VOL. I
III. I POETI DELL'OTTOCENTO E DEL NOVECENTO
1. PREMESSA GENERALE
La odierna poesia dialettale marchigiana, studiata in rapporto a quella nazionale, rivela alcuni fatti indubitabili : che il gran maestro dei nostri poeti più insigni è stato Giuseppe Gioacchino Belli, il cui mondo spirituale era tanto affine al loro, per caratteri etnici, politici, storici e dialettali, la cui maniera era tanto consona ai loro gusti ; che, dopo il Belli, azione più o meno rilevabile hanno esercitato il Porta, il Pascarella, il Fucini, il Testoni, il Di Giacomo ed altri ; che, per la parte cantabile e musicabile (canzoni, ecc.), modello costante è stata la canzonetta napolitana e, con minore efficacia, la romana ; che via via fu tenuta presente dai più la ricca produzione romana, diffusa con opuscoli, con libri e sopra tutto con giornali, tra i quali divulgatissimo il Rogantino (1). Non si procede a conferme particolari, che non compenserebbero la grave fatica.
Riguardata entro lambito della regione, la nostra poesia dialettale (esclusi molti componimenti isolati, sbocciati come fiore spontaneo, per un capriccio, per un caso e per subita genialità di poeti, senza vincoli palesi né vicini né lontani) rivela collegamenti e rapporti regionali, provinciali o cittadini, ora chiari, ora probabili, sempre degni di osservazione.
Efficacia larga e sicura esercitò sui maggiori della regione Alfonso Leopardi, il cui primo volume, di quasi 50 anni fa (Sub tegmine fagi, 1887), anticlericale e grassoccio, sentimentale e spavaldo, tradizionale e paesano, conseguì, nella regione e fuori, benevola accoglienza e diffusione assai larga, anche in grazia del proemio e delle appendici, di carattere generale e regionale. Oltre a mettere in bella luce la nostra poesia dialettale, e a richiamare molti nel suo regno fiorito, suggerì non pochi motivi ripresi e ripetuti da altri sine fine.
Azione generale di qualche rilievo esercitarono, poi, il maceratese Mancioli, bizzarro e rumoroso, in relazione col Leopardi, il battagliero Tamanti di Fermo, ancorché fuori corrente, il candido Mazzagalli di Recanati, e, più tardi, il saporitissimo Grimaldi di Fano.
Nel campo più ristretto delle province e delle città, premesso che centri spirituali della regione più attivi e cospicui da parecchi decenni rimangono i quattro capoluoghi Ancona, Ascoli, Macerata e Pesaro, facile riesce determinare alcune derivazioni e fissare alcuni raggruppamenti.
Per la città di Ancona, dove i poeti sono numerosi, capostipite visibile è lo Scandali, la cui derivazione spirituale (tacendo di incitamenti locali che gli siano venuti dall'esempio di Arturo Vecchini, di Adolfo De Bosis, di Enea Costantini, di Goffredo Passarini e di altri) è lontana, e voglio dire dal Belli, dal Porta e, un po', da tutti i maggiori poeti dialettali italiani. Da quando, con la pubblicazione di Scenette e scenate (1900), accolte con largo favore, si elevò sugli altri, per sincerità di poeta dall'ampia veduta, diventò egli il modello, cui il Giangiacomi, il Tornassi ed altri si sforzarono di avvicinarsi. Nella provincia, però, serbarono atteggiamento personale (alcuni componevano già prima di lui) Giacomo Magagnini da Iesi, spontaneo e faceto, Costantino Costantini da Osimo, elaborato e robusto, Luigi Capogrossi Colognesi da Cupramontana, spiccio ed arguto, più d'occasione che di proposito, Ezio Felicetti da Iesi, impetuoso e indipendente, Benedetto Bellagamba da Osimo, geniale e appartato, ed altri non pochi, taluni più anziani dello Scandali, già trapassati, tali altri dilettanti e di occasione più che poeti di studio, con propositi chiari e determinati.
Sugli scrittori della città e della provincia di Macerata influirono visibilmente i già ricordati Alfonso Leopardi e Giuseppe Mancioli (ambedue dal Belli), il primo largamente conosciuto, il secondo popolare nella città, ambedue di tempra salda e di facile vena Da loro (ma più visibilmente dal Belli), presero le mosse Mario Affede, che attrasse più d'uno sulla sua strada ; Vincenzo Boldrini di Matelica, di molte risorse, Vittorio Emanuele Aleandri, da S. Severino, festevole e sapido ; ed anche Giuseppe Procaccini, da Corridonia, assai fecondo, Elia Bonci, affettuoso (di Cupramontana, ma cresciuto nell'ambiente maceratese), Giovanni Sebastiani da Tolentino, vario e spigliato e Domenico Spadoni da Macerata, autore di poche rime (chiaro storico del Risorgimento nazionale) ; G. B. Ripamonti da Mogliano, robusto e originale, che non pubblicò i suoi potenti sonetti ; e molti altri.
Nella provincia di Ascoli un vero caposcuola non c'era stato, che il fermano Tamanti, sgraziato e contro corrente, non poteva suscitare simpatie né creare proseliti, Gaetano Giacomozzi, il cui valore non è ben chiaro, inediti, la più parte, aveva lasciati i suoi molti componimenti, e Luigi Mannocchi solo di recente ha raccolto in volume un piccolo numero dei suoi molti sonetti.
Oggi vanno segnalati la penetrante e ispirata Bice Piacentini, da Porto S. Benedetto (che i compaesani Giovanni Vespasiani e Ernesto Spina hanno sempre presente), lo stesso Mannocchi di Petritoli, Vincenzo Belli di Amandola, che, pure serbando le caratteristiche marchigiane, non si riattacca a nessuno della provincia ; Francesco Bonelli da Montegallo, pensoso e imaginoso, Edvige Pasqualini Sianesi, tra ingenua e originale, e molti altri, che saranno nominati a loro luogo, tra i quali qualche giovane, come Druso Tanziani, che inizia alla brava il suo curricolo d'arte.
Più povera di poeti, la provincia, di Pesaro (e vorrei dire quella parte della regione dove perdura il dialetto gallo - piceno) ; dopo il Grimaldi, dall'arguzia finissima, formato alla scuola dei grandi, non ha prodotto un poeta di largo respiro, da esser preso a modello. Uno veramente ne ebbe, morto di recente, Odoardo Giansanti, detto Pasqualon, d'inventiva e d impeto non comuni, famoso nel suo territorio e ammirato, ma egli, di provenienza e d'indole popolaresche, non ebbe seguaci che ascendessero i gradini della poesia dialettale. Amabile e vario poeta fu l'urbinate conte Luigi Nardini, da poco defunto, modesto, solitario di proposito, che non fece in tempo a pubblicare, come aveva intenzione, la maggior parte dei suoi componimenti.
Egidio Conti, da Acqualagna, lessicografo e folklorista di merito, Lucia Tartufali (Cècc de la Torraccia), che scrisse anche in prosa, Andrea Rossi, da S. Angelo in Vado, Sigfrido Renzi e Cesare Selvelli da Fano, si limitarono a pochi componimenti, per quanto pregevoli, e Nicola Leoni, da Senigallia (prov. di Ancona), veristico e spiccio, viene ora affinando la sua disposizione alla poesia dialettale. Nessun altro, eh' io sappia, ha dato prova di vena schietta e durevole.
Nei primi decenni dell' 800 nessun poeta di merito si segnala, fino a che la stessa poesia dialettale, respirata l'aria del Risorgimento, prese a servire, a modo suo, la causa nazionale. Incontriamo allora, per tacer dei minori, Germano Sassaroli, G. B. Ripamonti, Giuseppe Mancioli, G. B. Tamanti, ed anche una donna, Marianna Procacci in Doncecchi dalla Muccia, le cui composizioni, anche in grazia degli argomenti, acquistano un sapore e un interesse particolari.
Cominciamo da loro, che chiameremo i poeti del Risorgimento, la nostra rassegna, limitandola a un libero giudizio, senza trascrizione di versi, sia per la necessità di essere brevi, sia in considerazione della ristampa che di alcuni loro (e d'altri) componimenti sarà fatta in appendice a questo saggio (secoli XVI - XVIII) o nel volume antologico che seguirà (secoli XIX e XX) (2).
(1) Cfr, ETTORE VEO, I poeti romaneschi. Notizie, Saggi,
Bibliografia (Roma, Anonima romana editoriale, 1927) e specialmente la
Bibliografia generale, pp. 241 -281.
(2) L'antologia seguirà immediatamente alla stampa di questo saggio. Per
intendere pienamente il quale occorre che ciascun lettore tenga presente, per
ciascun poeta, la relativa bio - bibliografia, inserita nelle ultime pagine del
saggio stesso.