Badurlo (el) passatempo, trastullo
Quello di zia Clementa era il più antico del mondo
L'incoraggiamento che zio Secondo — uomo autoritario e di poche parole — dava alla Clementa nel momento in cui la poveretta si dibatteva nelle doglie del parto sotto gli occhi della mamèna (ostetrica), era sempre lo stesso: Fat coragg', carina; tra poc avrè el badarle ! Un modo di rompere il ghiaccio che assumeva il sapore dello sfottò; uno humour non so quanto gradito da colei che sembrava condannata a mettere al mondo un figlio ogni due anni, fino ad arrivare al bel numero di otto.
In realtà l'evento comportava, per la donna, implicazioni diverse dal badurlo inteso come piacevole passatempo, dovendo essa sacrificare il riposo della quarantina per provvedere alle faccende domestiche e spesso, nei mesi più impegnativi, a quelle dei campi con un occhio rivolto alle messi da mietere e l'altro alle finestre di casa. Pertanto, doveva essere lei, se pure controvoglia, a fare da badurlo, dondolandogli la cunna (culla), il più delle volte presa a prestito da parenti e vicine di casa), ad acquietarlo sa 'l ciucc', affogato prima nella tazza dello zucchero, ad accostargli i blin (oggetti vari, per lo più lucidi) che lo attraevano o a farlo correre da una stanza all'altra sa 'l girèll (trabiccolo a ruote, fatto in casa, somigliante ad una seggiola con piana di tavola a buco centrale per consentire al pupo di rimanere eretto e autonomo nei movimenti).
Ma c'era di peggio. La zia Anna, parlando del più e del meno, mi ricordava ieri una consuetudine che ha dell'incredibile: l'allattamento del bambino, nelle campagne, cessava normalmente attorno ai 16-18 mesi (contro i 5-6 di oggi), tanto che la povera donna doveva sopportare anche la dolorosa tumefazione dei capezzoli, bistrattati, con sadico divertimento, da dentature ormai pronte a ciachè le noc' (a schiacciare le noci), brontolava il nonno.
Conseguenza di primitivi e carenti metodi di alimentazione, questo è vero. Ma diciamo anche di superstizioni, insipienza e abitudini inveterate, sorrette da grande spirito di adattamento. Insomma, pur tra sacrifici non sempre valutati nella giusta misura, la donna faceva di tutto per risparmiare agli uomini, stanchi e presi dal sonno, la lagna e la gnòrgnia. Due espressioni facili a confondersi. La lagna era per lo più l'insistenza a volere una cosa; la gnòrgnia una lamentazione strana e incomprensibile, dovuta a volte a disturbi fisici o a sonnolenza.
Ma il badurlo andava anche oltre ai trastulli del bambino ancora in fasce, tanto da trovare nei dialetti marchigiani significazioni le più varie e colorite.
Quando la Clementa si rese conto che le ragioni del rientro a casa del figlio Settimio a notte fonda erano da imputare, non alle gomme della bicicletta ch' s’ èrne sgonfièt, come lui cercava di far credere, ma alla corte che era solito fare alle ragazze della zona, lo affrontò senza mezzi termini: Te, carìn, è trovèt el badurle; s'en lasci gì el digh ma ‘l tu' bà ! (... se non smetti lo dico a tuo padre). Cosa da non credere, ma el su’ bà era proprio quel burbero di zio Secondo.
E chiaro che in questo caso il badurlo era un passare il tempo in dolce compagnia. Cosa di certo simpatica ma riprovevole se posta in atto nei giorni da lavoro e perfino sconveniente per il buon nome della donna, stante il fatto che la morale d'allora non consentiva deroghe a scelte che andavano concordate col capoccia nei tempi stabiliti, con il crisma della ufficialità e alla ... luce del giorno.
Ma, a badurlarsì erano anche i ragazzi già grandicelli che, indugiando in cose marginali, facevano tardi a scuola; le donne che perdevano tempo nei pettegolezzi con le vicine di casa; colui o colei che curiosava a lungo sulle cose futili, esposte nelle bancarelle del mercato.
Non mancava, infine, chi il badurlo l'aveva nel sangue tanto da essere ritenuto, per natura, badurlarell: il bambino che non pensava ad altro che alle biglie e ai figurini; il ragazzo che amava divertirsi dando mano a giochi e scherzi di ogni genere e perfino il lavoratore che era solito distrarsi a scapito del profitto.
Per quest'ultimo era pronta una frecciata un po' cattiva che dice tutto; è un legér ! (vagabondo, perditempo).