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Biografia

VITTORIO SANTINI:   Maestro - Direttore / Ispettore Didattico

Il museo degli scandali (commedia)

 

  

IL MUSEO DEGLI SCANDALI

 

 La scena rappresenta un museo. Disposti a semicerchio si trovano dei basamenti dai quali escono le teste di grandi uomini ,quali: Federico da Montefeltro, Raffaello, Barocci, Gigino Pignatoni, Ernesto Perrino, Signorina Petacci, Giuseppe Bonidazi, Jader Pezzenti, Capitano Forconi, Capitano Lugli, Prefetto Pedoni e un basamento vuoto. All'alzarsi del sipario il Museo è pieno di visitatori. Fra la gente gironzola anche un ragazzino del popolo, munito di una lunga fionda. In un lato, sul davanti è seduto il custode del Museo con la sua pipa in bocca che legge un libro. Finito il suono dell'orchestra si ode una campana.

CUSTODE: (Tipo caratteristico romano,rivolto ai visitatori) Signori e Signore si serra. La visita è finita. Domani a listessa ora. E pel medesimo prezzo potrete contemplà ancora li musi de sti grandi omini, Anzi proprio per domani è segnalato l'arrivo di atri pezzi duri. (Rivolto al pubblico) Mannaggia li cani! Qui stamo facenno un museo! artro che er Palazzo Ducale! Oi ho indovinato sapè a venì via de lassù !... Ostia se l’ho indovinato!... Pel resto un posticino come questo, me lo merito, me lo sono meritato (e accenna ai numerosi nastrini che porta sul petto) so' campagne,nun so' mica fregnacce !... (indicando sempre i nastrini) Ho factò pure l'Affrica sapè. E volontario pe' giunta. Eppoi ho un fijo!... Anche mi fijo è un valoroso. Pure lui volontario nella Guardia Nazionale Repubblicana. Reparto M. M…. un sochè de sto genere. Lui dice pure che ne ha fucilati tanti de ribelli… ma va un po' a vedè se è vero. E' un po' spostato (accenna alla testa. Rivolgendosi al pubblico che ancora sta rimirando i busti). Signori si serra, si chiude. (Rivolto al ragazzino che nel frattempo si è divertito con la fionda a tirare pezzi di carta ai busti). A rigazzì, se un te ne vai, te piccico un carcio an du lo senti!

VISITATORE: (al custode) Scusate signore... questo posto vuoto a chi è riservato?

CUSTODE: Nun lo so signore. Ce so' tanti che vonno venì! (seccato) Buona sera!

(I visitatori escono, rimane il ragazzino che contempla il pallone che ha in mano Bonidazi)

CUSTODE: (avvicinandosi al ragazzino) A maschiè te ne vai, nun te ne vai?

RAGAZZINO: O sora guardia, se vo' me dèt chel pallon, i ve regal un pacch de tabach Canades,. ved ch’fumèt la pippa…

CUSTODE: A sentilo un pò sto figuro! Non è manco nato che già se butta al commercio nero! (nel vedere il pacco dì tabacco in mano al ragazzino fa per avvicinarsi) Famme vedè sto tabacco.

CUSTODE: (ci pensa un pochino, poi prende il pallone dalle mani di Bonidazi) Tè, arricordate però de non dì gnente e nissuno!

RAGAZZINO: Non parlarò manca sa l'acqua!.(prende il pallone, dà il pacchetto di tabacco ed esce di scena.

CUSTODE: Mo ce famo na fumata da principe Turlonia e annamo a fa du passi. (Guarda in giro, spegne la luce ad esce).

(Scena semibuia. Appena uscito, il custode i grandi uomini si muovono e si portano sulla scena. Federico e i suoi contemporanei sulla destra, gli altri sulla sinistra

FEDERICO: Tutto è cambiato, tutto. Questo austero asilo è stato profanato. Domani eleverò protesta. Chi sono questi meesseri che hanno messo qui con noi? Chi li conosce? Per qual motivo sono essi grandi? (a Bramante) Tu ne sai qualche cosa mio fido?

BRAMANTE: Munifico mio Duca,da quello che ho appreso ascoltando le conversazioni dei visitatori, sono dei gerarchi del tramontando governo fascista.

FEDERICO: Che cosa vuol dire gerarchi? e governo fascista? Affé di Dio questi moderni non sanno più che cosa fare di buono. ti creano certi pasticci...

BRAMANTE: Si, creano, ma che cosa creano?... Una volta noi si cercava il bello, il buono, l'utile, ora non lo sanno nemmeno loro che cosa vogliono. Si dice che con il latte fanno la lana, con la lana fanno il formaggio, col ferro il pane, con la farina l’acciaio. Ah,mio signore che disgrazia vivere in questo secolo. Io la rimpiango questa povera gioventù. E rimpiango pure noi, che dobbiamo vedere ed assistere imperterriti a tanto scempio.

FEDERICO: Non accorarti Bramante,un giorno o l’altro ce ne andremo di qui e ci sbarazzeremo di tutti, vedrai.

RAFFAELLO: Presto mio Duca, presto.

(Durante questo colloquio gli altri confabulano tra loro).

FEDERIGO: Sta bene, prestò;(prende Bramante sotto braccio e lo tira in disparte parlandogli piano)

RAFFAELLO: (guardando furtivamente la Petacci) Ritrarrei vorrei costei per una delle mie. madonne. Quanta purezza nel suo viso!

FERRINO: (ai compagni guardando il gruppetto dei grandi che si sono avvicinati e li squadrano dal basso all'alto) Ci guardano in cagnesco quelli la! Sempre così. In tutti i musei dove siamo stati ci hanno sempre guardato con grande diffidenza. Non capisco poi il perché!...

PIGNATONI: Molti nemici, molto onore!

FORCONI: (avanzandosi) C'è da ammazzare qualche ribelle? Co sono qua io! Meglio un giorno da leone che cent ’anni da pecora.

PETAGCI: (guardando Raffaello) Mi piace quel pittore. Come mi farei stringere volentieri tra le sue braccia e come vorrei essere trattata dal suo pennello!

BANIFAZI: Siamo d'accapo. Vuoi mettere un altro corno a Benito, eh?!

BRAMANTE: (rivolto al gruppo dai moderni) Messeri, il magnifico Duca Fadorico da Montefeltro, Signore e padrone del luogo, aspetta che vi presentiate al suo cospetto. Questo è dovere di tutti i nuovi che arrivano.

FORCONI: Come,c'è ancora qualcuno che non mi conosce?..Questo troppo.(rivolto al Duca) Non avete dunque la radio,non leggete i giornali? Diov squadrista, comincio già a bollire!

FEDERICO: Dal vostro modo di ciarlare mi sembrate un capitano di ventura, ma di quelli da due al soldo. Avanti dunque chiacchierone, chi siete? donde venite?

FORCONI: (avanzandosi con enfasi) Capitano Ratelli, comandante della 4ª Compagnia del Battaglione M. Camilluccia. Più volte volontario, più volte decorato, 97 volte omicida. Specialista accoltellatore e torturatore raffinato. Squadrista, marcia su Roma, sciarpa littorio. Libero docente presso le università nazifasciste di furti con scasso e senza scasso membrò dell’O.V.R.A…

BRAMANTE: (interrompendo) Per satanasso, Messere, voi offuscate tutti qua dentro. Per pietà basta!

RAFFAELLO: Eh,la scuola moderna !... Ecco che cosa si impara ai ragazzi oggi. Ai miei tempi, quando insegnavo io, era tutta un'altra cosa.

BRAMANTI: Non c'era l'autarchia allora!

RAFFAELLO: -Una sola cosa approvo del mondo moderno. Le sottane corte. Ah, quella è davvero una bella invenzione. Se ai miei tempi le donne avessero portate le sottane corte molti più miracoli  avrei potuto fare nell'arte, ed il mio pennello avrebbe lavorato tanto tanto di più.

BRAMANTE: -Chetati, mandrillo. Saresti morto a 13 armi invece a 33.

RAFFAELLO: Non mi sarebbe dispiaciuto, perchè in poco tempo avrei, potuto dare molto di più. E poi e poi non ci sarebbe stata la storia del venerdì santo ecc. ecc. per la quale tutti mi sfottono e mi credono un grande pipirolo.

FEDERICO: Bando ai pettegolezzi,andiamo avanti.

BRAMANTE: Avanti il secondo.

PERRINO: (avanzandosi) Prima della repubblica fascista ero un modesto impiegato dello Stato. Vivevo, ossia non vivevo come tutti gli impiegati. Ho una moglie gracile e malaticcia ed una figlia abbastanza bona. (Prendendo forza) Avevo anche un'amante. Dopo 1'8 settembre sono diventato un gerarca. Quello era il momento! Con l'aiuto di lestofanti di portata internazionale come Quagliotti padre e figlio e compagnia... (interrompendosi) Che cosa dite? Abbiamo rubato? Beh, quello che c’entra! Chi è dei gerarchi che non ha rubato? Del resto questa mia attitudine, è proprio quella che mi ha portato avanti, tanto è vero che oggi sono il Ministro delle Finanze del Governo Fascista Repubblicano. Eccellenza! (pavoneggiandosi) Eccellenza, avete capito?

FEDERICO: Ancora non ho capito un'acca!

BRAMANTE: Sentiamo un'altro?

FEDERICO: Sentiamo un altro.

PIGNATONI: (avanzandosi) Professore, farmacista, astrologo, botanico, fisico, matematico, poliglotta, possidente, maggiore dell'esercito, invalido di guerra, repubblicano prima e dopo romanziere, conferenziere.

PETACCI: (interrompendo) Bue!

PIGNATONI: Si', anche bue. Del resto che c’è di strano, che male c'è! (riavendosi e toccandosi la testa arrabbiatissimo). Vi prego signorina di non interrompermi, poiché anche voi avete la coda di paglia.

PETACCI: Prego professore,si spieghi! Si spieghi.

PIGNATONI: Non occorre. Voi mi avete ben capito.

PETACCI: Vergognoso seduttore di donne di servizio!

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RAFFAELLO: (al pubblico) Ahi, delusione. La bella donzella ha in seno il diavolo.

BRAMANTE: (a Raffaello) Lo vedi come sei. Lo vedi come sei?!

FEDERICO: (autoritario) Basta, affé di Dio, o altrimenti mando fuori tutti. (a Pignatoni) Avanti continuate.

PIGNATONI: Dunque dicevo… a si conferenziere. Tante ne ho fatte delle conferenze e dappertutto.

FEDERICO: Fa un cenno come per dire basta.

PIGNATONI: No, no! Non ho mica finito! Troppo ancora ci vuole per metter in luce tutta la mia attività, il mio operato.

PETACCI: Sempre losco!

PIGNATONI: E dagli. Si può sapere perchè l’avete tanto con me?

PETACCI: Così... Mi siete oltremodo antipatico non riesco a digerirvi. A me piacciono gli uomini maschi,non…

PIGNATONI: Non?... Non che cosa! Che volete insinuare?

RAFFAELLO: (al pubblico) Altro che madonna, costei è una sgualdrina!

FEDERICO: Andiamo,sotto un altro. (al pubblico) Più andiamo avanti e meno ci si capisce! Speriamo nell'ultimo.

BONIDAZI E PEZZENTI: (inchinandosi al Prefetto Pedoni) Prego Eccellenza, tocca a voi. La gerarchia deve essere rispettata.

FEDERICO: Un'altra eccellenza?!...

PEDONI: Che ha la caramella all'occhio destro e sulle mani un corto frustino che continuamente batte sugli stivali. Si avanza,leva dalle tasche il portasigarette e ne estrae una sigaretta che accende) Le mie origini sono basse. Vengo dal popolo ed ora per riconoscenza vado verso il popolo. Una volta raccoglievo stracci. Niente da ridere signori. Tutti i mestieri sono buoni! Poi venne inventata la milizia volontaria per la sicurezza nazionale, poiché ero caporale dell'esercito, venni fatto subito tenente, ossia capo manipolo, indi promosso generale, ossia luogotenente. L'8 settembre venni nominato prefetto fascista repubblicano e mandato nella mia provincia, a Pesaro.

RAFFAELLO: (interrompendo) E in Urbino andaste mai? Avete visitato la mia casa?

PEDONI: In Urbino, in Urbino… sì due volte. La prima per prelevare sigarette e liquori. Per la popolazione questi generi non c'erano, ma per noi sempre. L'amico Tofani ed il maresciallo di finanza di allora pensavano sempre per i gerarchi repubblicani. Dunque dicevo per prelevare sigarette e liquori. Liquori sequestrati. Il Commissario di allora, Trifoglio, era un solerte funzionario e sapeva il fatto suo. Oltre a ciò mi portai via, anzi preciso, mi regalarono un maiale, che legai sopra la macchina.

FEDERICO: E il mio popolo che disse?

PEDONI: Eh, gli urbinati…, i montanari, come li chiamiamo noi pesaresi, scarpe grosse e cervello fino, dissero che il maiale era dentro la macchina e che il Prefetto era sopra! Bah, questo non centra. La seconda volta fu in occasione di un piccolo prelevamento di soldi alla Banca d'Italia. 65 milioni! Bazzecole, quisquiglie!

RAFFAELLO: Pinzillacchere!

PEDONI: Ben detto pinzillacchere. Io non ho mai capito perchè hanno fatto tanto scalpore per quel piccolo prelevamento. Dovevamo pur vivere noi. Si?

BRAMANTE: No!

PEDONI: Come no! Io dico di si!

BRAMANTE: Sì!

FEDERICO: Il mio castello c'è ancora oppure è stato portato via.

PEZZENTI: (interrompendo) Prego di quello parlo io. Anzi chiedo senz’altro la parola.

FEDERICO: Va bene parlate voi messere.(rivolto a Pedoni) E voi accomodatevi,(canzonatorio) Eccellenza!

PEZZENTI: Ho detto che volevo parlare io sulle vecchie cose di Urbino, in quanto qualche cosa conosco di antico. Per esempio la Cappella Musicale, della quale sono stato solerte ed inte­gerrimo amministratore per quasi un lustro.

RAFFAELLO: Bene, detto molto bene.

PEZZENTI: Dunque la Cappella, così chiamata perché accoglie, copre molta gente, da non confondersi però con la "Cappella" che in gergo militare vuol dire recluta, mi è stata sempre molto a cuore. Questa amministrazione benefica ha molti poderi, con molto bestiame, con molti prodotti. La Cappella ha le sue origini in Urbino ai tempi dei Duchi. Dei vostri antenati.

FEDERICO: Ben lo so, signor mio. Non rinnovar disperato dolor che al cor mi preme... Se odio i miei antenati, molto è appun­to dovuto a questa stupida mania che avevano di fare della beneficenza.

PEZZENTI: Dunque mio caro Duca, tutto è intatto in Urbino. Il palazzo ducale ancora è lì. San Giovanni con gli affreschi dei Salimbeni. San Giuseppe con il presepio de1 Brandani. Tutte le opere d'arte. Anzi dirò di più, con i giornali "La Ramazza" prima e "La Riscossa" dopo, dei quali io ne ero uno dei principali capoccioni, queste opere d'arte seno state valorizzate anche di più e portate a conoscenza di tutto il mondo, compresi i tedeschi, nostri grandi alleati!

FEDERICO: Chi sono questi grandi alleati dell'Italia?

BRAMANTE: E chi lo sa?

PEZZENTI: Dunque dicevo... a sì, oltre ad un solerte amministra­tore, sono stato anche un gerarca, un gerarca convinto. In periodo repubblicano poi, malgrado la mia inabilità alle fatiche di guerra, fui anche soldato. Non sono morto?... Ma questa non è colpa mia. E' colpa dei artigiani che non si sono fatti vivi quando io ed altri di Urbino partimmo volontari per il fronte di Piobbico.

FEDERICO: Voi un soldato! Affé di Dio non posso crederlo. Ai miei tempi i soldati avevano altra quadratura della vostra, messere!

PEZZENTI: Come, mettereste forse in dubbio il valore? Ho dei testimoni e li citerò. Fra gli altri vi era con me anche Getulio il campanaro, Pignatoni, si Pignatoni, il quale è qui presente. (rivolto a Pignatoni) E' vero o non è vero! Dillo tu Giggino! Ansi se ben ricordi fu in quella occasione che io perdetti gli occhiali e tu la pistola.

FEDERICO: Eh capito cavaliere, siete un furbacchione.

PEZZENTI: Ecco, sono un po' astuto? Non per nulla i studenti di Urbino in un loro numero unico mi chiamarono "volpe rinsecchita”.

FEDERICO: (rivolto alla Petacci) Voi, Madonna, quando vi presentate?.

PETECCI: (facendo al Duca una riverenza) In ultimo, Serenissimo Duca, in ultimo. Dulcius in fundo.

FEDERICO: Bene, bene. Ed ora a Voi messere (accenna a Bonidazi).

BONIDAZI: (avanzandosi vergognoso) Chiedo, scusa se mi presento in questo costume, ma la gente che mi ha ammirato anche come grande sportivo ha voluto così tramandare ai posteri la mia effige. Come del resto si faceva in altri tempi per i grandi condottieri che venivano ritratti in corazza ed elmo.

RAFFAELLO: (squadrandolo)  Bello! E' Veramente coreografico e d'effetto. Quasi quasi ne farei,  un quadro. Scusate messer?... .Messer?... .

BONIDAZI: Peppino!

RAFFAELLO: Peppino. Non sareste per per caso un vessillifero, un trombetto del palio di Siena o del Saracino di Arezzo o del giuoco del Ponte di Firenze o altrimenti della nostra Università di Urbino?

BONIDAZI: (seccato) 'Nè trobetto, nè vessillifero! Questa è la divisa sportiva del football.

FEDERICO: Come avete detto?

PEZZENTI: (a Federico) Giuoco de1 Calcio italiano.

PETACCI: (dimenandosi) Palle! Palle! ma giocate non con le mani, ma con i piedi.

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BONIDAZI: Io pure sono stato Segretario Politico. Io pure sono stato comandante, io pure sono stato un grand gerarca. Ad un certo momento avevo tutta Urbino nelle mie mani. Vecchio repubblicano. Quando Mussolini fece la repubblica fascista, si ridestarono in me i sentimenti di un tempo e mi ci attaccai come l'edera al tronco.

FEDERICO: Tutti artisti nell'arte del Governo.

BRAMANTE: Tutti macchievellici.

LUGLI: Machiavelli... Machiavelli... L'arte di governate, il Principe

RAFFAELLO: Lo conoscete?

LUGLI: Sicuro che lo conosco. Non ho studiato      tanto perché lo studio non ere il mio forte, ma ho sentito spesso nominare. Ah, pardon, non mi sono presentato. Sono capitano, ma vengo dalla gavetta. Nacqui in maggio e perciò mi chiamarono Lugli. Ambivo essere chiamato comandante. Che c'è di strano del resto? Non pernettevo nulla si miei soldati, con i quali ero un tiranno. Facevo male forse ad essere cattivo con i soldati? Io dico di no! Facevo bene. Il soldato è soldato e deve essere trattato da soldato. Guai se nelle caserme entrasse la logica. Dico guai! La sentinella che ci sta a fare allora alla porte? Dicono che ho grattato qualcosina durante la gestazione del deposito dei Trasanni, gestazione che è durata molto di più di quella normale di nove mesi. Non vi è più nulla di falso!

FEDERICO: Va bene, va bene. Se ho ben inteso mi sembra che siete tutti uguali.

BRAMANTE: Serenissimo Duca, io chiedo, vi supplico di accettare le mie dimissioni dal Museo. Non mi sento più di starci.

FEDERICO: Sta bene Bramante anch’io credo che farò come te. Domani decideremo.

PETACCI: (dimenandosi) Ora tocca a me! (dà un buffetto al Duca, Raffaello fa un atto di sorpresa, mentre Bramante sorride)

FEDERICO: (serio) Avanti donzella!

PETACCI: Sono una artista, una grande artista. Nella mia famiglia sono tutti artisti! Abbiamo nel sangue.

RAFFAELLO: Dipingete anche allora?

PETACCI: Sì, mio bel damo!

RAFFAELLO: A tempra, ad incausto oppure a guazzo?

PETACCI: Per il guazzo ho un debole!... Come ho un debole per… (languida) per tutti i maschi; lo studio della loro anatonia e degli scorci mi rapisce, mi inebria. Sono una seguace di Paolo Uccello.

RAFFAELLO: Grande artista Paolo Uccello!

BRAMANTE: Grande studioso di prospettive.

PETACCI: Appunto. Paolo Uccello studiava la prospettiva. E sapete come la studiava? Nudo sul letto rimirava gli scorci e alla moglie che cercava di distoglierlo da quella contemplazione diceva: "Lasciami rimirare questa bella prospettiva…" (rivolta  al suo gruppo) Voi non mi capite, non avete l’animo sensibile all'arte. Per la mia carriera artistica e per quella di mia sorella, avevo bisogno di soldi, molti soldi. Un giorno conobbi Benito.

FEDERICO: E' già la seconda volta che sento nominare Benito. Benito, se non erro, è il nome di un mulatto, di un incrocio.

PETACCI: Un incrocio fatto anche male per giunta. (Declamando) Ah, se quella volta Rosa al fabbro predappiano avesse invece offerto il c... l'avrebbe preso quella sera essa sola e non l'Italia intera. Bah, non dico più nulla perché questa poesia è un po' spinta. Solo dirò che Benito non sarebbe nato. Benito era molto innamorato di me, era pazzo. Il mio profilo riprodotto perfino sulle monete da 20 centesimi. Con il suo appoggio la mia carriera e quella della mia famiglia fu rapida: arrivai presto , divenni una Stella.

FEDERICO: Una stella che vuol dire?

PEZZENTI: E' un termine cinematografico per indicare una grande artista.

(A questo puntò si ode del rumore? Tutti si guardano e fuggono ai loro posti. Entra il Custode che accende la luce).

CUSTODE: Guarda un po' che monno? S'ha da veda a scomnodà la gente a mezzanotte. Io nun capisco che bisogno c'era d’arriva a sta ora. Alli mortacci sui! Me pijerebbe poco er gusto de sfascià tutto con sto tortore!

(Entrano due facchini che trasportano una pesante cassa. La posano in terra. Sulla cassa vi sono delle scritte: "Posa piano, fragile")

 

1° Facchino: Ostia la pesa!

2° FACCHINO: (al custode) Chi paga?

CUSTODE: Ecchè, to da pagà io? Pagherà domani la Direzione.

FACCHINI: Buona notte.

CUSTODE: Buona notte. Sì, buona notte un corno. Mo chi dorme più. (da uno sguardo in giro, spegne la luce ed esce).

(Appena uscito il custode tutti ritornano sul davanti del palcoscenico.

IN CORO: Chi ci sarà dentro?!

PIGNATONI: Saranno nuovi camerati che arrivano.

BONIDAZI: Ce ne sono tanti che debbono arrivare.

PEZZENTI: C'è Tofani, Quagliotti…

LUGLI: Geronti, Manchinu…

PIGNATONI: Frasca, Boccolacci…

A questo punto si ode un rullo forte di tamburo. I grandi antichi fuggono impauriti e gli altri si guardano incominciando a tremare. Dopo il rullo si ode usa voce: "ATTENZIÓNE, ATTENZIONE! Trasmetteremo ora notizie dal fronte italiano. Le truppe nazifascite fuggono disordinatamente inseguiti dalle divisioni italiane e dalle formazioni partigiane entrate in combattimento. Il mostro nazifascista è annientato.(Altro rullo di tamburo) Attenzione! Ecco la voce di Mosca.

Ieri sera il maresciallo Stalin ha diramato 10 comunicati speciali.

I tedeschi vengono travolti dall’impeto delle truppe Russe che continuano 1’occupazione della Germania. Le popolazioni delle città liberate accolgono festosamente i soldati della nazione proletaria.

(Si ode il segnale di radio Londra) Qui parla Londra, è Londra che parla. Diamo la nostra Quindicesima trasmissione in lingua Italiana, e trasmettiamo gli ordini per i patrioti d'Italia. Tutto il mondo guarda con ammirazione i Patrioti italiani ai quali la nazione amica invia il più grande saluto e l'incitamento. La parola d'ordine è: "Guerra ai tedeschi ed ai fascisti". Attaccateli, ostacolate la loro ritirata, distruggeteli. (Altro rullo di tamburo) Ed ecco ora la voce dell'America. Italiani i vostri fratelli d'America vi guardano. I nemici stanno per essere schiacciati per sempre, la vittoria è segnata.

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INNO DEI PARTIGIANI

 

FEDERICO: (che durante la trasmissione delle notizie si è fatto avanti sulla scena con Raffaello e Bramante) Questa canzone che sento per la prima volta, affé di Dio, mi mette il fuoco in corpo. Sento rinascere in me lo spirito che mi faceva cendottiero nelle grandi battaglie.

Una voce declama:

Fratelli d‘Italia l'Italia s'è desta.

……………………………

Si scopron le tombe,si levino i morti,

i martiri nostri son tutti risorti.

……………………………..

FEDERICO: (infiammato) Avete udito? Ci chiamano, ci chiamano! Miei fidi, fuori di qui, scuotiamo queste ragnatele che i secoli ci hanno messo in dosso e corriamo a rivedere finalmente la Nostra Italia che rinasce dopo un letargo malsano ed ipocrita.

(Escono. Sulla parta Bramante si ferma ed indicando al Duca gli altri che sono caduti in terra) E questi?!

FEDERICO: Questi non sono italiani. Non vedi che muoiono?...

La voce declama ancora , possente: si  scopron le tombe…

PIGNATONI: (con un fil di voce) Siamo perduti!

FORCONI: Vediamo la cassa, forse la dentro c'è la nostra salvezza. (Tutti si precipitano sulla cassa).

PETACCI: (Tira fuori un fantoccio vestito di nero che non si regge più) E' la nostra morte! Ecco che rimane del nostro castello di glorie, (getta il pupazzo in terra e ride sguaiatamente vedendo i camerati che si afflosciano a terra).

La voce si leva possente:

Italiani, dalle rovine di un governo oppressore, nasce oggi il virgulto della Libertà, di quella libertà che per oltre vent‘anni è stata soffocata, di quella Libertà che porterà la nostra Italia ed il suo popolo di lavoratori alla pace ed al benessere sociale. Evviva il proletariato!

L'Orchestra intona l'inno di Mameli mentre sulla scena cala il cartellone con le parole dell'inno che verrà cantato da tutto il pubblico.

V. Santini        

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