MARZO  2008              Lunedì  17  Ore 16.00

 Dott. Leone Pantaleoni
 

Sindone: enigma scritto sul lino
 

 

 

PREMESSA

 

C'è una premessa che vorrei fare addentrandomi nell’argomento di questo pomeriggio. E chiedo preventivamente scusa se tale premessa sa un po’ di predica come il vino che sa di tappo.

 

Punto primo: liberiamoci di quel nostro innato costume, ed anzi viscerale malcostume, di suddividerci in due partiti l'un contro l'altro armato. I guelfi della " SINDONE-SI’ " e i ghibellini della " SINDONE-NO’ ". Finchè abiteremo nell’Aldiqua dovremo convivere col dubbio. Sappiamo bene che il nostro è un Dio "absconditus". Non un capriccioso dio pagano che gioca a nascondino con i comuni mortali per sadico diletto, ma un Dio vero, anzi, l'unico vero Dio, che ha sommo e costante rispetto della nostra libertà di corrispondergli. Quella zona d'ombra che vive in noi è conseguenza del peccato originale che ci rende facile bersaglio delle seduzioni del maligno, ma è ancor prima lo stigma stesso del nostro esistere. Dio non saprebbe che farsene di automi infallibilmente programmati per obbedirgli. Permetteteci una espressione ardita: il Dio che vuol essere amato da chi è altro da Lui non può che rifuggire dall’autoerotismo.

 

Punto secondo: c'è oggi una mentalità serpeggiante e oserei aggiungere incalzante. Una sorta di processo di fusione che tende a liquefare il tutto, rimescolandolo. Avete presente il ribollente pentolone della strega? Un pizzico di questo, un assaggio di quello. Una religione vale l'altra, insomma, un dio vale l'altro e ciascun credo è degno di chiamarsi tale se riferibile al principio-cardine che tutto si può permettere a se stessi purché nulla si impedisca agli altri.

 

Punto terzo: con il meschino intento di far torbidi guadagni solleticando i mai limpidi istinti umorali, fioccano libri e film apocrifi, furbescamente costruiti su supposizioni posticce, sempre malevole e quasi sempre prive del minimo fondamento. Tra uomini di chiesa, tutti quanti individui inesorabilmente spregevoli, si sprecano i Gesù con le amanti dal bacio di cioccolata Perugina e i Giuda dal cuore di panna Algida.

Ovvio allora che in un simile festival dell’artefatto nell’indistinto, i riferimenti reali siano degli intrusi. Dei corpi estranei. Delle pustole maleodoranti da estirpare chirurgicamente. Repellenti usi barbari sono le devozioni alle reliquie. Per non parlare delle Madonne che piangono (almeno lo facessero nelle trasmissioni di Maria De Filippi!).

E per riallacciarci al nostro tema, che cosa m'importa di accertare la veridicità della Sindone? O se mentre non riesco ad accertarla, di perseverare nell’intento? Tanto è la sola fede che conta. Ma quella astratta, beninteso. Una fede così in dissolvenza, da diradarsi nella notte fino al più terso dei mattini, come si narra fosse terso quello della fatidica Pasqua di due millenni or sono.

Sommersi dalla cosiddetta gnosi che squalifica la materia a deterioramento dello spirito, si perde così il senso della incarnazione e si smarrisce il fascino del suo mistero. Quasi fosse una inquietante maschera dalla smorfia sinistra, si spintona Gesù fuori dalla scena: il Gesù che invece guadagna il proscenio o facendosi infilare il dito nella piaga da Tommaso o facendosi accarezzare e profumare i capelli dalla Veronica. Il Gesù che al pozzo di Siloe chiede assetato dell'acqua alla Samaritana e che ad Emmaus mangia pesce arrostito con il discepolo Clèopa e con il suo compagno. Anche dopo la resurrezione cioè.

No, Gesù non è un simulacro, un fantasma consegnato alle nostre sempre volatili ed asfittiche ideologie! Il telo di lino che l’avvolse è dapprima il tragico testimone della Sua umanità momentaneamente sottratta. Ma, neanche cinquanta ore dopo, quello glorioso della Sua divinità definitivamente restituita. La Sindone è vera. Esiste. Basta recarsi a Torino e se occorre chiedere: - Scusi, dove vado per la cattedrale? -. Quei pochi, studiosi o custodi, che ne sono demandati, ancorché con la dovuta cautela, possono addirittura toccarla. La Sindone è folgorante rimando a quel Cristo che s’impolvera e c’impolvera nel camminare accanto a noi. Come dimostrano, incontrovertibilmente, i frammenti di aragonite di cui essa risulta essere in più punti dell’ immagine impregnata.

 

 

 

SINDONE, UNA FOTO IMPRESSA SUL LINO”

 

 

Fattasi sera, un uomo facoltoso di Arimatea chiamato Giuseppe che aveva anche ascoltato l’insegnamento di Gesù, si presentò a Pilato e ne chiese la salma. Pilato ordinò che gli fosse consegnata. Giuseppe la prese, l’avvolse in un lenzuolo immacolato e la depose nel suo sepolcro, che era nuovo, scavato nella roccia…” Matteo (27, 57-66)

 

La Sindone (dal greco Sindon) è il lenzuolo funerario di lino che secondo la tradizione avvolse il corpo senza vita di Gesù deposto dalla croce. In essa sono impresse, con le macchie di sangue, l'immagine frontale e dorsale del cadavere di un uomo flagellato, coronato di spine e crocifisso, proprio come i vangeli canonici ci raccontano essere accaduto a Gesù durante la sua passione.

Ben visibili sono anche i rammendi effettuati dalle clarisse di Chambery dopo il terribile incendio del 1532. Bisogna però attendere ben diciotto secoli, con la prima immagine fotografica, per accorgersi che il negativo della Sindone si dimostra invece un positivo straordinariamente eloquente in cui si evidenziano, con dovizia di particolari davvero sconcertante, le inaudite sevizie subite da quel corpo anche a morte sopravvenuta.

Sottoposta a radiodatazione (col carbonio 14) nel 1988, la Sindone venne dichiarata risalente ad un periodo oscillante dal 1260 al 1390 dopo Cristo. Cosa questa che fece gridare al falso ai quattro venti i suoi detrattori. La Chiesa invece, per voce del suo custode Cardinal Ballestrero, la dichiarò ufficialmente icona, invece di reliquia (ma Giovanni Paolo II, dieci anni dopo, si dichiarò dell'opposto parere!). Superfluo aggiungere che tale indagine fu ed è fortemente contestata per innumerevoli ragioni, a cominciare dalle alterazioni conseguenti alle non poche vicissitudini (almeno quattro incendi) subite dal lenzuolo nei secoli. Per poi finire all'infelice sito di effettuazione del prelievo (un rattoppo postumo, a quanto pare). Oggi, proprio uno degli analisti del fatidico (famigerato?) 1988, ha dichiarato come quella seppur sofisticata ricerca debba ritenersi inattendibile e ne ha preannunziato la dimostrazione proprio per il Sabato Santo di quest'anno.

Fatta oggetto di drastiche riparazioni, tra cui l’asporto delle toppe e del telo d’Olanda, così da liberarla da quei residui carboniosi e da quel cascame sporco che ne avrebbero compromesso la integrità, la Sindone è tuttora conservata (non più arrotolata ma distesa), nel Duomo di Torino, come per altro accade dal 1578, in atmosfera di gas nobile (argon).

 

LEONE PANTALEONI

Nato a Cagli nel 1945, Leone Pantaleoni vive a Pesaro dal 1969. Nonno di Matteo e sposato con Loredana, coltiva il cosiddetto Nobilgiuoco (nel 1991 a Modena pareggia con il campione del mondo russo Anatolij Karpov e dal 1995 è presidente del Circolo Scacchistico Pesarese) e l’enigmistica (collabora da oltre trent’anni con la diffusissima “Settimana”). Del settimanale che vende mezzo milione di copie a numero, nel 1985, vince il premio più ambito riservato agli ideatori di rebus. La soluzione del suo gioco, letteralmente definito capolavoro dagli esperti, sarà curiosamente oggetto di sfida tra Umberto Eco e Roberto Benigni, entrambi notoriamente appassionati di scienza edipica. Lavori di Leone trovano ospitalità in antologie, libri e pubblicazioni varie, anche all’estero, a cominciare dal Dizionario Enciclopedico di Enigmistica e Ludolinguistica edito dallo Zanichelli. Sulle orme di “babbo Mario”, prematuramente scomparso nel 1964, si appassiona al mistero legato alla Sindone di Torino e dal 1985, grazie al Sindonologo di fama internazionale Mons. Giulio Ricci, se ne fa studioso, attingendo a molteplici fonti. Nel 1998, poco prima di raggiungere Torino per annoverarsi tra i milioni di visitatori della ostensione di quell’anno, durante una sosta in autogrill, s’imbatte e fa conoscenza con Mario Trematore, il pompiere che mise in salvo la Sindone nel furioso incendio del 1997.

 

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