Brègn (el)    trògolo, mangiatoia del maiale

 

Ovvero la fine straziante della quercia grossa

 

Berto, capoccia di Ca'Spicchio, una sfortuna così non se l'aspettava davvero.

Non è che gli fosse morta la moglie, un parente o un amico, ma la cèrqua grossa, sita su di un poggetto {concèll), a duecento metri da casa. Una brutta notte di metà luglio la folgore l'aveva scaraventata a terra stecchita, tanto da richiamare, in pellegrinaggio, il giorno dopo, la gente della zona ancora incredula di fronte ad un evento che suonava offesa ad una meraviglia della natura, divenuta simbolo di forza oltre che testimone impassibile delle cose belle o tristi di non so quante generazioni.

Dopo giorni di sofferenza (d' pasión) trascorsi girandovi attorno Berto pensò: quest'albero sempre prodigo di frutti ha sfamato i maiali per più di quattro secoli e sicuramente anche gli uomini in periodi di carestia. Perché, allora, non erigerlo a monumento come bregn da collocare ai limiti dell'aia, poco più in là dei porcili?

E inutile dire che il lavoro fu tutt'altro che agevole, oltre che per la durezza del legno anche per lo stato emotivo di cui soffriva.  Prima la grande fatica del segone e della scure per squadrarlo, poi l'attento lavorìo con l'accetta e lo scalpello per ricavare, centimetro dopo centimetro, uno spazio fondo, liscio e ben proporzionato allo spessore del tronco.

Oggi Ca' Spicchio è una casa abbandonata e di quel trògolo non è rimasta neppure l'ombra.  Si è certi soltanto che, per più di mezzo secolo, il capolavoro di Berto ha visto intrise (impasti) di semola, polenta, farina di ghiande, trucioli di granturco e di quant'altro poteva giovare ai maiali da ingrasso e alle scrofe costrette ad allattare, di solito, una numerosissima prole (i ciuncarìn).

Da quanto ne so io, nessuno nelle campagne marchigiane conosceva il termine “trogolo”.  Per i più era el brègn; per altri el brègn'le, oppure la bregnaróla se si trattava di recipiente di legno più leggero come il mastello.

Nell'urbinate il vocabolo presenta anche una accezione figurata. Quando il bambino si appartava mortificato e incerto se piangere o meno, si sentiva dire: lasc'le stè purin, vedi ch'ha fati el brègn! (broncio).