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DON AMATO CINI
Il Poeta del vento

 

   

Don Amato Cini, il poeta del vento

di  Gastone Mosci

 

In questi ultimi tempi, nell’ambito del revival della poesia e dei poeti di Urbino della seconda metà del Novecento, è stata posta una nuova attenzione alla personalità di don Amato Cini (1919 - 1987), canonico, docente e poeta, di cultura umanistica, nel filone della grande rinascita della città e delle sue istituzioni accanto a Carlo Bo. Anzi, va detto che Amato Cini appartiene alla Pleiade dei poeti urbinati del secondo Novecento, autori scomparsi da qualche anno, promossi da Carlo Bo, magnifico rettore, nuovo Duca: Paolo Volponi, Valerio Volpini, Egidio Mengacci, Ercole Bellucci, Amato Cini, Silvano Ceccarini e Zeno Fortini. Su costoro l’Unilit e il Circolo Acli-Centro Universitario hanno promosso giornate di studio (2015: Ercole Bellucci, Zeno Fortini e Egidio Mengacci; 2016: don Amato Cini, Silvano Ceccarini, Zeno Fortini e Paolo Volponi) con una buona partecipazione di  studenti dell’Università Libera Itinerante Carlo Bo, docenti, poeti, lettori di poesia, collegati ai siti urbinati del web: www.universitaliberaitinerantecarlobo.it www.urbinovivarte.com , www.fanocitta.it, www.prourbino.it . Gli animatori degli incontri a vario titolo sono stati: Sergio Pretelli, Germana Duca, Silvia Cuppini, Maria Lenti, M. Laura Ercolani, Michele Gianotti (documentazione di sala),   Raimondo Rossi (grafica), Fulvio Palma (fotografia), Francesco Colocci, Giustino Gostoli, Romano Ruggeri, Alberto  Ceccarini, Guido Bernardi, Nicoletto Nicoletti, Roberta Sanchini, Abramo Cini, Laura Paniccià, Oliviero Gessaroli, Susanna Galeotti, Giordano Perelli e Gastone Mosci (coordinatore).

L’incontro dedicato a don Amato Cini si è svolto il 26 febbraio 2016 a Palazzo Petrangolini con larga partecipazione della famiglia Cini e con l’attenzione rivolta al poeta in formazione ed all’autore fra il 1957 e il 1979 nel rapporto con Guido Miano Editore di Milano ed anche sulla produzione editoriale in generale, compreso il libro d’artista, Un difficile Dio, con una premessa di Italo Mancini e quattro incisioni originali di Walter Piacesi, Ca’ Spinello, Urbino,1977.

 

Don Amato Cini (Fermignano, 4 marzo 1919 – Urbino, 27 novembre 1987)

quasi settant’anni di vita, cinquant’anni di letteratura,  9 libri di poesia,

con l’Editore Guido Miano di Milano e con Forum/Quinta Generazione di Forlì

 

 

Cini interpreta la nuova poesia

Nell’impostare l’incontro su don Amato Cini ho seguito una mia riflessione (Cf. “Il nuovo amico”, 5 ottobre 1980, p. 9) sul suo sesto libro, Notizie dal vento (Miano 1979). “Da alcuni anni sono in voga nelle piazze le letture dei poeti, dei poeti cioè che dicono le loro poesie. Roma, Venezia, Milano, Genova, Urbino sono le città che fanno di più in questo settore. Ma a Urbino il poeta Amato Cini sta al di fuori di questa competizione: la sua poesia apocalittica è detta fra sé e sé, è continuamente riveduta, riaggiustata, ripercorsa nell’inseguimento del proprio io. Oggi, Amato Cini ripropone il meglio delle sue poesie in una raccolta, Notizie dal vento (Milano, Miano 1979), che fa giustizia dei suoi precedenti cinque libri. Il corollario è sempre lo stesso: il vento, il deserto, il mistero, il difficile Dio. Ma la presentazione di Giorgio Bàrberi Squarotti indica una lettura diversa: la poesia di Amato Cini è tenuta sul “registro delle passioni” , è una “storia interiore”. Ecco, aggiungiamo, di tensione apocalittica ma anche d’accento sfuggente, in quella sua apertura agli impulsi del tempo e in quel disporsi nel cerchio del vento, quando accentua l’altalena dei ritmi fra il proprio io e il deserto che gli si allarga davanti”.

 

 

Il mondo magico della Limara

Amato Cini ha vissuto con la poesia o meglio la poesia ha indirizzato  il suo mondo culturale e spirituale legato al suo ambiente d’origine ed alla sua formazione. E’ nato ed è cresciuto nel mondo agricolo di Limara (termine complesso per zona franosa o acquitrinosa, suggerisce il linguista Sanzio Balducci), una casa padronale ora scomparsa, il luogo dei Cini da più di cinque secoli a Fermignano nella riva destra del Metauro vicino alla Pieve di San Silvano. Oggi quella pieve è quasi totalmente distrutta, la canonica che era stata scuola elementare di campagna dall’unità d’Italia per più di un secolo è stata restaurata per realizzare un agriturismo che non riesce a decollare. Quella contrada  sacra e popolare del medioevo, continuamente rianimata nella rete delle pievi della piana verso Urbania e delle cappelle  carolingie verso il Furlo e il Tarugo, continua ad essere affascinante per il paesaggio agricolo e invitante per la vita sociale e la dimensione spirituale.

 

Da quell’ambiente, da quel mondo magico, Amato Cini è passato al seminario di Urbino per intraprendere la sua formazione al sacerdozio diocesano. Ha studiato in un ambiente stimolante, ricco di giovani che erano stati formati, fra le due guerre, dai preti murriani che venivano dalla Romagna - Bagnacavallo nella diocesi di Faenza - portati da mons. Valentini, direttore del seminario diocesano  e vicario generale urbinate (fra gli altri don Gino Ceccarini, don Italo Mancini, don Firminio Poggiaspalla, don Ugo Del Moro, don Licio Guidi poi parroco della pieve di San  Silvano). La poesia e la bellezza indirizzano il suo immaginario intellettuale e di lettura della realtà spirituale e sociale: nelle sue prime poesie dominano la campagna di San Silvano e la situazione di un mondo separato, avvolto nella magia e nel lavoro nella campagna, una condizione che accetta e che rifiuta, un continuo soggiacente ossimoro che lo nutre. Sarà un poeta un po’ engagé, per alcuni apocalittico.  

 

Immagini de  La Limara

 

Don Amato prete il 25 luglio 1943

Don Amato viene consacrato prete dall’arcivescovo Antonio Tani e dal parroco Adelelmo Federici nella chiesa di Santa Veneranda il 25 luglio 1943 alle 7 del mattino, in un periodo di sofferenze per i morti nella seconda guerra mondiale e in pieno disastro per la povertà della gente (il fratello Antonio è mobilitato nei Balcani e tornerà presto gravemente malato). La prima Messa di don Amato, sempre a Santa Veneranda, viene celebrata il 26 luglio 1943 alle ore 11, nel giorno nuovo dell’Italia: arresto di Mussolini e caduta del fascismo. I documenti che abbiamo parlano dell’organizzazione dell’ordinazione, non dei giorni che seguono. Si esultava per la fine della guerra e per il volto nuovo dell’ordine sociale.

 

Don Amato era coinvolto in quel contesto: è “prete di Dio e del Popolo” (Cf.Un nuovo Sacerdote del Signore: D. Amato Cini”, “La Voce del Pastore”, Parrocchia di Fermignano, Luglio 1943.) , non un prete orientato alla politica come don Gino Ceccarini, che era l’anima cristiana della rete urbinate della Resistenza, ma alla cultura ed alla poesia con prospettive ecclesiali (l’insegnamento nel seminario diocesano e poi regionale di Fano). Il mondo che cerchiamo di interrogare è espresso nei testi letterari, che interpretano la nuova situazione sociale. Amato Cini nel corso degli anni è un personaggio sempre più ricco di cultura e di intelligenza pastorale.

 

 

NOVE LIBRI DI POESIA

 

I libri di poesia sono nove: il primo nel 1957 e l’ultimo postumo nel 1989, due anni dopo la morte. a cura del nipote Abramo Cini, che vive a Milano. Un convegno l’abbiamo organizzato il 25 febbraio 1988 al Circolo Acli-Centro Universitario di Urbino, relatori don Italo Mancini, Giorgio Savorelli, Umberto Piersanti, Gastone Mosci, don Ugo Del Moro e Zeno Fortini.  

 

Con Guido Miano Editore in Milano

La prima attività editoriale è collegata all’Editore Guido Miano di Milano (1956-1979): il suo primo libro, Le rive del tempo,  viene pubblicato nel 1957, opera n. 2 della Collana “Quaderni di nuova poesia”, subito dopo il primo volume, l’antologia -dove era inserito - dei Poeti italiani del Secondo Dopoguerra  (Miano 1956) con introduzione di Mario Apollonio - già docente di lettere e teatro al Magistero di  Urbino, portato da Carlo Bo alla fine della guerra - aperta ai giovani poeti formatisi nelle vicende belliche. Cini viene così presentato dall’editore: “Scoprire un poeta nuovo costituisce ancora per noi un atto di fede nella vitalità disinvolta e suggestiva della poesia moderna. (…) incluso per certi suoi toni del tutto inediti di assorto smarrimento, di nuda introspezione, percettibili e densi, per quella sua vigilanza sicura dello stile”. Ed ancora: narra “la sua verità di uomo”, “è come se avesse scavato ogni giorno in sé il dolore tutto nostro dell’esistere…”. Scrive Cini: “Io sono angoscia necessaria: / mio tormento / è non spegnermi mai.” (p. 18). Un cenno: nelle poesie “L’urlo delle metropoli” (pp. 28-9), “Il mare si stanca” (p. 30), prendono forma i suoi temi preferiti, parole di senso e di passione poetica: il vento è la vita che guida, il sogno è il desiderio della polis e della cittadinanza,  la speranza è il canto religioso profondo, di fede. Cini è nel contesto editoriale della nuovissima poesia italiana. 

Il secondo libro, Non è giorno ancora (Miano 1959), 36 poesie, stessa impaginazione,  non visione intimista ma quotidianità  pacificata, attesa di tempi di luce, “i giorni dei fiori”. Alessandro Miano nell’introduzione ne sottolinnea il tono dove “il pensiero si fa sentimento e senso acquisito della nostra umanità” (p.12), di una spiccata personalità forte degli umori della nostra civiltà mediterranea: “la poesia di Amato Cini è come la stagione delle migrazioni – favoloso rimpianto, smarrita certezza – con la stessa fragranza di vita intatta che rimane come fiore socchiuso nel cuore dell’uomo, con la sua vocazione fervida d’azzurro di cieli e di luce di Dio” (p.13).

Il terzo libro, Vento e rocce (Miano 1962), porta la premessa di Giovanni Cristini, 38 testi (1959-1962), impaginazione più controllata. Dice Cristini: l’aspetto esistenziale cresce, diventa un itinerario, un “cammino” con due riferimenti forti, due temi-simboli, il vento e la roccia. Il vento è legato al dialogo notturno di Gesù con Nicodemo (“Lo spirito soffia dove vuole, e tu non sai donde venga e dove vada, ma ne odi il suono…”); la roccia è il luogo solido, “scenario in cui si svolge una drammatica  ricerca”. Come “il cervo sui monti / di roccia in roccia / imparo che tutto è sentiero”. “E’ il vento la mia speranza”. Conclude Cristini; “Il vento sgretola la roccia; la speranza, e sia pure una speranza gridata, ha vinto la disperazione”.

Il quarto libro, Cadenze del Tempo Penultimo (Omnia Editrice, Roma 1965), presentazione di Anna Lo Monaco Aprile, quattro parti 37 testi (1962-1965).

 

Un difficile Dio

Il quinto libro, Un difficile Dio (Ca’ Spinello 1977), un libro d’artista delle splendide edizioni d’arte di Walter Piacesi, squadernato, cinque fogli di rosaspina, cm. 18x13, si compone di venti poesie (1965-1977),  della premessa del filosofo Italo Mancini, di quattro incisioni (Natura morta mm. 38x98, Piante con casa mm. 125x75, Ricordo di una scampagnata  Giugno ’69  mm. 115x53, Donna nella siepe mm. 100x30), tiratura 75 es., grafica Alberto Bernini, Age.

Sesto libro, Notizie dal vento, Presentazione di Giorgio Barberi Squarotti, Guido Miano Editore, Milano 1979  (Antologia delle 5 opere precedenti). 

 

Con Forum / Quinta Generazione

Settimo libro, I giorni del nomade, Presentazione di Giorgio Barberi Squarotti, Forum / Quinta Generazione, Forlì  1980.

Ottavo libro, L’acqua dentro la roccia, Presentazione di Carlo Bo, quattro incisioni di Walter Piacesi, Forum / Quinta Generazione, Forlì 1983.

Nono libro, postumo, Tra cielo e abisso, Nota di Abramo Cini, Presentazione di Angelo Jacomuzzi, Forum / Quinta Generazione, Forlì 1989.

 

Testi poetici in antologia

Poeti italiani del secondo dopoguerra, I, Premessa di Mario Apollonio, Guido Miano Editore, Milano 1956.

L’arte nell’esperienza religiosa in “Il tarocco”, trimestrale di letteratura e arte, Bologna, a. III, n. 7/8, 1968.

Sacerdoti poeti del ‘900 italiano, A cura di Santino Spartà, introduzione di Valerio Volpni, Spada Ed., Roma 1978.

Luigi Martellini, La poesia delle Marche (Paragrafi per una genesi), Nota di Mario Petrucciani,  Forum / Quinta Generazione, Forlì 1982.

Scrittori Italiani del Secondo dopoguerra. La poesia contemporanea, I, Prefazione di Bruno Majer, scheda di Claudio Toscani, Guido Miano Editore, Milano 1982.

Poeti della Quinta Generazione, A cura di Giovanni Ramella Bagneri, Forum, Forlì 1983.

La Poesia delle Marche. Il Novecento, A cura di Guido Garufi, Prefazione di Mario Luzi, voll. 2, il lavoro editoriale, Ancona 1998.

Gastone Mosci

  

 

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DON AMATO CINI
Il Poeta del vento

I POETI PRESENTANO SE STESSI: AMATO CINI

Una inchiesta su poeti e poesia anni sessanta a Urbino

 

La tematica della mia poesia è già tutta nella prima raccolta, Le rive del tempo (1957), con la quale confessavo di avere raccolto quei ritmi “tra pietre spaccate / e cori di foglie secche / turbinanti nell’aria”.

Quella visione del mondo mi veniva da S. Paolo: “Sappiamo che tutta la creazione geme e soffre con noi i dolori del parto” (Rom. VIII, 22).

Allora incominciai a sentire il “tragico senso delle cose”, “l’angoscia necessaria” che non è, si badi bene, fatalità bensì fatica di tutte le notti umane gravide sempre di albe; sentivo cioè e sento nella natura uno spasimo simile a quello che precede una novella genitura, per cui nella storia vita e morte sono divise da una frontiera così labile ed equivoca, che l’anima teme l’una e attende l’altra sospesa nello stesso istante,  tra crolli sempre imminenti e sempre futuri.

Così una forza oscura insidia il pensiero, la luna batte su alberi contorti, si comincia in una landa di pietre, ci si perde in un cerchio di cortili legati al sole, eppure sopra gli elementi in tumulto la speranza alita ovunque nello sforzo inaudito di sfuggire alla stretta violenta.

C’è insomma nelle mie poesie il senso del caos biblico sul quale però si muove lo Spirito di Dio che misura arresti e resurrezioni, indica la novità dei cieli che crescono misteriosamente e si dilatano alla speranza dell’uomo.

Tutto questo lo esprimo attraverso due temi-simboli, il vento e la roccia, anch’essi di ispirazione biblica: “Il vento soffia dove vuole; tu senti la sua voce ma non sai da qual parte venga e dove vada.”  (Giov. III, 8); la roccia, scenario della vicenda drammatica, ove “imparo che tutto è sentiero / anche questa paura / di non giungere mai”, o dove magari mi ergo a gridare l’estote parati per un giudizio sempre imminente.

Questa tematica dunque è nello stesso tempo profetica, diaconale e liturgica: profetica nel senso che invoca l’animazione di nuove forme riscattate dalla corruzione; diaconale perché intende suggerire all’uomo atterrito una linea della speranza non solo cristiana;  liturgica infine perché noi e le cose celebriamo come in un rito senza tempo, il martirio del seme che tende a esplodere in fiore, nella certezza che l’avventura umana, pur se tra infinite suggestioni e disfatte corre al suo “giusto segno”.

Questa mia ricerca non può dunque essere dissociata dal mistero di fronte al quale la totalità dell’essere paga un tributo di salvezza.

E’ da qui che in me nascono e si rivelano tutte le nostalgie e le tristezze, gli scoramenti e le ripulse in un fremito di sangue demente, di “agonie” profonde, di trasalimenti improvvisi e di gridi, ma anche e soprattutto conforto di certezze non rinunciate.

E’ insomma l’esperienza del deserto, ancora una volta biblicamente vissuta, attraverso la quale si accede alla Terra Promessa.

Gazzetta di Urbino, a. 2, n. 3-4, Marzo 1969, p. 3.

 

Amato Cini

NELLE PIAZZE VIOLENTE

 

Che vuoi ancora, Signore, da me?

Stagioni stregate

incombono sui nostri paesi,

sugli olivi tra pietre contorti

batte una luna maligna.

Come potrò profetare?

Tu mi comandi

in antri morti

di cercare le stelle,

di credere nel seme corrotto,

nel deserto e nel sasso,

di scoprire le mani tue

nelle mani che non sanno congiungersi,

le tue inimitabili labbra

in bocche di oscene bestemmie,

la tua carne divina

in corpi irti e ribelli,

il tuo volto nei volti assassini,

anche nel volto travolto

di chi spense gli occhi di King

dilatati

alla terra promessa degli umili.

Tu mi precludi ogni fuga,

mi vuoi disarmato

nelle piazze violente

a profetare al seme corrotto,

alle pietre e al deserto.

Marzo 1969

           

 

Scheda

Gastone Mosci direttore di www.fanocitta.it ,

collaboratore di www.urbinovivarte.com  si è

dedicato di recente a studi su Carlo Bo e Jacques Maritain,

Valerio Volpini e Alfredo Trifogli, Ercole Bellucci

e Zeno Fortini nei Quaderni di Vivarte, il pittore

Enzo Bonetti nel Carnevale di Fano, Fulvio Paci

pittura e grafica nel tempo-Vivarte, Egidio

Mengacci e la cultura di Urbino.  

 

 

Per conoscere don Amato Cini (fine anni ’50)

Negli anni della pubblicazione dei primi due libri di poesia di don Amato Cini (1919-1987),  Le rive del tempo (Miano 1957) e Non è giorno ancora (Miano 1959),  altri urbinati si dedicano alla poesia.

Paolo Volponi (1924-1994), anni cinquanta prima dei romanzi, pubblica  L’antica moneta (Vallecchi 1955) e Le porte dell’Appennino (Feltrinelli 1960). 

Ercole Bellucci (1937-1997) attraversa una fervorosa giovinezza con Recitativo d’autunno (Quaderni di Differenze 1958), Ballata della falena (Quaderni di Differenze 1959) e L’affronto della voce, presentazione Carlo Bo (Scuola del Libro 1960).

Egidio Mengacci (1925-2000) fa uscire Le Carte, presentazione Carlo Bo (Scuola del Libro 1959).  

L’epoca fra ricostruzione postbellica e passaggio nella società industriale preannuncia grandi novità culturali: da Cinecittà con il neorealismo alla nuova poesia e al romanzo realista e d’indagine sociale, alle sollecitazioni della rivista “Comunità”, il dibattito di occhi aperti su sperimentalismo e  Novissimi, neoavanguardia del Gruppo ‘63 e sul “nuovo che avanza” della rivista Verri, accoglie consensi e riserve, che si sono alternati negli urbinati addetti ai lavori, che sono in dialogo con gli scrittori- docenti  accanto a Carlo Bo (alcuni si affezionano al cinema della nouvelle vague e al nouveau roman nel collegamento con gli strutturalisti parigini dei convegni su Lo strutturalismo e il nuoveau roman,coordinati da Pino Paioni). L’epoca successiva è quella del Sessantotto con un nuovo canone per la poesia e nuovi luoghi di lettura (a Urbino la rivista Ad libitum e i poeti  Umberto Piersanti, Zeno Fortini e Silvano Ceccarini). (Ga.Mo.)

 

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