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ZEPPI GIUSEPPE - ZEPPI ENZO - SAVINI GINO
vittime civili della 2ª guerra mondiale

 

N.B. Di seguito la fedele copia degli atti processuali, dove i numeri di pagina in rosso corrispondono a quelli del fascicolo originale. Le parole illeggibili sono state riportate con punti interrogativi

 

[Pag. 000001]

 

179/96

DOC. N. 16/96

DOC. RISERVATO

(ARCHIVIO-VDP 02/03/2005

DECLASSIFICATO

Sost. Proc. Mil. Dott. Bacci

Termine Ind. Preliminari 16/02/97

Data Archiviazione: 26 marzo 2002

 

PROCURA MILITARE DELLA REPUBBLICA

PRESSO IL TRIBUNALE MILITARE DI

LA SPEZIA

Data iscrizione: 02/07/96

Data della notizia: 28/11/94

 

PROCEDIMENTO PENALE CONTRO IGNOTI

 

Sottoposti ad indagine per il reato di

A- violenza con omicidio (art. 186 cpm 6-

B- saccheggio (art. 186 cpm 6-

C- incendio (art. 186 cpm 6-

commesso in Urbino 18/06/44 in danno di Zeppi Giuseppe e altri 3.

 

OGGETTO: Militari della SS tedesca fucilarono Zeppi Giuseppe più altri 3 accusandoli di aver dato ospitalità a favore di partigiani. Esecuzione ordinata da Majer maggiore delle SS.

 

Al Sig. Giudice delle Indagini Preliminari

con richiesta di archiviazione, poiché, gli

autori del reato sono rimasti ignoti.

Roma, li …………………………………………

TRIBUNALE MILITARE DI

presentato in cancelleria, il

IL P.M.

………………………

 

Il G.I.P. presso il TRIBUNALE MILITARE

vista la richiesta di archiviazione del P.M.;

rilevato che sono rimasti ignoti gli autori del reato;

w. gli artt. 549 - 409 c.pp.;

 

DICHIARA

non doversi promuovere l'azione penale e dispone la

restituzione degli atti al P.M.

 

Roma, li …………….. IL GIP

 

[Pag. 000002]

 

Procura Generale Militare della Repubblica

presso la Corte Militare di appello

Roma, 23/11/1994

Prot. n. 6448/RG/Crim.

 

Alla procura militare

della Repubblica di

La Spezia

 

Oggetto: Atti rinvenuti presso l'archivio dei Tribunali Militari di Guerra Soppressi

 

Fasc. N. 872 /RG Ignoti - n: 921 /RG Reiwhardt + 7 - N. 924 /RG Majer - N. 926/RG Nikolajev + 1

 

Si trasmette per quanto di eventuale competenza i fascicoli processuali allegati,

 

Il S. Procuratore Generale Militare

A.M. Nicolosi

 

Controfirmato Bacci ????

???????

 

[Pag. 000003]

 

N. 924/RG

 

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA

 

Procedimento contro Majer maggiore dell'esercito germanico ed altri ignoti militari tedeschi.

Per il reato di violenza con omicidio.

 

PARTI LESE:

  1. Zeppi Giuseppe

  2. Zeppi Enzo

  3. Savini Gino

  4. Bernini Enrico

PROCURA MILITARE DELLA REPUBBLICA

La Spezia

Si ordina l'iscrizione al R.N.R. Ignoti secondo quanto evidenziato

Il pubblico ministero

Dott. Marco Bacci

 

 

[Pag. 000004]

 

N. 924/RG

PROCURA GENERALE MILITARE DEL REGNO

Ufficio procedimenti contro criminali di guerra tedeschi

 

Procedimento contro Majer maggiore dell'esercito germanico ed altri ignoti militari tedeschi.

Per il reato di violenza con omicidio (art. 185 C.P.M.G.-, saccheggio (art. 186 C.P.M.G.- e incendio (art. 187 C.P.M.G.-

 

PARTI LESE:

  1. Zeppi Giuseppe

  2. Zeppi Enzo

  3. Savini Gino

  4. Bernini Enrico

 

[Pag. 000005] a [Pag. 000008] Tabulati in bianco

 

[Pag. 000009]

 

Notifica a:

Alto Commissariato Aggiunto per la punizione dei delitti

(protocollo N°. 24:02 reg-

 

Imputati: Majer maggiore dell'esercito germanico

 

Persona offesa:

  1. Zeppi Giuseppe

  2. Zeppi Enzo

  3. Savini Gino

  4. Bernini Enrico

 

Criminali di Guerra

46/46 UI

 

[Pag. 000010]

 

 

PROCURA GENERALE DEL REGNO

PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI

ANCONA

 

011 di prot. Ancona, 22 agosto 1945

 

Oggetto : seganalazione di crimini di guerra. All. n.1

 

ALL'ALTO COMMISSARIO AGGIUNTO PER LA PUNIZIONE DEI DELITTI FASCISTI

ROMA

 

In relazione alla circolare 22 marzo 1945, n. 7759, si trasmette l'unito rapporto della Questura di Pesaro, relativo all'uccisione di Zeppi Giuseppe ed altri, avvenuta il 18 giugno 1944 ad opera del maggiore Majer del comando di piazza di Pesaro.

 

IL PROCURATORE GENERALE DEL REGNO

(FIRMA-

 

Ricevuto 26 agosto 1945 e protocollato N. 9607

46/46 U.I.

Annotato a mano: reato commesso da Ufficiale tedesco. Criminali di guerra ?

 

[Pag. 000011]

 

R. QUESTURA DI PESARO

Gab. N 01046

li 12 luglio 1945

 

OGGETTO Crimini di guerra.

Al Sig. procuratore Generale presso la

Corte d'Appello

ANCONA

p.c. Alla R. Prefettura PESARO

 

In relazione alla circolare di S.E. l'Alto Commissario Aggiunto per la Epurazione dei delitti fascisti, emanata da codesto Ufficio, si comunica che, nella città di Urbino la notte del 18/6/l944 da militari della SS tedesca sotto l'accusa di aver dato ospitalità e favorito dei partigiani, venivano tratti in arresto:

 

  1. ZEPPI Giuseppe fu Bartolomeo e fu Speranzini Doletta, nato a Fermignano il 24/10/1896,possidente;

  2. ZEPPI Enzo di Giuseppe e di Rombaldoni Elvira,nato in Urbino il 2/12/1922, studente ;

  3. SAVINI Gino fu Domenico e fu Santi Caterina,nato a Fossombrone il 26/5/1900, colono,

Lo Zeppi padre e figlio ed il loro colono Savini abitavano tutti nella stessa casa colonica sita in località - il Perlo di sotto a S. Spirito - di quel Comune. All'atto dell'arresto dei predetti in detta casa si trovava pure il partigiano Bernini Errigo fu Bramante e fu Vignetti Vittoria, nato in Urbino il 30/l/l907, il quale alla vista dei militari tedeschi, tentò fuggire saltando da una finestra,ma venne raggiunto dal piombo delle SS. - II cadavere del Bernini venne rinvenuto in un burrone nei pressi del podere Zeppi dopo due giorni di ricerche.

I tre arrestati furono condotti al Comando di piazza tedesco ed il comandante maggiore Majer, dopo un sommario interrogatorio, li fece fucilare la notte stessa; i cadaveri di costoro furono rinvenuti sul viottolo che dal Borgo Mercatale conduce alla locale stazione ferroviaria, col cranio crivellato da colpi di arma da fuoco.

Si ignora i nomi dei militari tedeschi che eseguirono materialmente la sentenza.

Sempre ad opera della SS tedesca nella stessa notte e nel mattino successivo, dalla casa Zeppi e da quella del loro colono, venne asportato tutto il loro avere, compreso il bestiame che si trovava nella stalla, poscia le abitazioni furono incendiate.

 

Il Questore

……………….

 

[Pag. 000012]

 

Copia della busta della Racc. al:

Sig. Procuratore della Corte di Appello di Ancona

Partita da Pesaro il 21/7/1945

Arrivata in Ancona il 22/7/1945

 

[Pag. 000013]

 

LEGIONE TERRITORIALE DEI CARABINIERI DI ANCONA

Tenenza di Urbino

 

N. 374/I Prot. Div. II^ Urbino 3 settembre 1946

 

Oggetto richiesta di rapporto

 

PROCURA GENERALE MILITARE PRESSO IL TRIBUNALE SUPREMO MILITARE

ROMA

 

Questo comando non ha rintracciato alcun precedente relativo alla richiesta di un rapporto sollecitato da codesto ufficio con foglio 924/RG del 28 agosto 1946. Pertanto si prega la cortesia si codesta Procura Generale Militare volersi compiacere ripetere la richiesta stessa.

M.M. Comandante Int. La Tenenza

(Rosati Romualdo-

 

Pag. 000014

 

Roma 12 settembre 1946

La Tenenza dei Carabinieri di

Urbino

 

Richiesta rapporto.

 

Si trascrive il foglio n. 924 di questa Procura Generale in data 14 marzo u.s. e non pervenuta a codesto Comando:

"" La R. Questura di Pesaro con foglio n. 01046 Div. Gab. del 12 /7/1945 ha denunciato il maggiore tedesco Majer responsabile dell'uccisione di Zeppi Giuseppe, Zeppi Enzo, Savini Gino e Bernini Enrico avvenuta in codesta città la notte del 18 giugno 1944.

Perché questa Procura Generale possa adeguatamente documentare la denunzia da trasmettere alle competenti Autorità Alleate per ottenere la consegna dell'autore del delitto, si prega trasmettere un dettagliato rapporto sul fatto, corredato dalle dichiarazioni testimoniali che potranno essere raccolte specie in ordine alle prove di responsabilità degli imputati ed ad una loro più precisa identificazione.

 

d'Ordine

del procuratore generale Militare

(Col. G.M. Carlo Del Prato-

 

Pag. 000015

 

 

LEGIONE TERRITORIALE DEI CARABINIERI DI ANCONA

Compagnia di Urbino

 

Urbino, 14 settembre 1946

N. 16/21-I di prot. div. III

Risposta al foglio N. 924/ R.G. del 4 marzo 1946

 

Oggetto: uccisione da parte dei tedeschi di Zeppi Giuseppe, Zeppi Enzo Savini Gino e Bernini Enrico

 

ALLA PROCURA GENERALE MILITARE PRESSO IL TRIBUNALE SUPREMO MILITARE DI GUERRA

Ufficio procedimenti contro i criminali di guerra tedeschi

ROMA


 

IL 16 giugno 1944, il comando tedesco di Urbino fece eseguire un rastrellamento di operai, per cui gli uomini atti al lavoro fuggirono per le campagne. Certi Meloni Egidio di Angelo e di Rossi Rosa, nato il 16 luglio 1907 ed ivi domiciliato in Via S.Margherita n. 54, macellaio, e Angeli Emilio di fu Francesco e di fu Fraternali Seconda, nato il 12 marzo 1907 in Urbino ed ivi domiciliato in Via Raffaello - Casa Ceccarini, messo comunale, venuti a conoscenza del rastrellamento, si diressero in località Perlo 2°, distante circa un Km dalla città di Urbino ed a circa 20 metri dalla casa del fattore Zeppi Giuseppe, incontrarono due militari tedeschi i quali chiesero loro del pane. Essi risposero ai militari che non avevano del pane, ma siccome il quel momento passava il colono del Zeppi Giuseppe a nome Savini Gino fu Domenico della classe 1900, costui disse che il pane poteva darglielo lui. Il Savini fece presente al Meloni e all'Angeli che detti militari gironzolavano in quei pressi da due o tre giorni, ma che egli non li comprendeva. Il Savini invitò i due militari nella sua casa, ove entrarono anche il Meloni e l'Angeli. Il Savini diede ai due militari pane, formaggio e una bottiglia di vino. Poco dopo sopraggiunse un altro militare tedesco con delle uova che si fece cucinare. Quando mangiavano i tre militari tedeschi dissero che provenivano da Cassino, che erano austriaci, che erano stanchi e che avevano intenzione di disertare. I militari chiesero al Meloni e all'Angeli se per due o tre giorni potevano portar loro un po' di minestra in quanto essi non volevano farsi vedere in città, e costoro aderirono alla richiesta. Il Meloni raccontò il fatto al partigiano Bernini Enrico, fu Bramante e di Bignetti Vittoria, nato il 30/01/1907 in Urbino, meccanico, ed il successivo giorno 17 insieme anche all'Angeli portarono ai tre militari tedeschi pasta asciutta vino e pane, e rimasero d'accordo che la sera dello stesso giorno 17 giugno il Bernini e l'Angeli avrebbero accompagnato i tre militari tedeschi al comando dei partigiani, anzi li avrebbe accompagnati il Bernini, mentre l'Angeli li avrebbe attesi in altra località.

Anche la famiglia Zeppi diede delle vettovaglie ai tre militari tedeschi.

Verso le ore 19 del 17 giugno il Bernini Enrico si recò in casa del colono Savini Gino, dicendogli, che prima che i militari partissero, doveva farli cenare. I militari tedeschi insistettero per avere anche dell'insalata, evidentemente per ritardare la partenza. Mentre la moglie del colono Savini a nome Mazzoli Marianna preparava la cena, fuori la porta di casa altri militari tedeschi sopraggiunti spararono colpi di fucile. I tre militari tedeschi che erano in attesa della cena uscirono subito fuori e dai loro colleghi furono armati con fucili. La Mazzoli osservò che la casa era circondata. Il Bernini Enrico saltò dalla finestra della camera da letto delò contadino, fuggendo per la campagna inseguito dai tedeschi che lo uccisero con raffiche di mitraglia. Il figlio del colono a nome Savini Alfio, della classe 1925 che si trovava nella stalla si salvò fortunatamente, fuggendo per la campagna. Il Savini Gino ?????? ?????? ?????? ?????? ??????? ??????? ??????? ???????

 

[Pag. 000016]


tedeschi dissero che avrebbero condotto tutti via con loro, uomini e donne. In quel frattempo ritornò anche la ragazza Savini Pierina che si era recata a raccogliere l'insalata e anch'essa dovette alzare le mani.. I tedeschi portarono via solamente gli uomini e cioè: Savini Gino, Zeppi Giuseppe ed il giovane Zeppi Enzo. Più tardi prelevarono anche le donne e cioè: la Mazzoli Marianna, la figlia Savini Pierina, la Rombaldoni Elvira e La figlia Zeppi Rosetta, ma giunti in località Lavaggine, le rimisero in libertà. Il Savini Gino, Zeppi Giuseppe ed il giovane Zeppi Enzo furono condotti prima al comando della piazza di Urbino e poco più tardi furono fucilati nella strada della stazione.

Il giorno seguente 18 giugno i tedeschi ritornarono in luogo e dopo aver saccheggiato le case del fattore Zeppi Giuseppe e del colono Savini Gino, le incendiarono. Oltre la biancheria e quant'altro di utile vi era nelle case, asportarono anche sette bestie vaccine, maiali, galline ecc., arrecando alla famiglia un enorme danno.

Da quanto precede si rileva che i tre militari tedeschi non erano austriaci né disertori, ma erano certo stati inviati in luogo per trarre in inganno il fattore Zeppi Giuseppe ed il colono Savini Gino, evidentemente perché erano venuti a conoscenza che i suddetti aiutavano i partigiani.

Lo stratagemma utilizzato dai tedeschi riuscì in pieno.

La gravità del fatto suscitò enorme impressione nella popolazione.

Poiché lo Zeppi Giuseppe, il figlio Zeppi Enzo ed il colono Savini Gino, prima di essere fucilati, furono condotti alla sede del comandante la piazza, l'ordine di uccisione dei suddetti, del saccheggio e dell'incendio delle loro case, non è dubbio che sia stato dato dal comandante maggiore Majer.

Sembra che qualche persona di Urbino abbia fatto la spia, per cui la consegna del maggiore Majer sarebbe anche utile per conoscere il nome del delatore.

Al presente rapporto si allegano i seguenti documenti:

Verbale di interrogatorio di Meloni Egidio

Angeli Emilio

Mazzoli Marianna, vedova Savini

Rombaldoni Elvira, vedova Zeppi

Ugolini Maria

Buchi Erminia

Ugolini Antonio

 

Il capitano

comandante la compagnia

(Alfredo Arnera-

Pag. 000017

 

LEGIONE TERRITORIALE DEI CARABINIERI REALI DI ANCONA

Stazione di Urbino

 

Processo verbale di interrogatorio di Meloni Egidio di Angelo e di Rossi Rosa, nato il 16 luglio 1907, ivi domiciliato in Via S.Margherita n. 54, macellaio.

 

L'anno millenovecentoquantasei addì 27 giugno, in Urbino, nell'ufficio della stazione ore 17.

 

Avanti a noi Rosati Ronualdo, maresciallo maggiore comandante la stazione suddetta e il brigadiere Del Moro Cesare, della medesima, è presente Meloni Egidio, in oggetto generalizzato, il quale dichiara:

La sera del 16 giugno 1944 io e mio cugino Angeli Emilio fu Francesco abitante in Urbino, Via Raffaello, Casa Ceccarini, Guardia campestre, verso le ore 17 per ritornare dal molino di Tagliolino sito nei pressi del Tiro a Segno ove ci eravamo recati per l'acquisto di una pecora, passando per la scorciatoia che passa per l'Avaggine. Giunti al predio Perlo vedemmo delle persone fuggire le quali ci dissero che i tedeschi stavano facendo un rastrellamento, per cui ci fermammo. In questo frattempo venne mio padre che ci confermò la notizia e ci consigliò di allontanarci. Io e l'Angeli, assieme ad un giovane (il figlio di Bino il barbiere- ci dirigemmo verso il predio Perlo 2° di proprietà del fattore Zeppi. A circa 20 metri dalla casa dello Zeppi incontrammo due militari tedeschi i quali ci chiesero del pane. Noi rispondemmo a costoro che non ne avevamo. In questo frattempo passa il colono dello Zeppi a nome Savini con un cesto pieno d'erba, il quale sentendo che i due militari tedeschi ci chiedevano del pane, disse che poteva darglielo lui. Ci disse anche che detti militari da due o tre giorni gironzolavano in quei paraggi, ma che egli non li comprendeva. Il Savini entrò in casa riuscendone subito dopo invitando i due tedeschi ad entrare. Nella sua casa entrammo anche noi. La moglie del contadino diede ai due militari del pane, formaggio e una bottiglia di vino. Poco dopo sopraggiunse un altro militare tedesco che aveva delle uova e che si fece cuocere. Mentre mangiavano i tre tedeschi raccontarono che erano stanchi di fare la guerra e che venivano dalle parti di Roma. Dissero che avevano intenzione di disertare e di ritornare in Austria e precisamente a Linz. Dopo che ebbero mangiato noi uscimmo dalla casa del Savini ritornando in Urbino. I tre militari tedeschi ci chiesero se per due o tre giorni potevano portarli un po' di minestra, in quanto essi non volevano farsi vedere in città. Noi gli rispondemmo affermativamente.

Il giorno seguente, 17 giugno 1944, io raccontai il fatto al partigiano Bernini Enrico, il quale mi disse che era già a conoscenza che nei pressi della casa Zeppi vi erano tre militari tedeschi. Insieme al Bernini io e l'Angeli provvedemmo della pasta, del vino e del pane. La pasta la cucinammo in casa di mio cugino Angeli e verso mezzogiorno portammo il mangiare ai tre miltari tedeschi, i quali, dopo mangiato, chiesero anche da fumare. Il Bernini disse loro che avrebbe provveduto le sigarette e che gliele avrebbe portate. Il Bernini parlava qualche parola tedesca e quindi si intendeva con i militari. Mio cugino Angeli la sera del 17 giugno doveva venire con me per prendere del carbone, ma mi disse che non poteva venirci perché verso le ore 20 doveva recarsi col Bernini ad accompagnare i tre militari tedeschi suddetti nelle file dei partigiani. La sera del 17 giugno verso le ore 21, mentre mi trovavo in casa, intesi dire dalla donna del ??????? che ?????? ?? ??????.

 

[Pag. 000018]

 

Ci fermammo a circa 300 metri dalla casa dello Zeppi, ma siccome si sentiva ancora qualche colpo di fucile, ritenemmo opportuno non avvicinarci. Io pensai subito che il comando tedesco doveva essere venuto a conoscenza della cosa e quindi quella sera non ritornai neanche alla mia casa ed il mattino seguente, per tema di essere arrestato, mi allontanai da Urbino, avendo anche saputo che al Perlo vi erano dei morti e altri erano stati rinvenuti nella stradam della stazione.

Il 18 seguente seppi che i morti che erano stati rinvenuti sulla strada della stazione erano stati identificati per il fattore Zeppi Giuseppe, per il figlio Zeppi Enzo e colono Savini. Dopo due giorni seppi anche che nei pressi della casa Zeppi era stato ucciso anche il Bernini Enrico mentre tentava di fuggire.

A.D.R. - Non mi consta che ai tre clandestini sia stato fornito il mangiare anche dalla famiglia Zeppi.

A.D.R. - Non è assolutamente vero che io dissi al colono Savini di provvedere al mantenimento dei tre militari tedeschi e che, se la famiglia Zeppi non avesse veduto di buon grado i militari stessi, avrei pensato a fargli svaligiare l'appartamento. Se io avessi preteso che il colono desse il mangiare ai tre militari, assieme all'angeli ed al Bernini, non gli avrei portata la pastasciutta.

 

A.D.R. - Io non sono stato partigiano né in quell'epoca mi interessano di favorire i partigiani. Il Bernini Enrico era una staffetta dei partigiani.. Mio cugino Angeli in quell'epoca non era partigiano: dopo l'uccisione del Bernini prese però il posto di questo.

 

Fatto, letto, confermato e sottoscritto

Fraternale Meloni Egidio

Brig. Del Moro Cesare

M.M. Romualdo Rosati

 

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LEGIONE TERRITORIALE DEI CARABINIERI REALI DI ANCONA

Stazione di Urbino

 

Processo verbale di interrogatorio di Angeli Emilio fu Francesco e fu Fraternali Secondo, nato il 12 marzo 1907 in Urbino ed ivi domiciliato Via Raffaello Casa Ceccarini, messo comunale.

 

L'anno millenovecentoquantasei addì 8 luglio, in Urbino, nell'ufficio della stazione ore 16.

Avanti a noi Rosati Ronualdo, maresciallo maggiore comandante la stazione suddetta è presente Angeli Emilio, in oggetto generalizzato, il quale dichiara:

Circa l'aiuto da me dato ai tre militari tedeschi che volevano disertare nei giorni 16 e 17 giugno 1944, mi riporto a quanto già dichiarato dal mio cugino Meloni Egidio, che confermo in ogni sua parte. Io in quell'epoca facevo la staffetta dei partigiani "Brigata Garibaldi" sul tratto Urbino S. Giovanni in Ghiaiola, mentre il Bernini Enrico apparteneva alla organizzazione clandestina di Urbino. Io effettivamente raccontai al Bernini che al Perlo 2° vi erano tre militari tedeschi che avevano espresso il desiderio di disertare e che avevano bisogno di vitto. Il giorno 17 giugno 1944 insieme a mio cugino Meloni Egidio e al Bernini Enrico portammo ai militari la pasta asciutta pane e vino. Poiché i medesimi chiesero anche le sigarette, il Bernini disse che avrebbe provveduto lui. La sera del 17 giugno 1944 io ed il Bernini dovevamo portare dei materiali ai partigiani e verso le ore 19.30 col Bernini rimasi d'accordo che io sarei passato per la strada dei Cappuccini, mentre il Bernini mi disse che egli sarrebbe passato al Perlo 2° per accompagnare i tre militari tedeschi al comando di brigata. La sera e tutta la notte attesi il Bernini, ma egli non venne. Il giorno seguente seppi che era stato fucilato nella campagna del fattore Zeppi. Seppi anche che il fattore Zeppi Giuseppe, il figlio Zeppi Enzo e il loro contadino Savini erano stati fucilati sulla via della stazione.

Non è assolutamente vero che io e mio cugino dicemmo al colono Savini di provvedere il vitto ai tre militari tedeschi sotto pena di rappresaglie. La sera del 16 il contadino spontaneamente fece mangiare i tre militari.

Fatto, letto, confermato e sottoscritto

(seguono firme illeggibili-

 

[Pag. 000020]

 

LEGIONE TERRITORIALE DEI CARABINIERI REALI DI ANCONA

Stazione di Urbino

 

Processo verbale di interrogatorio di Mazzoli Marianna, fu Luigi e di Santini Elvira, nata nel 1901 a Fermignano e domiciliata in Urbino Casa Frasca, vedova Savini..

 

L'anno millenovecentoquantasei addì 9 luglio, in Urbino, nell'ufficio della stazione ore 16.

Avanti a noi Rosati Ronualdo, maresciallo maggiore comandante la stazione suddetta e il brigadiere Del Moro Cesare della medesima stazione, è presente Mazzoli Marianna vedova Savini, la quale dichiara:

"" Nel pomeriggio del 16 giugno 1944 tre militari tedeschi si soffermarono nei pressi della mia casa sita al Perlo 2° di Urbino. Nello stesso pomeriggio i tedeschi fecero un rastrellamento di uomini, per cui alcuni fuggirono per la campagna. Certo Meloni Egidio si fermò presso la mia casa e si mise a parlare con i suddetti militari. Il Meloni si avvicinò poscia alla stalla e chiese al defunto mio marito Savini Gino, fu Domenico della classe 1900, se aveva chiesto ai militari tedeschi se avevano appetito. Mio marito gli rispose negativamente, sia perché i militari non gli avevano chiesto nulla e sia perché non li capiva. Il Meloni Egidio ritornò quindi dai militari tedeschi domandando loro se avevano fame ed avuta risposta affermativa, ritornò nella stalla dicendo a me di dare qualche cosa da mangiare ai militari in quanto avrebbe provveduto lui a ricompensarmi. Io mi recai a casa e presi un filone di pane e del formaggio dandolo al Meloni perché lo portasse ai tedeschi. Il medesimo, però chiamati i militari, li fece entrare nella mia casa. Uno dei militari tedeschi si era assentato per recarsi dai contadini vicini e poco dopo venne in casa anche questo portando delle uova che si fece cucinare. Mentre mangiavano i tre militari tedeschi dissero che erano austriaci, che erano stanchi della guerra, che si erano allontanati da Cassino e volevano ritornare alle loro case. Il Meloni Egidio, dopo che i militari ebbero mangiato, disse loro di rimanere presso la mia casa, di dormire nel capanno e che il giorno seguente li avrebbe portato la pasta asciutta e alla sera li avrebbe accompagnati in montagna dai partigiani. Difatti il giorno seguente 17 luglio, il Meloni ed un altro individuo portarono la pastasciutta e vino ai militari tedeschi, i quali mangiarono nella mia casa. La mia figliola, Savini Pierina, dato che io ero assente, dette loro piatti e forchette.

Verso le ore 19 dello stesso giorno 17 venne in casa un certo Bernini Enrico da Urbino, il quale mi disse che prima che i militari partissero, li doveva far cenare. Io per cena preparai delle uova, ma i militari mi chiesero che volevano anche l'insalata. Io risposi, che la poca insalata che era nell'orto, era dura e quindi non si poteva mangiare. Essi però insistettero per averla e quindi fui costretta a mandare mia figlia a raccoglierla. Mentre io preparavo ad essi la cena udii sparare fuori la porta della mia casa. I tre militari tedeschi uscirono subito fuori ed io osservai che la casa era circondata da militari con fucili. Mio figlio, Savini Alfio che si trovava nella stalla, si salvò per miracolo fuggendo per la campagna. Io e mio marito uscimmo di casa ed i tedeschi ci fecero alzare le mani. La stessa sorte toccò alla famiglia del mio padrone Zeppi Giuseppe, al figlio Enzo, alla moglie ???? ????? ????? ??????? ???????

 

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avrebbero portati via tutti, uomini e donne. In questo frattempo ritornò anche mia figlia Pierina e anch'essa dovette alzare le mani. I tedeschi invece portarono via soltanto gli uomini e cioè mio marito Savini Gino, lo Zeppi Giuseppe ed il figlio Zeppi Enzo. A me, la Rombaldoni e le nostre figlie ci portarono via più tardi, ma giunte all'Avaggine ci fecero tornare indietro. Il mattino del 18 i tedeschi ritornarono nella mia casa ed in quella dei miei padroni facendoci uscire e dopo averle saccheggiate ci diedero fuoco. Asportarono, oltre la biancheria e quant'altro di utile trovarono in casa, anche tutto il bestiame, sette vaccine, maiali, galline, ecc., arrecandoci un'enorme danno. Mio marito Savini Gino, lo Zeppi Giuseppe ed il figlio Enzo, la sera del 17 giugno furono fucilati dai tedeschi sulla strada della stazione.

Faccio presente che la vedova Zeppi a nome Rombaldoni Elvira mi riferì che il defunto mio marito le aveva detto che il Meloni Egidio lo aveva incaricato di osservare che la famiglia Zeppi dava del vino ai militari tedeschi, caso contrario avrebbe pensato lui a farle svaligiare lo appartamento. A me però nulla consta perché nulla mi riferì mio marito e gli Zeppi, prima di essere fucilati, furono condotti al comando tedesco sito in via Mazzini, casa Moscati.

Fatto, letto, confermato e sottoscritto dall'interessata e da noi militari

(seguono le tre firme-

 

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LEGIONE TERRITORIALE DEI CARABINIERI REALI DI ANCONA

Stazione di Urbino

 

Processo verbale dell'interrogatorio della signora Romabaldoni Elvira fu Zefferino e fu Ciccolini Rosa, nata il 18 aprile 1901 a Fermignano e domiciliata in Urbino via Mazzini 20, vedova Zeppi.

 

L'anno millenovecentoquarantasei aadì 1 agosto, in Urbino, nell'ufficio di stazione alle ore 18.

 

Avanto di noi maresciallo maggiore Rosati Romualdo, comandante la stazione, e brigadiere Del Moro Cesare, della medesima, è presente la signora Rombaldoni Elvira, in oggetto generalizzata, la quale dichiara:

""Confermo il mio esposto inviato al Sig. procuratore del Regno di Urbino in date 7 ottobre 1945 e preciso quanto in appresso:

In complesso l'eccidio di mio marito ZEPPI Giuseppe, di mio figlio SEPPI Enzo e del mio colono SAVINI Gino, nonché l'incendio e svaligiamento della mia casa, si verificò come descritto nel verbale di interrogatorio di MAZZOLI Marianna,vedova Savini.

Ai tre militari tedeschi che si soffermarono nei pressi della mia casa il 17 giugno 1944, anch'io diedi qualche cosa da mangiare e da bere, ritenendo che effettivamente fossero tre militari Austriaci che volevano disertare come essi stessi dichiararono. Io mi preoccupai di dare delle vettovaglie ai tre militari tedeschi siccome il mio contadino SAVINI Gino mi aveva riferito che se io non somministravo vettovaglie ai tre militari tedeschi, il Meloni Egidio gli aveva detto che avrebbe pensato lui a farmi svaligiare la casa. Purtroppo il Savini Gino è stato fucilato ed io non ho prove per poter convalidare quanto mi aveva riferito il Savini Gino.

Oltre alla fucilazione di mio marito e dì mio figlio i tedeschi mi incendiarono la casa, la saccheggiarono ed asportarono perfino il bestiame arrecandomi un danno e enorme. Ritengo che qualche fascista repubblicano di Urbino abbia riferito al comando tedesco che la mia famiglia agevolava i partigiani, ma anche in proposito non no prove da produrre.

A.D.R.- Per ora non ho altro da dire.

Fatto, letto, confermato e sottoscritto in data e luogo di cui sopra "".

Seguono le tre firme

 

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LEGIONE TERRITORIALE DEI CARABINIERI REALI DI ANCONA

Stazione di Urbino

 

Processo verbale di interrogatorio di Ugolini Maria, di Antonio e di Galanti Artemisia, nata a Urbino il 23 aprile 1907, domiciliata ad Urbino via Posta Vecchia 21 ed poi residente a Padova via dei Savonaroli n. 80, massaia.

L'anno millenovecentoquarantacinque addì 4 novembre, in ufficio della stazione di Urbino ore 9.

Avanti a noi Rosati Ronualdo, maresciallo maggiore comandante la stazione suddetta è presente la signora Ugolini Maria in Bisciari, in oggetto generalizzata, la quale dichiara:

"" Il 17 dicembre 1943 fui assunta in servizio in qualità di domestica dal Maggiore tedesco Majer, comandante la piazza di Urbino. Circa un mese dopo fu assunta in servizio pure come domestica anche certa Buchi Erminia da Urbino.

L' 8 agosto 1944 all'atto del ripiegamento del comando tedesco, il maggiore Majer mi disse che se volevo rimanere in Urbino con la mia famiglia potevo farlo senz'altro. Io mi ero decisa quindi a rimanere in Urbino. Lo stesso giorno, 8 agosto 1944, poco prima della partenza del comando tedesco, che in quell'epoca si trovava alla villa Tortorina, venne al comando il capitano Rastelli e di fronte al maggiore Majer mi disse che, se non ripiegavo nell'Italia settentrionale, egli mi avrebbe arrestato con tutta la famiglia e tenuta in ostaggio, siccome io conoscevo che il medesimo aveva fatto gettare le armi, 15 o 16 rivoltelle ed un sacco di munizioni, nel pozzo dell'acqua della casa Moscati sede del comando tedesco ed altre munizioni ed armi, due mitragliatrici con due casse di caricatori dietro la villa Tortorina in un punto dove vi erano delle immondizie. Dette armi furono sepolte dai militi alla presenza del capitano Rastelli e ricoperte con letame e fogliame. In seguito a tale minaccia io mi decisi a ripiegare nell'Italia settentrionale lasciando i figli in consegna al mio marito Bisciari Domenico. Usufruii del camion del comando tedesco fino a Bologna e dopo tre giorni raggiunsi con lo stesso comando Bondeno (Ferrara-. Il 26 settembre raggiunsi Carrara S. Giorgio (Padova-. In detto paese il comando tedesco si sciolse ed io dopo qualche giorno raggiunsi la città di Padova ove tutt'ora risiedo.

Durante la mia permanenza al comando tedesco non mi sono state mai chieste notizie dal maggiore Majer o da altri tedeschi circa il movimento dei partigiani, né sul conto di antifascisti del luogo. Quando vi fu il rastrellamento di Montesoffio che portò alla cattura e alla successiva fucilazione dei patrioti Salvalai e Dini, il capitano della guardia repubblicana Giovannelli Ennio richiese insistentemente l'intervento dei militari tedeschi, telefonicamente. Siccome il maggiore Majer non comprendeva l'italiano, mi fece rispondere per telefono ed io a mia volta riferii la chiamata del capitano Giovannelli in francese al maggiore Majer, il quale assolutamente non volle concedere i militari tedeschi, trattandosi di conflitto fra italiani. Dopo quattro telefonate del capitano Giovannelli, il quale riferì che c'era già un morto dei loro, il maggiore Majer si decise di telefonare a Pesaro da dove giunsero a Montesoffio una quarantina

 

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di militari tedeschi con un camion. Lo stesso Maggiore si recò in luogo con la macchina. Sul camion della guardia repubblicana che si recò a Montesoffio ricordo che vi presero posto il federale Portinari Giuseppe, il segretario politico Quagliotti Francesco, il vice segretario politico Santini Fausto, la guardia comunale Bolognini Augusto, chiamato Testolina, il figlio di Tofani tabaccaio. Non ricordo assolutamente se vi era o meno la guardia Tirsico Carmine. Ignoro i nominativi dei militi e fascisti che si recarono a Montesoffio nella mattinata, perché non partirono dal comando tedesco. Il capitano Giovannelli, pur avendo mandato i militi sul posto e richiesto con insistenza l’intervento dei militari tedeschi non si recò a Montesoffio: almeno io non lo vidi.

Il giorno degli ultimi del mese di aprile ed i primi di maggio 1944 mi recai all’ospedale civile di Urbino a trovare un militare tedesco ammalato. Nell’atrio dell’ospedale il portiere Cioppi, noto fascista, mi fermò dicendomi che la città di Urbino nella notte seguente sarebbe stata assalita dai partigiani, chiedendomi nel contempo se avevo veduto la guardia forestale Caroti Eugenio, addetto alla SS tedesca di Rimini. Io gli risposi negativamente. Il Cioppi Mario che era molto preoccupato in quanto diceva che se si fosse verificato l’assalto dei partigiani, i fascisti repubblicani sarebbero stati tutti uccisi, mi disse che occorreva senz’altro il rinforzo e che il rinforzo stesso si poteva ottenere telefonando a Cattolica e chiedendo 200 Kg di pesce per il pescivendolo Dini Zelindo, sarebbero stati inviati 200 militi al posto del pesce. Mi disse anche che la telefonata doveva essere fatta dal Caroti, in quanto egli essendo delle SS poteva telefonare senza permesso. Verso le ore 19 dello stesso giorno il Caroti Eugenio venne al comando tedesco chiedendo all’interprete Bilcner Verner se poteva telefonare a Cattolica. Ottenuto il permesso il Caroti telefonò subito, alla mia presenza, a Cattolica. Ottenuto il permesso il Caroti telefonò subito, alla mia presenza, a Cattolica e mi sembra ad un certo Grandi dicendogli di inviare per il mattino seguente 200 Kg di pesce al pescivendolo Dini. Il comando tedesco era a conoscenza che il mattino seguente doveva arrivare il pesce ed io, pur sapendo che la storia del pesce non era vera, non lo rivelai al maggiore Majer per non intromettermi in cose che non mi riguardavano. Il mattino seguente il maggiore Majer mi ordinò di andare ad acquistare il pesce ed io, pur sapendo che il pesce non sarebbe arrivato, mi recai alla pescheria Dini che trovai chiusa. Sulla piazza 8 settembre ad Urbino erano giunti tre autocarri carichi di militi. Sul primo carro, vicino all’autista, vi era il Caroti. Dopo questa constatazione mi convinsi maggiormente che il Cioppi ed il Carotti con la falsa commissione del pesce avevano provocato l’intervento in Urbino del battaglione della guardia repubblicana (Camilluccia-. Ritornata al comando tedesco, riferii che il pesce non era arrivato. Al maggiore riferii che nella piazza vi erano dei camion di militi e poco dopo si presentò il capitano Rastelli.

Poco dopo si presentò al comando il prof. Calderoni chiedendo al maggiore Majer se era a conoscenza che in Urbino era arrivato il battaglione Camilluccia. Il maggiore rispose che egli non ne sapeva nulla. Il Calderoni rimase molto sorpreso del fatto.

 

ECCIDIO FAMIGLIA ZEPPI.

Per questo grave episodio posso riferire quanto segue. Il fascista Spigarelli Giuseppe sovente si recava al comando tedesco ed alle volte si fermava a lungo a parlare con l’interprete e col sergente. Notai che il medesimo portava al comando

 

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tedesco bottiglie di vino, sigari e sigarette. Durante i colloqui Lo Spigarelli parlava la lingua tedesca, per cui io non comprendevo quanto essi dicevano. Dopo una quindicina di giorni dall’uccisione dei Zeppi e del loro contadino, lo Spigarelli un giorno mi chiese che desiderava parlare con l’interprete Verner. Egli portava quattro bottiglie di vino. Io lo annunciai, ma l’interprete mi disse che non voleva vedere lo Spigarelli, perché dopo il fatto della famiglia Zeppi gli faceva schifo, perché non sopportava che fra italiani si facessero del male. Io riferii allo Spigarelli che l’interprete non intendeva più riceverlo ed egli se ne andò via. In seguito ritornò una volta a riprendersi le bottiglie vuote senza più parlare con l’interprete né col sergente. L’azione contro la famiglia Zeppi fu ordinata dal comando della polizia tedesca, che si trovava al palazzo Petrangolini. Ignoro se lo Spigarelli avesse o meno anche relazioni con suddetta polizia.

Il maggiore Majer rimase molto dispiaciuto per il grave fatto e disse che fra italiani non dovevano verificarsi simili fatti. Posso affermare che il capitano Giovannelli voleva eseguire le fucilazioni dei patrioti Dini e Salvalai sulla Piazza di Urbino, ma il maggiore Majer glielo impedì.

 

RASTRELLAMENTO DELL’ ORSAIOLA.

In merito nulla posso dire di preciso. Solamente un giorno che non so precisare il Quagliotti Francesco venne al comando tedesco riferendo che durante la notte i partigiani avevano asportato del bestiame ai suoi contadini. Non intesi altro.

Durante la mia permanenza presso il comando tedesco non ho mai collaborato con gli stessi, anzi ho fatto sempre del bene nell’avvertire i giovani quando venivo a conoscenza di rastrellamenti. Ciò lo possono testimoniare Giulio Del Piccolo, Guarantelli, Baldeschi, Vetrari, Russi e certo Spaghetti, Miceli e altri che non ricordo. Una volta il capitano Giovannelli presentò al comando tedesco una lista di comunisti di Urbino da arrestare. Io venni chiamata dal maggiore il quale mi chiese informazioni su alcuni nominativi che qui di seguito elenco. Io riferii al maggiore che dette persone erano buone e che non era vero che erano comunisti. Ebbi modo di ricordarmi il nome di Ricciarelli Aleardo, per cui lo avvertii subito del pericolo che lo minacciava. Al medesimo dissi di avvertire anche certi ______ ed un fratello dello stesso Ricciarelli. Il maggiore Majer, date le mie informazioni, non tenne alcun conto della lista. Sugli stessi chiese anche informazioni alla Buchi. In effetti io e la Buchi una volta ricercammo 50 operai che servivano al comando tedesco. Il segretario comunale Emiliani riferì al maggiore Majer che non era riuscito a trovare i 50 operai occorrenti per togliere le spolette alle bombe. Il maggiore gli rispose che il mattino dopo avrebbe fatto eseguire un rastrellamento di uomini per Urbino senza tener conto della posizione sociale di essi con le conseguenze che ne sarebbero derivate. Io e la Buchi, sentendo ciò, ci offrimmo per ricercare i 50 operai e ciò per evitare i guai alla cittadinanza. Difatti alla sera ci mettemmo in giro per la città facendo presente il pericolo che correvano gli uomini ( bene !!!!-. e subito 50 di essi risposero affermativamente e si presentarono al lavoro.

Una altra volta i partigiani minarono il ponte della strada di Schieti, in modo che, al passaggio di un autocarro tedesco carico di soldati, la mina scoppiò e sette soldati tedeschi rimasero uccisi. Il comando tedesco di Rimini ordinò la rappresaglia nella città di Urbino e cioè che dovevano essere uccise 70 persone.. Io e la Buchi Erminia sentendo il grave e terribile ordine pregammo il maggiore Majer di evitare lo

 

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spargimento di tanto sangue. Il maggiore ci rispose che doveva eseguire l’ordine. Noi gli rispondemmo che ci avremmo fatte fucilare per prime. Il maggiore ci disse che non sapeva come fare per evitare la rappresaglia. Io e la Buchi a questo punto gli suggerimmo di far risultare che una bomba era caduta dal camion dei tedeschi scoppiando e provocando il crollo del ponte e la morte dei tedeschi. Il maggiore dopo aver riflettuto decise di riferire al suo comando che il fatto si era verificato nel modo su scritto e quindi ometteva di eseguire la rappresaglia. I cittadini di Urbino vennero subito a conoscenza della nostra opera.

Sono sposata con otto figli.

 

A.D.R. Il maggiore Majer ritornò in Germania. L’interprete Verner si recò sul Lago di Garda ed io non l’ho più veduto. Anche il sergente Villi addetto al comando ritornò in Germania siccome ferito.. Quando ritornai in Urbino nel mese di agosto u.s. fra Rimini e Riccione mi sembrò di aver intravisto Verner, ma poscia osservato meglio l’individuo mi convinsi che non era il Verner. Il Verner è austriaco, però ignoro il suo paese di nascita e di domicilio.

A.D.R. Non ho nient’altro da dire.

Fatto, letto, confermato e sottoscrittodall’interrogata e da noi militari operanti

(seguono firme di Ugolini Maria Bisciari, Romualdo Rosati M.M.-

 

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LEGIONE TERRITORIALE DEI CARABINIERI REALI DI ANCONA

Stazione di Urbino

 

Processo verbale di successivo interrogatorio della signora Ugolini Maria, di Antonio e di Galanti Artemisia, nata a Urbino il 23 aprile 1907, domiciliata ad Urbino via Posta Vecchia 21 ed poi residente a Padova via dei Savonaroli n. 80, in Bisciari.

L'anno millenovecentoquarantacinque addì 9 novembre, nell’ufficio della stazione cc.rr. ore 9.

Avanti a noi maresciallo maggiore Rosati Ronualdo, comandante la stazione suddetta è presente Ugolini Maria, in oggetto generalizzata, la quale a seguito del precedente interrogatorio in data 4 corrente, dichiara quanto segue:

A.D.R. La sera del 17 giugno 1944 quando furono arrestati Zeppi Giuseppe, Zeppi Enzo e Savini Gino non furono condotti al comando tedesco prima della fucilazione. Io di massima lasciavo il comando verso le ore 19.30 di ogni sera ad eccezione di qualche sera che il comandante maggiore Majer era assente. Ignoro se i Zeppi ed il Savini furono condotti al comando tedesco dopo che io avevo abbandonato la casa per ritornare presso la mia famiglia. Seppi che i suddetti erano stati fucilati il mattino seguente verso le ore 6 dalla voce pubblica e quindi insieme a molte altre persone mi recai a vedere i cadaveri che si trovavano al principio della strada che porta alla stazione ferroviaria. Né io né le altre persone accorse riconoscemmo nei cadaveri i Zeppi ed il Savini. Ritornata al comando tedesco dove prestavo il mio servizio quale domestica poco dopo mentre mi trovavo alla finestra sentii da alcune donne che si trovavano sulla strada che i cadaveri erano dei Zeppi e del contadino Savini.

A.D.R. Ignoro se l’ordine di fucilazione dei suddetti venne dato o meno dal maggiore Majer. Detto comandante in merito a tali fucilazioni a me non ha mai domandato mai nulla. Solamente dopo una quindicina di giorni dal grave fatto, quando venne Spigarelli Giuseppe a portare le bottiglie di vino all’interprete Verner, costui alla mia presenza, anzi a me personalmente disse che non voleva più ricevere lo Spigarelli perché dopo il fatto della famiglia Zeppi gli faceva schifo.

A.D.R. So che il maggiore Majer era di un paese vicino a Berlino, ma non so precisamente quale. Ignoro il paese di nascita e di domicilio dell’interprete Verner. Egli diceva che era austriaco.

A.D.R. Dal comando tedesco venivo retribuita con uno stipendio di L. 1600 mensili compresi gli assegni famigliari.

Giunta a Padova, dato che il comando tedesco si era sciolto, mi denunziai all’anagrafe come profuga proveniente da Urbino ed ho vissuto con il sussidio che mi veniva dato.

A.D.R. Non conosco la lingua tedesca. Conosco invece la lingua francese per averla imparata nel Belgio. Col maggiore tedesco i primi tempi parlavo in lingua francese perché anch’egli comprendeva un po’ tale lingua.

 

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Le persone che più assiduamente frequentavano il comando tedesco erano le seguenti: il segretario Comunale Emiliani, il prof. Calderoni, il quale parlava anche la lingua tedesca, il capitano Giovannelli il segretario politico del fascio repubblicano, il vice segretario del fascio repubblicano, Santini Fausto ed altri.

A.D.R. Non ho nient'altro da dire.

Fatto, letto, confermato e sottoscritto dall’interrogata e da noi verbalizzanti

(seguono firme di Ugolini Maria Bisciari, Romualdo Rosati M.M.-.

 

L'anno millenovecentoquarantacinque, addì 9 del mese di novembre alle ore 19.

Noi sottoscritti Romualdo maresciallo maggiore riferiamo che [oltre] la signora Ugolini Maria devono essere interrogate le seguenti altre persone, per il motivo a fianco di ciascuna indicati:

  1. Bucchi Giuseppe da Urbino, per avergli passato delle munizioni per mitraglia;

  2. Borioni Poerio da Urbino, per avergli ceduto varie bombe a mano;

  3. Bertozzi Alfredo da Urbino, per averlo avvertito di rastrellamenti che dovevano essere eseguiti;

  4. Ricciarelli Aleardo, per averlo avvertito che era stato messo in lista quale comunista;

  5. Sentire il giovane conosciuto in Urbino per il fratello della Spagnetta, perché sia interrogato circa l'arresto di un suo compagno.

Fatto, letto, confermato e sottoscrittodall’interrogata e da noi verbalizzanti

(seguono firme di Ugolini Maria Bisciari, Romualdo Rosati M.M.-.

 

[Pag. 000029]

 

LEGIONE TERRITORIALE DEI CARABINIERI REALI DI ANCONA

Stazione di Urbino


 

Processo verbale di successivo interrogatorio di Bucchi Erminia, di Alfredo e di Dell'Onte Elisabetta, nata a Urbino il 7/12/1908, ivi domiciliata Casa dello Studente, donna di casa, coniugata con Amadei Bino.

L'anno millenovecentoquarantacinque addì 2 del mese di settembre, nell’ufficio della stazione.

Avanti a noi maresciallo maggiore Rosati Ronualdo, comandante la stazione di Urbino e brigadiere Flamma Giovanni della medesima, è presente Bucchi Erminia all'oggetto generalizzata, la quale dichiara:

Nel 1939 mio marito Amadei Bino si recò a lavorare in Germania. Dopo l'8 settembre 1943, non ricevendo più alcuna rimessa di denaro da mio marito ed avendo quattro piccoli bambini da sostentare chiesi al comando tedesco di Urbino di essere assunta in servizio in qualità di domestica. Venni assunta in servizio nella prima quindicina del mese di gennaio 1944. Io cucinavo, lavavo la biancheria e pulivo la casa ove erano alloggiati i militari del comando piazza tedesco compreso il maggiore comandante Majer e l'interprete a nome Verner (non ricordo il cognome-. L'8 agosto dello stesso anno 1944 di mia spontanea volontà, allo scopo di riunirmi con mio marito che si trovava in Germania, mi feci trasportare dal comando tedesco in Italia settentrionale, conducendo con me i miei quattro figli. Mi fermai a Padova in quanto non mi fu possibile di raggiungere mio marito, perché era vietato l'espatrio dei bambini di età inferiore a sette anni. A Padova non ho fatto più la domestica del comando tedesco, sono vissuta col sussidio che mi veniva elargito dall'ente comunale di assistenza e col sussidio che mi veniva dato per mio marito quale lavoratore in Germania. Il comando tedesco mi accompagnò fino a Bondeno di Ferrara e da qui raggiunsi Padova con altro automezzo tedesco.

Durante la mia permanenza ad Urbino presso il comando tedesco, non mi sono mai richieste notizie circa il movimento di partigiani né sul conto di persone antifasciste del luogo.

Posso affermare che il comando tedesco era frequentato spesso dalle seguenti persone: Calderoni Luigi, Giovannini geometra del comune, Spigarelli Giuseppe, Capitano Rastelli comandante della Camilluccia, Capitano Giovannelli, capitano Micheli comandante della G,N,R. di Urbino, Capitano dei CC.RR. Pistone, maresciallo dei CC.RR. Pacifici Geremia, milite Poletti Remo, capitano Maggiulli della R.A., le sorelle Gonzales Flora e Carolina, la signorina Pacifici Franca ed altri di cui ora non ricordo i nomi. Qualche volta sono venuti al comando tedesco anche Perrino Ernesto, Emiliani, segretario comunale di Urbino, Quagliotti Francesco, e molti altri.

Come ho detto sopra, Spigarelli Giuseppe molto spesso frequentava il comando tedesco, conversando con l'interprete. Egli regalava bottiglie di vino vecchio al comando tedesco: io l'ho veduto due volte con delle bottiglie. In un pomeriggio della fine del mese di giugno, come al solito, lo Spigarelli Giuseppe venne al comando tedesco, il quale dalla signora Ugolini ???? ????

 

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che vi era lo Spigarelli venne nella cucina ove io lavoravo, dicendo alla Ugolini Maria le testuali parole: ""Digli che l'interprete non c'è. Sempre Spigarelli ! Questo Spigarelli mi ha rotto le scatole e dopo il fatto dei Zeppi non lo posso più vedere , perché mi ha nauseato.

Faccio presente che la Ugolini Maria, la quale ripiegò anch'essa nella città di Padova, un giorno in detta città mi riferì che i fascisti Dini Zelindo, Cioppi Mario e Caroti Eugenio avevano fatto venire in Urbino il battaglione M. "La Camilluccia" e che ciò lo aveva anche dichiarato ai carabinieri di Padova dopo la liberazione e la sera del giorno 30 agosto u.s. all'associazione nazionale dei partigiani di Urbino.

La Ugolini mi riferì anche che i suddetti fascisti avevano camuffato l'intervento del battaglione M: facendo telefonare a Rimini di mandare in Urbino 200 Kg di pesce, mentre invece il giorno seguente giunsero in Urbino 200 militi del Btg. M. Posso affermare con sicurezza che il comandante tedesco, maggiore Majer, era convinto che effettivamente doveva arrivare in Urbino Kg 200 di pesce, tanto è vero che ordinò alla Ugolini Maria di recarsi alla locale pescheria per acquistare il pesce, perché aveva desiderio di mangiarlo. La Ugolini Maria si recò alla pescheria, ma giunta alla Piazza VIII Settembre vi trovò alcuni camion di militi, circa 200, mentre la pescheria era chiusa e il pesce non giunse.. La Ugolini Maria al suo ritorno al comando tedesco riferì al maggiore Majer che al posto del pesche erano giunti in Urbino 200 militi. Il comandante tedesco rimase contrariato e disse che in Urbino erano tutti matti. La Ugolini Maria mi riferì che sulla piazza vi era Caroti Eugenio, affaccendato attorno ai militi.

Durante i mesi che sono stata al servizio del comando tedesco di Urbino in qualità di domestica ho considerato sempre i tedeschi come nemici. Ero sempre attenta ai discorsi che facevano per aiutare i partigiani e per farli fuggire alla fucilazione. Al comando tedesco alcune volte ho commesso furti di armi e munizioni che consegnai ai partigiani, fra i quali a certo Balsamini Luigi, abitante in Urbino via Scalette S. Giovanni n. 14, al quale consegnai a più riprese varie borse di cartucce per fucili mitra. A mio fratello Bucchi Giuseppe della classe 1911, pure partigiano, consegnai un fucile mitra, una pistola e delle munizioni.

Avendo i militi del battaglione "Camilluccia" catturato certo Calavalle da Urbino e saputo che il medesimo doveva essere fucilato a Schieti, per richiesta della moglie di costui, Bernini Vittoria pregai, unitamente alla Ugolini Maria, il maggiore Majer perché intervenisse presso il capitano Rastelli, comandante della Camilluccia, affinché il Calavalle non venisse fucilato, difatti il maggiore ci diede assicurazione che avrebbe senz'altro evitata la fucilazione del Calavalle. Difatti il maggiore Majer ottenne dal capitano Rastelli la revoca della fucilazione del Calavalle, che poscia fu adibito ai lavori sul fiume Foglia.

A certo Santi Rolando da Urbino gli fece restituire il cavallo ed il carretto asportatigli da militari tedeschi di passaggio.

A mio fratello Giuseppe comunicavo tutte le notizie che potevo conoscere in merito a rastrellamenti disposti da fascisti, il quale a sua volta riferiva le notizie al suo comandante.

 

A.D.R. Verso la metà del mese di luglio 1944 ???? ???? ????

 

[Pag. 000031]

il ribaltamento del camion e la morte di sette militari tedeschi e tanti feriti. Il comando tedesco per rappresaglia doveva procedere alla fucilazione di settanta persone di Urbino, per cui io e la Ugolini Maria per tutta la notte abbiamo pregato il comandante tedesco perché recedesse da tale ordine, facendogli presente che, caso contrario, noi due desideravamo essere fucilate per prime. Il comandante tedesco non sapeva come fare per evitare la rappresaglia, per cui io e la Ugolini gli suggerimmo di affiggere un manifesto in Urbino per portare a conoscenza la popolazione che il fatto si era verificato per una disgrazia capitata agli stessi militari tedeschi. Così fu evitata da noi la grave rappresaglia, poiché il manifesto fu effettivamente affisso.

A.D.R. Per ora non ho altro da aggiungere.

Fatto, letto, confermato e sottoscritto, dalla dichiarante e da noi militari operanti

(Seguono due firme-

 

[Pag. 000032]

LEGIONE TERRITORIALE DEI CARABINIERI REALI DI ANCONA

Stazione di Urbino

 

Processo verbale di successivo interrogatorio di Ugolini Antonio fu Paolo e fu Maria Marucci nato il 17 febbraio 1884 in Urbino ed ivi domiciliato in via Posta Vecchia, operaio.

L'anno millenovecentoquarantasei addì 8 luglio nell’ufficio della stazione alle ore 9..

Avanti a noi Rosati Ronualdo, maresciallo maggiore e comandante la stazione suddetta, è presente Ugolini Antonio in oggetto generalizzato, il quale dichiara:

"" Durante il periodo della dominazione nazifascista, io mi occupai come operaio presso il comando tedesco, sito in via Mazzini in casa Moscati. Iniziavo il mio lavoro verso le ore 6-7 e terminavo verso le 17 di ogni giorno. La sera della uccisione del figlio Zeppi, del figlio Enzo e del contadino Savini io non mi trovavo presente al comando tedesco quando i suddetti, prima dell'uccisione, furono condotti al comando stesso.

Il mattino seguente, quando mi recai al Lavoro, sul portone della casa Moscati incontrai il capo delle guardie comunali di Urbino, il quale mi disse di avvertire il comando che sulla strada della stazione vi erano tre cadaveri. Io riferii all'interprete, certo Verner, il quale rispose: «Lo sappiamo perché li abbiamo uccisi noi ».

Al primo piano del palazzo Moscati vi era un giudice che parlava italiano con altri ufficiali tedeschi. Io risposi all'interprete perché avevano ucciso tali persone perché erano buone. Egli rispose che fu fatta la causa e che, non avendo gli stessi data alcuna giustificazione, furono condannati alla fucilazione. L'interprete mi riferì che dopo la fucilazione, il Giudice chiese ai disgraziati se volevano morire vicino alla loro casa oppure altrove e che i medesimi risposero di condurli lontano dalle loro case.

A.D.R. Non ho altro da dire.

Fatto, letto, confermato e sottoscritto, dalla dichiarante e da noi militari operanti

(Seguono due firme-

 

[Pag. 000033]

N: 924 / R.G.

Roma 16 ottobre 1946

Alleg. 4.

 

Richiesta consegna criminali di guerra tedeschi

 

AL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

D.G.A.P. Ufficio IX - Affari politici

In conformità degli accordi presi nella riunione del 16 febbraio u.s. si trasmette, sul richiesto modulo, la denuncia relativa ai reati di violenza con omicidio contro privati nemici (!!! civili o ex alleati-, saccheggio ed incendio commessi in Urbino dal maggiore Mayer, con preghiera di inoltro in inglese ed in cinque copie alla Commissione delle Nazioni Unite.

Con la presente denuncia si richiede la consegna dell'imputato maggiore Mayer.

 

PROCURATORE GENERALE MILITARE

(U. Borsari-

 

[Pag. 000034]

 

COMMISSIONE DELLE NAZIONI UNITE PER I DELITTI DI GUERRA

 

Imputazioni relative al procedimento n. 924 criminali di guerra

 

Cognome dell'accusato, grado, reparto o posizione ufficiale:

  1. Majer maggiore tedesco, comandante del presidio di Urbino

  2. Ignoti militari tedeschi dipendenti dal Majer

(notizie da trascrivere integralmente senza tradurre-

 

Data e luogo del commesso reato:

 

Numero e descrizione del reato nella lista dei delitti di guerra:

 

Riferimenti alle disposizioni della legge nazionale:

 

Breve sintesi del fatto:

Il 17 giugno 1944 militari sconosciuti, appartenenti al presidio tedesco di Urbino, comandante maggiore Majer, uccidevano il partigiano Bernini Enrico, il colono Savini Gino, il fattore Zeppi Giuseppe e suo figlio Zeppi Enzo e il giorno successivo, dopo aver saccheggiato le case del Savini e dello Zeppi Giuseppe, asportando biancheria e bestiame per un valore rilevante, le incendiavano.

 

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Particolari del reato

 

Il 17 giugno 1944 tre militari, non potuti individuare, dipendenti dal presidio tedesco di Urbino comandato dal maggiore Majer, con il pretesto di essere austriaci, stanchi della guerra e che avevano intenzione di disertare, venivano da colono Savini Gino, addetto alle terre del fattore Giuseppe, invitati a casa sua e rifocillati dalla di lui moglie, Mazzoli Marianna. Con tale pretesto i tre militari riuscirono a prendere contatto con il partigiano Bernini Enrico, che, rivelando ad essi tali sue qualità, promise di accompagnarli al suo comando per metterli al sicuro da eventuali ricerche dei loro superiori.

Dopo poco si udirono alcuni colpi di fucile sparati da altri militari tedeschi sopraggiunti e che circondarono l'abitazione del Savini, unendosi poi ai tre militari sopra menzionati ed armando anch'essi di fucile.

Il Bernini, scoperto il trucco, si dava alla fuga per le campagne dopo aver scavalcato la camera da letto del Savini, ma, inseguito dai militari tedeschi, veniva ucciso con raffiche di mitraglia. Successivamente i tedeschi accompagnarono al loro comando il Savini Gino, lo Zeppi Giuseppe e Zeppi Enzo, figlio di quest'uluimo, ove il maggiore Majer dette l'ordine di fucilarli e di saccheggiare e incendiare le loro case.

I tre suddetti individui vennero uccisi poco dopo nei pressi della stazione ferroviaria e il giorno successivo vennero saccheggiate e incendiate le loro case, dalle quali i tedeschi asportarono biancheria, oggetti di valore e bestiame, arrecando alle famiglie degli uccisi anche un enorme danno patrimoniale.

Da quanto precede si rileva che i tre militari tedeschi, entrati per primi nella casa del Savini, non erano austriaci e tanto meno disertori e che erano ricorsi ad uno stratagemma per impossessarsi dei tre cittadini italiani, sospetti di aiutare i partigiani.

 

[Pag. 000036]

 

Particolari delle prove a sostegno


 

I fatti, come sopra esposti, risultano pienamente provati dalla dichiarazione della moglie del Savini, Mazzoli Marianna, e da quella di certo Ugolini Antonio, che si allegano in copia.

 

[Pag. 000037]

 

Note sul procedimento

 

  1. La responsabilità del maggiore Majer appare evidente, date le prove raccolte e suo carico.

  2. Non è possibile stabilire su quali elementi egli baserà la sua difesa, non potendo eludere di aver dato ai militare suoi dipendenti l'ordine di fucilare i tre cittadini italiani e di saccheggiare e d'incendiare le loro case. Soltanto dall'interrogatorio del Majer potranno eventualmente individuarsi gli esecutori materiali dell'uccisione e potranno stabilirsi se vi siano o meno responsabilità di altre persone e in quale misura.

  3. L'istruttoria, nei riguardi del Majer, può ritenersi ultimata.

 

[Pag. 000038]

 

Procura generale militare della repubblica

Ufficio Procedimenti contro criminali di guerra

 

IL PROCURATORE GENERALE MILITARE


 

Visti gli atti relativi al fatto di cui tratta il fascicolo n. 924 dell'Ufficio sopra indicato;
poiché, nonostante il lungo tempo trascorso dalla data del fatto suddetto, non si sono avute notizie utili per l'accertamento della responsabilità,

o r d i n a

la provvisoria archiviazione degli atti.

 

Roma, 14 gennaio 1960

IL PROCURATORE GENERALE MILITARE

(Enrico Santacroce-

 

[Pag. 000039]

Modulo Atti Tribunale Militare: non compilato