Asdrubale, nel 207, decise di puntare verso l'Italia per
congiungersi al fratello, seguendo la stessa via da lui percorsa
nel 218. La spedizione consisteva in 20.000 uomini, ma contava
di reclutare altri soldati strada facendo, soprattutto tra le
popolazioni dei
Galli.
Malgrado la presa di Carthago Nova, Scipione venne meno così al
suo compito, che era quello di impedire al fratello di Annibale
di lasciare la Spagna.
A Roma si corse ai ripari. Vennero eletti consoli Claudio Nerone
e Marco Livio Salinatore. Livio presidiò con il suo esercito il
nord, mentre Claudio Nerone ebbe il compito di tenere a bada
Annibale che si trovava in Apulia.
Per informare il fratello dei suoi piani, Asdrubale aveva
mandato alcuni corrieri. Disgraziatamente questi caddero nelle
mani di Claudio Nerone che venne così a conoscenza dei piani di
ricongiungimento.
Claudio prese una decisione improvvisa e coraggiosa. Lasciati
sul posto alcuni soldati a sorveglianza di Annibale, nottetempo
partì con tutto il suo esercitò verso nord, con l'intenzione di
riunirsi alle legioni di Livio. Ora Roma poteva disporre di un
esercito riunito di 40.000 uomini.
Dopo aver attraversato i Pirenei e le Alpi con il suo esercito,
Asdrubale, giunto in prossimità del luogo d'incontro con suo
fratello, si trova a dover affrontare un grande ostacolo: la
Gola del Furlo sorvegliata dai romani. Allorchè si accorse delle
forze preponderanti romane, cercò di aggirarle, ma alla fine
dovette affrontare la battaglia presso il fiume Metauro, nel
207. La battaglia fu un trionfo romano, la spedizione
cartaginese venne annientata, lo stesso Asdrubale perse la vita
in battaglia e i romani tagliarono la testa al
cadavere gettandola davanti all'accampamento di Annibale.
La battaglia fu quanto mai decisiva per i romani.
Con la morte di Asdrubale, Annibale venne privato di qualsiasi
possibilità di aiuto, e la sua sorte, dopo 15 anni di vittorie
sull'intero suolo italico, sembrava più che mai segnata. Le
popolazioni della penisola non appoggiavano più i cartaginesi, i
quali non godevano ormai di molte possibilità di vittoria.
Annibale, ormai solo, decise di ritirarsi.
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Nella foto si può vedere, come è ancora oggi, la
tomba di Asdrubale situata in una collina sopra il
paese di Fermignano.
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(Altre notizie)
Nel 207 a.C. al
Metauro le legioni romane di Marco Livo Druso Salinatore
sconfissero l'esercito di Asdrubale, mettendo in salvo Roma e la
civiltà occidentale. Paolo Rinolfi illustra la battaglia,
commemorando don Gottardo Baroni, storico cagliese del scorso
secolo, autorevole protagonista dell'acceso dibattito sulla
localizzazione dell'evento con due ponderosi studi (Le Foci
dell'Umbria e la battaglia del Metauro, Le diverse tesi sulla
Battaglia del Metauro). Le sue tesi trovarono forte
opposizione nei sostenitori del fatto d’armi nei dintorni di
Fano ma, ragionevolmente avvenuto tra Fennignano e Urbania, dove
nel passato riaffiorava nella memoria popolare. Come sosteneva
appunto don Gottardo, che, in virtù di una eccellente
preparazione classica, ha regalato alla propria città lavori
storici fondamentali (Cagli. Monumenti e Pitture,
Casale Clami e Federico Barbarossa, La Diocesi di Cagli, Pitinum
Mergens-municipio romano).
Nel 207 a. C, dopo
numerosi rovesci (Ticino, Trebbia, Trasimeno, Canne) Roma, allo
stremo e a corto di generali, richiamò al consolato Livio
Salinatore in precedenza condannato per peculato in una sorta di
Tangentopoli ante litteram, subito dopo il suo trionfo sugli
Illiri. L'Alma Roma, raschiando il fondo del “pignantto”, aveva
messo in campo legioni composte da schiavi e delinquenti comuni,
per quell'ultimo appuntamento con il destino al Metauro. Se
Asdrubale si fosse ricongiunto con il fratello Annibale forse
l'intera storia della civiltà occidentale avrebbe avuto un altro
corso.

Livio risalendo la
Flaminia giunse sul crinale appenninico e si fermò in attesa di
eventi. Asdrubale marciò da Piacenza. Per quale via? Solo
Appiano Alessandrino dice che scese dall'Etruria, il che ci
riporterebbe a S. Angelo in Vado, Fermignano, Fossombrone, dove
Livio, muovendo da castra in faucibus Umbriae, lo
intercettò, immobilizzandolo. Buroni localizza questo
accampamento, lasciato da Livio al comando di Alcino, presso la
Rocchetta di Cagli, commettendo, una forzatura per amor di
patria.
Perché?
Nell'intero
racconto liviano dell'evento, la Flaminia non viene mai citata,
forse un caso, forse perché nel tratto adriatico la consolare
aveva altro percorso [Camerino, Semino, Cagli, Pitinum mergens,
Urbino, Rimini.] Allora Cagli era un vicus della vicina Pitinum
(Pole di Acqualagna), sulle Rive del Candigliano. Era quindi
Umbra, come Pitinum, divisa dalla Gallia Togata o Senonica dalla
Gola del Furlo, ma neppure questo può essere identificato come
l’accampamento di Alcino, neppure attraversino dalla Flaminia.
In quel momento punto strategico per impedire una eventuale
penetrazione punica in Umbria, sarebbe stati la gola tra Serra
S. Abbondio e Settimo, dove si riuniscono le strade del Cesano e
quelle della Valle del
Burano.
Il controllo
romano dei passi Appenninici (dov'era Terenzio Vairone con due
legioni) obbligò Asdrubale a discendere nella Media valle
del Metauro per imboccare: la Salaria adriatica (Fossorabrone-
Suasa-Iesi- Macerata-Ascoli Piceno).
Il mattino
successivo all'arrivo da Canosa del console Nerone, Asdrubale
non accettò il combattimento, dopo essersi schierato e la noto
stessa cercò di sfuggire ai Romani attraverso i guadi del
Metauro. La fuga delle guide vanificò l'impresa e fu costretto a
risalire il fiume.

A che servivano le
guide? Non certo per raggiungere i guadi perché l'ultima guida
si getta a nuoto nei gorghi del fiume. Probabilmente avevano il
compito di guidare l'esercito sull'altra sponda in un terreno
sconosciuto ai punici. In questa manovra Asdrubale perse il
contatto con la sua cavalleria,, che ignara delle difficoltà del
loro duce aveva
attraversato il fiume.
I Romani si
mossero all'alba e subito la cavalleria fu a contatto con la
retroguardia cartaginese. Asdrubale il mattino si fermò forse
in attesa dei suoi cavalieri ma
l'arrivo della
fanteria pesante romana tolse ogni
speranza di scampare la battaglia.
Gli eserciti si schierarono.
I Punici avevano a
destra i veterani Hispanici, al centro dieci elefanti e
ottomila Liguri (da poco arruolati), a sinistra
l'accampamento dov'erano rimasti i Galli
I Romani
attaccarono gli iberi guidati dal Salinatore, che malgrado l'età
avanzata combattè valorosamente, conquistando l'encomio dello
stesso Catone, tribuno
tra le file di
Nerone. Alla destra Nerone, non riuscendo a prendere contatto
con il nemico, racchiuso nel campo trincerato, dapprima rimase
inattivo, poi, passando
dietro le retrovie
romane, attaccò e travolse gli Iberi, i Liguri e i Galli.
Tra le nove e le
dieci era iniziato il combattimento, a mezzogiorno la vittoria
era romana.
I Romani
riportarono duemila caduti, i Cartaginesi circa trentamila,
scampò l'intera cavalleria al comando di Magone, che riparò tra
i Galli.
Marco Livio
Salinatore ebbe il secondo trionfo mentre Nerone ebbe la
semplice ovazione. Roma era salva.
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