FEBBRAIO  2008              Giovedì  14  Ore 16.00

 Dott. Alberto  Mazzacchera

 

Francesco Pucci (1817-1886)

Ebanista cagliese

 

Francesco Pucci, battezzato dal curato della Cattedrale don Alessandro Blasi il 3 dicembre 1817, era figlio di Feliciano di Vincenzo fu Girolamo Pucci e di Anna fu Sante Santarelli.

 Della prima formazione di questo maestro cagliese poco è dato sapere, anche se è logico supporre un iniziale tirocinio in qualche bottega artigiana e forse in quella che appartenne a Vincenzo Pucci visto che il nome di quest'ultimo, probabilmente il nonno di Francesco, figura per taluni lavori di falegnameria commissionati tra la fine del Settecento e i primi anni dell'Ottocento dai conventuali di San Francesco di Cagli.

 Nella formazione di Francesco Pucci si inserisce un ulteriore elemento che dovette servirgli certo per affinare le conoscenze e per mettere a maggior profitto i segreti di ottega già appresi.

Nel 1850 grazie in particolare all'impegno dell'architetto Michelangelo Boni, allievo del Valadier, il Comune di Cagli con la nomina di Belisario Simonelli da Perugia avrebbe dato vita alla prima scuola locale a indirizzo artistico professionale. La Scuola di Disegno di Cagli, che per l'anno scolastico 1868-69 era munita di un ordinamento didattico articolato in “1) Ornato e Figura; 2) Architettura e Prospettiva; 3) Ornato in Plastica e Scultura", si sarebbe trasformata nel 1881 nella "Scuola serale e domenicale di arte applicata all'industria" (dedicata nel 1906 a Gaetano Lapis) onde fornire "in un corso di tre anni l'insegnamento del disegno con applicazioni ai lavori di ebanista, falegname, scalpellino, muratore, fabbro ferraio, vasaio". I quaranta iscritti nel 1883 erano ancora per la maggior parte studenti lavoratori.

 

          Coro di S. Croce a Fonte Avellana

La Scuola di Disegno comunale, che va intesa come un potente strumento per il superamento delle carenze nell'insegnamento del disegno e per una più adeguata organizzazione della formazione del settore dell'artigianato artistico, nel periodo in cui fu direttore Belisario Simonelli (1850-1864) annotò tra i suoi allievi anche Francesco Pucci e Mattia Garavini (Russomanno, 1942).

Dunque era più che trentenne quando, verosimilmente nei primissimi anni Cinquanta del XIX secolo, si iscrisse alla Scuola di Disegno.

 Il tirocinio presso un laboratorio artigiano doveva averlo probabilmente già concluso poiché lo si ritrova nel 1853 a capo della propria bottega. La notizia si ricava da una delibera consiliare del 12 febbraio 1857 che pur trattando di una questione alquanto insignificante, fornisce utili informazioni. Nel processo verbale è dato leggere che "Francesco Pucci Ebanista in questa Città fin dal 1853 per dar lavoro ai suoi Garzoni costruì alcune finestre per le scale di questo pubblico Palazzo di che ne era mancante".

Tavolo urbinate                         

 Il Pucci aveva molteplici esempi di opere intagliate con cui confrontarsi, in Cagli, di artefici del XVII e XIII secolo provenienti da varie città.

Come nella chiesa di Sant' Andrea degli Zoccolanti dove al coro di fra Giacomo da Pesaro si affiancano confessionali, pulpito e panche di un certo livello qualitativo. E il refettorio delle monache domenicane di San Nicolò con i postergali de' seditoi, le Porte, la Cattedra ove si sta a leggere nel Refettorio, le finestre, le grate delle gelosie della chiesa, il coro inferiore dello stesso monastero, il monumentale trono dorato della statua della Madonna del Carmine.

Un Sabbatini falegname aveva completato l'ampio coro di noce della Cattedrale cagliese, dopo che Mastro Carlo da Fossombrone intagliatore e Mastro Bonaventura Monti falegname d'Urbania avevano già realizzato i primi sedici stalli e la "Sedia Episcopale, che è nel mezzo".

Un altro Sabbatini, e precisamente mastro Domenico Sabbatini aveva realizzato per la chiesa dei francescani conventuali di Cagli una "Croce di Legno con sua asta" e "una muta di Cartaglorie per l'Altare di Sant'Antonio", entrambe assegnate al Sig. Ferri della Pergola per l'argentatura.

 

                            Tavolo viennese

E gli apparati lignei laterali  della chiesa di San Bartolomeo, del cagliese mastro Bonifacio Tornari  sul tema  dell’altare maggiore ligneo ideato da Benedetto Ginestra da Fossombrone, artefice anche del prezioso soffitto a cassettoni per la copertura dell'intera aula, in seguito dorato da mastro Tommaso Vannucci da Fossombrone.

Ancora del Ginestra, in Cagli, l'ornato ligneo del terzo altare laterale destro nella chiesa di San Francesco.

Occorre, poi, spostarsi nei palazzi gentilizi per ritrovare in rari spazi quattro-cinquecenteschi, che non hanno subito posteriori alterazioni, soffitti lignei a cassettoni come quelli di palazzo Tiranni-Carpegna (palese omaggio cortigiano ai duchi d'Urbino), o quello dell'androne del quattrocentesco palazzo Preziosi-Brancaleoni.

Nel mondo dei maestri di legname cagliesi spicca nel XVI sec. "Magister Nicholaus Ant. Ludovici de Callio", realizzatore per i monaci benedettini della basilica di San Pietro in Perugia venti quadri del coro del presbiterio oltre a due ulteriori quadri dallo stesso maestro calliense lavorati in Perugia.

 

A Cagli però, come in tanta parte delle Marche, sono alquanto rare le opere intarsiate.

Il giudizio non può che essere frammentario, considerato che risulta pressoché impossibile conoscere il ricco patrimonio presente nelle numerose dimore patrizie essendo andato quasi completamente disperso nella seconda metà del Novecento.

Per tale motivo merita di essere menzionato il complesso tabernacolo seicentesco della chiesa del convento dei Padri Cappuccini che, per il suo disegno architettonico e per la tarsia con inserti in osso e madreperla, molto ricorda quello di fra Giuseppe da Patrignone eseguito per il convento dei Cappuccini di Camerino.

 

Frutto di queste conoscenze fu quindi l’opera del Pucci.

I Camaldolesi gli affidarono nel 1853 la realizzazione del nuovo coro del monastero di Fonte Avellana. 

Lo eseguì su disegno del professore Belisario Simonelli portando come collaboratore l'allievo Mattia Garavini.

 Nel 1856, in Urbino, nella rinnovata Sinagoga, portò a termine i lavori commissionatigli per questo Tempio Israelitico: oltre l'arca e il pulpito, anche le balaustrate lignee intagliate dei matronei, la  scala delle donne, nonché le cinque panche di noce tuttora presenti nel tempio.

 L'edificazione del nuovo Teatro Comunale di Cagli, concretamente avviata nel 1871, vede particolarmente impegnato Francesco Pucci.

Ottenutane la "Direzione dei lavori da falegname nella costruzione del nuovo teatro", lavorò a fianco di Alessandro Venanzi, che è definito come "Direttore dei lavori di decorazione”.

Al Pucci va senza dubbio grande merito nella la realizzazione dalla lumiera: "visto il nuovo disegno della lumiera a scheletro redatto dal Prof. Venanzi la Giunta lo approva, ed incarica l'ebanista Pucci Francesco di questa Città per la costruzione”. Il lavoro della lumiera è, però, dal Tarducci attribuito a Rinaldo Paioncini allievo e capace intagliatore allora presente nella bottega del Pucci. Va notato però come l'analisi del progetto della lumiera, conservato nel Museo del Teatro Comunale di Cagli, permetta di rilevare talune varianti che furono apportate dal Pucci durante la realizzazione.

 Nel 1876, il Pucci, che non doveva essersi minimamente risparmiato nel suo incarico, era nominato "Custode provvisorio del nuovo Teatro"

Del 1877 è la realizzazione del "mobiglio dei palchi al nuovo Teatro", identificabile con gli attuali sgabelli di legno di faggio.

Sono del Pucci le sedie in noce chiaro, con la spalliera imbottita in velluto, ancor oggi impiegate per la sala consiliare, e il tavolo.

 Delle tante realizzazioni del Pucci ebanista e intarsiatore rivolte alla committenza privata rimane solo una troppo generica indicazione nell'opera del Tarducci, il quale nei primi anni del Novecento poteva affermare che "in più famiglie se ne conservano assai belle scrivanie e stipi e altri lavori di vario genere" (Tarducci, 1909).

Possiamo citare ad esempio il Tavolo viennese, certamente l'opera di maggiore rilievo di Pucci, che fu trattenuto dall'artista fino al 1881 anno in cui volle cederlo al Comune non solo per motivi economici, considerato che è lo stesso Pucci nella lettera di quell'anno ad esprimere il desiderio che "rimanesse qual mia memoria in questa nostra città, e parmi che potrebbe essere ornamento non indegno del pubblico palazzo”

Il Tavolo urbinate, databile all'anno 1867, concesso dalle sorelle Centanni al Comune di Cagli qualche decennio fa.

L’elegante scrivania da centro posta nel Gabinetto del Sindaco di Cagli e la poltroncina.

All'interno del Palazzo Pubblico è anche una scrivania da centro in radica con cassettiere e l'elegante scrittoio con alzata.

Il bancone della Farmacia Berardi a Cagli, tradizionalmente assegnato a Francesco Pucci

In Pesaro, già presso l'ing. Enrico Mochi, un tavolino con piano ottagonale.

Tre tarsie a motivi floreali e l'elaborato portagioie a bauletto presso privati in Cagli.

Nel 1881 viene affrontata dal consiglio comunale la questione dell'acquisto di "un tavolo a tarsia ed intagli col corrispettivo di una piccola vitalizia pensione", votata a consenso unanime. Nella lettera, trascritta nel processo verbale della riunione in modo da diventarne parte integrante, Pucci afferma che la pensione richiesta pari a £ 400 annue "non sembrami possa stimarsi gravosa, se si consideri l'età mia di 63 anni compiuti, e la cattiva salute". I consiglieri, che fissarono in £ 360 la rendita annua vitalizia, quando nelle sopracitate delibere degli anni 1885 e 1886 esaminarono la questione dei mobili dell'ebanista intarsiatore per la sala consiliare, avrebbero più volte fatto riferimento "alla sua deplorevole condizione", allo "stato infelice in cui al presente si trova" e ancora alla "lunga e penosa malattia" che lo ha e ridotto "a miserevole condizione.

 

La morte del Pucci sopravvenne il 26 novembre 1886

Ottenne "un posto distinto al Civico Cimitero per tumulare la salma del defunto Pucci Francesco, ebanista che ha fatto onore al paese".

Nella lapide posta nel Cimitero di Cagli che reca, a bassorilievo, uniti da un nastro, gli attrezzi dell'ebanista, sono rimarcati anche i riferimenti al patriottismo, alle capacità professionali e alla stima dei contemporanei.

Il riferimento come buon patriota dovrebbe riguardare la partecipazione di Pucci, quale volontario con qualifica di sergente, alla difesa di Ancona durante l'assedio del 1849.

L'atteggiamento del giovane Pucci, tanto lodato dopo l'Unità d'Italia, non era invece piaciuto in passato all'autorità del destituito Stato Pontificio, poiché nell'elenco degli individui schedati dalla curia vescovile di Cagli figura il nome di Francesco Pucci.

 La felice stagione ottocentesca cagliese dell'intarsio vissuta con il Pucci, non si sarebbe così ripetuta, svanendo ben presto con il maestro i segreti più inaccessibili di quest'arte e la profonda conoscenza della tecnica che permisero di realizzare anche quelle particolari coloriture che sono una delle peculiarità delle opere dell'ebanista cagliese, di colui che va certo annoverato tra i più interessanti e capaci artefici marchigiani dell'Ottocento.

 

Dott. Alberto  M;azzacchera