CENTO ANNI DI VITA  DELL'ISTITUTO D'ARTE   DI URBINO

 

 

CAPITOLO  PRIMO  DAGLI  INIZII  AL  1924

 

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II Rotondi nel testo citato riferisce come l'origine dell'Istituto di Belle Arti delle Marche vada cercato in un insegnamento artistico impartito presso il «Liceo» durante il governo napoleonico; e però il prof. Demetrio Gramantieri uno dei Presidenti dell'Istituto negli ultimi anni del secolo - in un suo discorso per l'inaugurazione dell'anno scolastico 1890 - 91 dice testualmente come «ben prima del governo Napoleonico esistesse presso l'Università degli Studi una Scuola di disegno di figura e di ornato e ne fossero titolari Michele Dolci e dopo di lui Francesco Antonio Rondelli entrambi artisti di chiara fama» [1]

L'insegnamento artistico del «Liceo» durante il periodo Napoleonico si svolgeva nei medesimi locali che già erano stati del collegio dei nobili e comprendeva dunque disegno di figura e di ornato cui nel 1814 venne aggiunta una cattedra di pittura. A reggerla appare ancora preposto il Francesco Antonio Rondelli (da un decreto podestarile esistente nell'Archivio comunale e citato dal Rotondi).

E chi egli sia sarà bene chiarire :

Nato ad Urbino e vissuto dal 1759 al 1848 plasticatore e pittore, ci appare quale erede e trasmettitore al secolo XIX di quella civiltà artistica settecentesca Urbinate tenuta viva - mi penso - per merito degli Albani.

 

F. Rondelli: particolare di decorazione Urbino, Duomo

 

Di tale principesca famiglia era, all'inizio del secolo, salito al Soglio Pontificio Gian Francesco con il nome di Clemente XI;  e un di lui fratello, Don Orazio, e di più il nepote Cardinale Annibale si prodigarono a favore della Città.

Sarebbe interessante riscoprire l'aspetto settecentesco del territorio di Urbino dopo quello così particolare che nel secolo precedente gli era stato impresso dalla Scuola pittorica di Federico Barocci, da Federico Brandani e dai suoi seguaci plasticatori, dai matematici e architetti civili e militari, che soltanto ora si cominciano a ristudiare.

Alla civiltà settecentesca Urbinate andrà ascritta - e se ne parlerà poi - anche la vita di quella tipografia della Cappella del SS. Sacramento - una delle poche - da contarsi sulle dita di una mano [2] che nel primo trentennio del secolo stampassero bene.

Il Rondelli plasticatore collabora alla decorazione dell'interno del Duomo rifatto da Giuseppe Valadier e, pittore, dipinge quadri d'altare, decora soffitti di chiese e di case private nella sua città. Divenuto insegnante di pittura del «Liceo» rimane preposto alla cattedra anche quando caduto il governo napoleonico e ripristinato quello pontificio, la «Scuola artistica» viene riassorbita dall'Università.

Dell'importanza che la Scuola ebbe durante il periodo napoleonico fanno fede i due busti marmorei di Raffaello e Bramante ad essa donati dal Principe Eugenio Beauharnais Viceré d'Italia. Tali busti dalla Università furono consegnati per istanza dello scultore Giambattista Pericoli il 25 Marzo 1864, al nascente Istituto di Belle Arti delle Marche.

                      

Anonimo degli inizi del secolo XIX - Bramante e Raffaello - Urbino, Istituto d'arte

 

Nel 1833 la Scuola presso l'Università ebbe in aggiunta alle cattedre già menzionate anche quella di scultura al cui insegnamento venne preposto il prof. G. B. Pericoli.

Nel 1836 - 37 essendosi ritirato dall'insegnamento il Rondelli per la tardissima età, la cattedra di pittura venne affidata al prof. Crescentino Grifoni.

Dagli elenchi custoditi nell'archivio universitario (busta 127, fascicolo I) risulta che gli iscritti alla «Classe delle Arti» sono sei e giova elencarne i nomi poiché il primo lo si ritroverà anch'esso più avanti fra gli insegnanti dell'Istituto di Belle Arti : 1) Serafini Francesco - 2) Cini Giuseppe - 3) Bucchini Domenico - 4) Zama Ignazio - 5) Maccioni Attilio - 6) Moroni Giuseppe.

Nell'anno scolastico 1842 - 43 gli alunni frequentanti sono cinque; nel registro dell'anno successivo non esiste più alcuna indicazione né della Scuola, né degli alunni.

La ragione di questa mancanza è oscura.

La si può arguire dovuta a ragioni politiche. Infatti il Gramantieri nel discorso citato dice : «Intorno al 1848 essendosi gli insegnanti compromessi nei moti politici - (il patriottismo è antico in Urbino quanto il suo nome!) essi vennero destituiti.  Ma restaurate le cose Pontificie all'insegnamento del disegno, dell'ornato e della pittura fu chiamato il prof. Francesco Serafini restando vacante la cattedra di scultura».

Da un foglio d'Archivio della Libera Università che ne elenca le Facoltà e le Scuole, quella di Belle Arti riappare nel 1860 - 61 con tre insegnanti. Dunque i primi passi dell'Istituto ebbero a sede la Università.

Ed eccoci al Decreto istitutivo di Lorenzo Valerio Commissario Straordinario inviato dal Piemonte nella Regione Marchigiana «passati pochi mesi dall'atto plebiscitario di fedeltà a Vittorio Emanuele» :

 

 

DECRETO N. 740 DEL 6 GENNAIO 1861,

CHE FONDA IN URBINO UN ISTITUTO DI BELLE ARTI DELLE MARCHE

 

In nome di Sua Maestà

VITTORIO EMANUELE II

PER GRAZIA DI DlO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE

RE D'ITALIA

 

II Governatore della Provincia di Como, Regio Commissario Generale Straordinario nelle Province delle Marche;

Considerando che questo Commissariato Generale ha dotato le Province delle Marche di stabilimenti per la Pubblica Istruzione elementare, secondaria, tecnica e militare, ma non per anco di uno speciale Istituto per l'insegnamento delle Arti del Disegno;

Considerando che un Governo italiano e progressivo deve dare anche a questi studi, proporzionatamente al numero dei giovani che vi sono chiamati, gli stessi aiuti che porge allo sviluppo delle altre parti delle umane educazioni, per triplice motivo;

Che le Belle Arti rispondono a facoltà intellettuali, le quali non meno delle altre debbono trovare nella Società civile i mezzi di svilupparsi;

Che le Belle Arti rispondono del pari ad un bisogno intellettuale a cui la Società civile deve porgere i mezzi di soddisfacimento, non meno di quello che essa faccia per gli altri bisogni dell'ordine superiore;

Che le Belle Arti, anche considerate negli effetti che producono sulla condizione materiale della Società civile, sono degne della considerazione di essa, perché aprono a molti giovani una carriera proficua ed onorevole;

Considerando che questi motivi generali per l'Italia, valgono anche in particolare per la provincia delle Marche dove nacquero artisti insigni; dove di quelli e di altri si conservano opere insigni; dove il senso estetico non è mai venuto meno per ragioni quanto facili a cogliersi in complesso, altrettanto difficili ad analizzarsi ma evidentemente dipendenti dalla natura dei luoghi e dalle felici disposizioni dei nativi, non da fatti estranei o transitori;

Considerando che fra le città delle Marche non potrebbe non darsi la preferenza ad Urbino, patria di Raffaello e di Bramante, antica sede di una Corte gentile, che monda di delitti e lontana da basse ambizioni amò sinceramente il bello e le sue manifestazioni;

Considerando che Urbino ha già scuole di Belle Arti sostenute con gli scarsi mezzi del Municipio e pel disinteresse degli egregi uomini che vi professano l'insegnamento, talché aggravandosi le condizioni del primo, o cessando gli attuali professori, quelle scuole o non potrebbero più continuare o per lo meno non sarebbe loro dato di prosperare e di allargarsi;

Visto il Decreto 3 gennaio corrente n. 705 portante la soppressione delle Corporazioni religiose, delle Collegiate ecc. è ritenuto :

Che con l'articolo 17 alin. a) fu stabilito un assegnamento di annue L. 160.000 a favore della pubblica istruzione e degli stabilimenti pii e di beneficenza delle Marche, sulle rendite dei beni appartenenti alle Corporazioni religiose con quel decreto soppresse;

Che con l'articolo 20 dello stesso Decreto, furono attribuiti alla Biblioteca della Università di Urbino i libri e i documenti scientifici posseduti dalle Case religiose esistenti nella provincia di Urbino e Pesaro, con sostituzione a favore della città di Urbino in caso di cessazione di quella Università;

Che con l'articolo stesso furono pure attribuiti alla stessa città di Urbino i monumenti e gli oggetti d'arte appartenenti alle Case religiose e alle Collegiate soppresse, i quali possono essere convenientemente traslocati ;

Che col medesimo articolo fu determinata la fondazione di un Museo a maggior lustro ed incremento della Scuola di Belle Arti, che, già esistente presso la detta Università di Urbino, deve assumere il titolo di Istituto di Belle Arti delle Marche;

In virtù dei poteri conferitigli coi Reali Decreti 12 settembre e 24 dicembre 1960;

Decreta :

Art. 1

E' istituita in Urbino una Scuola completa di Pittura, Architettura e Scultura, cogli opportuni insegnamenti accessori.

Art. 2

La Scuola prenderà il nome di «Istituto di Belle Arti delle Marche».

Vi sarà annesso un Museo di oggetti d'arte, nel quale saranno raccolti i monumenti e oggetti d'arte di cui all'art. 20 del succitato Decreto 3 gennaio corrente n. 705.

Art. 3

L'Istituto di Belle Arti delle Marche, in un coll'annessovi Museo, avrà sede nel Convento dei Padri Gerolimini, che a questo effetto si cede in proprietà alla città di Urbino.

Gli insegnamenti di Belle Arti, che ora si danno nell'Università medesima, saranno concentrati nell'Istituto con quelle modificazioni che saranno stabilite dal Governo del Re a norma di quanto dispone l'art. 7 del presente Decreto.

Art. 4

A termini dell'articolo 17 alin. a) del Decreto 3 gennaio corrente n. 705, è assegnata alla città di Urbino l'annua rendita di L. 20.000 a condizione che essa mantenga l'Istituto sopraddetto, con l'annessovi Museo e la Biblioteca dell'Università.

Art. 5

Saranno istituite pensioni a favore di un allievo di Pittura, di uno di Scultura e di uno di Architettura dell'Istituto delle Marche, a condizione che facciano un corso di perfezionamento a Roma.

Art. 6

L'Istituto è posto sotto l'alta direzione del Ministero di Pubblica Istruzione, il quale vi provvederà nei modi e nelle forme stabilite dalla Legge per gli stabilimenti di Pubblica Istruzione, che sono di proprietà comunale.

Art. 7

All'organamento dell'Istituto, allo stabilimento del suo bilancio passivo (in relazione ai fondi assegnati all'Istituto, cioè alla donazione del Convento dei Padri Gerolimini, alla dotazione di L. 20.000 di cui all'art. 4 alla parte che spetta all'insegnamento delle Belle Arti nei bilanci comunale ed universitario attuali), alle opere da farsi nel Convento suddetto per adattarlo alla nuova destinazione, alle discipline direttive dello Stabilimento, ai suoi rapporti coll'Università, alla determinazione delle annue pensioni di cui all'art. 5, ai concorsi per conseguirle, ai regolamenti disciplinari pei giovani pensionati, ed in genere a tutto quanto concerne l'esecuzione del presente Decreto, provvederà il Governo del Re mediante Reali Decreti in seguito a proposta del Municipio di Urbino ed a voto della Consulta delle Belle Arti stata istituita col Decreto del Principe Luogotenente 5 dicembre 1860 n. 4474.

Il presente Decreto sarà inserto nel Corriere delle Marche e nella Raccolta ufficiale degli Atti del Regio Commissario Generale Straordinario, mandandosi a chiunque spetta di osservarlo e di farlo osservare.

Dato in Ancona, 6 gennaio 1861.

Lorenzo Valerio

 

 

Regio Decreto che approva lo Statuto

 

N.°   DCCLXXXV.   ( Parte supplementare )

 

Regio Decreto che approva lo Statuto dell'Istituto

di Belle Arti delle Marche,

31 maggio 1863

 

VITTORIO  EMANUELE  II

 

PER GRAZIA DI DIO E VOLONTA’ DELLA NAZIONE

 

RE  D’ ITALIA

 

 

Visto l'art, 7 del Decreto del 6 gennaio 4 861, n.° 740, del Commissario Generale Straordinario nelle Provincie delle Marche.

Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per la pubblica Istruzione ;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Articolo unico,

Lo Statuto, dell' Istituto di Belle Arti delle Marche annesso al presente Decreto, e firmato d'ordine Nostro dal Ministro della pubblica Istruzione, è approvato.

 

 

 

La sede dell'Istituto veniva definita nello stesso Decreto in quel «Convento dei Padri Gerolomini» edificio settecentesco di nobilissima fattura ancora oggi purtroppo adibito a «Carceri Giudiziarie» - ma in realtà - e non siamo riusciti a rintracciarne le ragioni - l'Istituto non vi si allogò mai; trovò invece sistemazione nel Convento di San Benedetto (la attuale sede dell'Istituto Magistrale) ed ivi cominciò a funzionare probabilmente dopo gli opportuni e piuttosto lenti adattamenti dei locali, soltanto il 2 Gennaio 1864 [3].

I primi ATTI dell'Istituto di Belle Arti delle Marche recano infatti la data del 1864.

Nel fascicoletto si precisa in quarantaquattro il numero degli alunni iscritti e però si osserva «che questa cifra non corrisponde a quella degli assidui e dei diligenti»; vi si riassume un discorso letto dal Segretario Conte Pompeo Gherardi il 14 Agosto in occasione della solenne distribuzione dei premi; vengono riportati i temi d'esame assegnati per ciascuna scuola.

Ad esempio per la Scuola di Pittura:

Bozzetto d'invenzione: Cimabue che nei contorni di Firenze incontratosi  con  Giotto  pastorello così meravigliato nel vederlo delineare una pecorella al naturale, che lo domanda al padre per condurlo a Firenze e là farlo istruire; (30 x 40 cm.)

Copia : la statua dell'Idolo Etrusco - cm. 60 x 47.

oppure per la Scuola di Scultura:

Bozzetto   d'invenzione :   bassorilievo   rappresentante   Giuseppe Ebreo che spiega il sogno al coppiere e al panettiere (cm. 40x50)

 

E via di seguito.

Siamo quindi in grado di apprendere i nomi di tutti gli insegnanti che presiedevano alle varie cattedre : un buon nucleo e un ordinamento efficiente !

 

 

Scuola di Pittura

prof. Crescentino Grifoni

Scuola di Scultura

prof. Giambattista Pericoli

Scuola di Architettura

prof. Alessandro Arienti

Scuola di Prospettiva

prof. Giuseppe Gatti

Scuola di Ornato

prof. Francesco Serafini

Scuola di elementi di figura

prof. Achille Mazzotti

Scuola di Storia

Conte prof.  Pompeo Gherardi

 


e anche leggiamo i nomi di alcuni alunni concorrenti al premio, e dei vincitori d'esso premio : Colombari Luigi di Urbino per la Pittura, Giacomini Giovanni di Rimini e Barbanti Beniamino di Pergola per l'Architettura; lo stesso Barbanti per la Scultura (copia) e la prospettiva; per l'Ornato, sia modellato che disegnato, Orlandi Pietro da Urbino; infine viene riportato il lungo elenco dei professori e dei soci onorari nominati dal Corpo Accademico fra cui troviamo oltre le LL. AA. Reali ed Imperiali il Principe Umberto di Savoia e il Principe Giuseppe Napoleone, una serie di artisti, musicisti e letterati fra i più noti del tempo da Francesco Coglietti all'incisore Calamatta, da Pietro Cornelius e Federico Overbech ad Alessandro Calarne, da Massimo d'Azeglio a Terenzio Maniani, da Alessandro Manzoni a Niccolo Tommaseo, da Carlo Marocchetti a Edoardo Tabacchi, da Domenico Induno a Domenico Morelli, e il Poletti e il Podesti, e il Minardi e il Malatesta e l'Ussi, fino a Gioacchino Rossini e a Giuseppe Verdi. Tale elenco si arricchirà tuttavia di anno in anno, ma noi, non vi insisteremo : non è esso che ci interessa.  In alcune delle vecchie cartelle d'archivio resta tuttora una buona collezione di illustri autografi, ma i maggiori sono perduti.

 

G. B. Pericoli: Busto a ricordo di Lorenzo Valerio - 1866 Urbino Istituto  d'Arte

 

G. B. Pericoli:   Eva - Urbino Istituto  d'Arte

G. B. Pericoli: Putto dormiente - Urbino Istituto  d'Arte

 

 

Quello che invece riveste grande interesse è il fatto che del Corpo Accademico entrarono a far parte i migliori fra i cittadini per nobiltà e cultura sicché il primo nucleo operante per la conservazione del patrimonio artistico e storico della città da cui nasceranno più tardi la Accademia Raffaello - con la sua sede nella casa riscattata del Sanzio - e lo stimolo per la costituzione in Palazzo della Galleria delle Marche, - ruotò intorno all'Istituto, ne vegliò i primi passi ne promosse l'incremento, e da esso uscirono via via gli uomini che vi presiedettero.

Il lungo carteggio intercorso fra il Direttore Pericoli per il riscatto delle opere d'Arte e in ispecie per lo stato di desolante incuria in cui era caduto il Palazzo Ducale - accertano un interesse vivo, attivo, costante, che dovette rispecchiare il desiderio dei migliori cittadini.

 

 

 

Approfittando del Decreto del 3 Gennaio 1861 - firmato ancora da Lorenzo Valerio, ed emanato da Ancona - Palazzo del Governo - che stabiliva la soppressione delle Corporazioni Religiose nelle Marche e la donazione alla «Scuola di Belle Arti presso la Università degli Studi di Urbino» delle opere d'Arte appartenenti a dette Corporazioni - ecco il Pericoli coadiuvato dai colleghi e dal Segretario Conte Gherardi affannarsi a chiedere l'attuazione delle prescrizioni contenute in esso Decreto; che non si attuarono se non in piccolissima parte giacché «Una tale disposizione destava giusti risentimenti per parte delle Città e dei Comuni delle Province Marcheggiane che mal potevano soffrire che gli edifici loro e specialmente i religiosi andassero privi di pregevoli quadri e oggetti d'Arte per essere altrove destinati, e più volte il Ministero dell'Interno e quello della Pubblica Istruzione dovettero rivolgere l'attenzione sopra questo argomento per la difficoltà dell'attuazione del Decreto Commissariale» (da una lettera firmata, per il Ministro, S. Spaventa, datata da Torino 7 Dicembre 1863).

Naturale ed umanissimo che le altre città Marchigiane si condolessero del privilegio di Urbino, e all'attuazione del Decreto si opponessero.

Ecco, da carteggi dell'anno 1866, il Pericoli ancora richiamare la attenzione delle Autorità di Governo almeno per la tutela e il raggruppamento intorno all'Istituto di Belle Arti delle opere appartenenti all'antico territorio Ducale: Urbania, Piobbico, Mercatello, Sant'Angelo in Vado, Montefiorentino, Maceratafeltria, Cagli, Fossombrone - e insistere su quelle di Montefiorentino nominandole «un quadro del Vivarino da Murano, diviso in cinque scomparti e quello della Cappella dei Conti Oliva dipinto da Giovanni Sanzio nel 1489», e il 18 Agosto 1866 indirizzare al Signor Ministro della P. I. in Firenze la lettera che incomincia: «Ora che le Gallerie destinate ai quadri sono compiute  e la legge della soppressione delle Corporazioni religiose è promulgata, il sottoscritto prega il Signor Ministro di voler richiamare alla Superiore Attenzione le note di quest'ufficio N. 3 del 31 Dicembre 1863 e N. 276 del 15 Aprile 1865 con le quali si faceva conoscere la necessità di raccogliere oggetti per la formazione del Museo Marchigiano invocando per sé il disposto dell'articolo XX del Decreto 3 Gennaio 1861» poiché «le disposizioni rimasero un semplice desiderio per la opposizione che ebbero ad incontrarsi nei singoli Comuni ...»; dove si comprende come anche la richiesta più limitata era per naufragare.

Cito ancora il Pericoli rivolto al signor Ministro della Pubblica Istruzione con due lettere, la prima del 27 Novembre 1865 per adoperarsi dopo ottenute risposte del Genio Civile, affinchè «le riparazioni del Palazzo dei Duchi vengano attuate, non solo le più urgenti nei muri esteriori, ma di più per la conservazione delle parti ornamentali interne»; e la seconda del 27 Gennaio 1867 «affinché dal Magnifico Palazzo vengano rimossi lo sconcio del Magazzino del Sale e (nientemeno!) il deposito di polveri sulfuree» !

Si riescirà a comprendere in tal modo quanto la città di Urbino debba al primo gruppo di uomini che presiedettero alla nascita dell'Istituto, alla costituzione del Corpo Accademico, da cui poi prenderà vita nel 1869 l'Accademia Raffaello; alla definizione dei programmi di insegnamento che erano distribuiti (trascrivo dal volume del Rotondi) «... in un corso elementare o preparatorio di quattro anni tendente a disporre gli allievi a quella parte delle Arti Belle cui vogliono dedicarsi, seguito da un Corso Superiore di anni tre frequentato da coloro che di proposito vogliono diventare Artisti, ed infine da un Corso serale d'ornato per comodo degli operai. Agli alunni dell'Istituto reputati idonei in un apposito esame erano inoltre assegnate ogni anno tre pensioni triennali di pittura, scultura, architettura, da utilizzare per un corso di perfezionamento in Roma, Firenze, Venezia».

 

I primi pensionati dal 1867 al '70 risultano Bernardino Barbanti di Pergola, per la Scuola di Pittura e Disegno, e Sante Bucciarelli di Castelplanio, per la Scuola di Architettura.

 

Ora vorrei richiamarvi a considerare quali fossero gli uomini scelti a insegnare nell'Istituto e quali le opere che di essi siamo riusciti a rintracciare sul luogo.

Di Gian Battista Pericoli scultore e Direttore dell'Istituto - nato a Scheggia nel 1810, morto ad Urbino nel 1884 - nulla conosco, finora, della sua formazione; e le poche opere tuttora esistenti presso il nostro Istituto ci vengono indicate nella «Guida per i visitatori dell'Istituto di Belle Arti delle Marche» dal Conte Pompeo Gherardi.

Una «Eva» la cui data è segnata al 1854 con questa notizia : «essa scolpita in marmo carrarese è la terza ripetizione - una è a New York l'altra a Londra», e vi si annota : «Con sorpresa in questi giorni vedemmo nel Giornale «L'Illustrazione» - Rivista Romana di Belle Arti una incisione dell'«Eva», statua del sig. Prof. Tadolini che par la copia - meno piccole varianti - di questa del prof. Pericoli che l'eseguiva assai prima».

Un «Putto dormiente» di cui è detto «è grazioso lavoro e dono gentile del prof. Cav. G. B. Pericoli.

«II busto di Lorenzo Valerio» : «Di fronte all'arco è il piccolo monumento eretto in memoria di Lorenzo Valerio fondatore dell'Istituto. E' lavoro del prof. Pericoli».

Esso come monumento ricordativo venne eseguito con pubblica sottoscrizione dopo la morte dello Statista. Il bando promulgato il primo Settembre 1865 precisa che le liste dei sottoscrittori resteranno aperte a tutto il Marzo 1866.

«A tutti quelli che si firmeranno per L. 10 sarà, nell'inaugurarsi del monumento, mandata in dono copia della vita di Lorenzo Valerio con l'incisione del di lui ritratto, la riproduzione del monumento medesimo e l'elenco dei sottoscrittori».  Il bando è firmato dalla Commissione composta da tutti gli insegnanti dell'Istituto e dal Conte Francesco Ubaldini, ispettore del Museo.

Mi si dice siano del Pericoli anche due busti marmorei di Raffaello e Bramante posti all'ingresso dell'ora chiuso Teatro Sanzio.

 Del prof. Costantino Grifoni - Urbino 8 Novembre 1797 - 28 Giugno 1867 - all'Istituto resta un ricordo «il dono fatto d'una copia dell'autoritratto del Rembrandt»; altre due copie possiede il Comune, degli autoritratti di Raffaello e di Federico Barocci. Ma nella sede dell'Accademia - nella casa del Santi - è custodito il bel ritratto della signora Grifoni.

 

Costantino Grifoni:  Ritratto della moglie - Urbino, Accademia Raffaello

 

Nulla resta dell'Arienti, se non il documento della rinuncia alla cattedra per essere stato eletto il 23 Aprile 1865 Architetto al Comune di Perugia . . . Non date, non luogo d'origine.

Di Giuseppe Gatti, Milano 1807 - Urbino 1880 ,  non opere bensì una lettera diretta al Pericoli in data 1879 16 Novembre che riportiamo in parte : «Trovasi ora di nuovo vacante in questo Istituto di Belle Arti il posto di professore di Architettura lasciato dall'egregio prof. Mascanzoni e così si verifica in meno di 16 anni il bisogno di provvedere per la sesta volta a questa cattedra, cosa naturale infatti poiché i candidati prescelti sono stati fino ad ora tutti giovani, sono venuti qua allettati dalla convenienza di incominciare la loro carriera ed hanno poi facilmente rinunziato presto al posto ottenuto per conseguire altrove migliori  condizioni ...»   «il  sottoscritto  che  ha  già disimpegnato con soddisfazione di questa rispettabile direzione l'incarico di supplente di architettura e ne ha ricevuto onorevolissimi attestati, si offre di nuovo ad assumere la supplenza ...» «al medesimo tempo il sottoscritto si pregia di far avvertire la S. V. Ill.ma, di essere disposto ad accettare il detto posto unitamente a quello che da tempo, 17 anni e più, tiene come professore di Prospettiva e Scenografia ...» «a dimostrare la sua idoneità lo scrivente può presentare un'opera che sta compilando di Prospettiva, Geometria e Teoria delle Ombre, unitamente a moltissimi disegni di vario stile d'architettura e ad un grandioso progetto di una cattedrale di stile bizantino ...».

Ma l'anno seguente il Gatti moriva e la sua opera rimase incompiuta.  Pure, nel lungo carteggio seguito alla sua morte, se ne riparla con l'erede, un cugino, l'editore Francesco Vallardi.

Di Francesco Serafini - (Palazzo di Arcevia 1820 - Urbino 1883) -molto è raccolto nell'orazione pronunciata alla sua morte : «Figlio di un medico d'origine urbinate d'antica famiglia che aveva dato sul finire del Settecento un Don Francesco Antonio, tenuto in concetto di Santo, e un Filippo d'assai buona fama nell'arte dell'argentiere – venne  ad Urbino in età di 13 anni. Fu allievo del Rondelli;  poi passò a Roma;  ivi ebbe a maestro il Minardi e frequentò artisti e studiosi. Tornato ad Urbino - dove era da eleggere il professore di Pittura nella Università -vi fu chiamato e vi rimase. Quando nel 1864 l'Istituto di Belle Arti raggiunse il suo assetto definitivo egli venne preposto all'insegnamento di «ornato e disegno»

Sue opere: un quadro sull'altare maggiore della Chiesa di S. Benedetto rappresentante il «Santo che esorcizza un ossesso», il sipario del Teatro «Sanzio».

 

Francesco Serafini:  Bozzetto per il Sipario del Teatro Sanzio - Urbino, residenza Comunale

 

Di seguito sono ricordati ritratti somigliantissimi e un disegno rappresentante il martirio di Santa Filomena eseguito dopo aver ascoltato in Chiesa un travolgente panegirico della Santa.

Nell'Orazione molto si parla della sua amorosa opera di insegnante, anche «dell'intaglio in legno» e di un tentativo purtroppo fallito «di dare vita ad una fabbrica di maioliche ad imitazione delle antiche Urbinati».

Nel testamento egli esige dall'erede il suo monumento «voglio ed esigo che entro il più breve tempo possibile dalla mia morte venga eretta in questo Campo Santo una Cappella entro la quale rimanga compreso il mio sepolcro e vi si innalzi un monumento con statua o semibusto che mi rappresenti e ciò voglio perché i posteri ricordandosi di me mi facciano qualche suffragio ...».

Del prof. Achille Mazzotti, nativo a quanto sembra di Poggio Mirteto, restano invece carte con cattivi ricordi:  si arguisce avesse presentato per il concorso titoli che dovettero risultare non autentici.  Il Pericoli in una sua relazione usa verso di lui parole pesanti.  Il 27 Settembre 1867 viene cancellato dall'Albo dei professori onorari al quale era stato iscritto quattr'anni prima.

Fu poco accetto a tutti i componenti il Corpo Accademico. Il Direttore in una lettera lo rimprovera aspramente «giunge notizia che Ella coi modi più indecorosi e triviali si pronunciò in luogo pubblico sull'Istituto, sui suoi professori insegnanti e in ispecie sulla Esposizione artistico - industriale che fu inaugurata nelle nostre sale ...».

Il tono che il Mazzotti usa nel rispondere al Pericoli, in altra occasione, appare ironico e mordente:

«Il cortesissimo invito che Ella fa al sottoscritto a nome del Corpo Accademico onde torni a prendere parte al Consiglio del nostro Istituto è grandissima prova di stima che la S. V. e tutti i Signori professori hanno voluto darLe benché immeritevole perciò rende a tutti infinite grazie: ma siccome i motivi per cui lo scrivente si è allontanato dal Consiglio in discorso non sono lievi, non crede conveniente di tornare e prega pertanto la stessa Signoria Vostra di scusarlo se si tiene stabile nella sua presa determinazione ».

Pur non ostante egli rimase come insegnante nell'Istituto fino all'anno scolastico 1870 - 71.

Il Conte Pompeo Gherardi di nobilissima famiglia urbinate – Fano 12 - 7 - 1832 - Urbino 4 - 7 - 1877 - fu il Segretario animatore dell'Istituto e valente insegnante di Storia dell'Arte.

Dalle carte di Archivio siamo venuti a conoscenza che per venire ad Urbino a reggere la Segreteria del nuovo Istituto aveva abbandonato il posto di Segretario alla Prefettura di Modena; sappiamo che si adoperò a far nominare l'Istituto erede della ricca e pregevole collezione d'arte del proprio congiunto Mauruzi a fine di accrescere l'importanza della Galleria annessa.  Fu nominato Cavaliere della Corona d'Italia l'8 Luglio 1860, e poco dopo Cavaliere dell'Ordine Mauriziano.

Dagli «Atti dell'Istituto» possiamo seguire i temi da lui proposti per gli esami di Storia, i discorsi da lui tenuti in varie occasioni, e dal lungo ininterrotto carteggio la passione che lo guidò in ogni problema riguardante l'Istituto ed Urbino. La sua «Guida» già citata ristampata più volte reca preziose notizie anche per il formarsi del primo nucleo di quella che diverrà con gli anni la Galleria Nazionale delle Marche in Palazzo Ducale. L'idea del riscatto della casa natale di Raffaello con la conseguente fondazione dell'Accademia intitolata al Santi, e la raccolta di oggetti preziosi, ricordi, cimeli, si deve a lui; egli fu veramente cittadino esemplare.  Un busto marmoreo scolpito dal Frenguelli lo rappresenta nella sede dell'Accademia.

Già negli «Atti» compresi in un solo fascicolo degli anni 1865 - 66 e 1866 - 67 figurano due nuovi professori insegnanti :  il prof. Fortunato Francolini alla Scuola di Architettura e il prof.  Giuseppe Castellani alla Scuola di Pittura; in essi è pure menzionata per la prima volta una cattedra di Anatomia Pittorica il cui insegnamento appare affidato al Dott. Silvio Tancetti e leggiamo il nome di un «ispettore del Museo» nella persona del Conte Francesco Ubaldini; e, oltre i dati riguardanti la frequenza degli alunni e il loro profitto, appaiono fedelmente registrati le adunanze del Corpo Accademico, l'elenco dei doni ricevuti, le opere d'Arte depositate alla Galleria dell'Istituto, i temi assegnati in concorsi, i premiati.

Intorno alla personalità dei nuovi insegnanti converrà aggiungere «che il prof. Fortunato Francolini (di Fano?) entra alla cattedra di Architettura con R. D. del 1. Settembre 1865 (accettando, scrive da Ancona) ... e poco più altro.

 

Giuseppe Castellani:  Andrea Carnevali,  Urbino, Proprietà privata

Giuseppe Castellani:  Paolina Antaldi, Urbino, Proprietà privata        

Giuseppe Castellani:  Olimpia Paolucci,  Pesaro, Raccolta privata

Giuseppe Castellani:  Cav Domenico Mazza, Pesaro,  Congregazione di Carità        

mecenate che regalò alla città la preziosa raccolta di ceramiche       

 

Per il prof. Giuseppe Castellani - Pesaro 1812 - 91 - esiste nell'Archivio una documentazione esauriente, in modo da poterne ricostruire la figura e le opere.  Nel 1837 all'Accademia Pontificia di Belle Arti di Bologna gli si assegna il II Premio nella scuola del nudo;  allievo dell'Accademia romana di BB. AA. di S. Luca, ottiene nel 1839 il Premio di Pittura per l'anno scolastico;  il 12 Agosto 1840 la Congregazione dei Virtuosi al Pantheon premia al Concorso Biennale Gregoriano il suo quadro dal titolo «San Paolo predica nell'Areopago di Atene e converte Dionigi l'Areopagita». Nel 1843 è all'Accademia di Venezia dove Odorico Politi professore di Pittura e Ludovico Lipparini di Disegno, gli rilasciano ampi attestati di lode. Nel 1847 dipinge e dona al Comune di Pesaro la grande tela dell' «Arresto di Pandolfo Collenuccio» ; ne è vivamente ringraziato e ricambiato con notevole compenso dal gonfaloniere Giulio Perticari. Nel 1856 è chiamato a comporre la Commissione ausiliare di Belle Arti della Provincia; insegna Disegno al Liceo Nolfiano di Fano nel 1853; Pesaro istituisce una Scuola comunale di figura e gliela affida nel 1863 : è titolare della cattedra di disegno alle Scuole Tecniche e Magistrali nel 64 - 65 - 66. Socio d'Onore all'Istituto di Belle Arti delle Marche nel 66, ed ivi insegnante di pittura il 29 Luglio 1867.

E' proprio l'ingegnere architetto Francolini a presentarlo : «ha dipinto a Fano nella chiesa di S. Francesco i pennacchi della cupola e un quadro d'altare che rappresenta "La Concezione", vari ritratti in Fano e molti in Pesaro eseguiti con grande verità e maestria».   Risulta maestro al pittore Pierpaoli di Fano, e Adriano Minardi dell'Accademia di S. Luca elogiando lo scolaro loda anche il maestro;  mentre viene nominato in Urbino è intento a dipingere il grande quadro del «Giuramento di Pontida» (4 metri per 6). A queste testimonianze aggiungo quella dei ritratti qui riprodotti; ed altri da me conosciuti posso citarli per testimonianza di mio padre : un ritratto della bellissima Contessa Zanucchi nata Gamba; quelli del Conte Gian Battista Spada e di sua moglie Cecilia Capocci Camporeali  che dovrebbero trovarsi a Roma presso gli eredi del Conte Giovanni Spada, il ritratto di Adolfo Spada, e quello del Signor Demetrio Matteucci a Pesaro e a Fano.

Una figura di pittore provinciale sul quale nessuno, ch'io sappia, si è mai soffermato e mi sembra doveroso considerare, prima che l'opera ne vada perduta : «Pittore intelligente operoso ed onesto, appassionatissimo per insegnare.  I buoni così lo dipingono e sono dispiacenti di perderlo. Non è l'uomo dei partiti, né dell'intrigo e perciò spero che  il Corpo Accademico non avrà mai a dolersene» scrive in una sua lettera A. Ramenghi un Accademico Pesarese a Gian Battista Pericoli il 12  Luglio 1867.

 

Gli «Atti» del 1867 - 68 si aprono con la constatazione che il numero degli allievi è salito a cinquantotto e che molti di essi «attesero assiduamente allo studio», che la disciplina è migliorata, che i pensionati Bucciarelli e Barbanti si fanno onore presso l'Accademia di San Luca, che il Corpo Accademico nelle sue dodici adunanze nulla ha trascurato «di quanto poteva tornare ad utilità morale e materiale dello stabilimento».

Insistenze presso il Ministero per la conservazione del Palazzo, incremento della giovane biblioteca Baldi, arricchimento del Museo, nomina di insigni personaggi a Soci Onorari del Corpo Accademico, annotazione dei doni ricevuti, elenco degli alunni degni di premio, rilievo dato alla cerimonia di premiazione con un discorso tenuto dal chiarissimo prof. Luigi d'Apel «relativo alla importanza delle Esposizioni Artistiche Industriali in Italia».

Gli «Atti del 1868 - 69 e del 1869 - 70 recano il cambiamento dell'insegnante di architettura : in luogo del Francolini, rinunciatario, il nome dell'ingegnere Luigi Crivellucci di Acquaviva Picena (Ascoli). I due pensionati Bucciarelli e Barbanti vi sono ricordati per aver terminato il loro corso di perfezionamento: «mandarono ciascuno una originale produzione perché ognuno potesse convincersi del profitto ricavato e dell'ingegno distinto».

Un nuovo pensionato viene nominato per la architettura, Luigi Corradi di Senigallia. E' ancora accresciuto il numero dei soci onorari, sono riportati i temi per ]e pensioni (per la Scuola di Pittura ali pianto di Tancredi sulla tomba di Clorinda») e quello degli esami annuali; fra gli alunni pensionati ritornano nei due anni i nomi di Ercole Beer di Urbino della scuola di Architettura e Disegno Prospettico, e di un Luigi Colombari di Urbino della Scuola del nudo il quale espone anche un ritratto dipinto ad olio.

Ed ecco raggiunto il decennio 1870 - 1880; vi registreremo avvenimenti e nomi degni di nota.

Nel 1870 - 71 offerta dell'Istituto di Lire cinquecento per l'acquisto della Casa di Raffaello, doni del Ministero della P. I. alla biblioteca (la importante Collezione di «Opere inedite e rare dell'antica letteratura italiana» e il giornale «Il Propugnatore». Fra gli alunni menzionati del terzo anno comune è un Pascoli Giacomo ....  Nel 71 - 72 il Mazzotti non figura più come insegnante e viene sostituito dal Serafini, così come si muta il nome dell'insegnante di Anatomia Pittorica - il Cav. Filippo Santopadre in luogo del Tancetti.  Nella relazione si traggono le somme dei primi sette anni di vita dell'Istituto. «All'inizio non locali adattati per le Scuole le Gallerie e gli Uffici, non modelli per l'insegnamento,   non  libri   per  la  biblioteca,   non   Opere   d'Arte   per  il Museo» ; ora è diverso «... Una fabbrica cui nulla manca di quanto per un Istituto di Belle Arti abbisogni, gruppi e statue formate sugli originali Greci e Romani ...»; e nonostante che il decreto Valerio relativo ad un Museo Marchigiano rimanesse per ragioni diverse lettera morta, si è giunti «a mettere insieme una rispettabile Pinacoteca perché in essa si ammirano quadri di Giusto di Gantes, di Giovanni Santi, di Timoteo Viti, del Crocchia,  del Tiziano, di Raffaello del Colle, di Gentile da Fabriano, di Antonio da Ferrara, di Federico Barocci ed altri . . .».  Negli atti si ricorda come il giorno 11 Giugno del 1871 si inaugurò il «Monumento» a Lorenzo Valerio; che l'Istituto allestì due Esposizioni Artistico - Industriali nel 1867 e nel '71 - «la seconda con esito ancor più splendido meritando la medaglia d'oro del Ministero d'Industria Agricoltura e Commercio»; vi si parla dei tre giovani pensionati in Roma, ai quali ora se ne è aggiunto un quarto Pietro Orlandi «che allievo di questo Istituto molto si distingue lavorando d'intaglio, e l'altro giovane artista Luigi Colombari che stato qui più anni e che pur vincendo con uno studio assiduo le molte difficoltà potè eseguire parecchi dipinti e aprire in Roma studio con diverse commissioni che gli fanno onore».

 

Il 1872 - 73 comporta nuovo cambiamento del professore di Architettura:    il prof.  Francesco Tamburini ingegnere architetto che risulta nominato il 4 Dicembre 1873.

Alla «pensione» concorre un solo candidato per l'architettura Ercole Beer «il quale però avendo presentato un lavoro non interamente compiuto» non può a norma dello statuto aspirare al pensionato: gli si tributano ugualmente lodi e un premio di incoraggiamento.  Fra gli alunni nella scuola di disegno superiore si distingue Egidio Calzini, quegli che diverrà poi illustre ed attento raccoglitore di memorie della Terra Marchigiana, e insegnante di Storia dell'Arte nelle aule dell'Istituto stesso.

L'unica variante nel corpo insegnante durante l'anno 1873 - 74 è data dal professore di Anatomia: al Santopadre succede il dottor Celso Bonora.  I temi d'esame sono: per il pensionato triennale della Scuola di pittura «Tasso in carcere», per quella di scultura «San Giovanni nel deserto», ma nessuno li supera con buon esito.  Il premio annuale della scuola di ornato tocca ad Egidio Calzini, la medaglia d'oro triennale per la scultura ad Antonio Ricci di Urbino.

Anche nel 1874 - 75 nessun cambiamento nel corpo insegnante.  Le pensioni triennali vengono assegnate a Francesco Berardi di Urbino per l'architettura (e viene mandato a studiare a Torino) per la scultura ad Antonio Ricci (con la sede di studio in Roma) a Claudio Rinaldi da Urbania per la pittura (con la sede in Firenze).

Nel 1875 - 76 altro mutamento nell'insegnamento dell'architettura:  al prof.  Tamburini che rinuncia alla cattedra il 21 Ottobre 1876 - per andare a ricoprire quella di Architettura superiore alla R.  Accademia di BB.  AA.  di Pisa - succede il prof.  Ferdinando Mascanzoni.  Viene assegnato un premio per la Scuola di Architettura a Leonida Leoni di Staffolo.

Nel 1877 il segretario e insegnante di Storia dell'Arte Conte Pompeo Gherardi è deceduto.  Nel periodo della malattia e dopo la morte lo  ha sostituito alla prima mansione l'avvocato Vincenzo Romani, nella seconda il prof.  Fiocchi Nicolai.  Gli alunni sono cinquantacinque «ventiquattro di Urbino e trentuno di fuori» viene precisato, buona la disciplina, regolare l'andamento delle lezioni.  Il Corpo Accademico fa eseguire importanti lavori nella Galleria dei quadri; acquista importanti opere per la Biblioteca; procede alla nomina di nuovi soci onorari (v'è tra essi Francesco Paolo Michetti).  Ricevono premi Simone Sanchini per l'architettura e una alunna, per il disegno, Anna Maria Tinti di S.  Lorenzo in Campo.

Nel 1877 - 78 il numero degli alunni sale a sessantaquattro; con molto onore terminano il pensionato, i giovani Rinaldi e Berardi rispettivamente per la pittura e l'architettura; il tema per la scuola di pittura per il pensionato è il seguente:    «Una madre che piange la morte del proprio figlio».  Le pensioni vengono conferite, per l'architettura ad Alberto Sabbatini, e per la pittura a Caio Rinaldini entrambi di Urbino.  Nel 1878 - 79 i soliti insegnanti; «le medaglie triennali» assegnate per la scultura a Pietro Tommasini di Mercatello e per la architettura a Simone Sanchini di Urbino.  Fra i premiati dei corsi intermedi figurano Giuseppe Busignani di Urbino, Vittorio Chieragati di Abbadia (Veneto) un Ruggero Piccini, una Melania Geronzi, ancora la Tinti.

E finalmente giunti al 1880 troviamo un nuovo cambiamento alla cattedra di architettura prospettiva e scenografia:  il prof.  Recordano Malaspina di Castellarquato (Piacenza).  Nella relazione annuale il numero degli alunni è ridotto a 39.  Vi si elogiano i pensionati Sabatini e Ravaldini che compiono il perfezionamento a Roma e il Sanchini e il Tommasini che lo iniziano.  Durante le sedute del Corpo Accademico si discute sulla opportunità di provvedere in bilancio ad uno stanziamento per contributo alla Scuola d'Arte applicata all'industria «alla cui istituzione ora non si attendono che le disposizioni definitive del Ministero».

E qui a modo di parentesi riassuntiva mi sia dato riferire il testo del Rotondi su questo argomento cosi interessante a buona comprensione di quanto accadrà in seguito:  

Fin nel 1879 ecco infatti il Corpo Accademico, nella sua adunanza del 3 Agosto, esaminare una lettera del Comitato, che si era costituito in Urbino sotto la Presidenza del Conte Camillo Castracane Staccoli, al fine d'instituirvi una Scuola Professionale d'Arte e Mestieri, lettera nella quale si richiedeva l'uso di un locale nel quale la Scuola avesse potuto trovare ospitalità iniziando le sue funzioni sotto la sorveglianza dell'Istituto stesso.  Tale idea fu quindi ripresa, l'anno successivo, dall'Amministrazione Comunale, per aderire alla cui richiesta il Corpo Accademico fece anche approntare un completo progetto presentato il 17 Ottobre 1880 ed esaminato sopraluogo nel 1881 da un ispettore ministeriale, senza che peraltro alcuna decisione fosse adottata.

Ancora più tardi - e precisamente nel 1885 - c'era perfino chi parlava di trasformare l'Istituto di Belle Arti in una Scuola a tipo industriale e di tale idea si faceva patrocinatore lo stesso Municipio, contro le opposte tendenze del Corpo Accademico, che invece difendeva i suoi naturali interessi.  Sembrava, ciò malgrado, che la trasformazione dovesse proprio verificarsi, ed infatti, ai primi del 1891, era lo stesso Ministro della Pubblica Istruzione che presentava in Parlamento un progetto di legge in cui tale trasformazione era proposta ed elaborata; minaccia che fu possibile allontanare soltanto grazie all'energia dimostrata dalla Presidenza, che, nel 1893, cercando di sventare il pericolo con l'andarvi incontro, favorì la promulgazione di un nuovo statuto, nel quale si decretava l'inslituzione di un insegnamento pratico (industriale), collateralmente a quello già praticato dall'Istituto con intenti invece più artistici.

 

Sul nuovo insegnante di architettura, Recordano dei Marchesi Malaspina ho rintracciato nella relazione del concorso, da cui risultò eletto su altri quattro concorrenti e in varii documenti conservati in archivio i dati seguenti:    nato nel 1850 a Villafranca di Lunigiana, discendente da antica nobilissima famiglia, muore, il 9 Febbraio del 1887 in una sua villa del Piacentino, a 36 anni di età.

Dalla relazione citata (14 Agosto 1880) della Commissione esaminatrice firmata da G.B. Pericoli, Camillo Staccoli Castracane, Giuseppe Castellani, Federico Mili, Francesco Serafini ed E.  Salmi, sindaco della città, trascrivo la parte di maggior interesse: «L'ingegner Malaspina è trentenne.  Allievo dell'Università di Torino vi disegna con precisione e finitezza squisita 94 tavole, cioè tutto un corso di Geometria Descrittiva».  Di altri grandi disegni murali di macchine deposti in quella Scuola degli Ingegneri e non potuti inviare attesta con lode il prof.  Cavallaro; sì nell'Università che nella Scuola s'applica con amore all'architettura e di quel periodo scolastico ci invia alcuni saggi ottimi per invenzione e per gusto.  Laureato colà ingegnere civile nel 1875 va a Genova a far pratica presso l'illustre architetto Cav.  Bruno il quale, autore del bellissimo Politeama genovese, compiuto il progetto d'altro Politeama per Trieste e là chiamato a costruirlo, manda invece a dirigere la costruzione - e, si badi, d'opera propria e sì grandiosa - il giovane Malaspina.  Questi dirige e compie la costruzione, alcune parti accessorie modificando e aggiungendo di proprio.  La Società costruttrice gliene rilascia onorevolissimo attestato e lo nomina «ingegnere conservatore» di quell'edificio; in questi quattro anni ha ivi non poche e importanti commissioni ...».  Palazzine, villini, una serra, e progetto per un asilo e ricostruzione di altre case.  «... Di tutte queste opere ha inviato i disegni e gli attestati di soddisfazione dei committenti:    in esse lo stile rare volte tende al classico;  per lo più obbedendo alle esigenze dei committenti e alle condizioni, si piega alla architettura moderna, ma, se non sempre con castigatezza, sempre con unità di concetto, con ragionato giudizio, con brio, con effetto e senza mai cadere in quegli eccessi di cui ci porgono esempi non infrequenti taluni odierni magnificati edifizi.  Di questi progetti trattati alla brava, sono invero dettagli diligentemente eseguiti;   nella distribuzione delle parti e nel sapersi acconciare, vincendole, a difficoltà non lievi di aree e di luoghi, spiccano evidenti la facilità del disegno la fecondità della invenzione, la.  perizia del costruttore, l'ingegno dell'architetto ...».

 

Ma il Malaspina dovette cadere ammalato assai gravemente - «di bronchite» egli spiega in lettere da Castellarquato - e ricadere quando sperava di ritornare ad Urbino.  Nel 1885 proprio nel momento in cui si stava attuando il trasporto dell'Istituto di Belle Arti dalla sede di S.  Benedetto alle sale terrene di Palazzo Ducale, egli è assente.  Il Presidente Lanzirotti gli scriverà per chiedergli le chiavi dello studio e del locale d'abitazione da lui occupati nell'Istituto «altrimenti si sarà obbligati ad una apertura forzata».  Egli manda la chiave a malincuore, spiacente che il luogo in cui ha vissuto per cinque anni - per il quale «a renderlo decente ha speso oltre seicento lire del suo» - venga aperto senza la sua presenza.  Ancora il Presidente Lanzirotti dovrà chiedere al Ministero misure per risolvere una situazione difficile:  il tentativo vano di persuadere il Malaspina a rinunciare alla cattedra ... Vi è una occasione propizia per sostituirlo:    l'ingegner architetto Giovanni Mirabelli «che in questo momento - Ottobre 1885 - eseguisce il Cimitero di Pesaro».

 

Negli Atti del 1881 - 82 si legge che gli alunni sono 66, la loro «diligenza allo studio è lodevole».  Il tema proposto per la «medaglia triennale di architettura» è il seguente (Progetto di una villa Signorile: la scelta dello stile e la distribuzione delle parti sono lasciate in libertà del concorrente).  V'è indicato il vincitore:    l'alunno Giuseppe Purgatori di Cagli.

Nel 1882-83 il numero degli alunni è decresciuto di molto:    trentatrè.  E' cambiato l'insegnante di Anatomia Pittorica: il dott.  Carlo Cantalamessa.  Nelle dieci sedute del Corpo Accademico si delibera fra l'altro di concorrere nel modo migliore alla spesa delle feste per il quarto centenario della nascita di Raffaello:  «... In quella occasione per crescere decoro alla solennità, secondo i desideri del Superiore Ministero si trasferirono i migliori quadri dalla Galleria dell'Istituto in alcune delle storiche sale di questo monumentale Palazzo dei Duchi, dove si ha fondata speranza che in tempo non lontano potrà l'Istituto stesso stabilire la sua sede».  In essa relazione è brevemente commemorato il prof.  Francesco Serafini morto il 13 Luglio - degno di essere ricordato sia per il lungo e solerte magistero spiegato nell'insegnamento, sia per i lasciti generosi da lui fatti all'Istituto medesimo ed agli alunni più poveri e meritevoli.

 

L'anno che segna gravi, radicali mutamenti nell'Istituto è il seguente: 1883 - 84.

 

 

REGNO  D'ITALIA

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ISTITUTO  DI  BELLE  ARTI  DELLE  MARCHE

URBINO

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AVVISO

 

Provvedutesi dal Corpo Accademico agli insegnamenti che erano vacanti in questo istituto, siamo lieti di annunziare, che nel giorno 17 del corrente novembre si riapriranno le scuole per l’anno 1884-85, sotto la direzione «lei chiarissimo Cav. ETTORE XIMENES, e col magistero dei valenti artisti,

 

NEZZO  LUCIANO, Professore di Pittura,

XIMENES Prof. ETTORE,  Professore di Scultura,

MALASPINA Marc. Ing. RICORDANO, Professore di Architettura e Prospettiva

FRENGUELLI GIUSEPPE, Professore di Ornato, Decorazione e Intaglio del legno

 

I giovani che vorranno essere ammessi all’Istituto dovranno farne domanda in iscritto, e documentare, 1°.  la loro età,  2°.  saper leggere e scrivere e far di conto, 3°.  di essere di buoni costumi.

Le norne e condizioni, che a termini dello Statuto il corso scolastico e le prove di profitto da darsi dagli alunni, sono a cbinntgiic «Sensibili in iju««sbi Segreteria.

Speriamo che i giovani, i quali amano il culto delle Arti, vorranno concorrere numerosi, e con fermo proposito dì stadio e di lavoro cooperare cosi al proprio vantaggio come ad ogni migliore incremento di questo Istituto, fondato con civile sapienza nella Patria di Raffaello.

Urbino 10 novembre 1804.

 

IL   PRESIDENTE

COMM.  A.  LANZIROTTI

IL  SEGRETARIO

Cav. V. Romani

 

 

 

Gian Battista Pericoli muore il 3 Giugno del 1884; Giuseppe Castellani più che settantenne viene collocato a riposo il 10 Novembre dello stesso anno, non senza avere, prima di andarsene, preso parte alla Commissione esaminatrice dei lavori e dei titoli dei concorrenti nuovi per le cattedre di pittura e scultura.  Il giudizio concorde dei commissari, Giuseppe Castellani Presidente per anzianità, Comm.  Antonio Lanzirotti, prof.  Cav.  Gaetano Tiberi, Antonio Valenti - è assente il signor Cav.  Giuseppe Ciccolini, Ispettore degli Scavi e Monumenti - dopo due sedute tenute il 29 Ottobre e il 2 Novembre 1884, proclama i nomi dei vincitori.

Sicché il 14 Marzo dell'anno 1885 ecco apparire l'elenco rinnovato della Presidenza, Direzione, e Corpo Insegnante dell'Istituto di Belle Arti delle Marche:    in esso appare la prima volta un Presidente nella persona del Comm.  Antonio Lanzirotti Barone di Sarnaggia, Direttore e insegnante di scultura è il prof.  Cav.  Ettore Ximenes, insegnante di Pittura il prof.  Luciano Nezzo, insegnante di Ornato, Decorazione e intaglio in legno il prof.  Giuseppe Frenguelli.

Immutati i nomi degli altri insegnanti e quelli del Segretario Vincenzo Romani e dell'Ispettore del Museo Conte Francesco Ubaldini.

Per riferire in breve sulla vastissima opera di Ettore Ximenes - Palermo 1855 - Roma 20 Dicembre 1926 - nonché sul valore di essa occorrerebbero maggior spazio ma soprattutto doti diverse da quelle ch'io posseggo; a lui è stata dedicata una vasta monografia che reca le firme di Adolfo Venturi e di Ugo Fleres; ivi sono riprodotte in gran copia sculture, disegni, pitture ad attestarne una versatilità ricca, prepotente, in alcuni momenti felice; la sua fama ebbe vasta consacrazione ufficiale, divenne mondiale giacché monumenti dello Ximenes si elevano sulle piazze non solo di città italiane, ma straniere:  Buenos Ayres - Kiew - San Paulo - Pietrogrado - e una serie di bronzi o di marmi suoi adorna Gallerie di Stato e case private.  Il tempo porrà via via in luce la parte migliore della sua fertile produzione, e si vedrà forse come anche quella che oggi si trascura perché molto legata alle mode e agli schemi del tempo cui egli appartenne, proprio da un costume riceverà significazione.

 

Ci basterà qui ricordare le opere ch'egli foggiò durante il periodo urbinate, con le parole celebrative pronunciate in memoria dallo scultore Arnaldo Zocchi probabilmente durante la funebre cerimonia,

«Un ritmo di vivere più quieto gli porgeva Urbino, che lo chiamava a dirigere l'Accademia Raffaellesca.

L'angustia del breve ambito provinciale non poteva far argine alla mente che spazia in più larghi confini e la sua personalità seguitò a irradiarsi sulla penisola con opere importantissime.  E di là, nei pubblici concorsi, in nessuno dei quali egli fu mai assente, scendeva già preceduto e circondato dall'aureola della Vittoria.

 Lasciò anche Urbino e ormai col prestigio di una fama universalmente conosciuta comparve a Roma.

Dalla gentile città delle Marche erano usciti per le sue mani, il bel monumento di Garibaldi a Milano ... La Galleria Nazionale di Arte moderna si era arricchita della sua statua della Rinascita e del suo gruppo Cuore, gioiello eterno di arte finissima».

 

Ettore Ximenes, Lettera agli Studenti (1884).  Urbino, Scuola d'Arte

Ximenes, Particolare da Gli scolari del Cuore (bozzetto).  Urbino, proprietà Sig.  Pietro Albini    

 

Ximenes:  Ls fede,  Urbino, Cimitero monumentale, Cappella Conti Petrangolini

Ximenes: Conte Camillo Castracane Staccoli, Urbino, Accademia Raffaello        

e infine ci sia dato di riprodurre qui accanto la fine, inedita, terracotta conservata nella collezione dell'Accademia Raffaello di Urbino, e di farvi osservare un particolare del bozzetto dei famosi «scolari del Cuore» o «la Fede» della cappella dei Conti Petrangolini.

 

In quanto a Luciano Nezzo - Badia Polesine 1856, Urbino 1903 - gioverà riportare in parte un documento conservato nell'archivio, una specie di autopresentazione:  

« ... Dopo esauriti i primi due corsi della Scuola Tecnica negli anni '68 - '69 il sottoscritto ha percorso per cinque anni gli studi presso la Reale Accademia di Belle Arti di Venezia ed allorché pareva avviarsi con lusinghiera aspettativa alla professione della pittura nella quale i suoi condiscepoli ed amici Favretto, Lancerotto, Milesi hanno ormai conseguito onorevole posizione, fu colpito dalla leva; e avendo dovuto compiere per tre anni il servizio militare si è veduto senza colpa preceduto dagli altri nel nobile arringo.  Ma anche durante quel tempo favorito dalla bontà dei superiori non ha omesso di coltivarsi in quell'arte che è l'unica aspirazione della sua vita; e ciò gli fu accordato con speciale permesso, ed ebbe l'onore di presentare con la divisa di soldato a S.M. il Re d'Italia un ossequioso frutto dei suoi lavori.

Dopo ottenuto il congedo militare il sottoscritto proseguì esclusivamente nell'esercizio della sua arte in Venezia, ed ora avendo bisogno di procurarsi una posizione fissa nutre lusinga che codesto Onorevole Istituto vorrà scusare l'ardire con cui egli osa aspirare all'ambito ufficio nella città che è patria a così grande pittore italiano ... »; 

 

    Luciano Nezzo:    particolare de la " Carità ", Urbino, Cimitero Monumentale,

                                            Cappella dei Conti Petrangolini

Luciano Nezzo:  Figura di donna, Urbino, Collezione privata   

 

e ancora giovandoci della voce che lo ricorda nel volume «I Pittori Italiani dell'Ottocento» dizionario critico e documentario redatto da A.  M.  Comanducci - Milano 1934 - aggiungeremo alcuni titoli di opere sue:  

«Il Tasso al letto di morte di Eleonora d'Este» «Leonardo da Vinci nell'atto di ritrarre Monna Lisa» e il «Ritratto di Umberto I» che fu donato dall'artista al Sovrano, e inoltre, opere i cui titoli dimostrano aperture diverse «Invitato a pranzo» «Mastro Pietro» «Rebecca» «Tramonto»; un «Buon giorno» esposto a Roma nel 1883 - un «Alla finestra» esposto a Torino.

Riprendendo il filo della storia dell'Istituto e gli Atti dell'anno scolastico 1884-85, vi troveremo che gli alunni erano trentuno, i risultati di studio soddisfacenti, che alla fine dell'anno si era tenuta una mostra dei lavori dei giovani, che la medaglia d'oro triennale era stata assegnata ad Asdrubale Piccini di Urbania della scuola di scultura, che altri alunni presentatisi agli esami di abilitazione in Bologna e in Parma avevano conseguito l'abilitazione.

 

Quindici erano state le adunanze del Corpo Accademico e in una, del 25 Marzo 1885, molto s'era discusso «in pendenza delle riforme dello Statuto organico e dell'intendimento di fare qualcosa per la Scuola d'Arte applicata all'industria» determinando poi di aprire per i mesi di Aprile Maggio e Giugno una Scuola serale di disegno a beneficio di artieri e operai.

«Poiché gli artieri ed operai hanno bisogno di apprendere geometria, architettura, disegno di macchine ...» - si rivolge il Lanzirotti al Ministero, e l'apertura del corso avviene grazie all'intervento del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, e gli artieri e gli operai che lo frequentano sono ottantotto e vengono classificati per mestieri ed ammessi ad esporre i loro saggi e anch'essi premiati.

«... Oggi stesso quelli che furono giudicati più meritevoli ricevono unitamente agli alunni dell'Istituto la loro ricompensa.  Fausto auspicio per l'accordo delle Belle Arti con l'Industria nell'avvenire di questo Istituto Marchigiano ... !».

Nel 1885 - 86 il Presidente Lanzirotti cede il posto al prof.  Federico Mici, la Vice presidenza è assunta dal Conte Camillo Castracane Staccoli e il prof.  Recordano Malaspina è in via provvisoria sostituito dal prof.  Giovanni Mirabelli.  Il Mirabelli lo si direbbe da alcuni indizi napoletano:  egli scrive più volte dando il suo indirizzo:    Napoli, Palazzo Luperano al Covone n.  7.  Di lui resta nella documentazione scolastica un elogio dello Ximenes:   «quattro alunni dell'Istituto recatisi a Parma e a Bologna sostennero lodevolmente l'esame di patente all'insegnamento del Disegno:    e dell'esame la parte più importante riguardava l'architettura e il Disegno di macchine del prof.  Mirabelli».

L'Istituto ha sede nel monumentale palazzo dei Duchi disposto allo scopo dal Ministero della Pubblica Istruzione; il Direttore Ximenes pronuncia un discorso alla Esposizione Artistica del 1 Agosto; nell'elenco delle Scuole risulta una curiosa aggiunta:

 

«Architettura per gli alunni della Università»

 

Nella relazione dell'anno seguente '86 - '87 nulla di invariato per quanto riguarda il personale dirigente ed insegnante.  Vi si accenna alla morte del Malaspina, alla sua sostituzione con il Mirabelli, a nuovi soci onorari, ad illustri soci defunti.  Si fanno voti perché dal concorde patrocinio ed aiuto dei Ministeri - Istruzione Pubblica e Industria e Commercio «possano le pendenti riforme dell'ordinamento del nostro Istituto definitivamente stabilirsi ed attuarsi».

Nell'anno 1887-88 Presidente dell'Istituto è il Comm.  Giuseppe Fiocchi Nicolai, gli alunni sono ancora in diminuzione - ventitré - ma «si ha il compiacimento di vedere nei loro lavori risultati più splendidi che in passato».  Nella Esposizione Nazionale di Bologna ed in quella regionale di Camerino alcuni di essi riportano lodi e premi.  L'illustre Direttore Ximenes ha vinto il concorso per il monumento da erigersi in Milano a Giuseppe Garibaldi.

Fra gli alunni premiati risultano i nomi di Èrcole Scatassa da Urbino nella scuola di Disegno e figura, di Enrico Mancini da Sassocorvaro per la Scuola di Ornato.

Nell'anno 1889 - 90 il prof.  Giuseppe Frenguelli si dimette per aver accettato la cattedra dell'Accademia di Perugia; ma il Frenguelli ritornerà ancora ad Urbino in veste di Direttore dell'Istituto e se ne parlerà poi.

Lo sostituisce, alla cattedra di Ornato e Decorazione, il prof.  Ferdinando Torchi che viene scelto in seguito a concorso indetto il 1.  Settembre 1889 e da alcuni accenni della scarsa documentazione si dovrebbe arguire fosse Romano.

Occupa la cattedra il 13 novembre 1889 e la sua nomina è confermata con R.  Decreto il 14 novembre 1891.

Nel 1889 - 90 gli alunni sono trentaquattro, gli insegnanti i medesimi; risultano premiati nel corso di Scultura Siciliano Gualdesi di Urbino, in Ornato e Decorazione Staglieno Zaccarelli di Urbino, nella classe universitaria di Architettura Giacomo Ronchi di Castelplanio.  Dagli Atti dell'anno seguente '90-'91, appare, quale presidente il prof.  Avv.  Demetrio Gramantieri che in un suo discorso commosso commemora il defunto avv.  Cav.  Vincenzo Romani benemerito Segretario, tessendone l'elogio.  Segretario incaricato risulta il Conte Ettore Gherardi figlio al Conte Pompeo.  Il 19 marzo 1893 il prof.  Gramantieri registra una data importante e lieta per l'Istituto:    la gazzetta ufficiale del 15 marzo ha pubblicato il nuovo Statuto dell'Istituto di Belle Arti delle Marche.

«Sarà questo - egli scrive - il punto di partenza per instaurare ciò che di più decoroso e vago, di più decente e gentile di più nobile di più umano e pio si trovò nelle abitudini dei nostri avi ...   .».  Nell'elenco dei premiati che segue il discorso troviamo ancora nomi noti, lo Zac-carelli, il Ronchi, il Mangoni, il Gualdesi e in più un Isidoro Andreani di Macerata Marche; e leggiamo per la prima volta l'elenco completo degli alunni che sono quarantacinque.

Nel '93 - '94 la Presidenza è di nuovo nelle mani del prof.  Cav. Fiocchi Nicolai, professore di Storia dell'Arte è Andrea Moschetti, di anatomia il Bedeschi, gli alunni sono cinquantatrè.  Lo Ximenes non appare più né come Direttore né come insegnante:  la sua sosta urbinate è conclusa.

Un fascicolo d'arivio può contenere la spiegazione della improvvisa partenza dello Ximenes da Urbino, il capovolgimento improvviso di una situazione, il cambiamento della Presidenza, la cancellazione del nome di un altro insegnante dall'elenco dei professori.

Esso documenta il dissidio scoppiato fra lo Ximenes e il prof. Ferdinando Torchi che fu invano composto con buoni uffici di amici dell'uno e dell'altro e divenne insanabile perché dilagato oltre i limiti; indica una situazione incresciosa che doveva trascinarsi da tempo:  un dissidio fra la Presidenza, il Corpo Accademico  forse troppo rigorosi osservatori di un ordine, di una disciplina statutaria, di un decoro scolastico - e libere necessità di un uomo impetuoso, già toccato dalla fama e divenuto sprezzante delle ordinate misure.

Il Presidente Demetrio Gramantieri appare dai documenti figura di uomo che sa resistere a offese e non offende, prudente, saggio, ma fermo nelle proprie decisioni, contro cui la lettera di dimissioni dello Ximenes va a cozzare con un colpo violento e rimbalza.

L'Artista è pregato, in seguito alla deliberazione del Corpo Accademico, di ritirare le dimissioni, ma non recede: partirà.

Naturalmente la Sua partenza provocherà altre dimissioni e partenze che appaiono soltanto con il mutamento di nomi negli ATTI ufficiali.

La triste nobile lettera del Gramantieri agli alunni che alla notizia delle dimissioni del Direttore avevano abbandonate le aule scolastiche viene trascritta a ricordare, più che con dati e notizie, la figura di un uomo degna mi sembra di grande rispetto.

 

Urbino 10 Marzo 1893

Carissimi ed ottimi alunni,

Siete giovani e di cuore ed io non ho che da ammirarvi.  Ma io che sono abbastanza innanzi con gli anni ed ho lunga ed amara esperienza non debbo abbandonarmi agli slanci generosi dell'animo ma obbedire alla riflessione fredda e matura.

Del fatto spiacevolissimo intervenuto fra il prof. Torchi e il Direttore dell'Istituto nella scuola io non potevo farmi giudice perché esorbitava dalle mie facoltà.  Un dovere mi incombeva ed era di ordinare al prof.  Torchi di ricevere nella sua scuola gli alunni che egli aveva sospesi e lo feci immediatamente.

Un altro obbligo mi incombeva ed era di riferire il fatto denunciatomi tanto dal Consiglio dei Professori come dal prof.  Torchi ed ho provveduto; il Corpo Accademico è adunato per giovedì 16 corrente.  Ragioni di prudenza, obblighi professionali imprescindibili ed esigenze del regolamento dell'Istituto mi hanno impedito di farlo prima.  Il Corpo Accademico che rappresenta l'Istituto provvederà come gli detterà il suo senno e con quella profonda imparzialità che si conviene alla sovranità che egli esercita su una delle più care istituzioni di questa nostra città.

Voi avete abbandonate le aule: sopportate con pazienza che io vi dica che avete torto.  Siate a me così cortesi di accettare un mio consiglio: ripigliate i corsi senza ritardo.

Ogni giorno che passa è un danno per voi per la vostra istruzione per la vostra educazione artistica che è un dovere supremo per i vostri superiori e per voi stessi.

L'ufficio che tengo nell'Istituto, che non ho mai desiderato, costa a me pure grandi amarezze; malgrado ciò non l'ho disertato.  L'ultimo incidente mi ha pure contristato; lasciamo tutti al Corpo Accademico il giudizio sul medesimo per rispettarne poscia, tutti, le risoluzioni.

Tornate intanto alle vostre scuole; e poiché a Voi, cari giovani, ho parlato col cuore di amarezze patite, vi scongiuro a voler risparmiarmene un'altra, benché siavi ispirata da un nobile sentimento, quella di lasciare deserte in questi giorni le aule dell'Istituto

Credetemi con affetto sincero

II Presidente

Gramantieri

 

Sostituisce lo Ximenes nella Direzione il prof.  Luciano Nezzo - e alla cattedra di Scultura il prof.  Adolfo Laurenti.

Nell'anno che segue come Direttore ed insegnante di Scultura ritorna il prof.  Giuseppe Frenguelli, come insegnante d'Ornato e Decorazione il ferrarese Diomede Catalucci; è entrato alla cattedra di Storia dell'Arte il professor Egidio Calzini.  Di nuovo si fa memoria di «pensione», ma per un biennio invece che un triennio: il pensionato viene assegnato al giovane Siciliano Gualdesi di Urbino per la scultura; gli alunni sono quarantotto; il diploma di primo grado alla licenza della scuola di ornato è per Nazzareno Maestrini di Urbino.

Nel '95 - '96 gli alunni sono quarantotto, nel '96 - '97 cinquantotto.  ^ Con decreto ministeriale del 18 ottobre 1897 l'Istituto viene dichiarato sede d'esame per il conseguimento della abilitazione all'insegnamento del disegno nelle scuole tecniche e normali.

Nello stesso anno 1897 ottengono un diploma di onore Francesco Brici di S.  Savino (Rimini) e un premio di primo grado Ferdinando Spugnini di Urbania per la pittura; e premi per la scultura Giulio Buttini di Perugia e Tito Mancini di Morrò d'Alba.

 

Nell'esposizione Raffaellesca del 1897 che affiancò i solenni festeggiamenti per l'erezione del Monumento a Raffaello - la giunta ordina-trice in cui figurano tutti i professori dell'Istituto fu presieduta da Ettore Ximenes.

Nell'anno scolastico '97 - '98 fra gli alunni migliori figurano nominate Amalia Cangini, Anna Viscardi, Marzia Ubaldini; e Igino Fagioli da Pergola vi appare premiato con diploma d'onore.

Viene l'anno 1898 - 99 e di nuovo come incaricato alla Direzione figura il Nezzo, la cattedra di scultura è vuota.

 

Intorno al prof.  Giuseppe Frenguelli e alla sua personalità speravamo ricevere qualche lume dall'Accademia di Perugia - né esso ci è giunto.

Riscorrendo le carte d'archivio vi abbiamo letto come anch'egli fosse fra i concorrenti alla cattedra di scultura in quel concorso che nell'84 aveva portato alla nomina dello Ximenes, ma prima che la Commissione stendesse la relazione finale, avesse ritirato i documenti.  Probabilmente doveva appartenere al gruppo insegnante nell'Istituto fin dall'82 o dall'83 e occupava la cattedra di ornato e decorazione che era stata tenuta dal Serafini e alla quale, abbiamo veduto, rimase.  La relazione suddetta lo nomina quale scultore ed ornatista finissimo e la aggettivazione ci sembra convalidata dal tondo con il doppio ritratto dei Conti Nardini, così pieno d'intima grazia, che qui si riproduce.

Per il professore Diomede Catalucci, (- Ferrara 6-8-1859 – Urbino13-12-1943 -), che lo sostituiva, nulla ho rintracciato finora nella città o dai documenti d'archivio di dati o di opere a rappresentarlo. 

 

G.  Frenguelli:    Conti Nardini Urbino, Cimitero

 

 Egli era ancora insegnante d'ornato quando nel 1912 - 13 io fui nell'Istituto studente.  Sue si dicevano in quegli anni le decorazioni del Caffè centrale e dell'interno del Teatro «Sanzio»; l'una e l'altra possono considerarsi perdute.  Lo si sapeva abilissimo ricalcatore di vecchie cose, tecnico sapiente e versatile - e mi sembra ancora di aver udito una volta da lui stesso che in gioventù avesse soggiornato in Argentina.  Dopo la trasformazione dell'Istituto dal Direttore Delitala verrà più volte chiamato a far parte della Commissione giudicatrice per gli Esami di Abilitazione in qualità di membro esterno.

Nell'anno 1900 Luciano Nezzo è ancora incaricato della Direzione ed entra come insegnante di scultura Luigi De Luca.  Di questo scultore - Napoli 1885 - 1938 - trascriverò quasi integralmente quanto il figlio, architetto Giulio, ha voluto con cortese e affettuosa sollecitudine inviarmi.

 

«Lo scultore Luigi de Luca è oriundo di antica e facoltosa famiglia del Cilento che diede due martiri ai moti Carbonari del 1828; in conseguenza buona parte dei beni furono confiscati dal Governo Borbonico.  Il padre del de Luca arruolatosi con Garibaldi nel '60, ebbe in compenso dal Governo Italiano un modesto impiego che conservò per poco, perché morì dopo alcuni anni, seguito a breve distanza dalla moglie.

Luigi de Luca, rimasto orfano a 13 anni, con tre fratelli più piccoli di lui, dovette interrompere gli studi; la sua giovinezza fu molto travagliata e misera.  Impiegatosi presso un famoso avvocato, strappò molte ore al sonno per studiare alla Scuola serale di disegno.  Dopo varie e dolorose vicende, poté entrare nella bottega dello scultore Lista, alla cui scuola si erano fatti numerosi artisti, quali Gemito, Mancini, Miglioro, Irolli, Postiglione ecc.

Cominciò di qui la sua ascesa che lo portò anche a numerosi e notevoli riconoscimenti pubblici, in Italia e fuori.

Ottenne:

II premio al Concorso Nazionale di incoraggiamento del Ministero della P.  I.  nel 1881; fu premiato nel 1886 alla Promotrice di Napoli, per l'opera «.Sogno claustrale» acquistata per la Galleria del Palazzo Reale di Capodimonte.

Nel 1888 fu premiato per l'opera «Schiava in vendita» e nel 1891 per quella «Ad murenas», entrambe attualmente esposte alla Galleria d'arte moderna di Capodimonte a Napoli.

Nel 1896 ottenne il I premio alla Esposizione di Roma con la statua intitolata «In Africa».

Nel 1897 fu premiato a Barcellona pel frammento in marmo intitolato «Saffo», acquistato dal Ministero della P.I. e attualmente esposto nella Galleria d'Arte Moderna di Palermo.

Nel 1911 ebbe la medaglia d'oro all'Esposizione di Barcellona per la statua «Igea».

Altra medaglia d'oro ebbe a Senigallia nel 1914 per il ritratto del Signor Nicolai.

Partecipò con risultati favorevoli a numerosi concorsi tra i quali si devono ricordare quello per due leoni cavalcati da geni alati che sono all'ingresso del Palazzo della Borsa di Napoli e quello per la statua a Giambattista Vico del Palazzo di Giustizia in Roma.

Il de Luca fu maestro di plastica nella scuola della Società operaia diretta dal Palizzi.  Nel 1896 sotto la presidenza dello stesso Palizzi, fu nominato professore onorario dell'Istituto di Belle Arti di Napoli.

Partecipò poi al concorso per la cattedra di scultura alla Accademia di Belle Arti di Lucca classificandosi secondo.

Nel 1900 vinse il concorso per l'Istituto di Belle Arti di Urbino.

Nel 1906 vinse il concorso per l'Accademia di Belle Arti di Napoli, presso la quale rimase fino alla morte.

La sua attività di artista fu molto intensa e continua e si distinse particolarmente in alcune opere e in alcuni ritratti di rara forza e vigore espressivi.

Ebbe naturali qualità di modellatore e, se riportato al suo tempo, si distinse per qualità di sintesi e per larghezza di modellato che lo condussero lontano dalle calligrafiche composizioni del periodo Umber-tino e del Liberty.  I suoi limiti vanno ricercati nell'angustia della vita artistica italiana dell'800, ma si deve riconoscere che egli, in alcuni casi, con intuito naturale riuscì a liberarsene, rifacendosi alla tradizione dei classici del Rinascimento che studiò con amore e approfondimento.

Fu uomo di rara bontà e di grandi sentimenti e questa sua natura agì purtroppo negativamente nella sua vita d'artista, perché lo indusse a rifiutare varie e notevoli occasioni di trasferirsi, facendolo invece ritornare alla vita angusta della sua città.  Le sue doti di maestro sono ancora vive nel ricordo di molti che furono suoi allievi prediletti.  Alla scuola egli si dedicò con passione, con entusiasmo e con profonda coscienza delle sue responsabilità».

 

 

Luigi de Luca:  Ritratto del prof.  Luigi Fiocchi Nicolai (bronzo), Urbino, Villa del Popolo

     Luigi de Luca: Saffo, Palermo, Galleria d’arte moderna

Luigi de Luca: Goiambattista Vico, Roma, Palazzo della Giustizia    

 

Che il De Luca abbia lasciata indimenticabile traccia nei ricordi dei suoi scolari è innegabile.  Lo ama ancora l'anconetano Vittorio Morelli scrivendomene ed inviandomene un autografo - brevi notizie sul retro di una fotografia senza data - che trascrivo:    «.Caro Vittorio, ricevetti giorni fa la tua carta da visita e ti ringrazio del pensiero che hai sempre per me.  La Vittoria che vedi è in bronzo nella misura di metri 2,50; la ho fatta per i caduti in guerra di Saviano.  Cordialmente ti saluto e ti ricordo.  Luigi.

P.  S.  Credo che avrai saputo del concorso vinto da Aldo Gamba.  Si tratta di un monumento per l'America di duecentomila dollari (4 milioni di lire!!).  Ora si trova a Roma per eseguirlo.  Vi concorrevano anche i più valorosi artisti italiani come il Dazzi, il Fontana, Niccolini, Romanelli, Zocchi ed altri.  E dire che venne da me quando faceva il tagliatore di scarpe.  Te ne ricordi? Ora si è sviluppato bene.  Auguro anche a te buona fortuna».

L'episodietto si è voluto qui ricordare anche perché legato ad un altro di cui nella nota si documenta e racconta:  

 

Urbino 24 Novembre 1897

Gamba Aldo fu Luigi fa domanda alle S.  V.  lll.me di essere ammesso quale studente al Corso Libero di Plastica e si fa ardito presentare le ragioni di tale domanda.

Egli ha percorso solo le cinque classi elementari ed è perciò privo della istruzione necessaria a chi vuole intraprendere la carriera artistica.  Fra tre anni dovrà andare sotto le armi e non avrà finito il corso degli studii e in arte non sarà nulla.  Lo scopo perciò è quello di apprendere il disegno e la plastica per poter poi modellare delle statue in cartapesta lavoro questo che egli ha cominciato a fare sotto il signor Conti di Acqualagna e che dopo tre anni di studio potrà continuare con molto vantaggio suo e della sua famiglia.

Ora attende che le S.  V.  lll.me vogliano (benché iscritto al corso libero ed intendendo di venire tutti i giorni ed in tutte le ore di scuola) assegnargli un orario e le materie alle quali dovrà dedicarsi per raggiungere il suo scopo.  Con la massima stima si dichiara delle S.  V.  lll.me

Devotissimo

Gamba Aldo

 

La lettera scritta da altri e soltanto firmata dal Gamba è uscita da un fascicoletto a lui dedicato.

Il ragazzo coinvolto in una rissa, risulta colpevole di lesioni.  Viene sospeso dalle lezioni e anche - si deduce - minacciato di espulsione dall'Istituto.  Egli in una protesta, esprime doloroso aspro risentimento perché essendo la baruffa avvenuta fuori di scuola e per motivi che ai signori insegnanti non devono interessare, la minacciata punizione gli appare come nera ingiustizia.

V'è poi una lettera dei compagni solidali a difenderlo, tentando di stornare la grave minaccia e annunziando il proposito di abbandonare le aule, qualora essa venisse attuata.

 

Ora torno a riagganciare la storia.

Nel 1901 - 02 Direttore dell'Istituto e professore di scultura è dunque Luigi De Luca; alla cattedra di Storia dell'Arte è preposto un altro illustre letterato marchigiano il prof.  Giacomo Vanzolini.  Fra i premiati risultano per la pittura Anna Viscardi di Rieti con speciale encomio, e per la decorazione Dante Ortolani di Urbino; per la Storia dell'Arte appare degno di menzione Vittorio Morelli di Ancona.

Nel 1902 - 03 il prof.  Mirabelli ottiene il permesso di assentarsi - il Ministero lo adopera per una speciale missione alla Certosa di Pavia - con l'autorizzazione a farsi sostituire dall'architetto Giuseppe Mancini.

A proposito di questo architetto cedo la parola ancora al ricordo di Vittorio Morelli «...Spero avrai pensato - egli mi scrive - all'architetto Mancini di Querceta che fu come una luminosa meteora - professore all'Istituto per solo due anni proprio nel periodo in cui io ero alunno dei corsi speciali di scultura.  Anch'egli mi fu guida e con lui collaborai in un concorso per l'America e poi a Roma, quando, vinto il pensionato Nazionale, egli ebbe una menzione onorevole al Salon di Parigi per un grande acquerello.  Prese anche parte al concorso mondiale del Palazzo dell'Aia e vi risultò classificato quarantesimo; concorse alla Stazione di Milano, vinse il concorso per il padiglione delle feste alla Mostra dell'11 a Zoagli progettò e costruì la villa di Sem Benelli opera per allora originale ed ardita.  Lo incontrai poi a Roma fra i cinque scelti per il Monumento ossario del San Michele; infine ebbe la cattedra di architettura all'Accademia di Parma o di Pavia - non ricordo e non ne ho saputo più nulla ...».

 

Nel novembre del 1903 quasi improvvisamente muore Luciano Nezzo e alla cattedra di Pittura viene acclamato dal Corpo Accademico il pittore napoletano Giuseppe Pennasilico.  Ma il Pennasilico dovette soggiornare per così breve tempo ad Urbino da non lasciare traccia:  rimane nell'archivio soltanto una sua lettera di condoglianze per la morte del prof.  Giuseppe Fiocchi Nicolai.  Fra gli alunni Ciro Pavisa di Monte Baroccio (Pesaro) vi appare premiato al corso preparatorio – e Vittorio Morelli nel corso speciale di scultura, così come Edmondo Grossi di Pesaro per quello di ornato.

 

Architetto Giuseppe Mancini: Concorso per il Palazzo della Pace all'Aja.

 

Nel 1904 l'Istituto è ancora diretto dal De Luca; al posto del Mirabelli o del Mancini è il prof. Guido Fondelli, all'insegnamento della pittura entra il prof.  Luigi Scorrano.

L'Istituto partecipa all'Esposizione di Senigallia e vi viene premiato con medaglia d'oro, gli allievi iscritti sono cinquantuno - premiata per la pittura è Amalia Cangini; Anna Viscardi vince il pensionato di pittura.

Nel 1905 e 1906 nulla è cambiato:  fra gli alunni premiati, al corso comune appare il nome di Pio Pullini, a quello di pittura Ciro Pavisa, a quello di scultura Aldo Gamba.

Di Luigi Scorrano (Lecce 2 luglio 1849 - Urbino 16 giugno 1924) che fu l'ultimo Direttore dell'Istituto di Belle Arti delle Marche, dirò che allievo di Domenico Morelli all'Accademia Napoletana, professò adorazione costante per il maestro, tanto che avresti detto giurasse nel suo nome.  Le sue tele religiose sono profuse in chiese della Puglia e di altrove.  Dal dizionario del Comanducci attingerò dalla voce che gli è dedicata alcuni titoli delle opere sue maggiori; riprodurrò i due quadri le cui immagini debbo alla cortesia di Vincenzo Ciardo.

Mi soffermerò su lui con amoroso rispetto:  ne serbo ricordo come di onestissima, mite, figura d'uomo.  Poche le sue parole, ma a volte ad esatta comprensione e incoraggiamento.

Pubblico anche una sua letterina degli ultimi anni di vita, quando ammalato, dalla Puglia, anelava al prossimo ritorno:  essa è significativa, rassegnata, presaga.

Titoli di alcune opere fra i quadri di genere e i ritratti: «Un battesimo a Cassino»  acquistato dalla Provincia di Napoli.  «Una Rebecca della Campania» acquistato dal Ministero della Pubblica Istruzione; «L'ambasciata di matrimonio» acquistato dal Ministero di Grazia e Giustizia.  Ritratto dello scultore Tommaso Solari conservato nell'Istituto di BB. AA. di Napoli «Gioie intime»,  «Canto d'amore»,  «Tristi reminiscenze».

 

     LUIGI SCORRANO: La verginella -  acquistato dal re d'Italia

LUIGI SCORRANO: I martiri d'Otranto -  Chiesa di S. Caterina a Formiello   

 

Titoli di alcune opere a carattere religioso in chiese di varie città:  

«Apparizione di S.  Paolo a Sant'Antonio Zaccaria» a Napoli; «Sant'Alessandro Saulle e il Beato Bianchi» nel santuario di Caravaggio, «San Gaetano» a Matera, «San Tommaso» ad Altamura; «L'immacolata» «Apparizione del Cuore di Gesù», «SS.  Cosma e Damiano» in Lecce.

Gli anni che seguono, io credo siano da annoverarsi fra i più attivi e felici dell'Istituto di Belle Arti, sebbene la riforma Ministeriale premesse e già il mutamento degli Istituti d'Arte si maturasse.

1905 - 06 - 07:    A professore di scultura è entrato Domenico Iollo, dacché Luigi De Luca ha ottenuto la cattedra all'Accademia di Napoli.

Lo Iollo è anch'esso nato a Napoli il 27- 6-1866, ed ivi morto il 2 dicembre 1938.  Fu allievo del Dorsi; non so nulla - e in troppo brevi giorni non sono riuscito a rintracciarne notizie - delle sue opere e della sua carriera di insegnante né prima né dopo la partenza da Urbino.  Il ricordo della persona è vivo:  un viso acuto, uno sguardo intelligente, una piccola barba biondastra, un sorridere lievemente ironico ... Era claudicante, lo udivamo giungere, piano, da lungi.

Riproduco di lui il gesso de «L'annegata» rimasto miracolosamente intatto nella scuola dopo il disordine della guerra, e il bel bronzo, Dolores, che devo alla gentilezza del Segretario dell'Accademia di Napoli dott.  Sandirocco; ma suoi sono ad Urbino anche i due busti dedicati a Federico Barocci e a Giovanni Pascoli.

 

     DOMENICO  JOLLO: L'annegata (gesso) - Urbino, Istituto d'Arte

DOMENICO  JOLLO: Dolores (bronzo) - Napoli, Accademia della Belle Arti   

 

In questo medesimo anno e per i due seguenti, nell'Istituto insegna Storia dell'Arte un letterato e poeta:  il bolognese Giuseppe Lipparini; e, a consultare gli «Atti», si leggono fra i premiati i nomi di personali conoscenze:  Dante Masetti e Mario Massioni di Pesaro, Amos Luchetti da Filottrano che sarà architetto, e ancora lo scultore Gamba, e Ciro Pavisa pittore - e Vincenzo Ciardo e Ferdinando Mariotti alle prime classi del Corso comune, insieme con Luigi Caracciolo di Messagne e Silvio Balducci di Senigallia - non conosciuti ma sentiti nominare nelle gerarchie studentesche - il primo pittore, il secondo decoratore, vincitori di borse di viaggio ministeriali e di medaglie.

 

Protesta collettiva scritta di pugno di Silvio Balducci ma firmata da 28 alunni:

 

Rispettabile Consiglio dei Professori

Gli studenti di Belle Arti di questo rispettabile Istituto visto che i lavori dei giovani sono sempre serviti per accendere le stufe o sono stati perduti e considerando ciò cosa mal fatta e che a sua volta potrebbe succedere con i loro medesimi lavori domandano; 1) Che al licenziamento o congedo da questo Istituto per passare altrove gli alunni abbiano diritto di riavere i propri lavori; 2) Se qualche articolo dello statuto di questa Scuola vietasse simile cosa noi chiediamo che ai singoli giovani che lasciano lavori sia almeno rilasciato un foglio legale che attesti il  numero dei lavori e la qualità e chi ne piglia consegna e la responsabilità in caso di perdita o di guasto; 3) Dato che il secondo desiderato sia quello da loro accettato noi chiediamo che ogni qual volta i giovani facessero richiesta di prossimi lavori per concorsi od altro, questi siano fatti spedire bene imballati e assicurati a richiesta dei medesimi.

Sicuri che i nostri desiderata saranno riconosciuti giusti con stima li riveriamo.

 

E ancora nel 1910 appaiono i nomi di Antonio Catalani da Senigallia e di Ferdinando Biscaccianti premiati per l'ornato e l'architettura e si affacciano fra i nomi degli alunni dei primi corsi, quello di Mentore Maltoni di Ancona, e, niente meno, quello di Mino Maccari di Siena (il padre prof. Latino Maccari era valente insegnante di lettere latine e greche al Liceo).  Nel 1910 - 11 alla cattedra di architettura è preposto il professor Augusto Baitello; gli alunni iscritti sono 78; nei corsi speciali risultano premiati Carlo Barbieri di Auditore per la pittura, e Umberto Buglioni di Cosenza per la scultura; si licenziano il Caracciolo del Corso di Architettura e Umberto Ruini di Modena.

Nel 1912 l'insegnante di Architettura è Luigi Garlatti Venturini, nato nel 1885 a Sinaia (Romania) di famiglia veneta, - tuttora vivente ad Ancona, unico superstite degli insegnanti del vecchio Istituto di Belle Arti delle Marche.  Nella relazione della Commissione giudicatrice al concorso cui prese parte - composta da Luigi Scorrano, e dagli architetti Collamarini e Bazzani - il Garlatti risulta secondo nella terna.  Si esprime su di lui questo giudizio:    «Artista di valore, presenta saggi di carattere didattico e di esercizio professionale con intendimenti serii e notevolissimi; un po' troppo specializzato nell'arte del suo paese (la Venezia)».  Rinunciando il vincitore, la cattedra viene a lui di diritto.  Cito alcune sue opere: l'Altare nella Cappella della Madonna della Rosa nel Santuario di Ostra (Ancona), le Chiese parrocchiali di Vendoglio e di Buia (Friuli), la Cappella di S.  Gherardo a Serra de' Conti, l'altar maggiore della Chiesa di Falconara Alta, ville a Senigallia, Pesaro, Trieste; Scuole per varii paesi; palazzi ad Ancona in Viale della Vittoria, Via Carducci, zona Archi; sventramento della zona Astagno sempre ad Ancona con progetto della intera costruzione dei palazzi del nuovo Corso Stamira ... ed altri molti progetti di mercati e di sistemazioni urbanistiche non realizzate.

 

Luigi Garlatti Venturini:  Progetto per la chiesa di S. Pietro in Bogotà  (Columbia)

 

Nello stesso anno scolastico ha insegnato Storia dell'Arte il prof.  Amedeo Pelli, gli allievi iscritti sono 75, vengono licenziati dal Corso comune, Mentore Maltoni di Ancona e Arrigo Manzari di Cerignola; le borse di viaggio ministeriali vengono concesse a Vincenzo Ciardo e a Fernando Mariotti.

Il 1913 è l'anno che segna la morte del Comm.  Fiocchi Nicolai e in cui l'Avv.  Pietro Fonti assume la Presidenza dell'Istituto; l'anno nel quale Lionello Venturi inizia le sue lezioni di Storia dell'Arte e la cattedra di anatomia viene affidata al prof.  Antonio Venturi; in cui Corrado Ricci - Direttore Generale delle BB.  AA.  - solennemente in Palazzo dice il discorso celebrativo per Federico Barrocci ...

Gli allievi iscritti toccano il massimo di 81, i compagni di classe ritornano ad uno ad uno nella memoria e di tutti si vorrebbe trascrivere il nome:    il duo loretano di Enrico Cacciaguerra e Mevio Pasquini, Caio Polidori da Mondaino, Giacomo Borghesi di Rimini, l'amico Corrado Corradi di Jesi, Giuseppe Giovagnoli di S.  Angelo in Lizzola - da natura così particolarmente dotato - Melchiorre Fucci di Fano, Igino De Sanctis di Ferentino e l'altro Polidori, Carlo, cara amicizia pesarese di anni lontani già compagno alla scuola serale di Arti e Mestieri e si vorrebbero ricordare ancora Ciardo e Barbieri che si licenziarono dal Corso di Pittura e il Gruppo dei Veneti al Corso di Architettura, e gli scultori Manzari, Maltoni, Pettine.

L'anno dopo i professori sono gli stessi, subentrano nuovi allievi anche di età maggiore e si annodano conoscenze nuove:  con Giuseppe De Min che diverrà architetto, o con Ferdinando Galli di Matelica del quale poi vedrò dopo una decina di anni, inaspettatamente, alcune pitture riprodotte nella Rassegna Marchigiana di Luigi Serra, con Virgilio Carotti da Osimo che ritroverò ceramista e Direttore di Scuola; e Silvio Marzotto da Valdagno di cui perderò ogni traccia, e, giovanissimo, l'altro Matelicense Diego Pettinelli o quelli che, per noi del primo corso speciale di pittura, sono gli anziani, prossimi a licenziarsi, un Fattori e un Balilla Petrini e Alessandro Leone decoratori, o Eno Pelletti di Montecosaro e i due veneziani Bortoluzzi e Milani architetti, o Leandro Ricci scultore ed altri che invece sono ancora al corso comune ma con i quali v'è dimestichezza, Mario Palladini o Antonio Passerini, Benedetto Tesei, Pierleone Lodovichetti, Giovanni Simeoni; - e perché no le ragazze? - Anna Farina, Valentina Valentini, Maria Canuti, Laura Montini; e perché no l'unica timida piccolina compagna del corso di pittura, Filomena Valpondi di Cesena?

(Parentesi chiusa; perché la rosee e azzurrine coloriture di cui s'è accennato all'inizio, rischiano di sovrapporsi alla rigorosa storia.  Cedo la parola a un pittore assai più esperto di me per tracciarvi il quadro di allora).

 

«Con l'Università libera esisteva a quel tempo ad Urbino anche un Istituto di belle arti.  Quando cominciai a frequentarlo nel 1908, lo dirigeva e vi insegnava pittura il leccese Luigi Scorrano, allievo devotissimo di Domenico Morelli, onesta e mite persona, il cui nome avrebbe avuto in arte diversa risonanza, se egli non si fosse dedicato quasi unicamente al genere sacro, ricalcando fin troppo fedelmente gli schemi del venerato maestro.  Alla sua memoria Scorrano si compiaceva inoltre tributare omaggio usando il medesimo cappello a staio di foggia quarantottesca.  Attaccatissimo agli allievi li trattava come figli, forse anche perché di figli non ne aveva avuti.

Quei cinque anni vissuti nell'illustre cittadina marchigiana ebbero il loro peso nella mia formazione intellettuale.  Un paesaggio riposante tutto a vallate e colline, quel senso vago di civiltà umanistica sospeso nell'aria, l'armoniosa severità delle architetture del palazzo di Montefeltro e delle chiese medievali, gli assorti silenzi delle straducole inerpicate sulle pendici della Valbona, le belle lezioni di Lionello Venturi, allora impegnatissimo nello studio delle grandi tradizioni dell'arte italiana, conciliavano l'animo col desiderio di meditare.  Difficile che i frutti di cosi singolare tirocinio andassero del tutto dispersi.

La vita lassù costava meno che altrove, ed anche per questo vi convenivano studenti di ogni parte d'Italia.  Con 75 centesimi ci scappavano due pasti dalla popolarissima Rosetta al Mercatale, la grande spianata che si estende ai piedi della città, dove nel giugno ha luogo la fiera di S. Crescentino, una delle più accorsate della regione.  Mi pare di sentire ancora il coro formidabile dei muggiti delle migliaia di bovini allineati in file compatte, il frastuono della folla, gli urli dei sensali, le fisarmoniche dei cantastorie.  Il contadino delle campagne urbinati ha in comune con quello della vicina Romagna l'esuberanza verbosa ed il gusto della politica.  Non so oggi, ma allora la ricorrenza del primo maggio era una delle feste più attese dell'anno.  Uomini e donne quel giorno si portavano in città per partecipare a comizi e cortei. Per la verità si trattava di un socialismo piuttosto festaiuolo e casareccio, che non escludeva l'amicizia col prete ed il rispetto per il padrone, ed esauriva la carica rivoluzionaria nella ostentazione del garofano rosso all'occhiello, nei canti di rito e in gagliarde libagioni.  Più che in un vero e proprio allineamento di forze politiche, la manifestazione si risolveva in una pittoresca sagra rurale.  Poi di nuovo tutti a casa, per chiudere in bellezza la giornata con una memorabile sbornia, e arrivederci l'anno prossimo.

Tempi facili, ovattati di benessere e di aspirazioni modeste.  Era l'epoca dei movimenti per Trento e Trieste, fomentati da un irredentismo retorico e piazzaiolo, non ancora maturo per le prove decisive; del trionfante estetismo dannunziano e delle decorazioni di Aristide Sartorio nel Palazzo del Parlamento; dei mangiapreti dell'asino e del giro ciclistico d'Italia con Ganna e Galletti; del teatro di Scarpetta e dei lazzi di Petrolini, delle sciantose del caffè concerto e dei personaggi solenni in tait e cilindro alle cerimonie ufficiali, dell'operetta viennese e dei duelli per una semplice occhiata storta.  Il cinema muoveva i primi passi e parevano grandi cose quelle pellicole che a rivederle oggi fanno sorridere per la banalità delle trame e la melensaggine degli attori, poveri cristi sbalzati sullo schermo dalle tavole dei palcoscenici.  Sorgevano appena allora gli astri della Borelli, della Bertini, di Emilio Ghione, e le infantili buffonate di Cretinetti rappresentavano il non plus ultra della comicità.  Quattro soldi costava il biglietto a militari e studenti, e per giunta si era deliziati dalle musiche di un pianino meccanico adattate allo svolgimento del film.  Immancabili la sinfonia del Guglielmo Tell per gli inseguimenti a colpi di pistola, e il brindisi della Traviata alla chiusa del drammone amoroso, con relativo bacio a lungo metraggio.

Gli studenti più snob frequentavano pure un certo ritrovo, il Tordinone, nei pressi del minuscolo teatro Sanzio dove si ballava fino alle ore piccole.  Non ancora dilagavano in Italia i torbidi languori del tango argentino e le epilettiche frenesie dello jazz americano, perciò in auge era sempre l'eleganza composta e briosa del valzer e della polka.  Frequentato da studenti e da gente di modesta condizione, non era quello che si dice un ambiente chic.  Dopo ogni giro i cavalieri si affrettavano a depositare nelle mani del padrone piantato al centro della sala i due soldi della tariffa.  Con quel mammasantissima alto un metro e novanta, noto e temuto per la potenza disastrosa dei suoi bicipiti, l'ordine nel locale era esemplare.  Se qualche sconsigliato si permetteva di provocare degli incidenti, c'era caso che andasse a finir fuori a pedate, lungo disteso nella neve.  Naturalmente i guai per noi studenti venivano alla fine del mese.  Nell'attesa del vaglia paterno niente cinema, niente Tordinone, niente spese voluttuarie.  Bisognava contentarsi di spassarsela al Pincio, un bel poggio alberato a ridosso dei torrioni del Palazzo Ducale, oppure sotto i portici del corso, specie d'inverno, anche per ripararsi dal vento e dalla neve, che lassù sono di casa per almeno cinque mesi dell'anno.  Darsi appuntamento sotto i portici era come un obbligo per chi voleva incontrare gli amici, sapere le novità del giorno.  Era lì che verso sera si concentrava la vita cittadina e gli studenti intrecciavano i loro idilli sentimentali, il cui stile ricalcava su per giù quello dei raccontini dell'amore illustrato.  Dopo la rituale schermaglia di teneri sguardi e sorrisi d'intesa, veniva il gran passo della dichiarazione amorosa, che la buona costumanza richiedeva fosse scritta in bella calligrafia, su carta elegante.  A volte accadeva che due spasimanti scoprissero di aver puntato sul medesimo soggetto, e allora le cose si complicavano, spesso con finale cruento di un occhio ammaccato o, se si era d'estate, con lo sfondamento della paglietta.

Ma anche altri motivi provocavano, sempre sotto i portici, incidenti e chiassate:  rivalità di scuole, antipatie personali, qualche scherzo troppo pesante.  Bastava però la vista di un professore, presente per caso alla scena, perché tutti se la squagliassero, salvo a rimandare la partita.  Il professore !  Era una sorta di astrazione, temuta e riverita, distaccata nella nostra mente dalle miserie umane.  Magari odiarlo si poteva, ma non mai mancargli di riguardo.  Per questo il campo delle malefatte studentesche veniva scelto sempre fuori della scuola.  Delle volte però si esagerava.  Come la notte famosa del passaggio della cometa di Halley, nel 1911 se ricordo bene.  Tutta la città, studentame in testa, si era trasferita sulle colline per assistere allo spettacolo.  Alcuni sconsiderati, approfittando del buio e della confusione, si lasciarono andare a tali intemperanze che, venuti alle brutte con altre teste amene, ne nacque un grande parapiglia che richiese l'intervento della forza pubblica.  I più scalmanati passarono così il resto della notte in guardina.  Il delegato di pubblica sicurezza però non ritenne opportuno drammatizzare l'incidente, e si limitò ad una memorabile lavata di testa ai maggiori indiziati.  Qualcuno però credette di cogliere nello sguardo del degno funzionario sfumature di divertita nostalgia.  Era stato universitario ad Urbino pure lui, e forse per questo con gli studenti usava una tattica particolare, un misto di minacce e blandizie, anche per non urlare la suscettibilità dei Corpi Accademici, pronti sempre a prendere le difese dei giovani.

Noi delle belle arti, come ci chiamavano, dovevamo dopo fare i conti col pazientissimo Scorrano.  Convocati nel severo ambiente rinascimentale dello studio, tra tele di santi e madonne, anime purganti e storie di martirio, subissati di richiami scottanti alla buona educazione, ai sacrifici delle famiglie, alla dignità della scuola, dovevamo alla fine subire la più mortificante delle punizioni:  il perdono del maestro accompagnato dal suo abbraccio paterno.  E tuttavia in quelle stravaganze niente c'era che offendesse veramente il costume e la morale, almeno come erano concepiti a quel tempo.  E dopo tutto la cittadinanza vi si divertiva anche.  Per esempio assistendo alla sfilata della nostra squadra musicale marciante impettita con chitarre e mandolini, e accompagnamento di suoni ottenuti soffiando su bottiglie e bottigliette riempite d'acqua, magari proprio mentre il concerto bandistico cittadino eseguiva il suo programma in piazza.  Per non parlare della parodia del torneo medievale con parata di asini cavalcati da personaggi in armature di cartone, delle battaglie furiose a colpi di palle di neve, ottima occasione per far finta di sbagliare bersaglio, delle statue di neve messe su di notte raffiguranti in caricatura personaggi ragguardevoli del luogo.  E sempre il povero Scorrano doveva darsi da fare per difendere presso la haute urbinate il buon nome dell'istituto.

Non si era ancora all'epoca dei complessi, né la gioventù era smaniosa, come oggi, di bruciare le tappe dei semplici entusiasmi e dell'ottimismo, o aveva tendenza a veder tutto nero.  Eppure molti di quei ragazzoni che chiedevano alla vita soltanto ciò che la vita può dare ad una certa età, cioè la coscienza e la gioia di sentirsi giovani, qualche anno dopo sapranno concludere da uomini la verdissima esistenza sulle balze pietrose del Carso.  Altri, come Mino Maccari ... faranno onore all'arte italiana.  Il fatto è che, ad onta delle apparenze, anche nel divertimento si sapeva separare il sacro dal profano, anche i giovani che si avviavano agli studi sceglievano la propria strada possedendo almeno un minimo di vocazione.  Fosse ancora vivo il capo custode dell'Istituto, tal Busignani, potrebbe testimoniare con quali raggiri lo convinsi un certo giorno di Pasqua a consegnarmi le chiavi della scuola per passarvi dentro la festa a disegnare, dimenticando che l'ottimo Scorrano, sapendomi solo e lontano da casa, mi aveva da tempo invitato a pranzo per quella giornata.  Impensierito egli mi fece cercare da tutte le parti.  Quando finalmente la sera ricomparvi sotto i portici e la faccenda fu chiarita, contro ogni mia aspettativa Scorrano non fiatò.  Solo mi ordinò, col solito fare brusco, di andare subito a casa sua e farmi dare dalla moglie la mia porzione di pastiera.

Il 28 marzo, nascita di Raffaello, festa grande con corteo alla casa natale dell'artista, ufficialità venuta da Roma, corone, discorsi e gale di bandiere e stendardi.  Noi dell'Accademia per l'occasione esibivamo berretti di velluto, uguali a quello del famoso autoritratto del pittore.  Spettacolo esilarante quelle teste conciate a quel modo, quelle facce proibite atteggiate a serietà e compunzione !  Poi la premiazione nel gran Salone dei Camini del Palazzo Ducale.  Niente assegni bancari, naturalmente, solo dei vistosi diplomi con il nome e cognome ornato di svolazzi.  Siccome allora i giovani si appagavano del fumo, non possedendo ancora quello che si dice una mentalità pratica, avremmo dato chi sa che cosa per conquistarne uno.

Infine il termine degli studi, l'addio ai maestri, agli amici, alla città, e la partenza, ciascuno per il proprio destino.  Saldati gli ultimi debiti, mi rimaneva in tasca solo l'importo del treno da Pesaro a Lecce, perciò non avevo le due lire per la corriera automobile fino a Pesaro.  Nelle medesime condizioni si trovava un compagno di scuola delle mie parti.  Decidemmo così di farcela a piedi, una quarantina di chilometri, partendo col fresco a mezzanotte.  Quando Scorrano ebbe notizia di quell'altra novità, si precipitò in piazza, ci chiamò pazzi, scongiurò di non dargli simile dispiacere.  Inutilmente.  Trovammo delle scuse, parlammo di scommessa con amici che dubitavano delle nostre capacità podistiche, ma non si convinse e se ne andò infuriato senza salutarci.  Naturalmente eravamo commossi e mortificati più di lui.  Per un po' sostammo nella piazza deserta, lo sguardo rivolto all'abitazione del maestro.  Attendevamo un segno che ci dicesse che ancora una volta quel caro uomo indulgeva alle nostre stramberie.

Ed ecco illuminarsi la nota finestra e un'ombra dietro i vetri sbracciarsi in gesti di addio.  Col cuore più leggero ci avviammo verso le vallate odorose di grani maturi.

Vincenzo Ciardo ([4])

 

Vittorio Morelli:  L'esploratore Beltrami, scopritore delle sorgenti del Mississippi (bronzo), Filottrano.

 

 Vittorio Morelli di Ancona - Ancora studente all'Istituto di Urbino venne premiato per il saggio finale, un "Nudo di ragazzo " grande al vero, (1903-04).  Del 1906 è la sua prima scultura (a carattere sociale) "I rifiuti".  E autore di varii busti commemorativi:  di Giosué Carducci, Giuseppe Verdi, Frate Paolo Mussini (1938).  Suoi sono il grande monumento all'Ottavo Bersaglieri (un "Genio alato") sul piano di Lavaredo, eseguito mentre era alle armi nel 1916, un "San Francesco" esposto a Roma ad una Mostra degli Amatori e Cultori, una "Pietà" per il cimitero di Brescia che fu fra i bozzetti prescelti per il concorso vinto da E.  Luppi ; suoi sono varii monumenti ricordativi nel cimitero di Ancona, i Battisteri della Cattedrale di Ostra e quello della Chiesa dei Salesiani in Ancona; nonché il monumentino a Pinocchio nella località denominata « Pinocchio » alla periferia di Ancona.

 

Pullini - Ancona 1887 - Roma 1955 - Dopo la frequenza di qualche anno ad Urbino termina gli studi all'Accademia di Roma allievo di G. A. Sartorio.  Dalle molte sue opere - decorazioni murali e pitture ad olio, composizioni sacre e ritratti - citiamo:  le decorazione del Salone della Delegazione Italiana a Cettigne (1910), della Sala del Ministero dell'Economia (1914), di una Sala del Palazzo del Viminale (1920), l'affresco nel Refettorio del Collegio Nazzareno in Roma (1947), quello nel Salone di Villa Viola (Rovigo), 1925; le pale d'altare per chiese di Rovigo e Faenza; i ritratti della moglie, del Conte Minardi, di Angelo Signorelli; ma soprattutto una ininterrotta serie di acquerelli o di tempere dal garbatissimo tono caricaturale con i quali egli fu presente a Mostre di carattere regionale e nazionale e di certo lo faranno distinguere e ricordare.  Riportiamo alcuni brani da un articolo di Cesare Dangelantonio pubblicato dal «Travaso» e intitolato:  «Un artista modesto»:  «... ma la sua produzione più originale è quella sgorgata dal suo talento di «caricaturista».  La massima parte delle sue composizioni caricaturali sono di particolare pregio, perché, oltre alla genialità di un segno grafico efficacissimo, rivelano una rara profondità psicologica.  Chi non ha ammiralo, in occasione di mostre personali o di esposizioni d'arte, qualcuno di questi indimenticabili pezzi del Pullini?» ...  «In Pullini la modestia era una insuperabile forma mentis che lo rendeva ignaro del suo valore, e che lo spingeva alla più spietata ironia contro se stesso, nelle sue spassose e infinite autocaricature.  Ridicolizzava fino all'esasperazione ogni attributo della sua persona, appesantendo la sua sagoma, per renderla sempre più borghesemente desolata e insignificante» ...  «Pullini aveva sempre l'aria di chiedere scusa ai propri simili nel raffigurarli in aspetti caricaturali.  E quasi per farsi perdonare era - come s'è detto - atroce verso se stesso.  Tra le tante sue opere, bellissima la serie di acquerelli dedicati al periodo della guerra, e, particolarmente, agli aspetti di Roma durante il tragico tempo del «coprifuoco».  Una splendida raccolta di quadretti di sapore politico che fu accaparrata da uno straniero per pochi soldi, e non si sa dove sia andata a finire».

 

           

Pio PuLLini:   II Conte Minardi, Faenza 1931 - Ancona, Pinacoteca       

     Pio Pullini:   Passaggio del direttissimo

Pio Pullini Negozio d'Arte    

 

 

 

Ciro Pavisa - Montebaroccio (Pesaro) - Vive a Pesaro - Pittore di soggetti sacri ed insegnante.  Diplomatosi ad Urbino nel 1909 vinse il concorso per l'insegnamento del disegno nelle Scuole Artistico - Industriali ove ha insegnato per quaranta anni - (Pietrasanta, Urbino, Pesaro).   Sue pitture a tempera e ad affresco sono in Chiese delle Marche:  Duomo e S.  Michele a Macerata, a Monte S.  Giusto, Urbisaglia, Petriolo, a S. Elpidio a Mare e Potenza Picena, a Fano e al Santuario del Beato Sante in Monte Baroccio. 

 

     Ciro Pavisa:  Crocifissione (tempera), Macerata, San Michele

 

Nel 1915 e precisamente il 7 aprile muore il Segretario Conte Ettore Gherardi.  All'insegnamento di Storia dell'Arte è preposto Luigi Serra.

(Nel maggio - è ancora il ricordo a prepotere - io avevo lasciato la scuola in attesa della chiamata alle armi, impaziente come tutti i ragazzi di allora; nel dicembre ammalato gravemente in un ospedale militare - dopo il breve periodo di trincea a cima quattro del San Michele - mi fu detto che Giacomo Borghesi era caduto in combattimento e che Corrado Corradi aveva riportato una orrenda ferita al volto).

La vita dell'Istituto continuò naturalmente ad aule semivuote.  A leggere gli ATTI del '16 - '17 e '18 si troverà in più d'un luogo, sotto la indicazione della classe un «nessuno» significativo.  Deserti i corsi di pittura e di decorazione - due soli giovani all'ultimo anno del corso di scultura; il totale degli alunni discende da 52 a 32.

Nella Segreteria al Conte Gherardi è succeduto l'avv. Pirro Marchetti, nella Presidenza all'avvocato Fonti nuovamente il prof. Demetrio Gramantieri; Luigi Serra alle armi è sostituito per l'insegnamento di Storia dell'Arte dal prof. Aristide Marigo.

Fra gli alunni di questi anni appare il nome di Galileo Emendabili da Ancona, e poi quelli di altri che conoscerò più tardi verso il '25 quando nella regione nasceranno i sindacati e le mostre; Silvio Ceccarelli da Senigallia scultore, Urbano Polverini di Ancona e Alessandro Gallucci di Pesaro pittori.  La loro sosta nella scuola fu poco più di un passaggio, un anno, due, non di più; eppure da Urbino essi presero l'avvio per un loro cammino.

Durante gli anni '22, '23, '24 il prof. Luigi Garlatti è ammalato e nell'insegnamento di architettura lo sostituisce il prof. Antonio Quattrociocchi Branca di Massa Carrara; Luigi Scorrano anch'egli lontano - nel paese natale - e ammalato, viene sostituito in parte da Domenico Iollo e dal marzo 1922 alla fine dell'anno da Riccardo Tota di Adria.

In una seduta del 4 Dicembre 1921 il vice-presidente dell'Istituto Avv. Comm. Luigi Renzetti commemora il presidente defunto Demetrio Gramantieri, e si comprende come da questo momento la presidenza passerà alle sue mani.  Saranno anni difficili per la sorte dell'Istituto, e prove ardue da superare.  Già nel 1919 il Renzetti, Sindaco della città, aveva tentato di ottenere una regificazione per l'Istituto, senza riuscirvi.

«Confusione ! - egli dice tornando da Roma, in una relazione al Corpo Accademico - Pensano ad una trasformazione di tutti gli Istituti d'Arte pura in Istituti artistici industriali».

Si stava infatti disponendo nella istruzione artistica italiana quella radicale riforma, - il cui progetto era stato presentato da Ugo Oietti - che venne attuata con il Decreto Ministeriale del 31 dicembre 1923.

Pure è di questi anni e per merito del Renzetti Sindaco - la apertura in Urbino della «Scuola d'Arte e Mestieri - organismo a sé stante, istituito con D.M. del 14 Settembre 1920 alle dipendenze del Ministero dell'Industria e Commercio, ma funzionante soltanto dall'anno scolastico 1922-23.  Riscorrendo pagine indietro ne ritroverete l'origine nella «scuola serale del disegno per operai» attiva per qualche tempo nel 1890 e rapidamente estinta.  E pure sempre se ne tentava la istituzione.

Nel Novembre del 1904 dopo il successo della mostra di Senigallia il direttore dell'Istituto aveva rivolta al Ministero la seguente lettera «L'Istituto di Belle Arti delle Marche quantunque funzioni da Istituto essenzialmente artistico ha però sempre riconosciuto la necessità che l'arte non sia soltanto studiata di per se stessa ma pure nelle sue applicazioni pratiche ed industriali.  Fu sempre desiderio del Corpo Accademico di far sorgere alle dipendenze dell'Istituto artistico una sezione di arte applicata all'industria, quale sarebbe la decorazione murale, l'intaglio o l'intarsio, la ceramica, la fusione di oggetti artistici in metallo e via dicendo, che meglio si confacessero alla nostra regione Marchigiana.  Questo desiderio riusciva però finora frustrato per i ristrettissimi mezzi di cui l'Istituto dispone perché le tasse decurtano di oltre un quarto le lire 20.000 disposte a suo favore dal R. Commissario per le Marche Lorenzo Valerio» ...  «tuttavia un primo passo a qualche cosa di pratico sarebbe la Istituzione presso questo Istituto di Belle Arti di una Scuola serale per Operai dalla quale Scuola si avrebbero poi i primi elementi per la vagheggiata sezione d'Arte Applicata.  A tale scopo l'Istituto offre i suoi locali, la ricca collezione di disegni e modelli di cui è fornito, l'opera dei suoi insegnanti ...».

E sebbene anche allora nulla di concreto si fosse ottenuto, la richiesta specifica sta a dimostrare come il disagio del puro insegnamento accademico si avvertisse, - perché non si sfugge all'incalzare della vita - e si aspirasse ad un mutamento di indirizzo.  Necessità intesa dovunque se da tempo se ne discuteva in Parlamento, e che alla fine prevalse nell'intendimento dei più aggiornati e intelligenti sovrintendenti alla Istruzione Artistica Italiana.

Non credo che il sentore di una trasformazione dell'Istituto di Belle Arti in altro a carattere più pratico riuscisse molto accetto alla città e forse alla regione - pur constatando le condizioni piuttosto squallide in cui esso era venuto a trovarsi nell'immediato dopoguerra.  Un giornale locale, l'Eco di Urbino, il 16 Dicembre 1923 recava questo trafiletto: 

«... Si sono già iniziati i corsi d'insegnamento nel nostro Istituto di Belle Arti.  Il numero degli iscritti non è molto rilevante, specie se confrontato colla cifra massima raggiunta nell'anno 1909.  Le ragioni di questo spopolamento vero e proprio vanno ricercate in diversi campi ; per il momento non possiamo addentrarci in proposito, in considerazione soprattutto degli eventi che stanno per maturare.

Nella Riforma scolastica è stata esaminata a fondo anche la questione delle Accademie artistiche italiane.  Per l'Istituto di Urbino si spera da molti di veder giungere giorni migliori, dopo una decisiva e radicale trasformazione o sia pur dopo un semplice adattamento ai nuovi criteri che il Governo intende attuare.

Ci auguriamo che questo assetto nuovo, possa dare una vita più intensa alla nostra Accademia «Raffaello», che sorse un tempo lontano allo scopo di perpetuare una tradizione artistica Urbinate, e sopratutto per onorare degnamente la memoria del Divino Pittore.  Possano gli avvenimenti di domani ridare ad essa quella gloria e quel nome che raggiunse ieri, quando dalle sue aule uscirono alcuni dei nomi migliori nei vari campi dell'arte, nomi che oggi stanno a testimoniare e a vantare in Italia e nelle altre terre la scienza dei Maestri di un giorno e le bellezze della Città che li accolse giovani ed oscuri.

A proposito di questa attesa sistemazione, è stata avanzata da un Comitato Cittadino la proposta di costituire in Urbino, al posto dell'attuale Accademia, un così detto «Istituto Nazionale del Libro»; scuola unica in tutta Italia, in cui si verrebbero ad insegnare i criteri decorativi del libro; studio naturalmente applicato, perchè questi principi artistici dovrebbero venir realizzati e tradotti in concrete manifestazioni per mezzo di lavori tipografici in cui avrebbero modo di rivelarsi le attitudini e la personalità dei singoli giovani.

Istituto come si vede sperimentale, che al momento ci guardiamo bene sia dal criticare, sia dal sostenere.  Ancora tutto è nel campo della proposta e del disegno; ci auguriamo che una volta attuato, la città di Urbino ne possa ottenere sensibile vantaggio, e sopratutto utile ne possa ridondare alla Istruzione Italiana.  Guardiamo bene però che a lasciare la via vecchia per la nuova, non si sbagli di molto.  Ci si perdoni questo pessimismo vero; francamente ci farebbe piacere veder lasciato intatto questo Istituto di Belle Arti, che sorse per un fine che non possiamo dimenticare, e che cosi verremmo piuttosto a tradire; Istituto che opportunamente modificato potrebbe portarsi alla altezza delle necessità imposte, proseguendo la via tracciata e resa illustre da coloro che in Urbino impararono a conoscere l'Arte del Bello.

Spirito misoneista non ci spinge a dire tanto; lo facciamo perchè domani non ci venga tolta la gloriosa Accademia «Raffaello» per sostituirla con un «Istituto Nazionale del Libro» che dopo pochi mesi di vita debba o essere del tutto abolito o almeno allontanato da Urbino non avendo risposto affatto ai criteri per cui venne creato.

Non è già la prima volta che questi esperimenti furono tentati e a misere cose approdarono.  Con tutto ciò noi bene auguriamo a questa iniziativa che partita da nostri coscienti cittadini, ha trovato vivo appoggio da parte dei membri del Governo.

Purché questa insolita furia di rinnovare e di creare non travolga le cose buone ed utili che giacciono ora nel silenzio e nell'ombra, ma che per volontà di uomini e senza miracoli, potrebbero ben ritornare alla primitiva gloria». 

Forse presi fra due fuochi di opinioni contrastanti i dirigenti della città avevano tentato con la Istituzione della Scuola d'Arte e Mestieri di salvaguardare l'integrità e la salvezza dello studio accademico, affiancando ad esso, ma distaccata, la Scuola per i maestri artigiani; ma i provvedimenti statali che non riguardano il solo Istituto di Belle Arti delle Marche, sebbene altri molti d'Italia premettero con tale precisa imposizione (una relazione del Presidente Renzetti al Corpo Accademico è assolutamente esplicita, prospetta un aut-aut rigoroso) e la trasformazione fu dovuta accettare.

In quanto alla Scuola d'Arte molto brevemente ne dirò per ora.  Essa nacque, visse, vive dal 1922 nei locali dell'ex - convento di San Francesco.

Il 9 Settembre 1924 dalla dipendenza del Ministero dell'Industria e Commercio passò a quella della Direzione Generale delle Belle Arti; anche all'inizio come al dì d'oggi ebbe settanta alunni; le furono assegnate a principio sezioni di Ebanisteria e di Meccanica ancor oggi prospere, ed una di Elettrotecnica che fallì; dopo qualche anno si aggiunsero alle prime, sezioni per il Ferro battuto e per la Ceramica.

Nel 1931 - in un momento cruciale - essa venne aggregata allo Istituto d'Arte «forse - arguisce il Rotondi - per raggiungere una maggiore unità di indirizzo e di intenti ...  ».

Ritornando alla storia dell'Istituto, dovremo constatare in conclusiva aggiunta, che fu avvedutezza grande del Presidente Renzetti aver proposto per Urbino una Scuola così particolare come quella per «la decorazione e la illustrazione del libro» cui sono legate tante complesse esperienze e contiene così ricche possibilità di sviluppi.

Nel 1922 era già del Renzetti il proposito di affiancare gli altri insegnamenti dell'Istituto di Belle Arti con un corso libero di «Arte del Libro» e di affidarne la guida ad un artista allora in gran fama Adolfo De Karolis.

Premuto dalle istanze Ministeriali egli formulò dunque un piano veramente ardito e bellissimo ma talmente grandioso da non poter essere allora davvero attuato:  oggi a distanza di 36 anni esso può dirsi realizzato soltanto in parte.

Ma l'idea promotrice fu tale da indicare precise strade - ed è quella di un organismo duttile e vivo - che non venga meno però alla regola di un insegnamento severo.  Se dapprincipio il progetto si dovette ridurre, piegare su molto modeste posizioni, pure il suo valore indicativo permane.

 

 

 

MENTORE MALTONI - (Borghetto di Ancona 1894 - Ancona 1956).  Scultore, allievo di Domenico Iollo all'Istituto di Urbino.  Ha lasciato opere a Rimini, Senigallia, Corinaldo ; sue sono la statua di S. Antonio e una testa del "Cristo" nella Chiesa di S.  Domenico ad Ancona; ma le sue più felici espressioni si possono cogliere in ritratti e in piccoli bronzi di bambini.

 

     Mentore Maltoni: Bambino ridente

 

 

 

 

SILVIO CECCARELLI - Vive a Senigallia.  Ha studiato ad Urbino» Bologna, Roma.  Nel 1927 ebbe l'assegnazione del Pensionato Nazionale per la Scultura, e nel 1934 vinse quello Nazionale per il "Premio Reale" bandito dalla Accademia di S.  Luca.  - Presente a molte Mostre di carattere internazionale:  XVII Biennale Veneziana, I, II e III Quadriennale Romana, a quelle Nazionali dei Sindacati:  Napoli (1937), Roma (1939), Milano (1941) e a molte Mostre Regionali.  Ha insegnato plastica all'Istituto d'Arte di Fano ed ha eseguito una fontana per la sua città ed altre opere in luoghi pubblici, e per collezionisti.

 

     Silvio Ceccarelli:  San Giovannino

 

 

Vincenzo Ciardo è nato a Gagliano del Capo (Lecce) nell'ottobre del 1894.

Risiede a Napoli ed e preposto alla cattedra «di pittura di paesaggio» in quella Accademia di Belle Arti.  Combattente nella guerra italo - austriaca dal 1915 al 1918 - è entrato dal 1920 a partecipare attivamente alla vita artistica italiana.  Presente a tutte le Quadriennali Romane, e alle Biennali Veneziane dal 1934 al 1956 - nell'ultima con una sala personale  alle più importanti Mostre tenute in Italia e a quelle collettive d'Arte italiana a Barcellona, Berna, Budapest, Bruxelles.  Altre Mostre personali ha tenuto in Bari, Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Torino, Milano, Udine; sue opere sono state acquistate da Musei e Gallerie d'Arte Moderna di Roma, Firenze, Milano, Torino, Udine, Washington; è stato premiato alle Mostre di Bari, Francavilla, Villa S.  Giovanni, Arezzo, Frosinone; come pubblicista collabora a vari giornali e riviste e nel 1953 ha pubblicato un volume «Quasi un diario».

 

     Vincenzo Ciardo:  Inverno Salentino (1961)

Vincenzo Ciardo:  Autoritratto (inchiostro)  

 

 

Diego Pettinelli:  Paesaggio Senese

 

Diego Pettinelli, è nato a Matelica nel 1897 e vive a Roma; allievo nel 1914 e 15 dell'Istituto di BB. AA. delle Marche, indi di Adolfo De Carolis in Bologna - dopo la parentesi di guerra, in cui rimase ferito, collaborò con il maestro fino alla di lui morte - 1928.  Pittore e xilografo, ha partecipalo alle Biennali di Venezia, alle Quadriennali Romane, a Mostre internazionali di incisioni a Chicago, a Varsavia, Ankara, Istanbul.  Insegna al Liceo Artistico di Roma.

 

Amos Luchetti Gentiloni:  Sistemazione della tomba di Leopardi sul “ Colle dell’Infinito" a Recanati.  (Saggio scolastico all'Istituto di Belle Arti di Urbino - Insegnante prof.  Guido Fondelli).

 

Amos Luchetti Gentiloni - Filottrano 1889 - vive a Filottrano.   A 19 anni - nel 1908 - dopo licenziato dall'Istituto di Urbino fu nominato assistente alla Cattedra di Architettura della Università di Cagliari, indi nel 1909, per concorso, fu eletto funzionario dell'Ufficio di Architettura del Comune di Roma ove rimase fino al 1922.  Importante la sua attività di costruttore ad Urbino:  (Palazzo delle Scuole e del Pensionato Universitario, sistemazione del Palazzo di Giustizia e del Cimitero) a Roma e in altre città, anche all'Estero.  Il grande edificio da lui progettato per la Direzione dei Cantieri Navali riuniti nella zona portuale di Ancona, fu distrutto dalla guerra prima di essere completato.  Ispettore onorario dei monumenti della città di Ancona e Presidente della Commissione per le bellezze naturali fu chiamato dall'americano Hendrik Andersen, insieme al francese Hebrard alla realizzazione dell'importantissimo progetto di una Società Internazionale per la erezione di un Centro Mondiale.  Insignito di medaglia d'argento ai benemeriti della Scuola e della Cultura nel 1958.

 

Urbano Polverini :  Bambino

 

Urbano Polverini - nato ad Ancona - allievo dell'Istituto di Urbino dal 1915 al 1918.  Dipinge di preferenza «marine» e «ritratti».  E' presente alle Mostre regionali.

 

Corrado Corradi: Figura

 

Corrado Corradi - Jesi 1894 - vive a Jesi.  Allievo del Corso di pittura dell'Istituto di Urbino dal 1913 al 1915.  Dopo la crudele ferita riportata in guerra vive modestissimamente nella città, dipinge paesaggi, ritratti, nature morte ed è presente alle Mostre regionali.

 

Ferdinando Mariotti:  "Nudo disteso" e a fronte, "Autoritratto con il bambino"

 

Ferdinando Mariotti - Pesaro 1891 - vive a Pesaro.  Allievo dell'Istituto di Belle Arti delle Marche poi dell'Accademia di Firenze.  E' stato presente a Mostre regionali fin verso il 1927-28.  Ha insegnato alla Scuola d'Arte di Pesaro e da ultimo, per molti anni all'Istituto Magistrale.  Nella sua casa, in silenzio, dipinge. 

 

Non è da dimenticare il nome dell'anconetano Galileo Emendabili, allievo nel 1916 di Domenico Iollo all'Istituto di Belle Arti di Urbino:  la ristrettezza del tempo ci ha impedito di raccogliere immagini di qualche sua opera.  Emigrato dal 1924 in Brasile, egli da dieci anni sta lavorando - nella città di San Paulo - a un grandioso Mausoleo adorno di sculture e mosaici dedicato «Alla Memoria Eterna degli Eroici Soldati del 1932»; ed ora è per condurlo a termine.

Neppure dimenticherò il già nominato compagno Fernando Galli da Matelica, della cui morte ci giunge ora notizia con un annunzio di Mostra postuma di pitture e disegni, da inaugurarsi il 21 ottobre in Roma alla «Giotto Art Gallery» di Via Veneto.  Fernando Galli permane nella mia memoria il fine pittore che destò meraviglia apparendo improvvisamente, sulle pagine d'una rivista • sbocciato da un ragazzetto di viso tondo ed occhi stupiti, di cui i compagni maggiori si prendevano spasso.

 

Alessandro Gallucci:  Composizione, 1960

 

Alessandro Gallucci • Pesaro • vive a Pesaro.  Ha frequentato l'Istituto di BB.  A. delle Marche soltanto per l'anno 1921-22 - allievo di Diomede Catalucci e di Domenico Iollo; indi l'Accademia di Venezia nella scuola di Ettore Tito.  Ha insegnato all'Istituto d'Arte di Pesaro; ma ricchissima e ininterrotta è la sua attività di pittore.  Ha preso parte a molte Mostre Biennali Veneziane a due Quadriennali Romane, a due «Premi Marzotto» a tutte le Mostre Regionali Marchigiane.  Sue opere sono alla Galleria d'Arte Moderna di Firenze, a quella Nazionale di Roma e in molte raccolte private; ha tenuto mostre personali recentemente a Roma, Milano, ed ultima una importante rassegna antologica al Premio Marche in Ancona, estate 1961.

  

Luigi Scorrano morì alla vigilia del mutamento, nel giugno del 1924; nel settembre il Presidente richiedeva ai Professori Catalucci e Iollo e alla vedova del Direttore di lasciar liberi gli studi; nel febbraio del 1925 cominciava per l'Istituto di Urbino la vita nuova.

La fine dell'ultimo Direttore dunque sembra conchiudere un capitolo della storia dell'Istituto di Belle Arti e nel nostro ricordo acquista valore di simbolo.  Mi è caro pensare che un gentile allievo lo assistette negli ultimi tempi.  E' il pesarese Ferdinando Mariotti.  «... Il Direttore - egli racconta in un suo diario di cui mi ha fornito una pagina - ammalatosi a Lecce mi propose di sostituirlo per l'annata in corso come insegnante di figura; ma che cosa avrei potuto dare ad intendere ai miei eventuali alunni se ancora non avevo fatto le ossa per me? Non accettai:  ma quando l'anno dopo il Direttore rimessosi in salute mi propose di andare ad Urbino nel suo studio per aiutarlo ad ultimare i suoi dipinti che consistevano in grandi pale d'altare corsi su con entusiasmo ... Mi ritrovo nell'ampio studio del Palazzo Ducale affaccendato a tirare tele su grandi telai e a dipingere direttamente dal vero grandi panneggi di sul manichino ...

Ero a Pesaro per un breve periodo di riposo quando il povero maestro si ammalò e morì nella sua casa di Urbino.

Così ebbe fine la Scuola di pittura dell'Istituto di Belle Arti, di cui mi posso considerare veramente l'ultimo alunno ...».
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[1] Confrontare anche: Don Bramante Ligi: Memorie Ecclesiastiche di Urbino, S. T. E.U. Urbino, 1938.

[2] Vedi: Raffaello Bertieri: L'Arte di G. B. Bodoni, Milano, Bertieri e Vanzetti.

[3] Lettera del Direttore G. B. Pericoli al Prefetto.

[4] dal «Corriere del Mezzogiorno» di giovedì 4 dicembre 1958

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