FEBBRAIO  2008              Lunedì  4  Ore 16.00

 Dott.  Paolo Rinolfi
 

LA BATTAGLIA DEL METAURO
“XXIII° centenario della battaglia del Metauro, in onore di Don Gottardo Buroni

 

Asdrubale, nel 207, decise di puntare verso l'Italia per congiungersi al fratello, seguendo la stessa via da lui percorsa nel 218. La spedizione consisteva in 20.000 uomini, ma contava di reclutare altri soldati strada facendo, soprattutto tra le popolazioni dei Galli. Malgrado la presa di Carthago Nova, Scipione venne meno così al suo compito, che era quello di impedire al fratello di Annibale di lasciare la Spagna.

A Roma si corse ai ripari. Vennero eletti consoli Claudio Nerone e Marco Livio Salinatore. Livio presidiò con il suo esercito il nord, mentre Claudio Nerone ebbe il compito di tenere a bada Annibale che si trovava in Apulia.

Per informare il fratello dei suoi piani, Asdrubale aveva mandato alcuni corrieri. Disgraziatamente questi caddero nelle mani di Claudio Nerone che venne così a conoscenza dei piani di ricongiungimento.

Claudio prese una decisione improvvisa e coraggiosa. Lasciati sul posto alcuni soldati a sorveglianza di Annibale, nottetempo partì con tutto il suo esercitò verso nord, con l'intenzione di riunirsi alle legioni di Livio. Ora Roma poteva disporre di un esercito riunito di 40.000 uomini.

Dopo aver attraversato i Pirenei e le Alpi con il suo esercito, Asdrubale, giunto in prossimità del luogo d'incontro con suo fratello, si trova a dover affrontare un grande ostacolo: la Gola del Furlo sorvegliata dai romani. Allorchè si accorse delle forze preponderanti romane, cercò di aggirarle, ma alla fine dovette affrontare la battaglia presso il fiume Metauro, nel 207. La battaglia fu un trionfo romano, la spedizione cartaginese venne annientata, lo stesso Asdrubale perse la vita in battaglia e i romani tagliarono la testa al cadavere gettandola davanti all'accampamento di Annibale.

La battaglia fu quanto mai decisiva per i romani.

Con la morte di Asdrubale, Annibale venne privato di qualsiasi possibilità di aiuto, e la sua sorte, dopo 15 anni di vittorie sull'intero suolo italico, sembrava più che mai segnata. Le popolazioni della penisola non appoggiavano più i cartaginesi, i quali non godevano ormai di molte possibilità di vittoria. Annibale, ormai solo, decise di ritirarsi.

 

 

 

 

 

Nella foto si può vedere, come è ancora oggi, la tomba di Asdrubale situata in una collina sopra il paese di Fermignano.

 

 

(Altre notizie)

Nel 207 a.C. al Metauro le legioni romane di Marco Livo Druso Salinatore sconfissero l'esercito di Asdrubale, mettendo in salvo Roma e la civiltà occidentale. Paolo Rinolfi illustra la battaglia, commemorando don Gottardo Baroni, storico cagliese del scorso secolo, autorevole protagonista dell'acceso dibattito sulla localizzazione dell'evento con due ponderosi studi (Le Foci dell'Umbria e la battaglia del Metauro, Le diverse tesi sulla Battaglia del Metauro). Le sue tesi trovarono forte opposizione nei sostenitori del fatto d’armi nei dintorni di Fano ma, ragionevolmente avvenuto tra Fennignano e Urbania, dove nel passato riaffiorava nella memoria popolare. Come sosteneva appunto don Gottardo, che, in virtù di una eccellente preparazione classica, ha regalato alla propria città lavori storici fondamentali (Cagli. Monumenti e Pitture, Casale Clami e Federico Barbarossa, La Diocesi di Cagli, Pitinum Mergens-municipio romano).

Nel 207 a. C, dopo numerosi rovesci (Ticino, Trebbia, Trasimeno, Canne) Roma, allo stremo e a corto di generali, richiamò al consolato Livio Salinatore in precedenza condannato per peculato in una sorta di Tangentopoli ante litteram, subito dopo il suo trionfo sugli Illiri. L'Alma Roma, raschiando il fondo del “pignantto”, aveva messo in campo legioni composte da schiavi e delinquenti comuni, per quell'ultimo appuntamento con il destino al Metauro. Se Asdrubale si fosse ricongiunto con il fratello Annibale forse l'intera storia della civiltà occidentale avrebbe avuto un altro corso.



 

Livio risalendo la Flaminia giunse sul crinale appenninico e si fermò in attesa di eventi. Asdrubale marciò da Piacenza. Per quale via? Solo Appiano Alessandrino dice che scese dall'Etruria, il che ci riporterebbe a S. Angelo in Vado, Fermignano, Fossombrone, dove Livio, muovendo da castra in faucibus Umbriae, lo intercettò, immobilizzandolo. Buroni localizza questo accampamento, lasciato da Livio al comando di Alcino, presso la Rocchetta di Cagli, commettendo, una forzatura per amor di patria.

 

Perché?

Nell'intero racconto liviano dell'evento, la Flaminia non viene mai citata, forse un caso, forse perché nel tratto adriatico la consolare aveva altro percorso [Camerino, Semino, Cagli, Pitinum mergens, Urbino, Rimini.] Allora Cagli era un vicus della vicina Pitinum (Pole di Acqualagna), sulle Rive del Candigliano. Era quindi Umbra, come Pitinum, divisa dalla Gallia Togata o Senonica dalla Gola del Furlo, ma neppure questo può essere identificato come l’accampamento di Alcino, neppure attraversino dalla Flaminia. In quel momento punto strategico per impedire una eventuale penetrazione punica in Umbria, sarebbe stati la gola tra Serra S. Abbondio e Settimo, dove si riuniscono le strade del Cesano e quelle della Valle del

Burano.

Il controllo romano dei passi Appenninici (dov'era Terenzio Vairone con due legioni) obbligò Asdrubale a discendere  nella  Media   valle  del   Metauro   per imboccare: la Salaria adriatica (Fossorabrone- Suasa-Iesi- Macerata-Ascoli Piceno).

Il mattino successivo all'arrivo da Canosa del console Nerone, Asdrubale non accettò il combattimento, dopo essersi schierato e la noto stessa cercò di sfuggire ai Romani attraverso i guadi del Metauro. La fuga delle guide vanificò l'impresa e fu costretto a risalire il fiume.


 

A che servivano le guide? Non certo per raggiungere i guadi perché l'ultima guida si getta a nuoto nei gorghi del fiume. Probabilmente avevano il compito di guidare  l'esercito sull'altra sponda in un terreno sconosciuto ai punici. In questa manovra Asdrubale perse il contatto con la sua cavalleria,, che ignara delle difficoltà del

loro duce aveva attraversato il fiume.

I Romani si mossero all'alba e subito la cavalleria fu a contatto con la retroguardia cartaginese. Asdrubale il mattino si fermò forse  in attesa dei suoi cavalieri ma

l'arrivo della  fanteria  pesante  romana  tolse  ogni speranza di  scampare  la battaglia.  Gli  eserciti  si schierarono.

I Punici avevano a destra i veterani Hispanici, al centro  dieci  elefanti  e  ottomila  Liguri  (da  poco arruolati), a sinistra l'accampamento dov'erano rimasti i Galli

I Romani attaccarono gli iberi guidati dal Salinatore, che malgrado l'età avanzata combattè valorosamente, conquistando l'encomio dello stesso Catone, tribuno

tra le file di Nerone. Alla destra Nerone, non riuscendo a prendere contatto con il nemico, racchiuso nel campo trincerato, dapprima rimase inattivo, poi, passando

dietro le retrovie romane, attaccò e travolse gli Iberi, i Liguri e i Galli.

Tra le nove e le dieci era iniziato il combattimento, a mezzogiorno la vittoria era romana.

I Romani riportarono duemila caduti, i Cartaginesi circa trentamila, scampò l'intera cavalleria al comando di Magone, che riparò tra i Galli.

Marco Livio Salinatore ebbe il secondo trionfo mentre Nerone ebbe la semplice ovazione. Roma era salva.