventi e prezzi sono reperibili sul sito www.fima-online.org.

Con questo è tutto. La Cartolina dalle Marche termina qui. Potete consultare tutti i testi trasmessi nel sito www.pro-urbino.it , cliccando su Cartolina dalle Marche. Grazie per la cortese attenzione e a risentirci domenica prossima.“”

 FRANCESCO VENDITTI

 

 

 

 

domenica 25 luglio 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

Ascoli Piceno  -  Fermo

“”Cari amici della Cartolina, nella replica di oggi facciamo tappa nel Piceno. Andiamo a Montedinòve, piccolo paese di poco più di 600 abitanti, situato in provincia di Ascoli Piceno. Le sue origini sono incerte. Sembra che si debba risalire alla fine del VI secolo, in seguito all’invasione longobarda. Nel 1039, con la ricca donazione fatta da Longino di Azzone ai monaci di Farfa nel Piceno, il paese entrò a far parte dei possedimenti benedettini. Montedinove fu successivamente fortificato. Tuttavia nel 1240 subì l’assedio delle truppe mercenarie di re Enzo, comandate da Rainaldo d’Acquaviva, ma senza alcun esito.

Montedinove è un piccolo gioiello. Della vecchia cinta muraria rimangono resti di mura e torrioni, oltre alla Porta della Vittoria, tuttora ben conservata. Si possono vedere anche il Palazzo Comunale, il Convento francescano di San Tommaso di Canterbury ( in cui sono presenti un’Adorazione dei Magi e un’Ultima Cena), la Chiesa priorale di Santa Maria de’ Cellis e la barocca Chiesa prepositurale di San Lorenzo Martire.

Passiamo, ora, a un altro paese dell’ascolano. Si chiama Castel di Lama, ha 6.500 abitanti ed è posto, in prossimità del fiume Tronto, a 201 metri sul livello del mare. Nel territorio sono state registrate presenze preistoriche dal neolitico fino agli inizi dell’età del ferro. La sua storia è legata a quella della vicina Ascoli Piceno. Ricordiamo comunque l’incendio della città, avvenuto nel 1538 ad opera delle truppe pontificie. Il Comune è stato feudo degli Odoardi fino al secolo XIX. Oggi si può visitare la Chiesa di Santa Maria degli Angeli in Chiaroni del 1693. La Chiesa comprende un altare barocco opera di Giosafatti e un dipinto del XV e XVI secolo. Sono interessanti anche la villa Odoardi-Seghetti, la chiesa parrocchiale e l’Oratorio della Consolata, tutti del XVIII secolo.

Infine, il territorio del castello si adagia su una vasta collina. Il patrono del Comune è Santa Anastasia, che si celebra il 2 maggio.

Proseguiamo con Massignano, Comune che si trova sempre in provincia di Ascoli Piceno, non molto lontano dal mare. Dell’antichità ci sono pervenuti materiali archeologici d’epoca romana e preromana. Tuttavia, va ricordato che il passato di questo piccolo paese è piuttosto travagliato, dal momento che ha dovuto sempre fare i conti con gli ascolani, Ripatransòne e i signori locali, finché, entrato a far parte dei domini di Manfredi, nel 1258 fu da questi concesso a Fermo. In particolare, secondo lo storico Colucci, Massignano (l’antica Massa Aniana), fu un sobborgo dell'antica città romana di Cupra. Sorse come libero comune dopo l'anno Mille e si mantenne indipendente fino al sec. XIII. Nel 1334 fu assalito da Rinaldo da Monteverde, signore di Fermo, e fu costantemente conteso tra Fermo e Ascoli Piceno. Dal sec. XVI sino al XVIII, il Comune fu parte dello Stato Pontificio; dopo la parentesi napoleonica, vi ritornò nel 1816, fino all'Unità d'Italia. Una delle attività economiche principali, insieme all'agricoltura, è stata, nei secoli scorsi, la produzione di terracotte, "cocce" e ceramiche.

Oggi Massignano, situato su un poggio, alla sinistra del fiume Menocchia, ci offre alla vista una torre risalente al 1579, che sovrasta il Palazzo Comunale e che venne modificata verso la fine del secolo scorso. Vi è anche la Chiesa di San Giacomo Maggiore, edificata nel 1779, che conserva una preziosa tavola quattrocentesca dell’artista Crivelli. Vicino a Forcella vi sono, infine, i resti di un castello del XIII secolo.

Concludiamo salendo a Grottazzolina, Comune che è situato nel territorio della nuova provincia di Fermo. I primi insediamenti del posto risalgono all’VIII secolo Avanti Cristo. Anticamente vi abitarono i Piceni, ma la fondazione avvenne ad opera dei monaci farfensi, nel X secolo Dopo Cristo, col nome di Grotta dei Canonici. Successivamente, nel 1217, il Conte Azzo Azzolino della Marca Anconitana, ebbe il castello in feudo da Papa Innocenzo III, che lo chiamò Grotta Azzolina. Dal 1526, Grottazzolina seguì le sorti dello Stato della Chiesa. Oggi, nel centro, si può visitare la Chiesa del Santissimo Sacramento, detta anche del Rosario, che comprende gli affreschi e le statue di Luigi Fontana. Notevole è anche la Chiesa di San Giovanni Battista, dichiarata monumento nazionale per i suoi pregevoli stucchi. Vi è anche la chiesa di Santa Maria, del 1671, nonché i ruderi del castello Azzolino. Ricordiamo, infine, che a Grottazzolina sono nati gli artisti lirici Francesco e Ludovico Graziani, Vincenzo Monaldi, fisiologo e Ministro della Sanità nel 2° dopoguerra e Guido Piergallina, sacerdote, eremita ed appassionato ricercatore di antichità.

Con questo è tutto. La Cartolina dalle Marche termina qui. Potete consultare tutti i testi trasmessi nel sito www.pro-urbino.it , cliccando su Cartolina dalle Marche. Grazie per la cortese attenzione e a risentirci domenica prossima.“”

 FRANCESCO VENDITTI

 

 

 

 

domenica 01 agosto 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

Marche

“”Cari amici della Cartolina, oggi parliamo delle Marche in generale. Le Marche sono una Regione fiorente e desiderata dai più, in quanto costituiscono la rappresentazione vivente del livello medio della qualità della vita su scala nazionale. Ne tracciamo una breve descrizione geografica e gastronomica.

La Regione è prevalentemente alto-collinare. Si tratta di un pregio, unico nel suo genere, dal momento che la presenza di dolci colline e di poggi elevati ha consentito, nel corso dei secoli, la costruzione di tanti piccoli borghi in cima ai colli, tuttora rimasti inalterati, dai quali si possono godere splendidi panorami.

La costa è prevalentemente sabbiosa. Tuttavia, non mancano le particolarità legate alla natura del posto. Basti ricordare, ad esempio, il promontorio che è situato tra Gabicce Mare e Pesaro, oppure la spiaggia di sassi di Marotta , oppure ancora il promontorio del Monte Cònero.

Ci sono anche le montagne, che offrono ai visitatori un vastissimo patrimonio floristico e faunistico, come, per esempio, il Monte Carpegna, stazione sciistica invernale e sede di produzione del marchio di prosciutti a denominazione di origine protetta, nonché il Sasso Simone e il Simoncello, che sono inseriti nel relativo Parco Nazionale, nei quali è possibile rinvenrie reperti preistorici marini. Notevole importanza assumono il Monte Nerone, altra stazione sciistica e polo di attrazione per gli speleologi che vogliono scoprire nuove grotte e nuovi cunicoli, il Monte Catria , la preistorica Gola del Furlo, dove di recente è stata notata la presenza di un falco selvatico, il Monte Penna, il Monte Pennino e i Monti Sibillini, racchiusi in un grande parco nazionale. Interessante dal punto di vista naturalistico e paesaggistico è anche il Parco del Monte Cònero.

Le Marche sono caratterizzate anche da una grande tradizione religiosa, rappresentando la prima Regione , dopo l’Umbria , ad essere stata evangelizzata da San Francesco. A testimonianza di sì tanta fede, sono localizzati tantissimi monasteri, incastonati come gioielli in mezzo al verde.

C’è spazio anche per i golosi. Infatti, la nostra Regione produce moltissime prelibatezze alimentari, dalle millefoglie ai cappelletti, agli strozzapreti , ai passatelli, alla crescia sfogliata, alla piadina, alla polenta, ai vincisgrassi, nonché anche agli innumerevoli arrosti, brodetti tipici di pesce, formaggi (tra cui la famosissima Caciotta di Urbino), i salumi, le olive all’ascolana e i cremìni, per concludere con i dolci, tra cui il bustrengo e la cicerchiata.

Naturalmente ci sono anche i vini. Ricordiamo, tra i tanti, il Bianchello del Metauro, il Vin Santo, il Rosso Conero, il Verdicchio, la Lacrima di Morro d’Alba, la Vernaccia , il Rosso Piceno, il Falèrio dei colli ascolani.

Con cludiamo parlando dei Monti Sibillini, l’imponente catena montuosa che meglio caratterizza le Marche.

Essi sono situati nella parte sud-occidentale della Regione. Il monte più alto è il Vettore, con i suoi 2476 metri di altezza. Questi splendidi monti, chiamati anche i Monti Azzurri, sono da sempre al centro dell’immaginario collettivo. Anticamente erano luoghi sacri votati al culto della dea Cibèle, simbolo della madre terra, oppure a quello di Venere o di Nortia. Successivamente, Virgilio cita, nei suoi versi, la maga Sibilla. Nel Medioevo si diffondono altre leggende. Una riguarda un tal Guerrino detto il Meschino. Secondo la tradizione raccolta da Andrea da Berberino, Guerrino, per avere notizie dei genitori, si recò dalla maga Alcina, che abitava nella grotta sul Monte della Sibilla. Una volta raggiuntala, rimase con lei circa un anno, cercando di sfuggire alle sue lusinghe. Poi, pentitosi, Guerrino si diresse verso Roma per ottenere il perdono del Papa a causa del gesto temerario compiuto. E’ evidente che la storia ha del mitico in sé, perché a tutt'oggi non è stata ancora ritrovata la famosa grotta. C’è di più: questa leggenda è molto simile a quella di Ulisse e la maga Circe. Addirittura corrisponde, seppur con alcune varianti, alla leggenda dei Tahnaüser, ripresa dal compositore e drammaturgo Wagner. Un’altra leggenda, che ebbe origine sul finire del XIV secolo, narra di un antro incantato e misterioso abitato da una regina che si chiamava Sibilla.

Oggi, queste ed altre informazioni sono raccolte in un libro dal titolo Marche, magia e misteri di Petromilli.

Come abbiamo potuto constatare, la catena montuosa, con le sue improbabili grotte, presenta caratteri tipici e ancestrali, che hanno scatenato, nei secoli, le fantasie dei marchigiani locali. Tanto più che i sopralluoghi effettuati nella prima metà del secolo hanno portato alla luce oggetti significativi quali i tornesi di Enrico II, ossia monete francesi del XVI secolo; ma dal 1946 l'ingresso alla grotta dei misteri è completamente ostruito a causa di una frana provocata dalle mine usate nello scavo dal professor Consalvatico.

I Monti Sibillini, ideali per il trekking, sono racchiusi in un grande Parco Nazionale e ospitano il famoso Lago di Fiastra.

Con questo è tutto. La Cartolina dalle Marche termina qui. Potete consultare tutti i testi trasmessi nel sito www.pro-urbino.it , cliccando su Cartolina dalle Marche. Grazie per la cortese attenzione e a risentirci domenica prossima.“”

 FRANCESCO VENDITTI

 

 

 

 

domenica 08 agosto 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

Montefeltro

“”Cari amici della Cartolina, la replica di oggi è dedicata al Montefeltro. Parliamo di San Leo. L’antica cittadina, in passato denominata Mons Feretrius, ovvero Montefeltro, si trova in provincia di Pesaro e Urbino, vicino al confine con la Romagna, a 583 metri sul livello del mare, e poggia su uno sperone di roccia con le pareti a strapiombo. Al tempo dei Duchi di Urbino, San Leo era un’importante fortezza strategica, da cui si poteva controllare la sottostante vallata del Marecchia. La fortezza era progettata dall’architetto Francesco di Giorgio Martini.

In particolare, ci soffermiamo su una zona non molto conosciuta dai più. Si tratta di un luogo di culto, il Convento di Sant’Igne. La Chiesa e il Convento di S. Igne sorgono, forse, in una località di un antico culto pagano, costruiti in pietra informe, resa preziosa da raffinati dettagli gotici.

Nell'interno della Chiesa si vede un affresco del '500 che raffigura la Vergine e i Santi Giuseppe e Antonio.

Si racconta che, in questi luoghi, passò San Francesco d’Assisi, venendo dalla Val Tiberina, accompagnato da Frate Leone, dopo la Pasqua del 1213, allorquando si stava festeggiando un nuovo cavaliere, forse Montefeltrano II, figlio di Bonconte e nipote di Montefeltrano I

Ora proseguiamo parlando delle Rocche di San Leo e di Gradara, altro Comune che si trova sempre in provincia di Pesaro e Urbino.

Contrariamente a quello che si vuole far credere, San Leo non è una rocca romagnola, bensì è un baluardo feltresco, come la storia ci insegna. In particolare, San Leo venne sottratta ai Malatesta di Rimini, nel 1441, dal futuro Duca Federico da Montefeltro. La rocca preesistente venne trasformata dall’architetto Francesco di Giorgio Martini, chiamato al servizio dello stesso Duca. Il letterato Bembo definì il forte “il più bello e grande arnese di guerra della regione”. La rocca, oggi, è sede del Museo e della Pinacoteca.

Per quanto riguarda Gradara, non sarebbe scorretto affermare che la rocca sia romagnola. Tuttavia, l’affermazione necessita di piccole precisazioni. I primi signori furono i Griffo che costruirono una grossa torre quadrangolare. Dopo i Bandi di Pesaro, intorno al 1260 arrivarono i Malatesta di Rimini, i quali vi rimasero fino al 1463, costruendo un’altra rocca. Dopo vicende alterne, da quello stesso anno, Gradara passò sotto la dinastia degli Sforza di Pesaro, per poi passare a quella dei Della Rovere, Duchi di Urbino, a partire dal 1512 fino al 1631, anno in cui il Ducato del Montefeltro fu devoluto al glorioso Stato della Chiesa.

In conclusione dell’odierna Cartolina, presentiamo la campagna delle terre ducali del Montefeltro. Le nostre erano terre mezzadrili, in quanto il terreno non è particolarmente indicato per le coltivazioni intensive, secondo quanto affermano alcuni studiosi universitari. Il discorso è confermato dalla particolare conformazione geografica del territorio, prevalentemente collinare e montuoso, e dalla tipologia del terreno. Nonostante tutto, il mese di maggio, mese mariano, e quelli estivi, si tingono di vari colori, i colori dell'antico ducato.

Passeggiando per le contrade, si può passare dal giallo del grano, intervallato da filari di querce, ginestre e altri alberi locali, ai numerosi vigneti sparsi per la valle del Metauro e i Colli Pesaresi. La provincia produce vini di ottima qualità: il Bianchello del Metauro, il Sangiovese dei Colli Pesaresi, il Vin Santo, nonché la Vernaccia di Pèrgola. Vi sono anche le coltivazioni di girasoli e gli uliveti, questi ultimi presenti soprattutto nelle campagne di Cartoceto, rinomata per la produzione dell'olio e per la relativa fiera. La novità delle nostre zone risiede nel fatto che,in questi ultimi tempi, nascono e fioriscono numerose aziende dedite alla coltivazione biologica, soprattutto nelle zone montuose delle Cesane e ai Forcuìni, nelle vicinanze dell’Oasi della Badìa. Naturalmente la campagna non è solo coltivazione. Vi sono zone boschive, più folte nell’area appenninica, come pure delle aziende che producono la famosa Caciotta di Urbino (prodotto a denominazione di origine protetta), il pecorino, il formaggio al tartufo, la ricotta, la polenta, le confetture di frutta. Infine, nelle zone di Talamello e Sant'Agata Feltria, si produce il formaggio di fossa (altro prodotto a denominazione d'origine protetta), che si ottiene, in base a rigidi criteri, avvolgendo il formaggio con erbe, aromi e un panno, e sotterrandolo per lungo tempo.

Con questo è tutto. La Cartolina dalle Marche termina qui. Potete consultare tutti i testi trasmessi nel sito www.pro-urbino.it , cliccando su Cartolina dalle Marche. Grazie per la cortese attenzione e a risentirci domenica prossima.“”

 FRANCESCO VENDITTI

 

 

 

 

domenica 15 agosto 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

Macerata

“”Cari amici della Cartolina, la replica di oggi è dedicata alla provincia di Macerata. Vi presentiamo Treia, Comune di circa 9400 abitanti, che è posto a 342 metri sul livello del mare. Più precisamente parliamo della Chiesa di San Filippo. Essa fu costruita nel 1639 sulle fondamenta di un preesistente edificio. Si interessò alla costruzione il treiese Padre Carlo Fortunati Attiguamente fu costruito anche il convento dei Filippini. Il disegno è dell’architetto lombardo Carlo Augustoni, che elaborò il progetto della Chiesa, dell’Oratorio e dell’intera costruzione del Convento, mentre la facciata fu progettata dall’architetto Giovanni Antinòri. Nel periodo 1767-1777 la chiesa fu ristrutturata.

Nonostante che il tempio sia inserito tra due edifici a portico, la cosa che più colpisce è la presenza della luce che si propaga dappertutto attraverso finestre a stile classicheggiante. L’interno è composto da un’unica navata con due campate voltate a vela e decorate a stucco e affreschi. Vi sono anche quatro cappelle aperte. Il presbiterio è separato dal resto del tempio da una balaustra, ha il soffitto a vela ed è riccamente decorato. Ai suoi lati vi sono due cantorie lignee. L’opera d’arte più pregevole conservata dalla Chiesa è un Crocifisso del XV secolo dipinto su tela che raffigura il Cristo detto “della pioggia”. Notevole è anche il quadro della Madonna, posto nel primo altare a destra ed opera di Prospero Mallarmino (1788). Nel secondo altare di sinistra è collocata la statua di San Patrizio, patrono di Treia e vescovo di Iberna, in Irlanda.

Adesso passiamo a Vestignano, frazione che si trova nel Comune di Caldaròla, a 488 metri sul livello del mare, in prossimità del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. La denominazione del borgo deriva da Gens Vestìna, una nobile famiglia romana, che possedeva le terre e i boschi circostanti.

Le origini risalgono già dall’VIII secolo d.C., allorquando i Longobardi occuparono la zona e costruirono un tempio a San Giorgio, loro Santo protettore, tempio di cui oggi rimangono visibili alcuni resti, dipinti e una scultura del Santo, prodotti in epoche anche successive. Vestignano, nonostante le varie dominazioni e successive ristrutturazioni urbanistiche, conserva ancora oggi possenti mura con torrione cilindrico e torrette a base quadrata, vie strette, case basse, con tetto spiovente, archivolti e sottopassaggi. All’interno della cinta muraria si eleva una torre circondata da una "corte", riservata al comando della difesa; nel "castrum", si trova una seconda cinta muraria che congloba le abitazioni della comunità rurale.

Il castello, del IX e X secolo, nel corso del tempo, fu assegnato al Monastero di Casàuria da Ludovico II, a Camerino ad opera del Cardina Fiaschi nel 1240, ai Varano nel 1468, al Vicariato di Summonte nel 1538 e al terzierio di Sossanta nel 1563.

Il borgo, che si trova interamente all’interno del castello, è stato anche abbellito grazie all’opera di vari artisti: Andrea e Simone De Magistris e Nobile da Lucca. Di quest’ultimo ricordiamo l’affresco visibile nella lunetta all'ingresso del castello. Il dipinto risale al primo '500 e rappresenta la Madonna, San Rocco e San Sebastiano, che venivano considerati i protettori in tempo di peste. Ad Andrea De Magistris si deve la Madonna col Bambino, San Rocco e San Sebastiano (del 1538) situato al centro della navata sinistra. Dello stesso pittore ricordiamo: San Giorgio salva la principessa e San Martino dona il mantello al povero (del 1551). Simone De Magistris dipinse la Crocefissione, L'Adorazione, L'Assunzione, nonché due riquadri più piccoli con San Giorgio e San Martino e i Misteri del Rosario, intorno al Presepio dipinto, a sua volta, dal padre Andrea. Nelle opere dei De Magistris scorgiamo il castello e i colli circostanti, quasi fossero una preziosa fotografia dell'epoca.

Concludiamo con Bolognola, piccolissimo comune montano del maceratese. Il suo nome deriva dalla città di origine di alcune famiglie emiliane che si rifugiarono in questi posti nel XIII secolo, all’epoca delle guerre tra guelfi e ghibellini. Il paese, oggi, conserva ancora una cinta di mura medievali. Nel borgo è visitabile la Chiesa di San Michele, con la Madonna dei Vergani, del 1519; da vedere è anche Villa Malvezzi, dove sono presenti opere pittoriche di Filippo Marchetti, vissuto nel XIX secolo. Il comune, grazie alla sua felice posizione geografica, punta sia sull’agricoltura che sul turismo montano e naturalistico. Si possono fare soprattutto piacevoli escursioni in mezzo alla natura al vicino Lago di Fiastra, con vista sui Monti Sibillini. Infine, si possono praticare anche gli sport della neve nel Monte Castel Manardo.

Con questo è tutto. La Cartolina dalle Marche termina qui. Potete consultare tutti i testi trasmessi nel sito www.pro-urbino.it , cliccando su Cartolina dalle Marche. Grazie per la cortese attenzione e a risentirci domenica prossima.“”

 FRANCESCO VENDITTI

 

 

 

 

domenica 22 agosto 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

Urbino

“”Cari amici della Cartolina, la replica di oggi torna nell’antica capitale del Ducato del Montefeltro. Urbino è una cittadina di poco più di 15000 abitanti, posta a 485 metri sul livello del mare. Il Comune si trova a 36 km. da Pesaro e il suo territorio è talmente vasto che comprende ben 44 frazioni e località e, soprattutto , confina con la Romagna.

Lo Statuto comunale così presenta Urbino:

"Antico municipio romano, città baluardo del territorio romano-ravennate, sede arcivescovile, libero comune dotato di suoi statuti dal XII secolo, capitale dell'omonimo ducato, città ideale del Rinascimento, capoluogo dello Stato e Legazione omonima dello Stato della Chiesa, capoluogo di circondario e capoluogo delle provincie riunite di Pesaro e Urbino (Regio Decreto 22/12/1860 numero 4495), comunità presente e attiva nella storia del Risorgimento e della Liberazione, centro culturale e di antiche tradizioni di artigianato artistico, città universitaria e centro di numerosi importanti Istituti di studi superiori, sede di Collegio Senatoriale, della Sovraintendenza alla Galleria delle Marche, nonché del Distretto Scolastico, centro turistico di livello internazionale - ha nel Comune la rappresentanza della Comunità. Inoltre, il Comune ha il gonfalone tradizionale a forma di stendardo rettangolare, diviso in due campi: giallo-oro ed azzurro; in mezzo lo stemma a scudo dei Montefeltro (tre bande d'oro in campo azzurro; nella prima banda l'aquila feltresca), sovrastato da corona giallo-oro, come ai bozzetti allegati al presente Statuto".

Urbino ha vissuto momenti storici intensi anche prima che regnasse la Signoria dei Montefeltro. Dopo il crollo del glorioso Impero Romano d’Occidente, avvenuto nel 476, Urbinum Metaurense subì le invasioni barbariche. In particolare, sconfitto Odoacre, Teodorico fece presidiare il Municipio da una guarnigione per resistere agli eserciti di Giustiniano. Lo storico Procòpio ci racconta che i bizantini, per avanzare su Rimini e su Ravenna, dovettero eliminare il baluardo urbinate a prezzo di un lungo assedio, durato fino al 527. Successivamente, nel 568 seguì l’invasione longobarda che si mostrò cruenta. I nuovi barbari si spinsero, addirittura, fino alla Gola del Furlo. Tuttavia, l’occupazione durò ben poco, perché, verso la fine del VI secolo, Urbino tornò sotto l’Impero Romano d’Oriente, facendo parte dei territori della Pentàpoli, che comprendevano Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia, Ancona, a cavallo tra la Romagna e le Marche settentrionali. Dopo una nuova invasione longobarda, avvenuta all’inizio dell’VIII secolo, finalmente, nel 774, Carlo Magno, fugati per sempre i barbari, donò al Papa i territori dell’Esarcato e della Pentàpoli che, insieme al Ducato Romano, costituirono il nascente Stato della Chiesa, ovvero l’antico Patrimonium Sancti Petri.

Adesso vi presentiamo il grandioso acquedotto sotterraneo di Urbino, recentemente riscoperto e ripulito dal Gruppo Speleologico Urbinate. In una recente intervista, il Dott. Enrico Maria Sacchi ci ha illustrato come funzionavano gli acquedotti della città, in particolare quello di Santa Lucia.

Il cunicolo si sviluppa in piano, percorrendo trasversalmente Via Raffaello e Via Bramante. Esso parte in prossimità della Chiesa degli Scalzi, a 30 metri sotto terra e termina presso la fontana di Santa Lucia, vicino all’Orto Botanico, a soli 2 metri sotto terra. Il dislivello è relativo alla superficie, dal momento che Via Raffaello è in discesa e Via Bramante in piano.

L’acquedotto è un’opera risalente al Quattrocento. Si risale all’età attraverso lo studio delle pareti della galleria, parte delle quali sono state restaurate in epoche successive fino all’Ottocento. L’acquedotto è alimentato da tre sorgenti situate in punti diversi. Lungo il percorso sono state inserite, a distanze più o meno regolari, alcune paratìe, ossia dei muri fissi, alla cui base vi era un foro chiuso da un tappo e che avevano lo scopo di otturare per metà il passaggio dell’acqua. Il sistema serviva per farla scorrere depurata dai granelli di terra, che si depositavano in fondo. Quando si doveva ripulire il cunicolo, si toglieva il tappo che occludeva il foro e le acque potevano fluire. Una volta liberato l’accesso, si provvedeva alla eliminazione del fango. L’acquedotto era anche dotato di un cunicolo di accesso, situato in Via Raffaello nell’ex-ospedale, ora sede del Tribunale di Urbino, attraverso il quale potevano entrare gli operai addetti alla manutenzione e al controllo dell’eventuale presenza di pozzi abusivi.

L’acquedotto urbinate ha riservato una piacevole curiosità. In prossimità della scaturìgine denominata “Spiraglio”, lungo l’arcata del cunicolo è presente una singolare iscrizione: “Vendita di vino”. Probabilmente, questo doveva essere il luogo dove gli addetti ai lavori mantenevano il vino al fresco. Vi è stato ritrovato anche un bicchiere di vetro, che serviva per attingere l’acqua dalla sorgente. La presenza di questo acquedotto così sofisticato ci fa capire che il Ducato di Urbino era, nello stesso tempo, sensibile al progresso tecnologico e attento ai bisogni reali della popolazione.

Concludiamo segnalando che a Urbino, domenica 5 settembre, a partire dalle ore 15, alle Cesane, presso la località Ca’Mignone, si svolgerà la tradizionalissima Festa degli Aquiloni, gara tra contrade cittadine che si disputano il premio per l’aquilone che vola più alto e più lontano. In caso di maltempo, la festa sarà rimandata alla domenica successiva.

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 FRANCESCO VENDITTI

 

 

 

 

domenica 29 agosto 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

Ancona

“”Cari amici della Cartolina, nella replica di oggi ci fermiamo nella provincia di Ancona. Oggi vi presentiamo Rosòra. Il piccolo Comune conta circa 1700 abitanti e si trova in prossimità del fiume Esino, a 381 metri sul livello del mare. La nascita del borgo pare che risalga all’anno 900, allorquando i monaci benedettini bonificarono la zona, anche se qualcuno prova a retrodatare di due o tre secoli. La denominazione, comunque, deriverebbe dall’opera di questi monaci. Infatti, Rosora prenderebbe origine da “Rasa-ora”. Altri ritengono, invece, che abbia origine da “rosea rura”, in riferimento alla colorazione rossastra del terreno.

Successivamente, nel Medioevo si succedettero diversi signori. Tuttavia, dal 1425 il borgo, acquistato dal Comune di Jesi, ne seguì le vicende storiche, fino a quando non passò sotto l’amministrazione diretta dello Stato della Chiesa. Rosora pagò bene la sua fedeltà a Jesi, a tal punto che lo stemma del borgo rappresenta il leone coronato.

Nel piccolo Comune ci sono molte curiosità di interesse turistico: la Chiesa Parrocchiale di San Michele, del XVIII secolo, costruita su una preesistenza romanica del XII secolo, nonché la Chiesa di Sant’Antonio da Padova, del XVI secolo, il palazzo comunale del fine ‘700 e la cinta muraria medioevale dei secoli XI-XIII, che identifica l’antico “Castrum Rosòrij”. E’ possibile fare anche bellissime passeggiate nelle frazioni e fuori paese, immersi nel verde e nella natura incontaminata. La zona circostante è ricca di elementi preistorici e si possono intravvedere specie floristiche e faunistiche non molto consuete.

Scendiamo a Loreto, piccola città di 10800 abitanti alta 127 metri sul livello del mare. La tradizione più antica vuole che a Loreto si fosse posata la Santa Casa di Nazareth, in seguito all’invasione della Palestina da parte dei maomettani nel 1294. Il piccolo borgo divenne città nel 1586, in seguito a un riconoscimento di Papa Sisto V. Da sempre Loreto è stata meta di pellegrinaggi a tal punto che Papa Gregorio IX concesse ai fedeli che avessero visitato il luogo sacro nelle “feste principali del Signore e della Madonna” una particolare indulgenza. Ricordiamo ancora che nel 1469 la “Ruràlis Ecclèsia Sanctae Mariae” venne anche fortificata per proteggere la popolazione e i pellegrini dalle invasioni turchesche. Dal 1922, in virtù della stipulazione dei Patti Lateranensi, il Santuario è tornato alle dirette dipendenze del Vaticano, come ai tempi del glorioso Stato della Chiesa, di cui Loreto faceva parte.

Arrivato in città, il pellegrino trova innanzitutto la piazza della Madonna, complesso monumentale di assoluto rilievo artistico, insieme al Santuario della Santa Casa e al Palazzo Apostolico, per la cui costruzione prestarono opera i toscani Giulio da Maiàno e Baccio Pontelli, nonché il veneziano Marino di Marco da Cedrino.

La Basilica, a tre navate con una centrale a croce greca, presenta uno stile di transizione tra il gotico e il rinascimentale. All’interno, come è noto, è custodita la famosa “Madonna di Loreto col Bambino”. Fuori, la costruzione è affiancata da un campanile costruito tra il 1750 e il 1754 da Luigi Vanvitelli. La piazza è abbellita da una fontana edificata da Carlo Maderna. E ancora, il Palazzo Apostolico, che presenta una loggia e un grande porticato, fu progettato da Giancristoforo Romano e realizzato da Sansovìno, Antonio da San Gallo e Giovanni Boccalini. I piani superiori del braccio ovest del Palazzo Apostolico comprendono il museo-pinacoteca del Santuario. Esso si è venuto formando alla fìne del secolo XIX con oggetti e dipinti provenienti per lo più dal Palazzo e dalla Basilica, compresi alcuni affreschi staccati.

Abbiamo parlato di Loreto, perché domenica prossima, 5 settembre, avrà luogo un grande evento, la beatificazione di Alberto Marvelli, ingegnere riminese vissuto nel secolo appena scorso, e altri Servi di Dio dell’Azione Cattolica. Alle 10 Papa Giovanni Paolo II presiederà la Celebrazione Eucaristica cui seguirà la sperata beatificazione. L’evento servirà anche a rammentare la nota funzione educativa dell’Azione Cattolica, intesa come scuola di santità. La Santa Messa sarà trasmessa in diretta su Raiuno e Telepace.

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 FRANCESCO VENDITTI

 

 

domenica 05 settembre 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

Ascoli  Piceno

“”Cari amici della Cartolina, nella replica di oggi ci soffermiamo sulla Fortezza Malatesta di Ascoli Piceno per poi parlare di un prodotto culinario molto conosciuto nelle Marche e oltre.

Anticamente, ad Ascoli Piceno, erano ubicate le terme romane e un “càssero” di difesa. Dopo la conquista di Ascoli da parte di Galeotto Malatesta, nel 1349, nello stesso luogo, venne innalzata la rocca che prende il suo nome. Questa si trova a picco sul precipizio del Ponte Castellano. Tuttavia, nel 1356, la fortezza venne distrutta dagli ascolani e, molto tempo dopo, nel 1502, divenne il tempio di S. Maria del Lago. L’edificio che vediamo attualmente risale al 1540, allorquando Papa Paolo III affidò al grande architetto rinascimentale, costruttore di fortezze, Antonio da Sangallo il Giovane, la ricostruzione dello stesso, partendo dalle preesistenze. Nel 1798 divenne “caserma militare” e, nel 1836-40, “carcere giudiziario”. Sempre nell’800 venne anche sopraelevato di un piano. Solo verso la fine del 1970 l’edificio fu liberato per dare spazio a opere di restauro, le quali hanno portato alla luce antichi cunicoli, nella speranza di trovare le antiche acque sorgive. La fortezza ha un mastio a pianta poligonale, i cui fianchi e le spalle sono protetti da due speroni di rinforzo che si aprono a forma di ala di gabbiano. Nella zona sud-est si può scorgere una peculiare parete. Si presenta frastagliata, a mo’ di “denti di sega”. Si dice che la soluzione è stata attuata per rispettare l’andamento delle preesistenze. Infine, sono da notare le numerose feritoie che si aprono nella parte rivolta verso il fiume Castellano.

Veniamo ora al gustoso prodotto culinario. Si tratta della famosissima Oliva all’ascolana, che di recente ha ottenuto anche il riconoscimento europeo di Denominazione di origine protetta. Tale riconoscimento interessa un’area limitata a cavallo tra le Marche e l’Abruzzo (più precisamente la provincia di Ascoli e parte di quella di Teramo). Il testo del disciplinare fissa le caratteristiche di coltura dell’oliva, che sono le seguenti: altitudine non superiore ai 500 metri sul livello del mare, sesti di impianto tali da consentire una buona aerazione e illuminazione, massimo 300 piante a ettaro (60% di “tenera ascolana” e il rimanente di piante impollinatrici). La raccolta, inoltre, va effettuata tra il 10 settembre e il 20 ottobre, con un massimo di produzione di 7 tonnellate di olive per ettaro. Concludiamo, dicendo che le olive all’ascolana sono disponibili in due versioni, in salamoia e ripiene.

Preparare le olive all’ascolana, secondo i canoni della ricetta originale non è molto complicato. Ci vuole solo un po’ di pazienza ed esperienza. Per l’occorrenza servono, indicativamente, 2 etti di carne di maiale, 2 etti di carne di vitello, 100 olive tenere ascolane, mezzo etto di prosciutto crudo, 3 uova, un etto di parmigiano, pane grattugiato, mezzo bicchiere di vino bianco secco, noce moscata, buccia grattugiata di un limone e un po’ di tartufo.

Una volta ottenuti gli ingredienti, bisogna fare a pezzi la carne e rosolarla in un tegame con olio, cipolla, sedano, carota, prosciutto, sale e pepe. In seguito, si spruzza la piccola dose di vino bianco, che deve evaporare e poi si aggiunge un cucchiaio di salsa di pomodoro diluita in un bicchier d’acqua tiepida. La carne viene poi tritata aggiungendo la noce moscata e la buccia di limone grattugiata, nonché un uovo, due cucchiai di ragù, parmigiano grattugiato e tartufo nero tritato.

Nel frattempo le olive vanno snocciolate a spirale e poi messe in una vaschetta di acqua salata, per non farle annerire. In seguito, vengono farcite con l’impasto che, ricordiamo, non deve essere troppo denso. Anche la forma delle olive deve essere tonda dopo il riempimento. Come ultima operazione, esse vanno infarinate, passate nell’uovo battuto e, infine, nel pane grattugiato. Segue la frittura con molto olio e a fuoco vivace.

Il piatto è pronto per essere servito e, a questo punto, buon appetito!

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 FRANCESCO VENDITTI

 

 

 

 

domenica 12 settembre 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

Fermo

“”Cari amici della Cartolina, nella replica di oggi vi presentiamo la nuova Provincia marchigiana di Fermo, la quinta della Regione, dopo 143 anni di unione con Ascoli Piceno.

Alle 20.35 di giovedì 20 maggio 2004 è nata ufficialmente una nuova realtà: la Provincia di Fermo, la 5ª della Regione Marche. Il Senato della Repubblica, con 159 senatori presenti su 320, 140 voti favorevoli, 6 contrari e 11 astenuti (che in Senato valgono come voti contrari), ha votato in via definitiva la relativa legge istitutiva. Il capoluogo del nuovo Ente, naturalmente, è Fermo, che conta 35.502 abitanti. Invece, il territorio, che si ricava interamente da quello della Provincia di Ascoli Piceno, che si ridurra del 50%, conta 162.825 abitanti ripartiti nei 40 Comuni e si estende per 850 chilometri quadrati dall’Adriatico agli Appennini. Tra i principali Comuni che rientrano nella nuova Provincia ricordiamo Porto San Giorgio, Porto Sant’Elpidio, Sant’Elpidio a Mare, Campofilòne, Massa Fermana, Montappòne, Montottòne, Monte Vidòn Corrado, Monte Vidòn Combatte, Montefortino, Monte San Pietrangeli, Amàndola.

La nuova Provincia è istituita con la legge 147 dell’11 giugno del 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n°138 del 15 giugno 2004. Essa sarà operativa nel 2009, allorquando verranno eletti i propri rappresentanti. Al momento, essa sarà retta da un apposito commissario. La Provincia di Fermo ha la targa automobilistica FM e confina a Nord con Macerata, a Sud con Ascoli Piceno, a Ovest con Perugia e a Est è bagnata dal Mare Adriatico.

Le prime elezioni per il Presidente della Provincia e per il Consiglio provinciale di Fermo avranno luogo nel 2009, in concomitanza con il primo giorno utile delle consultazioni elettorali per il rinnovo degli organi provinciali del restante territorio dello Stato, fatto salvo il caso del rinnovo anticipato degli organi della provincia di Ascoli Piceno. Nel frattempo opererà un commissario in affiancamento al nuovo presidente della Provincia di Ascoli (che verrà eletto il 12 e 13 giugno), per l'istituzione degli uffici fermani.

La provincia di Ascoli Piceno procederà alla ricognizione della propria dotazione organica di personale e delibererà lo stato di consistenza del proprio patrimonio ai fini delle conseguenti ripartizioni da effettuarsi con apposite deliberazioni della Giunta.

Quali sono, in sintesi, le peculiarità della neonata Provincia?

Innanzitutto è fiorente il mercato delle piccole e medie imprese, soprattutto calzaturiere e relative alla produzione dei cappelli, organizzate secondo il modello industriale del Nord-Est. E’ forte anche l’elemento turistico e culturale. Basti pensare alle Piscine Epuratorie Romane di Fermo, le uniche, in Italia, che si sono mantenute intatte, oppure alla Sala del Mappamondo o al Conservatorio e l’Università, presenti sempre nel capoluogo, nonché le stazioni balneari della costa. Sono belli anche i paesi circostanti, in quanto, arroccati sulle cime dei monti, consevano intatte le proprie caratteristiche architettoniche e racchiudono ciascuno la propria storia. Degna di nota è anche l’incontaminata natura montana dei Monti Sibillini, racchiusa nel Parco. Infine, i fiumi principali che bagnano la provincia sono il Tenna, l’Ete e l’Aso.

Per quanto riguarda Fermo, il nuovo capoluogo è un Comune che si trova a 320 metri sul livello del mare, a pochi chilometri dalla costa. Fermo ha origini molto antiche: si parla di un insediamento già dall’VIII secolo avanti Cristo, che ha lasciato il segno attraverso una necropoli rinvenuta a Nord della città. Dopo il dominio piceno, dal III secolo avanti Cristo, Fermo attraversò un periodo di assoggettamento ai Romani col nome di Firmum Picenum. Il borgo pagò bene la fedeltà a Roma. Infatti, concluse le guerre sociali, divenne municipio optimo iure iscritto alla tribù Velina. Il vivace centro fu oggetto di devastazioni da parte dei barbari. Con i Longobardi fece parte del ducato di Spoleto e Benevento e dal 774 entrò nel glorioso Patrimonium Petri. Dopo complicate e alterne vicende, Fermo riuscì a costituirsi come capoluogo della cosiddetta Marca fermana, anche se, costantemente, ha dovuto fare i conti con Ascoli Piceno e lo Stato della Chiesa. Nel corso del periodo napoleonico, la città fu nominata capoluogo del Dipartimento del Tronto. Con il Regno d’Italia il Comune venne accorpato, insieme a tutto il territorio, alla provincia di Ascoli Piceno, fino ai nostri giorni. Come abbiamo appena detto, si sono concluse, anche se con qualche difficoltà di natura burocratica, le procedure per la costituzione della nuova Provincia di Fermo, nonostante il dissenso di Ascoli Piceno, dal cui territorio si realizza il distacco.

Concludiamo con un Comune del fermano: Ponzano di Fermo. Il Comune conta circa 1370 abitanti ed è situato a 248 metri sul livello del mare, a pochi chilometri da Fermo. Ponzano subì il dominio dell’Abbazia di Farfa e già attorno al 1000 è ricordato tra i possedimenti del vescovo di Fermo. Agli inizi del XV secolo fu sottoposto anche al pesante giogo di Carlo Malatesta, contro cui si ribellò, finendo saccheggiato. Cosa si può osservare in questa città? Reperti archeologici di epoca romana ci attestano la presenza di insediamenti a partire dal III secolo dopo Cristo. Nel Comune si trova anche la Chiesa di Santa Maria Mater Domini, oggi detta di San Marco, risalente al VII secolo, ma modificata , intorno al 1000, con le dimensioni attuali, in puro stile romanico. Infine, nel centro del paese, sorge un antico torrione di difesa costruito nei primi anni del ‘400, con merli di parte ghibellina, portone d’ingresso e basso loggiato. Esistono, poi, resti di un’ampia costruzione che costituiva l’ingresso vero e proprio del castrum.

Con questo è tutto. La Cartolina dalle Marche termina qui. Potete consultare tutti i testi trasmessi nel sito www.pro-urbino.it , cliccando su Cartolina dalle Marche. Grazie per la cortese attenzione e a risentirci domenica prossima.“”

 FRANCESCO VENDITTI

 

 

 

 

domenica 19 settembre 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

Marche

“”Cari amici della Cartolina, nella replica di oggi parliamo del sistema marchigiano in generale.

Il discorso è importante, perché serve a comprendere meglio lo spirito della Regione e del suo territorio. Il modello marchigiano prende spunto dalla conformazione geografica della Regione, prevalentemente collinare e montuosa. Di conseguenza, anche le attività produttive si sono e si stanno conformando a queste caratteristiche. Da un’idea originariamente applicata da un imprenditore marchigiano, si prevede la delocazione di tali attività. Detto in parole povere, non è l’uomo ad essere al servizio del lavoro, bensì il lavoro stesso ad essere al servizio dell’uomo, prevedendosi, in tal senso, la costituzione di sedi distaccate delle imprese direttamente nei comuni dove vivono i lavoratori. Lo scopo dell’idea è quello di consentire all’uomo di vivere a sua misura nel suo paese, senza la necessità di ulteriori spostamenti verso le grandi città, con conseguenze negative sul piano dei trasferimenti familiari, pendolarismo e inquinamento ambientale dovuto al sovraffollamento urbano dei centri industriali.

Ecco, allora, come si presenta la Regione Marche: un mosaico di piccole e medie imprese (opportunamente organizzate in distretti industriali) che operano a contatto con le realtà locali, in cui l’attività è caratterizzata dalla sussistenza di rapporti anche informali e dal rispetto dell’ambiente circostante.

Oggi il modello marchigiano è in fase di espansione, perché anche le Università cominciano ad aderirvi, attraverso la promozione di specifici accordi con le attività produttive presenti nel territorio di competenza, al fine di radicare in misura sempre più preponderante il rapporto tra la cultura, la sperimentazione e la realtà applicativa.

Il modello marchigiano funziona anche nell’ambito della cultura, dell’arte e dello spettacolo. Ultimamente, le realtà teatrali si sono federate per contare di più nel territorio. Di recente è nato il “Teatro stabile delle Marche”, derivante dalla fusione del Teatro Stabile in Rete e Teatro Stabile delle Marche. I due organismi si sono uniti nella Fondazione “Le Città del Teatro”, riconosciuta come Ente dallo Stato. E’ prevista anche una federazione tra i principali teatri della provincia di Pesaro-Urbino che darà vita a un apposito organismo rappresentativo. Infine, anche in ambito musicale si sta intraprendendo la via collaborativa, attraverso la fusione tra Rossini Opera Festival, Teatro Pergolesi di Jesi e Sferisterio di Macerata.

Al di là del modello industriale, ciò che caratterizza le Marche è la presenza radicata del sentimento della solidarietà. La Regione da sempre è aperta alle esigenze di chi si trova nello stato del bisogno. La solidarietà affonda le sue radici già dal Rinascimento, allorquando fiorirono le Confraternite. Basti ricordare che a Urbino lo stesso “divin pittore” Raffaello era associato alla Compagnia del Corpus Domini. Sono note anche le numerose confraternite di Castelplànio e i numerosissimi conventi e monasteri sparsi su tutto il territorio che, da sempre e ancor oggi, offrono ospitalità a chi la richieda. La solidarietà, nel corso dei secoli, ha sempre fatto la parte del leone nella nostra Regione, perché è una caratteristica ìnsita nell’indole religiosa dei marchigiani. Indole che, nei nostri giorni, si manifesta anche attraverso associazioni di carattere internazionale: l’associazione “Marco Beci” di Pergola, che fornisce aiuti nelle zone infestate dalla guerra; e l’associazione “Carlo Urbani” di Castelplànio, che punta sul settore medico. Degne di nota sono anche le formazioni di volontari, dedite alla cura degli “invisibili” e degli svantaggiati. A maggior riprova di tutto il discorso possiamo ricordare che proprio nelle Marche è vissuta una persona eccezionale sotto il profilo umano, per la totale apertura e disponibilità verso il prossimo che ha dimostrato: si tratta di Santa Maria Goretti, la Santa bambina nativa di Corinaldo.

Concludiamo l’odierna replica parlando della Resistenza nelle Marche. Essa ebbe inizio immediatamente dopo l'8 settembre1943, e nel giro di poco tempo abbracciò l'intero territorio. Tuttavia, si devono contare quasi mille morti fra partigiani combattenti e civili anche giovanissimi, su un totale di 14 mila combattenti in armi sui monti e nelle città. Nel 1944 la Resistenza partigiana divenne attiva soprattutto nelle zone interne, dove si formarono bande regolari, mentre lungo il fiume Foglia i tedeschi creavano la famosa linea gotica, struttura difensiva che doveva fermare l'avanzata anglo-americana. Questa linea gotica era molto umiliante, perché divideva in due l’Italia e perfino i Comuni tra di loro confinanti che, per lungo tempo, si trovarono distanti. Anche il territorio settentrionale di Urbino fu toccato dalla linea, più precisamente nelle campagne di Schieti, Cavallino e del vicino Comune di Montecalvo in Foglia, che furono luoghi di violentissimi scontri tra i tedeschi e le truppe alleate, che giungevano da Sud. Ricordiamo che i corpi britannico e polacco liberarono, nel giugno 1944 Ascoli, Macerata e Ancona. Urbino venne liberata il 26 agosto e, infine, a settembre, dopo che Churchill aveva visitato la prima linea sul Metauro, spaziando da Montemaggiore, anche Pesaro fu liberata.

Di recente, Ascoli Piceno è stata insignita, dal Presidente della Repubblica Italiana, della medaglia d’oro al valor militare per l’attività partigiana e per l’eroismo dimostrato contro l’invasore. A Casteldelci è stata assegnata la medaglia d’argento al valor civile per il martirio degli abitanti di Fraghèto. Fabriano e Urbania hanno ottenuto la medaglia di bronzo e, infine, Cessapalòmbo, in provincia di Macerata, è stata onorata con la Croce di Guerra.

Con questo è tutto. La Cartolina dalle Marche termina qui. Potete consultare tutti i testi trasmessi nel sito www.pro-urbino.it , cliccando su Cartolina dalle Marche. Grazie per la cortese attenzione e a risentirci domenica prossima.“”

 FRANCESCO VENDITTI

 

 

domenica 26 settembre 2004 ore 13

CARTOLINA DALLE MARCHE

Montefeltro

“”Cari amici della Cartolina, nell’ultima replica estiva facciamo tappa a Macerata Feltria, comune situato in provincia di Pesaro e Urbino, nel cuore del Montefeltro.

Macerata ha 2114 abitanti, si trova a 321 metri sul livello del mare ed è attraversata da due torrenti i quali, incrociandosi, vanno a confluire nel vicino invaso di Mercatale. Come tanti altri centri del Montefeltro, la cittadina è composta di un più vasto agglomerato che si espande al livello del torrente, parte antico e parte di recente costruzione, e di una zona arroccata sulla cima del colle, che si erge al di là di un profondo fosso.

Si dice che il borgo fosse stato fondato dai Pelasgi. Fatto sta che anticamente era un municipio romano che si chiamava Pitinum Pisaurense. Prima del 552, Pitinum venne distrutto dai Goti e quindi la cittadina, “macerata”, venne successivamente ricostruita alle pendici del monte Persèna. Il nucleo medievale si chiamava Castello e, dal 1500, il borgo si chiamò Macerata Feltria. La cittadina è stata luogo di guerre tra i Montefeltro di Urbino e i Malatesta di Rimini, i quali ultimi avevano, al loro servizio, la famiglia Gaboardi. Nel 1463 Macerata venne definitivamente conquistata dal Conte Federico II da Montefeltro e rimase ai Duchi di Urbino fino al 1631, anno in cui tutti i territori del Ducato vennero devoluti allo Stato della Chiesa.

Oggi sono visibili i resti romanici del Castello (la torre e squarci di mura). Anche l’ex chiesa di Sant’Agostino presenta un portale romanico. Vi sono anche testimonianze dell’arte gotica nel Palazzo del Podestà, l’ex chiesa di San Francesco e la Pieve di San Cassiano, che presentano portali caratteristici. All’interno della stessa Pieve, che è una delle più antiche chiese del Montefeltro, costruita, poco dopo il Mille, sull’area di un preesistente tempio pagano, vi è una statua di San Sebastiano, della scuola toscana della fine del ‘400, nonché una Via Crucis del Cantarelli, del XVIII sec. Il Palazzo del Podestà è sede del museo archeologico e paleontologico.

Sono degni di visita anche l’Arco dei Pelasgi, il Palazzo Evangelisti (ora Mazzoli) del XVI sec. e la Chiesa della confraternita di San Giuseppe, del XIV sec., con la pala di due secoli successivi, raffigurante la Madonna del Rosario, le Porte castellane e il Palazzo degli Agli (ora Mazzoli), un vero museo privato.

Sulla breve strada che collega il Castello al Borgo (del XV sec.) si incontrano il complesso di San Francesco (chiesa convento del XIV sec.) e la Chiesa di Sant'Antonio (del XII sec.).

Nel borgo si possono ammirare il Palazzo Antimi-Clari (residenza patrizia del XVII sec.), l’ottocentesco Palazzo Gentili Belli ed un complesso urbanistico rimasto intatto. Salendo dal Borgo a "Cima il Piano" troviamo la chiesa di S. Chiara (XV sec.) e la Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo, che custodisce un Crocifisso su tavola di Carlo da Camerino, del 1396.

Fuori paese sono presenti gli scavi archeologici dell’antica Pitinum. Lungo il torrente Apsa restano gli edifici abbandonati delle antiche concerie.

A Macerata Feltria è attivo anche un teatro, che, durante il periodo invernale, propone una stagione di prosa. Inoltre, ogni anno, a marzo, si svolge un evento tradizionale, l’antica fiera di San Giuseppe. La cittadina, infine, è rinomata per i suoi attrezzatissimi stabilimenti termali, attivi dal 1992. Infatti, il Montefeltro è ricco di elementi minerari anche nelle zone che non sono ancora economicamente sfruttate. A maggior riprova, si dice che le acque del fiume Certalto fossero già utilizzate dagli abitanti fin dall’antichità. Concludiamo dicendo che in questa cittadina trovò aiuto Garibaldi durante la fuga nel 1849 e che, attualmente, è presente anche il Centro di Riabilitazione Santo Stefano.

Rimaniamo sempre nel cuore del Montefeltro e ci fermiamo nelle vicinanze di Sant’Agata Feltria. Ci troviamo in due località: Sapigno e Ugrigno. Ugrigno si trova nelle vicinanze del crinale spartiacque tra il fiume Savio, che, per un tratto, funge da confine tra le Marche e la Romagna, e il fiume Marecchia. Esisteva già dal XVI secolo, perché sono documentati alcuni atti notarili riguardanti i “castra” di Sant’Agata, Libiano, Ugrigno, Petrella, Torricella e Pennabilli. Questi atti sono tuttora conservati nella biblioteca gambalunghiana di Rimini. Sempre a Ugrigno sono presenti delle grotte, a detta di alcuni, distrutte, in cui, in passato era presente una specie di pipistrello, il Miniòttero.

Per quanto riguarda Sapigno, si tratta di un luogo confinario che, anche se si trova nelle Marche, risulta stranamente raggiungibile solo da Mercato Saraceno e da Sàrsina, in territorio romagnolo. Sapigno è situato in un punto geograficamente interessante, a 657 metri sul livello del mare. Nelle vicinanze si può ammirare Montepetra, nonché uno scorcio dell’Alpe della Luna. In questi posti erano presenti le miniere di zolfo. Ricordiamo che il Montefeltro era zona mineraria.

Prima di chiudere, cogliamo l’occasione per salutare tutti gli amici delle Marche e, soprattutto, quelli che risiedono nelle zone montane che, esattamente 7 anni fa, furono colpite dal terremoto che sconvolse le Marche e l’Umbria. A tutti loro, dedichiamo, con gioia e affetto, la canzone che segue, cantata da Elisa, Almeno tu nell’universo o, in alternativa, sempre della stessa cantante, Broken.

Intanto, con questo è tutto. La Cartolina dalle Marche termina qui. Potete consultare tutti i testi trasmessi nel sito www.pro-urbino.it , cliccando su Cartolina dalle Marche. Grazie per la cortese attenzione e a risentirci domenica prossima.“”

 FRANCESCO VENDITTI