CANTI POPOLARI MARCHIGIANI

 RACCOLTI A FOSSOMBRONE  ED ANNOTATI DAL

Prof. DRUSO RONDINI

da pag. 41  a pag. 143

 

 

 

 

 

Canzoni e Canto

 

 

 Canti amorosi comuni

 

1.       Cos' avete, amor mio, che sospirate?
Quel che avete in nel cor non mel dicete?
E chi ve li fa far 'sti pianti amari,
Chi ve le fa provar 'ste pene al cuore?

2.       Quanti sospiri ho fatto per vó',
Iersera un e stamattina dó',
Quanti sospiri ho fatto per te,
Iersera un e stamattina tre.

3.       Iersera non ti vidi e non cenai, (1)
Così piangendo me n' andai dormire;
La mamma mi domanda: che cos' hai,
Che questa sera tu non vôi cenare?
Per non gli dir: mi molesta 1' amore,
Gli dissi: mamma mia, ho gran dolore;
Per non gli dire: 1' amor mi molesta,
Gli dissi: mamma mia, mi dol la testa.

4.       Per dirti 'na parola non ho tempo,
E quando un giorno mi sarai daccanto,
Invece d' una te ne dirò cento.

5.       Fior di trafôi;
Più dispetti mi fai, più ben ti vôi.

 

(1) Vigo, Catania 1857, pag. 146 n. li, registra un C. che comincia:

Arsira ppi la pena non mandai,

Ga mi credeva ca passava vui; ecc

e a pag. 174 il n. 40:

Arsira a li dui urì non manciai,

E nun mandavi ca 'un c' erivu vui, ecc.


 

 

6.    E lo mio amore 1' ho visto da 'n bùgio,
Magnava el lardo e si leccava '1 muso.

7.     Il mare vôi passar, se Dio volessa, (1)
Con 'na canuccia di trecento passa:
Vorrìa che in mezz' al mar mi si rompessa,
Tra i bracci del mio amor io mi trovassa.

8.     Fiore dell' olmo;
Per le bellezze tue io vo penando,
E non riposo né notte né giorno.

9.     Fior di trafoglio;
Per te io metterei la vita a taglio;
Prima morir ch' abbandonar ti voglio.

10.   Fior di gazzia; (2)
I figli voglion ben a mamma sua,
Ed io vôi ben a te, speranza mia.

11.   Beato chi ha 1' amore sotta 'i occhi, (3)
Lo vede la mattina e sin' a notte.
In mezz' al petto mio c' è 'na lancia, (4)
E giorn' e notte lo mio cuore trincia,
E la cagion sei tu, bella speranza.

 

(1) Gianandrea p. 107 n. 28; Caselli e Imbriani II p. 75 (c.
di Spinoso) e pag. 239 (var. abruzz. e napolitana}.

(2) Mozzatinti n. 25; Tigri p. 329 n. 74; Andreoli p. 290 n.
25; Giannini C. p. lucchesi, Lucca Baroni 1880 p. 6 n. 8; Canti p. di Barga e S. Pellegrino n. 10 in La Parola Settembre 1843 n. 65-66; Pieri in Propugn. XIII II p. 165 n. 64.

(3)  Il D' Ancona p. 95 ricorda la canz. menzionata nell' Errore». I sc. II) di G. B. Gelli:

«Non è più bell' amor che la vicina,

«Perché si può veder sera e mattina;»

      canzonetta menzionata anche nell' Assiuolo del Cecchi e incatenata nella Serenata dell'Allori (D'Ancona pag.  165; Raineri    218. Lodi dell'amore col vicino Imbriani I  pagg. 88 e 89, Giusti Racc. di prov. toscani, Firenze 1853, pag. 44.

(4)  Mazzatinti  n. 117.


 

 

13.   Fiore di fiore;
E vôi vede' se la parola vale;
Se m' accroccio con te, non io più amore.

14.   Quante men dici e quante me ne fai! (1)
Povera anima tua, quando mori!
Alla casa del diavolo anderai.

15.   A Roma a Roma 'na bella fontana, (2)
C' è l' acqua saporita e molto bona.
lo 1' ho bevuta, l' ho fatta la prova,
Ma per le pén d' amor 1' acqua non giova:
Io 1' ho bevuta, la prova 1' ho fatta,
Ma per le pén d' amor non giova 1' acqua.

16.   Io me ne voglio andare passo passo,
Se trovo il mio amore lo confesso,
Lo voglio convertir, se fosse un sasso.

17   Amore amore, non tanta arroganza, (3)
Se m' hai rubat' il cuor ci vòl pacenza;
Lo tieni rinserrato in una stanza,
Come fan li romiti in penitenza.

18.   Mi vai dicendo ch' è morto 1' amore, (4)
Secca la lingua (5) che portò '1 dolore;
Mi vai dicendo il mio amore è morto,
Secca la lingua a chi le nove porta.

19.   Di là dal mar si sent' un gran rumore,
Si batte li vascelli con le navi;
La palla d' oro 1' ha vinta '1 mio amore.

 

(1) Pieri, Propugn. XIV. II p. 170 n. 15.

(2) Locatellli C.  racc. nei dintorni di Gubbio, n. 23: La Parola 15 febbraio  1844; Andreoli p. 113 11. 298.

(3)       Mazzatinti  n. 198.

(4)       Gianandrea p. 191   11. 20; Mazzatinti n. 128.

(5) Ricorda il dantesco:  «Se quella con ch' io parlo non  si secca.»


 

 

20.   A Roma che si vende e che si compra; (1)
Non mi fa' sta' di più su 'sta bilancia,
'Gni volta che mi pesi cal' un' oncia.

21.   O luna che trapassi tanti monti,
Trapàssen uno e porta n'imbasciata;
Saluta lo mio amor, dove l' incontri
E dirgli che io moro appassionata.

22.   Darmi 'no sguardo coll' occhietto almeno,
Da già che m' hai lasciato in abbandono;
    Se vòi il sangue, io per te mi sveno,
Questo misero cuor io te lo dono.

23.   Speranza de 'sto cuor, in dove sei? (2)
Dove gli affetti che giurato m' hai?
M' impromettesti di donarmi il cuore,
In sul più bello abbandonato m' hai!

24.  Cosa sementi, amor, giù per 'sti prati?
Basilico, viole e mantrumàni. (3)
Cosa sementi, amor, giù per 'sta villa?
Basilico, vïole e giunchilla.
Cosa sementi, amor, giù per 'sta costa?
- Basilico e vïole in grazia vostra.

 

(1) Gianandrea p. 36 n. 124

La benedico I' erba che si concia!
Non mi fa' sta' di più su 'sta bilancia,
'Gni volta che ve vedo, calo un' oncia

(2) Oltre che il c. calabrese racc. dall' Imbriani II p. 174, richiama un c. d' indole letteraria contenuto nel Ms. del sec. XVIII trovato dal Lumini a Monteleone Calabro:

Suspiratu mio bene e dove sei?
Come, cos'i, perchè lasciato mi hai?
Non ti ricordi degli affetti miei?
………………………………….
Non mi giurasti tu per tutti i Dei
D' amarmi sempre e non lasciarmi mai? ecc.

      Cfr. D' Ancona pp. 393-96 e 403-404.

(3) menta romana.

 


 

 

25.   Sulla finestra ci ho piantato un fiore, (1)
Sera e mattina lo vad' a 'dacquare;
Prendo la scusa da 'dacquare il fiore,
Io vad' alla finestra a far 1' amore.

26.   Le rose e le viole en fa un vello,
Giùll' orto del mio amor èn (2) fresche e belle;
Le rose e le viole per 'ste ville,
Giùll' orto del mio amor c' è le giunchiglie.

27.  La rosa spampanata (3)
Non si restringe più,
Un cuore appassionato
Non si rallegra più.

28.  La strada del Verzier (4) non è più quella
E non si chiama più strada d' amore;
C'era la persichina (5) e s'è seccata,
La maggiorana ha perso 1' odore.

29.  Fior di caffè;
Non ti posso lasciar, cosa sarà?
È segno che fra noi qualcosa c' è.

30.   Fior di lupino;
Non mi guardar con 1' occhio balungano, (6)
Guardami con quell' altro brillantino. (7)

 

(1) Sabatini II volgo di Roma, I pag. 49 n. 12 (Roma Löscher 1890); Menghini, Archivio IX p. 248 n. 96;  Tigri p. 337 n.  143; Pieri, Propugn. XIII, II p. 173 n.121;  Rubieri pp. 396 e segg. e 405-406.

(2) sono.

(3) Nerucci pag. 190 ritornello n. 150.

(4) Così chiamasi un luogo ameno vicinissimo alla nostra città, nei secoli passati ricco di fronde e di verzure e ritrovo delle liete brigate.

(5) Origanum Majorana (famiglia delle Labiate); in Toscana è detta Persia.

(6) stravolto, strambo, malucano nella lez. montalese in Nerucci p. 164 n. 14.

(7) L' espressione - occhio brillantino   - anche   in   Gianandrea


 

 

31.   Io me la vôi pïa' come fa '1 sole;
Vagga com' ha da gi', va ben 1' amore!

32.   Madonna di Loreto fate piòva, (1)
Fate crescer le zucche all' ortolano,
Fate crescer lo cuore allo mio amore.

33   Per far chiucchiuruchiù (2) babbo mi ména (3)
E la mia mamma e mio fratel mi'grida,
Per far chiucchiuruchiù non è fatica.

34   Vorrìa sapere chi t' ha fatto gli occhi, (4)
Chi te gli ha fatti tanto innamorati;
E dalla fossa caveresti i morti,
E dall' inferno 1' anim' adanate.

35   Io voglio tanto bene a 'na persona, (5)
Il nome non lo posso palesare;
Lo tengo rinserrato in nel mio cuore,
Chi è ve ne potete imaginare.

30   Era di Maggio, si che mi ricordo, (6)
Quando con te incominciai 1' amore;
Avea fiorito la fava nell' orto,
Alle cerase cominciava '1 fiore.


p. 87 n. 90, Mazzatinti n. 50,  Tigri p. 325 st. 45,  pag. 36 Risp. 137 e pag. 58 Risp. 222.

(1) Gianandrea p. 178 n. 57.

(2) Onomatopeia che esprime il parlar sommesso e concitato di due che fan all' amore di nascosto.

(3) bastona.

(4) Gianandrea p. 106 n. 25; Andreoli p.49  n. 92 e pag. 73 n. 167; Mancinelli Le fasi dell' amore nell' Umbria; Bernoni (C. p. v. punt. IV n. 31; Vigo, Catania 1857, p. 122 n. 24: «Calu murtu di 'n terra lu fai spinciri»; D' Ancona pag. 261.

(5) Gianandrea p. 105 n. 20; Tigri p. 110 n. 414; Andreoli p. 27 n. 30; Pieri, Prop. XIII, II p. 156 n. 4; Ive p. 45 n. 15; Avolio p. 201  n. 63; D'Ancona p. 221.

(6) Tigri p. 79 risp. 297, Andreoli p. 83 n. 201; Giannini  C.


 

 

37   Quante le volte mi disperarìa, (1)
L' amore non mi lascia disperare;
Quante le volte in tavola andarìa,
L' amor mi leva la sete e la fame.

88   La mamma del mio amor è 'na gran donna, (2)
Quanto mi piace di chiamarla mamma!
Di chiamarla mamma per un' ora,
E poi - vecchiaccia, vattene in malora.

39     Dolore a vostro padre e a vostra madre,
Dolore a tutti quant' in casa siete,
Dolore ancor a vó' se non m' amate.

40     Ti voglio tanto ben, vita adorata, (3)
Possa morire chi ti dà 'n dolore!
Possa morire la tua mamma ingrata,
Non vòle ch' io con te faccia 1' amore

41     La grazia del mio amor quando m' aguarda!
Con li raggioni fa sparir la nebbia
E fa venir il sol' e invece è 1' alba.

42     Lauroregge; (4)
E m' hai ferito il cuore con un raggio,
E per amar a te merito peggio.


p.d.m. lucch. p. 264 n.1;  Giuliani pag. 398; Mazzatinti n. 122. Il c. monferrino Rosina (Ferravo n. 28) comincia pure:

Mama mia, maridéme,

Che 'ra passa ra stagiun:

Le cirese son madire

E ancor li graffignun.

(1) Gianandrea p. 103 n.  11.

(2) Marsiliani p. 108 n. 208 e Caselli e Imbriani I, p. 80.

(3) Gianandrea p. 36 n. 51, Cosetti e Imbriani l p. 80, Bernoni Trad. p. v. punt. IV p. 128.

(4) Giusti Epistolario;  «Inghirlandati d' auroregio, come dicono loro li vontadini) o di lauro regio, come diciamo noi.»

 


 

 

43.  Alzando gli occhi al ciel sopra quel giglio, (1)
Più che ti guardo innamorar mi fai
Guardando le bellezze che tu hai.

44.   E lo mio amore 1' ho visto iersera, (2)
Pareva un bambinin fatto di cera;
E lo mio amore 1' ho visto travisto,
Pareva un bambinin di carta pista.

45.  Fior di spinaci; (3)
Alzati in piedi che la terra coce
Non dir più mal di me che mi dispiace.

46.  Infin che gli occhi mia ci vedran lume,
E sempre arguardaran di là dal fiume;
In fin che gli occhi mia riluceranno,
Sempre di là dal fiume arguarderanno.

47.   Ti voglio tanto ben, angelo mio, (4)
Ed ho promesso non lasciarti mai;
Se tu sarai fedele all' amor mio,
All' amor tuo fedel mi troverai.

48.  Ti voglio amar fin che lo mondo è mondo, (5)
E le pietre non vanno volando,
Della terra e del mar non trovo il fondo.

49.  Avete gli occhi neri di natura, (6)

 

(3)       Menghini C. p. v., Archivio IX p. 46, n. 66; Tigri p. 328; Giannini pag. 13; Blessig pag. 6; Gianandrea p. 100 n. 278; Salomone-Marino C. p. sic. Palermo 1867 pag. 74.

(4)       Per il 1. (list. cfr. Maszatinti n. 87; in un c. tosc. Tigri p. 59 n. 226, trovo: «Parevi un angiolin fatto di stucco».

(5)       Marsiliani  p. 128, n. 402.

(6)  Imbriani  I p. 9 (cfr. p. 16 n. VIII):

Se tu fedel mi se' da ogn' part'
Fedel ti sarò fin a la mort'.

(7)       Pieri in Propugnatore XIII, II p. 156 n. 6.

(8)       Tigri p. 233 n. 28; Andreoli p. 294 n. SO; Pieri, Prop.
XIII, II p. 177 n. 151 e p. 159 n. 28; Giannini C. p. d. mont.
lucchese p. 8 n. 38, Manànelli I fiori dell' Umbria.

 


 


E se la morte non ci viene a tròva',
Amar vi voglio fin ch' il mondo dura.

50.  La casa del mio amor ha tre cantoni,
E coperta di foglie di limoni;
La casa del mio amor ha tre calate,
E coperta di foglie d' insalate.

51.  Garofanin piantato alla ringhiera, (2)
Vorrìa discorra' col mio amor un' ora,
Quest' ora fosse 'na giornata intiera.

52.  Mi pare di sentire e di sentire, (3)
Da su quel monte 'na voce chiamare,
Mi par che digg': amor, non ti pentire,
Per lingua d' altri non m' abbandonare.

53.  Bella graziolina, amor, ch' avete! (4)
Comprare la vorrei, se la vendete.

54.  Fior d' amaranto; (3)
Ne' tuoi begli occhi è scritto il tradimento,
Non so '1 perchè, ma pur io t' amo tanto.

55.  Vôi benedire lo fior di melella;
L' occhi ti ride e la bocca ti parla,
Darmi un bascino con 'sta bocca bella.

 

(1)  Lodi della casa degl' innamorati Tigri p. 51 n. 192 e p. 52 n. 197.

(2)  Gianandrea C. 145 pag. 39; Marsiliani pag. 107 n. 289; Coronedi-Berti C. bolognesi in Archivio I p. 543; e per il concetto dell'ultimo verso D'Ancona pp. 279 e segg. e 471  n. 11.

(3)  Gianandrea p. 103 n. 9; Vanzolini n. 8; Tigri p. 102 n. 386 e p. 132 n. 576; Andreoli p. 23 n. 19 e p. 201 n. 587; Mazzo/tinti n. 55; Marcoaldi C. liguri n. 38 pag. 82.

(4)  Gianandrea p. 44 n. 25:
         Son venuto qui, bella, per comprare
         La vostra grazia, se si puol avere ecc.
Cfr. Tigri p. 42 n. 139 e p. 7tì n. 287.

(5)   Sa di lucerna.


 

 

 

 

 

Mattinate, Serenate e Saluti.

 

 

 

1.     E s'è levata la stella maggiore,
Alzati, bellin, ch' è bell' e 1' ora;
E s'è levata la stella del dì,
Àlzati, bellin, non hai da durmì'.

2.    Fior di cicoria;
Tu alzati a bon' ora la mattina,
Se vói che ti mantenghi la memoria.

3.     E stamattina mi son fatt' onore,
Mi son levato io prima del sole.

4.     Alzati, bolchettin, ch' è chiaro il dì, (1)
Ti farà male lo troppo durmì',
Alzati, bolchettin, che il dì è chiaro,
Ed il troppo durmì' ti farà male.

5.     E stamattina mi levai bon' ora, (2)
Trovai tre donne alla fonte lavare;
E facevan discorsi tra di loro,
L' amante lo volevan baratare.

6.     Levati, sole, se ti vói levare,
'Sdutta la guazza (3) se la vói 'sciuttare;
Se non la vói 'sciuttar lasciala andare,
Lasciala all' amor mio ch' ha da passare.

 

(1) Mancinelli Le fasi dell'amore nell' Umbria:

«Alzati, bella mia, non tanto sonno,
Che lo troppo dormire a voi fa danno.»

(2) Gianandrea p. 161-62 n. 19.

(3) rugiada.


 

 

7.     Fior di cicoria;
Alzati, Nina mia, che 1' alba è in aria,
Me 1' hai promess' ed ho buona memoria.

8.     L' altra mattina mi levai bon' ora,
Trovai 'na bella alla fonte lavare,
Era 1' amante che dormiva sola.

9.     Alzati, bellina, è giorno fatto! (1)
Quanto mi sembri bella là 'n quel letto!
Le tue bellezze 'na piaga m' han fatto
Dalla parte sinistra del mio petto;
Le tue bellezze 'na piaga mi dole
Dalla parte sinistra del mio cuore.

10.  Alza la bionda testa e non dormire, (2)
Bella, non ti far vincere dal sonno.

 

(1)       Gianandrea p. 94 n. 237; Mazzatintì, per nozze Samuelli-Giraldoni Foggia 1882, n. 5; Tigri pag. 90 n. 360.

(2)       Oltre i due rispetti antichi perugini n. 13 e 39, pubblicati ed annotati dal D' Ancona (pp. 142 e 143, 444 e 449, 469 e 470), un verso della Serenata dell' Allori, messo già a riscontro dal D' Ancona (p. 146) e dal Rubieri p. 212, e uno degli Stramb. di L. Giustiniani editi dal D'Ancona primieramente nel Giorn. di Filologia romanza; ecco altre traccie dell' antichità di questo canto: - Strambotti di L. Pulci, ediz. Zenatti N. 114:

Una parola ti vo' ricordare,

Gentile idea, in questa mia partenza.... ecc.;

      e in un altro:

Però ti priego che ti sia in piacere,
Lo servo tuo ti sia raccomandato.... ecc.;

      e altrove:

Vo' tu ch' i' resti per amarti morto?
Dea gentil, se pietà non harai,
Cagion ch' i' vada all' inferno sarai;

      e in un risp. del scc. XV pubblicato  da   G.   Volpi di  sur   un Cod. fiorentino, nella Biblioteca d. Scuole italiane vol. IV n. 3:

Se dormi e se non dormi, o viso adorno,
Alza le bionde ciglia e non dormire …

 


 


Quattro parole io ti voglio dire,
E tutte quattro mi fan gran bisogno:
La prima, bella, che mi fai morire,
E la seconda, un gran bene ti voglio,
La terza ch' io a te sia raccomandato,
La quarta ch' io per te moro dannato.

11. Bellina, se ti piacciono li canti, (1)
'Facciti alla finestra or che li senti;
Non sentirai nè toni nè lampi,
Soltanto sentirai i miei lamenti.

12. 'Facciti alla finestra, o Colombina, (2)
Io son quel canapin dell' altra sera,
Quello che fila la canipa fina;
'Facciti alla finestra, o Colombina.

13. Guarda gran bel seren, gran belle stelle, (3)
Gran bella notte di rapir le donne!


Vedi poi Gianandrea p. 131 n. 48; Mazzatinti n. 254, e per Nozze Padovan-Massopust (Alba 1883) n. II; Tigri Risp. 263; Andreoli p. 26 n. 26; Marcoaldi C. latini n. 40 p. 140; Menghini C. p. romani, Archivio IX p. 403 n. 226; Bemolli C. p. v. punt. IV c. 45; Dal Medico 0. p. v. pag. 37; Ivo p. 5, n. 7 e p. 72 n. 19; Cosetti e Imbriani II p. 30 e seg.; Vigo R. ampi. 1447; Salomone-Marino n. 182.

(1)       Mazzatinti n. 264.

(2)  Bernoni C. p. v. punt.  VII n. 47:

Butite a la finestra, Colombina,
Che so quel moliner de 1'altra sera,
Che 1' ha portà quela bianca farina,
Butite a la finestra, Colombina.

      Un altro c. marchig, Gianandrea p. 128 n. 38, comincia:

Vi do ra buona sera, Colombella....

(3)  Gianandrea p. 124 n. 23; Mazzatinti n. 23; [ve p. 19 n.28; Bernoni C. p. v. punt. X p. 8; Tommaseo I p. 363; Ferraro C. monferrini pag. 155; e per il 1. verso anche: Tommaseo 1 p. 228, Ive p. 6 n. 9, Bernoni punt. IV pag. lo, D' Ancona p. 271, Rubieri p. 650.


 


Chi ruba donne non si chiama ladro,
Si chiama giovinetto appassionato.

14.   Un angiolin dal ciel vien a calare,
Bona sera, amor mio, vad' a ballare;
Un angiolin dal ciel calassa gió,
Bona sera, amor mio, en canto pió;
Un angiolin dal ciel fassa giustizia,
Bona sera, amor mio, senza malizia.

15.   Bella, chi dormirà con voi 'sta notte? (1)
Chi vi dirà le dolci paroline?
E chi vi toccherà le due pagnotte,
Chi v' aprirà le porte del giardino?

16.   'Facciti alla finestra, se ci sei, (2)
Darmi 'na goccia d' acqua se ce 1' hai;
Se non me la vòi da', padrona sei.

17.   'Facciti alla finestra, o Colombina, (3)
Darmi 'na goccia d' acqua se ce 1' hai;
Se non me la vòi da', ti compatisco,
Perchè t' amanca la camiscia e '1 busto.

18.   M' affaccio alla finestra e do 'n sospiro, (4)
Ti do la bona sera e m' aritiro.

19.   Fiore di mela;
E vi bisogna gnente, anima cara?
Felicissima notte e bona sera!

 

(1) Ive pag. 206 n. 8.

(2) Mazzatinti n. 289; Menghini, Archivio IX p. 247 n. 91; C. p. bolognesi n. 12 nella Parola 18 febbraio 1844; Giannini C. p. d. m. lucch. p. 23 n. 149.

(3)       Gianandrea pag. 236, dispetto 40; Menghini IX, 248, 99.

(4)  Gianandrea p. 182 n. 82; Marcoaldi c. umbri p. 70; De Nino C. pop. sabinesi Rieti 1869 p. 19; e il toscano:

M' affaccio alla finestra e do un sospiro
E colla mi' pezzola lo riparo;
Ti do la bona notte e mi ritiro.


 

 

20. Mi sa millando la luna si levi, (1)
Che dia lo splendor al suo palazzo;
Mi sa millando di sposarti, o bella,
Sera e mattina di portarti a spasso.

21. Son venuto a canta' 'na sonatina, (2)
Padron di casa, se contento siete;
Avete 'na bambina rinserrata,
Dentr' i muri di casa la tenete.

22.  'Facciti alla finestra, o mio bel viso,
Ascolta questo canto doloroso;
Tu sei 'na stella dello paradiso,
Per te, bellina, moro appassionato.

23. 'Facciti alla finestra, cuore ingrato, (3)
Cuore di sasso ed anima crudele;
E tu mi fai morir appassionato,
Mi fai distrugger come le candele.

24.   Ti do la bona sera alla romana,
Se non vi piace quella fiorentina;
Addio, ci rivedremo domattina.

25.  Vi do la bona sera, se volete;
Se no, la butto per le cantonate;
Domani sera la riprenderete.

26.  E cosa ci ho da dir allo mio amore?
La bona sera sul cala' del sole.
E cosa ci ho da dir all' amor mio?
La bona sera con un dolce addio.

 

(1) Gianandrea pp. 46-47 n. 9, Ferravo C. Monferrini p. 143, Dal Medico C. p. v. pag. 86.

(2) Gianandrea p. 121 n. 10; Tigri p. 101 n. 376; Giannini C. p. luce, Baroni Lucca 1880 pag. 8; Mazzatinti n. 78 e 378; Ive pag. 13 n. 18; ricorda anche un degli antichi risp. perugini editi dal D' Ancona (vedi a pag. 486 n. 72,   cfr. pag. 472 n. 14).

(3) Gianandrea p. 37 n. 60; Tigri p. 308 Risp. 1134.

 


 

 

27.  Ti do la bona sera e vad' a letto,
Ricòrdati, bellina, quel ch' ho detto:
Andiam a letto, che le paci èn fatte.

28.  Io me ne parto e me ne vado via,
Ti lascio colla pace di Maria; (1)
Io me ne parto e me ne vado in giù,
Ti lascio colla pace di Gesù.

29.  Quanto mi piace 1' aria di quaggiù!
L' aria mi piace e la persona più.

30.  Si vede il lume dalla gattaiòla,
E lìa sta di dentro e io de fora;
Si vede il lume dalla finestrella,
Questa è la casa della mia bella.

31.   Tu sei di dentro, fili con la rócca,
io son di fora colla pip' in bocca.

32.  Tun questo vigoletto tira il vento,
C' è 'na moretta che mi piace tanto;
il padre cornutuccio en è contento.

33.  Guarda quella finestra quanto arde! (2)
E tutto sangue de 'sto petto mio;
Le tante stilettate, amor, m' hai date;
Dammene un' altra e poi moro, ben mio.

34.  Quante le volte mi ci fai venire (3)
Sotta la tua finestra a sospirare!
Prendi un cortello e fammici morire,
Mai più mi sentirai a lamentare.

 

(1) Una licenza eguale in Mazzatinli n. 289.

(2) Gianandrea p. 19 n. 37; Dal Medico C. p. v. p. 84.

(3) Gianandrea  pag,   45   n.   3   e   p. 123 n. 23; Tigri p. 308
risp. 1143; Andreoli p. 473 n. 304; Mazsalinti n. 274;   Coronedi-Berti, Archivio I p. 343 n. VI; Marsiliani p. 34 n. 120; Imbriani I pag. 196. Una nostra var. al secondo distico dice:

Tirava 'n vento che volsi morire,
Tu, bellinella, en t'affaciasti mai.


 

 

35.   E tu, bellina, dormi pur contenta, (1)
Che a me la mèla notte non fa gnente;
E tu, bellina, dormi pur reale,
Che a me la mèla notte non fa male.

36.  Fior di bombace;
Siamo 'rivati alle porte felici;
Chi vòl la figlia saluta la madre.

 

(1) Caselli e Imbriani  vol. I pp. 85-86.


 

 

 

 

 

 

Veglia e Ballo

 

 

 

1.     Vien alla vegghia (1) e porta quel presciutt,
S' en el vòl nisciun, el magnarò i' tutt.
Vien alla vegghia e porta quel salèm,
S' en el vòl nisciun, el magnarò i' sèn.

2.     Vien alla vegghia e porta quel sochè,
E s' en el vòl nisciun, el darè' a me.

3.     Vien alla vegghia, 'sta sera ti voglio,
Porta le tue bellezze e rame e foglie.

4.    Vien alla vegghia e non ci far da matto,
L' arco del vïolin 1' avem arfatto;
Vien alla vegghia e non ci far lo tonto, (2)
L' arco del violin 1' avem argionto.

5.    Vien alla vegghia e porta '1 muscatell,
Per la ragazza tua chèpa (3) '1 più bell;
Vien alla vegghia e porta un chèpo d' ûa (4)
Per fè contenta la ragazza tua.

6.    Vien alla vegghia e vienci da per te,
Lo tuo compagno fa 1' amor con me;
Vien alla vegghia e non ci venir solo,
Per compagnïa mena '1 sonatore.

7.     Vien alla vegghia e porta el violin,
Se vò' che balla, mena '1 ballerin.

 

(1)  veglia.

(2)       tondo, stupido.

(3)       da capare, scegliere.

(4)       capo d' uva, grappolo.

 


 

 

8.     Vien alla vegghia, stasera t' perdón,
Se non ci vien stasera, dmèn (1) t' bastón.

9.     Se tu stasera non vien alla vegghia,
Ti do licenza, Dio ti prevegga;
Se stasera alla vegghia en venirai
Ti do licenza … alla vegghia 'nirai! (2)

10.   Vieni alla vegghia se ci vòi venire,
Non aspettare che tel mand' a dire;
Vien alla vegghia, stasera t' aspetto,
Domani sera sarò gita a letto.

11.   Vien alla vegghia, stasera t'invito,
Domani sera 'n altro favorito.

12.   Vien alla vegghia e port' un chèpo d' ùa,
Lascia che la bagài (3) la mamma tua;
Vien alla vegghia e port' el pèn e 1'ài (4),
Lascia che la tua mamma la bagài.

13.   Si leva '1 sol, si butta su 'na rama,
Stasera si fa '1 giro e la furlana, (3)
Si leva '1 sol, si butta su 'na stecca,
Stasera si fa '1 giro e la scarpetta; (6)
Si leva '1 sol, si butta su 'n rivello (7),
Stasera si fa '1 giro e '1 saltarello.

14.   Sabat' a sera so' invitat' al ballo
E nella sala dello gioiarello; (8)
La prima sarò io a far un ballo,
Farò collo mio amor un saltarello.

 

(1)  domani.

(2)  venirai=verrai.

(3) brontoli.

(4) aglio.

(5)                                   la forlana, la monferrina (manfrina) e il saltarello sono i tre generi di ballo più in uso tra i nostri contadini.

(6)                                   Specie di ballo strisciato.

(7)                                   livello? l'orse per argine o riparo.

(8)                                   diminutivo-vezzeggiativo di gioia.


 

 

15.   Mi sa millando che venga stasera (1)
Allo mio amor per dài la bona sera;
La bona sera la vôi de' ma tre,
Prim' al padron di casa e po' ma te;
La bona sera la vôi de' ma dò',
Prim' al padron di casa e po' ma vó'.

16.   E c' era lo mio amor quando balava,
Ci avea dò tintilin che tintilava;
Gli domandaï se s' acontentava
Tocar li tintilin quando balava.
Lia mi rispose: son donna d' onore,
Se vòi lo tintilin, compra lo fiore;
Lia mi rispose: son donna d' amante,
Se vòi lo tintilin, compra le piante.

17.   Giovinettino ch' è 'rivat' adesso, (2)
Meriti il banco da seder 'tun mezzo;
In tnezz' al banco ci fosse 'na rosa,
Quel giovinetto merita la sposa.

18.   La volpe va pel foss' e 'rizza (3) '1 pelo,
Padrona, en si pòl più, (4) se non si beve.

19.   Da già ch' abbiam bevuto nell' orciólo,
Farem 'na cantatina se Dio vóle;
Da già ch' abbiam bevuto nel bicchiere,
Farem 'na cantatina volentiere.

20.  Ade' ch' avem mangiato e avem bevuto,
Aringraziem a Dio ch' 1' avem avuto;
Ade' ch' avem bevuto e avem mangiato,
Aringraziem a Dio che c' 1' ha mandato.

 

(1)                                   sera di veglia.

(2)                                   Mazzatinti n. 136; Andreoli pag. 155  n. 444.

(3)       'rizza e arizza per arriccia.

(4)                                   cantare, cioè, o suonare.


 

 

Partenza, Lontananza e Lettere

 

 

1.     Ti voglio tanto ben, non tel dimostro, (1)
Perchè non te lo posso dimostrare;
Le male lingue mi stan tant' adosso,
Né meno 'na parola dir ti posso.
Non t' ho potuto dir: - amor, do' vai?
Caro mio ben, quand' aritornerai? -
Non t' ho potuto dir: - amor, do' gite?
Caro mio ben, quand' aritornerete?

2.    Oh Dio! oh Dio! oh che dolor, che pena!
Partenza lunga e lontananza amara (2)!
Di rivederti ancor tanto lo spero.

3.    Se vai a Roma ti vôi conta' i passa,
Ricordati di me, se no ti lasso;
Se vai a Roma ti vôi conta' le ora,
A me mi basta 'na parola sola.

4.    Fiore di menta;
Menta si chiama perchè 'n si fa pianta,
La vostra lontananza mi tormenta.

5. E me ne voglio anda' lontan lontano (3)

 

(1)       Pel primo tetrastico cfr. Cosetti e Imbriani I   p.   58,  pel
secondo Gianandrea p. 147 n. 21 e Marcoaldi c. umbri p. 60.

(2)  In  un  c.  calabrese  di  Paracorio   (Casetti a  Imbriani II
p. 349):  «La luntananza a mia quant' esti amara!»

(3)  Gianandrea p. 41  n. 157.


 


Dove fa guerra lo Guerrier Meschino, (1)
Dove sta lo mio amor per capitano.

6.     Giovinettino ch' arvien dalla guerra.
Portami nova del ragazzo mio;
E digli che non poggi l' arm' in terra,
L' è piccolino, en è bono da guerra.

7.     E guarda '1 mare come 1' è turchino, (2)
E lo mio amore è tanto di lontano!
Chi me lo va a chiamar gli do 'n zecchino
Ed un papetto (3) per la bona mano. (4)

8.     Se poss' aritornar al mio paese,
Vôi la' 1' amor m' ha da bastar un mese;
Se poss' aritornar al mio contorno,
Vôi fa' 1' amor m' ha da bastar un giorno

9.     Vôi far 'na lettra e la vôi sigilare,
E po' allo mio amor la vôi mandare;
Vôi far 'na lettera e la sigilarìa,
E po' allo mio amor la mandarìa.

10.   Vanne, sospiro mio, vanne alla posta, (5)
Va a veder se c' è lettera mia;
E dirgli che di lagrime è composta
E sigillata con il sangue mia.

11.   Val più 'na parulina del tu' dire,
Ch' en è di scriva, di mandall' a dire;
Val più 'na parulina del tu' core,
Ch' en è di scriva di manda' le nove.

 

(1) Guerrin Meschino, la cui storia è in voga tra i nostri contadini.

(2) Incompleto in Gianandrea p. 183 n. 88.

(3)       moneta pontificia corrispondente a L. 1, 00.

(4)       di regalìa.

(5)       Mazzatinti n. 182; Tommaseo l p. 127; Andreoli p. 121 n. 338; Stornelli romagnoli, per nozze Trevisani-Scolari 1888, pag. 6.

 


 

 

12.   Vèl più 'na parulina nell' orecchi (1),
Ch' en è trecento scricatine (2) d' occhi;
Vèl più 'na parulina dell' amore,
Ch' en è trecento dell' imbasciatore.

13.   'Facciti alla finestra, butta 'n foglio, (3)
Di dentro ci sta scritto: non ti piglio;
Ed or che t' ho goduto, non ti voglio.

14.   E lo mio amore m' ha mandato lettra (4),
M' ha mandato a dir che son civetta.
Se son civetta stogg a chèsa mia
E lo ch' è 'n civetton ch' el vagga via;
Se sem civette stèm a chèsa nostra,
E lo ch' è 'n civetton ci vien a posta.

15.   E lo mio amore m' ha mandat' a dire (5)
Che mi proveda, che mi vòl lasciare;
E 'i ho mandat' a dire la risposta:
- Mi son provista, non 1' ho fatt' a posta.
16.  O rondinella che vai in alto mare, (6)
Saluta lo mio amor, è 'n pescadore;
Se non conosci a lui, guarda il segnale,
In nella vela c' è scritto '1 suo nome.

 

(1) Un C. umbro comunicatomi dal Mazzatinti:

Val più 'na parolina dell' amante
Che dell' ambasciator che ne fa tante.

(2)       strizzatine.

(3)       Andreoli p. 308 storn. 135; Nerucci p.  180 n. 94.

(4)       Gianandrea   p.   155   n.   9,   e   per   il I distico Mazzatinti  n. 146, Tigri p. 294, Menghini, Archivio IX p. 44 n. 44.

(5)       Gianandrea p. 213 n. 234; Mazzatinti n. 146 a) e c).

(6)  Il I v. in Gianandrea p. 26 n. 68:

«Giovanottello che vai per mare»,

      e1'ultimo:

«Che nella vela sta scritto il suo core».

 


 

 

17.    Mi sono mess' a scrivere il tuo nome (1),
En ho poduto, dolci' anima mia;
La carta si riempiva di dolore,
Il calamaro di malinconia.

 

(1) Gianandrea p. 153 n. Io; Tigri p. 179, n. 077; Andreoli p, 1:29 n. 356; Mazzatinti n. 179; Pigorini Beri p. 137; Giannini  p. 117 n. 35; Marsiliani p. 58 n. 135; Cosetti e Imbriani II p. 16.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Matrimonio e Vedovanza

 

 

 

1.     Fior d' ingranato; (1)
Prendetelo, prendetelo marito,
S' avete da sconta' qualche peccato.

2.     Presi marito per scappè dai guèi,
Invece ci son entra (2) più che mèi;
Presi marito per aver le spese.
Invece bastonate tutt' il mese.

3     Tutti dicevan: marito marito! (3)
So' stata curiosa, 1' ho pigliato;
Io mi credea portar 1' anello in dito,
Porto 1' anello e lo grugno 'macato. (4)

4   Ho preso un marito, ho pres' un fattore;
Credeva star all' ombra e sto al sole;
Credeva di mangiar con la forcina,
Maledisco 1' amor sera e matina.

 

(1)       Gianandrea p. 199 n. 53 e p. 304 n. 80; Tigri Storn. 181; Mazzatinti n. 345; Menghini C. p. r., Ardi. IX p. 262; Rubieri p. 563.

(2)       entrata.

(3)       Gianandrea p. 196 n. 43; Pigorini-Beri p. 181; Mazzatinti n. 346; Tigri p. 341 n. 175 e 176; Andreoli p. 181 n. 529; Bemolli G. p. v. punt. II n. 73 e Trad. p. v, punt. IV p. 128; Dal Medico C. p. v. pag. 157; Marcoaldi G. piemontesi n. 33 a p. 126; Ferraro G. Monferrini str. III; Vigo R. ampi. 2211; Rubieri pp. 569-70.

(4) ammaccato.


 

 

5.     Fiore di grano; (1)
La rota bira e non ce n' accorgemo,
La mòi ci cresce e noi ci consumiamo.

6.     A Roma a Roma è venuta l' 'usanza, (2)
Le donne maritate arfan 1' amore,
Alle zitelle gli cresce la panza.

7.     Tollalaléro, tollalalà,
Prendi la moglie se vòi sciala'.

8.     M' è stato detto che prendi marito; (3)
Quando lo prenderai, o disgraziata?
Quando lo mangerai quel pan pentito?

9.     E la zitella quando si marita (4)
Con dò sospiri saluta la mamma;
Dice: la libertà per me è finita
L' ultimo giorno che porto la palma (5).

 

(1)       Nel c. umbro ed. dal Mancinelli 1 fiori ecc., il 3° v. comincia «l'amor ci cresce >; cfr. anche il I tetrastico del c. di Grottaminarda (Pr. Ulteriore] Imbriani vol. 1 p. 169.

(2)       Gianandrea p. 197 n. 47; un c. piem. d' Alba comunica-
tomi dal Mazzatinti:

A Ruma a Ruma, j' è   na bel usanza,

Le done maridà a i fan 1' amuri:

Culi da maridè prunta la banca;

      (preparano la panca); Marcoaldi p. 49; Ive p. 237 n. 28; Dal Medico p. 159; Rubieri pag. 257.

(3)       Giuliani pag. 316 (Cortona) e v. sotto: I Disamorati disp. 23.

(4)       Gianandrea p. 187 n. 7; Morandi n. 2; e Bernoni C. p. v., punt. II n. 64:

Chi xe da maridar no se marida,
Perchè la libertà val un tesoro;
Chi xe da incatenar no se incatena,
Che mi so incadenado fin che moro.

(5) della verginità.


 

 

10.   Chi ha la moglie bella sempre canta, (1)
E chi ha pochi quadrin sempre li conta.
Chi ha la moglie bella sempre dice:
- A letto a letto, che 1' è mezzanotte.
E chi 1' ha brutta lo contrario dice:
- Fila fila, che ancora non è notte.

11.   Donna ch' avete il marito geloso, (2)
V'insegnerò la vera medicina;
'Chiappate un goffo di riccio (3) peloso,
Dai pur d' ansò d' angiò su per la schina. (5)

12.   Piange la vedova la vedovanza, (6)
Piange lo morto e nello vivo pensa;
D' un altro giovinett' ha la speranza.

13.   La vedovella quand' arfà lo letto
Con dò sospiri volta li lenzoli;
Poi dà 'na guardatina al bianco petto:
- Questa non è più vita da sta' sola.

 

(1)       Gianandrea p. 167 n. [; Ciavarini-Doni Proverbi marchigiani, Ancona 1883, pag. 1*25; Mazzatinti n. 332; Tommaseo 1
pag. 381; Bernoni C. p. v. punt. VI n. 73; Dal Medico C. d. p.
ven. pag. 158; Ive pag. 227 n. 9.

(2)       Il nostro è eguale allo stramb. piemontese, Nigra p. 579
n. 120; nella lez. lughese, Bagli Nuovo saggio p. 40G, il 2° di-
stico suona:

Tuli la pela d'un porco spinos,
Sfargheila par la panza la mattina.

(3)       batuffolo di stoppa.

(4)       schiena.

(5)       «E qual è vedova non si cura di quel ch' è fatto cenere»;
Sacchetti Nov. 47. Cfr. poi Ciavarini-Doni pag. 135, Marsiliani
p. 135 n. 437, Bernoni C. p. v. punt. X n. 80.

(6)       Gianandrea p. 192 n. 25; Ciavarini-Doni p. 135; Morandi
n. 1; Marsiliaìii pag. 55 n. 121 e p. 78 n. 198; Tigri pp. 145
146 n. 550 e 551, Andreoli p. 182 n. 533 e 534; Ive p. 114 n. 14;
Tommaseo I p. 384; Imbriani, Propugn. VII p. 372 (c. d' Avellino;;
D' Ancona pp. 95-96.


 

 

Rispetti e Stornelli vari

 

 

1.     Avessi la fortuna c' ha la loppa, (1)
Sulla più bella mi vorrìa 'tacare;
Ognuno mi dicesse: - stacca stacca!
- Non mi posso stacca', che son la loppa.

2.     O murador che muri tutto 1' anno,
Mura la bugianina in quel capanno;
O murador che muri tutt' el dì,
Mura' sta bugianina ch' è machì; (2)
O murador che muri tutt' el giorno,
Mura la bugianina de 'sto forno.

3.     Non mi guardate che son brutta in viso,
Di sott' al zinalin (3) ci ho '1 paradiso.

4.     Fiore di stoppa;
Il canapino vòl sposa' 'na vecchia,
E vòl veder se 1' è bugata sotta.

5.     Io son disposto a far un convento, (4)
Le porte d' oro e le mura d' argento;
Io son disposto a far un palazzo,
Le porte d' oro e le mura di sasso.

 

(1)  (1).   guscio o vesto del grano: cfr. Nerumi che a pag.   95   registra lo stesso vocabolo pel dial. montalese.

(2)  machì e maché - qui.

(3)  grembiule.

(4)  Gianandrea p.  188 n.  10: il 1 v. fu notato nella serenata dell' Allori  (D'Ancona p. 156,  Rubieri p. 215).


 

 

6.     Giovinettina dai capelli biondi, (1)
E tutti da 'na parte te li mandi,
Giovinettina, dove ti confondi!

7.     So' stato incarcerato per 'na donna, (2)
Per 'na pistola rotta e 'n cortelaccio;
Ad ora ad ora aspetto la condanna,
So' stato incarcerato per 'na donna.

8.     Giovinettina che dormite sola, (3)
Dalla paura non dormite mai;
Se vi piacessa la mia compagnia,
Son tanto di bon cor, ci venirìa.

9.    Giovinettina ch' andate al molino, (4)
Portatelo 'sto cor a macinare;
Ditegli al mulinar ch' el faccia fino,
Deve passa' pel velo del staccino;
Ditegli al mulinar che fin el faccia,
Deve passa' pel velo della staccia.

 

(1)       Tigri p. 371 n. 438 e pag. 345 n. 207; Pieri, Propugn. XIV II p. 195 n. 190; Giannini p. 35 n. 216.

(2)       Bernoni N. c. p. ven. pag. 13 n. 19; Nerucci p. 263 n. 287; Giannini p. 50 n. 312; Pilrè I 69; Gianandrea registra un c. che comincia (p. 170 n. 15):

«So stato incarcerato pe' 'n capriccio,»
«Per porta 'no schioppetto e 'n cortellaccio»  ecc.

e Ferraro, C. p. di Cento, a pag. 80 ha:

«Sono in carcero per 'na donna»
«E giorn e nott aspett la miè condanna»;
cfr. anche D' Ancona pag. 309 nota 1.

(3)       Gianandrea p. 167 n. 2 e p. 171 n. 18; Mazzatinti n. 322; Cosetti e Imbriani I p. 4.

(4)       Un c. delle prov. merid. (G. Amalfi, Archivio VI p. 193):

Agge saputo', ca si' mulinaro,
Pigliate 'o core mio e macinatelle.
Te lu macine e te ne faje pane,
'Ncopp' a 'nu tavulino v' ò mangiate; ecc.,

cfr. anche Ive p. 206 n. 7.


 

 

10.   Giovinettina da quel bel palazzo,
L' è fabbricato di marmore fino;
Vi prego in cortesia, calate al basso,
Aregalar vi vo' 'n garofanino.

11.   Giovinettina che vai a prender 1' acqua,
Perchè non vieni alla fontana mia?
E dell' acqua ce n' è quanto si sia,
Perchè non vieni alla fontana mia?

12.   Fiore di pepe;
Chi vi domanda pepe, pepe date,
La bella peparola che voi siete.

13.   Giovinettina dalla rócca e '1 fuso,
La pergamena ve la vôi donare,
La rócca ve la voglio recamare.

14.   Fior di tarantola;
Sopra la vita mia non ci si monta,
Perchè 1' è troppo piccola la pianta.

15.   Fior di gramigna;
'Sta nott en ho durmito manc' un' ugna,
Ho sempre combattuto con … la tigna.

16.   La prima volta che dormìi con donna,
Credevo di morir dalla paura;
E la mattina quando m' asvegliai,
Invece di morir resuscitai.

17.   Quando m' innamorai della Pierina, (1)
La prima volta li donò (2) un baiocco;

 

(1) Ive p. 138 n. 3.

Sta nuote i' so' insunià cun Pirèina
Che per amur la m' a duna un subiuoto.
I' me livo del lieto a la mitèina,
Nun truvo né '1 subiuoto né Pirèina.

(2) la persona del pass, remoto, propria del vernacolo contadinesco.


 


Quando ci ritornai, 1' era di sera,
C'era il baiocco e la Pierina en c' era.

18.   Oh Dio dell' aria!
Tutte le belle donne son dei preti,
Io che son brutta son d' un pover frate.

19.   Bella che fai 1' amor con quell' abate, (1)
Cosa ci vòi cava', se si fa prete?
Un basciamano, quando 1'incontrate,
Un miserere quando morta siete.

20.  E frate mi vòi fa carmelitano, (2)
E confessore delle più belline;
E frate mi vòi fa carmelitano.

21.   Giù per 'sto vicinato maledetto (3)
Non ci si pòl passa' senz' un bastone;
C è 'n cagnulino si chiama Moretto,
Sempr' è 'tacato al cor della padrona.

22.  Guarda quel pulachin (4) corri' el va via,
Prima guarda ma 1' ombra e po' mai pìa.

23.  Giovinettin da 'sto capèll di pâia,
Con 'na fituccia roscia ch' abarbâia!

24.  Giovina sono, pensieri non ho, (5)
Mi voglio divertir, marito no!
Giovina sono, pensieri n' ho tre,
Sposa' 'n giovin di sigari e caffè.

 

(1) Casetti e Imbriani I p. 97 (c. d' Airola -  Prov. di Benevento).

(2) Marsiliani p. 109 n. 300.

(3)       Per il I distico, Gianandrea p. 191 n. 21.

(4)       da Polacco? significa: giovane capriccioso,   elegante;  ed è sinonimo di paino.

(5)       Rifacimento di due strofe d'una canzonetta d'origine toscana; v. Nerucci Ritornelli n. 134-143 a pagg. 187-189.


 

 

25.   Fiore di pasta;
Portate il capelin a mezza testa,
Fate lo soldatino e tanto basta.

26.  O morettino dal capelin bianco,
E da 'na parte ve lo sping' il vento,
E da quell' altra mi sembrate finto.

27.   In mezz' al mare ci sta 'na scaiòla, (1)
Lo Turco se la gioc' alla primiera:
Chi se la goderà sarà secondo,
Sarà felice e fortunato al mondo;
Chi se la goderà sarà beato,
Sarà felice al mondo e fortunato.

28.   In mezz' al mare ci sta 'na scaiòla,
Lo Turco se la gioc' alla primiera;
Chi se la goderà 'sta figlia d' oro?

29.   In mezz' al mare ci sta 'na barchetta, (2)
Al tondo al tondo gli galeggia 1' acqua;
Chi se la goderà 'sta giovinetta?

30.   Giovinettina da 'sto petto bianco, (3)
Drenta ci avete dó pomi d' argento;
Chi ve li tocarà diventa santo,
Chi dormirà con vó' resta contento.

 

(1)       Per questo c. e il seg. cfr. Casetti-Imbriani II pp. 43-44; la canz. «Michelemmà» in Eco di Napoli, Dieci celebricanzoni popolari per c. e pianof. race, da V. de Meglio, Milano Ricordi, I p. do (cfr. Archivio p. le trad. pop. II 318); Marcoaldi c. lat. n. 33 a p. 38; Marsiliani p. 118 n. 350; Menghini, Archiv. IX p. 262 n. 211; D'Ancona p. dod.

(2)       Gianandrea p. 208 n. 5, Mazzatinti n. 29, Marcoaldi e lat. p. 137 n. 31.

(3)  Gianandrea p. 77 n. 135, Pigorini-Beri p. 134, Mazzatinti n. 56; Pieri, Propugn. XIV, I p. 130 n. 3, e XV, I p. 246 n. 14, Nerucci p. 176 n. 68; Giannini p. 7 n. 32: Strambotti di L. Pulci, ediz. Zenatti n. LXXXIII.


 

 

31.   Siete bellina, e mio fratell vi vòle, (1')
Sarete mia cognata, se Dio vòle;
Siete bellina, e mio fratell vi stima,
Sarete mia cognata come prima.

32.   Tira lo vento e vola la bandiera,
Su quel palazzo 'na bella ringhiera;
Tira lo vento e la bandiera vola,
Su quel palazzo 'na ringhiera sola.

33.   Fiore di grano;
La luna 1'è 'rivata in mezz' al cielo;
Corìmo, bella mia, noi la 'rivamo.

34.  Fior di gazzìa;
Mi s' è stronchèta tutta la corona,
En ho podut a di' 'n' avemarìa.

35.  So' stata disgraziata dalle fasce, (2)
Ancora la mammana me lo disse:
- Ecco la disgraziata, adesso nasce.

36.  Tutti mi dicon sono mezza matta;
A dir la verità, son matta tutta;
A dir la verità, son matta bene,
Ed è più matto chi matta mi tiene.

37.  Fiore di pepe; (3)
Il pepe è forte, e voi lo masticate;
Fatevi grande, che bellina siete (4).

 

(1)       Mazzatinti  n.  112;   Marsiliani p.  23   n. 31; Giannini  p. 34 n. 203; Pieri, Propugn. XIII, II p. 163 n. 36.

(2)       Marsiliani p. 124 n. 382, Giannini p. 26 n. 282, Imbriani I pp. 243 e segg.; un c. umbro inedito:

Fiorin di mela;

E quando la mia mamma m' allattava,

Figliola sfortunata mi diceva.

(3)       Gianandrea p. 112 n. 38; Tigri p. 334  St.   116;  Andreoli  p. 320 n. 238.

(4)       Var.: Oh quanto vi sta ben 1' amor che fate!

 


 

 

38.  Quanto mi piacen li giovin moretti,
E specialmente quelli un po' ricciotti
Con quelli occhietti di garofanetti!

39.  Quanto mi piacen le giovin morette,
E specialmente quelle un po' ricciotte,
Che si mantenghen sempre fresche fresche,
Come la guazza che casca la notte.

40.   O donna che filate a porta chiusa,
Davanti avete rotta la camiscia,
E quando vi chinate a 'rcôia '1 fuso,
Vostra sorella crepa dalla risa.

41.  Ier 1' altr' a sera mi success' un caso, (1)
Te lo raccont' è tanto curïoso:
'Rivo 'na vecchia, mi volse da' 'n bascio,
M' ha morso con un dente velenoso.

42.  Sai quel che m' è successo 1' altra sera? (2)
Andetti a stuzzicar una fornara;
Se non era il garzon che la teneva,
Oh Dio del cielo, quante me ne dava!

43.  In mezz' al mare ci ho piantato un pero (3),
Sera e mattina lo vad' a 'dacquare;
Vad' a vedere se ha fatto le rame,
O veramente le pera campane;
Vad' a vedere se ha fatto le foglie,
O veramente le pera da coglie'.

44.  Giovinettina che stat' in finestra, (4)

 

(1)       Marsiliani p. 79 n. 204.

(2)       Menghini C. p. r., Ardi. IX p. 414 n. 250.

(3)       In Gianandrea p. 194 n. 35 manca 1' ultimo distico.

(4)       Gianandrea p. 234, n. 77; Bagli Saggio.... p. 457; Mazzatinti n. 375; Menghini, Archivio IX p. 259; Tigri p. 323 st. 27; Andreoli p. 293 n. 41; Canti di Barga e S. Pellegrino n. 23 in La Parola 28 Sett. 1843: Pitrè vol. I p. 250 n. 153.


 


E la tua mamma ti marita a posta,
Per non veder quel fior alla finestra.

45.   Bella ragazza che fichi vendete,
Chi bazzica con voi fichi gli date.

46.   Quest' oggi è la vigilia della festa,
La contentezza per chi fa 1' amore;
La signorina si lava la vesta,
Poi se la stende nel giardin d' amore.

47.  Amore amore amore! - Amor un corno! (1)
Se la sera non cén, la nott' en dormo.

48.   O vecchia non podésci mai morire, (2)
Undici mesa e 'n mièra d' ann;
E dopo morta podésci arvenire
'Na giovinetta di quattordici ann.

49.   O vecchiarell dalla barba canuta,
Vòi far 1' amor, le forze non t' aiuta.

50.  Fossi padrone dello paradiso,
Nisciuna vecchia ci farei entrare;
E ci farei entrare le zitelle,
Le maritate che sono più belle.

51.  La poverina non ha la camiscia,
Non ha la tela per poderla fare;
Ce n' ha dó bracciolini sul telaro,
Non la pòle cuscire né tagliare.

 

(1) Gianandrea p. 108 n. 36; Dal Medico C. p. di Chioggia, vilota n. XVI; Bernoni C. p. v. punt. VII n. 1; Giannini C. padovani, Archivio p. le Irad.. p. XI pag. 470; Ferraro C. di Pontelag. n. XVI pag. 127.

(2) Gianandrea p. 193 n. 38:

La bella donna non dovea morire
Campar doveva altri ducent'anni;
E dopo morta dovea rinvenire
'Na giovinetta di quattordici anni.


 

 

52.  Fiore d' argento;
Questo mio cor 1' è 'rugginito tanto!
È stato sotta terra tanto tempo!

53.   Fiore d' ortica;
La mamma fa 1' amor, la figlia pipa. (1)

54.   La bella sta sull' uscio e se ne ride,
L' Antonia staccia e la Francesca intride.

55.  E me ne voglio andar adagio adagio;
Se trovo n' altra bella ce la lego,
La faccio fatigar e po' en la pago.

56.  Fiore di pepe; (2)
Se trovo un morettino che mi piace,
Mi voglio 'picica' come la pece.

57.  Fiore d' ornello; (3)
E 1' è caduto il Papa da cavallo,
Ha dèt la bindizion, spara Castello.

58.  Adesso son ferniti i giorni miei,
Mora Sanson con tutti i Filistei.

59.  Signor governator, son debitore,
E ci ho tanti debit da pagare;
Fate metta in prigion li creditori,
Fin che non li posso soddisfare!

60.  Miseria e povertà son due sorelle
E tutte due stanno a casa mia;

 

(1) Mazzatinti  n. 417.

(2) Mazzatinti n. 398; Gianandrea p. 89 n. 205:

Fiore di cece;

S' arritorno, bhellina, a fa' la pace
Mi ci vojo attacca' come la pece.

(3) Corruzione  dello   storn.  romanesco   [Meitghini,   Ardi. IX 258):

Fior de pisello;

Er Papa quando va a Monte Cavallo,

Dà la bbenedizzion, spara Castello.


 


Un' ha '1 baston e 1' altra le stampelle,
Miseria e povertà son due sorelle.

61.   So' stat' a Roma e so' stata dal Papa, (1)
Il Papa m' ha mandata da San Pietro,
San Pietro me 1' ha fatta 'na schiassata:
- Non si marita donna senza dota -.
La prima sarò io la disgraziata!

62.   Fiore de fava;
Se non si piglia moglie non si cava.

63.   Alzando gli occhi al ciel vidi 'n stellato,
Credevo foss' aperto il paradiso;
Credevo foss' aperto e spalancato,
Era la baionetta d' un soldato.

64.  La mia ragazza si chiama Puntella,
E si fa puntellar perché 1' è bella.
La mia ragazza si chiama Puntella.

65.   La mia ragazz' intìca (2)
Vendeva '1 bacala;
le ne chiesi 'na libra,
Non me lo volse da'.

66.  Io mi trovai in un prato falciato (3)
Là dove c' era 'na grande peschiera;
E dentra ci pescai col mio retino,
Presi 'n inguilla che per mio destino
Zoppo mi fa andar quando camino.

 

(1) V. D' Ancona La p. pop. italiana, pp. 211 e segg.

(2)       antica.

(3)       Uno identico in Marsiliani p. 78 n. 202; un altro, a pag. 34 n. 59, può far da commento:

O genti, non vi faccia meraviglia,
Se zoppo mi vedete andar d' un piede;
Il re di Francia mi vuol dar la figlia,
Che dello regno suo mi vuol erede.


 

 

67.   E quando bab' e mama si stizinno,
In mezzo ce lo mis' el tavolone;
Verso la mezzanotte toni e lampi,
Leva lo tavolon e passa avanti!

68.  Fiorin di mela;
S' en era bab' e mama io non c' era.

69.   Fiore di fico;
Non me lo pòi negar, ti ci ho 'chiappato;
Darmi la parte mia, se no 1' ardico. (l)

70.   Giovinettina tutta infarinata, (2)
Oh quanto ti sta bene 'sta farina!
Se non ci fòssa la tua mamm' in casa,
Io tella vorrìa da' 'na scrullatina.

71.   Giovinettina che stretta 1' avete,
Se ve la rompo, voi quanto mi date?
- Faremo i conti e me la pagarete! -

72.   O donna che 1' avete e la portate, (3)
E sotto la gonella la tenete,
A chi la date, a chi 1' impromettete;
Ve la domando io, non ce 1' avete.

73.   O donna che 1' avete e la portate,
Sotto lo zinalin voi la tenete,
Se qualcheduno ve la domandassa,
Tenete detto che non ce 1' avete
Le peparola ove si pista '1 pepe.

 

(1)       Gianandrea p. 179 n. 62.

(2)       Gianandrea p. 174 n. 30.

(3)  Questo c. e il seg. richiamano in mente l' indovinello nostro: (La saccoccia)

Bella cosa c' ha la donna

Che la tien sotta la gonna;

Gol zinel la tien cuperta

La marmutina dalla bocca aperta.


 

 

74.  Una battaglia son dispost' a fare (1)
Con una donna cuore di leone.
I primi colpi che gli stetti a dare,
La bella mi gambiava di colore;
E mi rispose: - vatti a disarmare,
Che della guerra sei lo vincitore.

75.   Fiore di ruta; (2)
E ce la voglio fa' 'na litigata,
Di sotta li lenzoli a carne nuda.

76.   Fiore d' erbetta; (3)
La ciccia delle donne è bona tutta
E specialmente la ciccia bafetta.

77.   Bellina che squizzate accant' al muro,
E fâte 'no squizzetto chiaro chiaro,
Venite qua da me che ve lo turo.

78.   Donna ch' avete il monaster davanti,
Volete voi 'loggia' 'sto pellegrino?
Porta la barba com' un altro frate,
A mezzanotte sona '1 matutino.

79.   Bella ragazza fai la locandiera,
Se mi volete dare la saliera,
Per me io vi darò lo pestasale.

80.   Bella ragazza di piazza Navona,
E la volemo fa' 'na merendina?
Per me io metterò salame ed ova,
E voi mettrete la padella nova.

81.  Bellina che tu sei del mondo novo,
Quando la volem fa' 'sta merendella?

 

(1) Diverso 1! ultimo distico in Uianandrea p. (ili n. 94.

(2) Gianandrea p. 177 n. 49, Mazzatinti n. 39 i; Marsiliani p. 120, n. 361.

(3) Gianandrea p. 209 n. 110; Marcoaldi c. piceni pag. 10; Bernoni N. c. p. ven.pag. 12 n. 9; Ive pag. 311 n. 9.


 


Tu metterai la ciccia, io la padella;
Tu metterai la carne ed io gli ova.

82.  Giovinettino da 'sto sacchetello,
Csa vòl di' che non port' il somarello?

83.   Giovinettino dal biroccio novo,
Guarda la rota, scappa lo sciròlo. (1)

84.   Chi vòl venir con me di bona vôia
Giù pel canéto a far la canafòia? (2)

85.   Per sbirociar ci vòl i birocetti,
Per far 1' amor ci vòl i giovinetti;
Per sbirociar ci vòl i bei birocci,
Per far l'amor ci vòl i giovinotti.

86.   I bovi neri e i perticari (3) novi,
Salut' al bolchettin e a 1' erbarole;
I bovi bianchi e il perticaro nero,
Salut' al bolchettin, quell' è dovere.

87.   Non mi guardate se son resta adietra,
La présa (4) è grande e la falce non méte.

88.   Ho fatto 'na fascina e 1' ho legata;
Tirava '1 vento, me 1' ha scarmiàta.

89.   Fiore di lino;
Ha la rama verde e '1 fior turchino.

90.  Guarda chi (5) bovi, van d' inqua e d' inlà,
N' avién dal bólco (6) ch' en 'i sa guida'.

91.   Giovinettin da 'sto biroccio bello,
Ferma 'sti bovi, perdi le tavelle (7).

 

(1) È la bietta che impedisco alle ruote d' uscir dalla sala o asse.

(3) foglia di canna.

(3)       aratro.

(4)       pòrca o porcone.

(5)       chi o qui = quei.

6)          contr. da bifolco: sopra abbiam visto bolchettin,.

7)        da tabulae e sono i due pezzi di legno che pendono  all'estremità del giogo.


 

 

92.   Oh quanto li sta bene alle monelle (1)
Il fazzoletto rosso sulle spalle!
Com' alli bovi mia le campanelle.

93.   Cosa s' meritarìa quel giovin bello?
Una rèma di fiori sul capello.
Cosa s' meriterìa quel ragazin?
'Na bella sposa e 'na rèma di spin.
Cosa s' meritarla quel legador? (2)
'Na bella sposa e 'na rèma di fior.

94.  Cosa s' meritarla quel legador?
'Na donna bella e 'na rèma di fior;
E quell da tâi (3) una palma fiorita,
E quel da 'rest' (4) una galera in vita;
Ma quell da tâi una palma, di fior,
Ma quel da 'rest una donna d' amor.

95.  Quanto stan ben li campanell ai bua!
Quel giovinett ci ha 'na sposa del sua.
Quanto stan ben li campanell ai manz!
Quel giovinett ci ha 'na sposa dal cant. (5)

 

(1)  Pieri,   Propugnatore XIII,   II   p. 360 n. 31,(cfr. Nerucci  p. 214 n. 223):

'Nsalata a talle;

Quanto mi garban le contadinolle!

Portan la pezza rossa su le spalle.

(2)       il legatore dei covoni di grano.

(3)       quello da taglio, quello dei mietitori che guida il taglio.

(4)       quello da arresto, cioè che fa fermare o proseguire la mietitura, quello insomma che dirigo tutto e tutti.

(5)       dal canto, cioè: da parte.


 

 

 

 

 

 

I  DISAMORATI

 

 

 

Rispetti, stornelli e dispetti

 

 

1.    Non ti fidar dell' alberin che pende, (1)
Nemmen dell' uomo che parla pietoso;
E non lo dir a me che l' ho provato,
Il suo parlar pietoso m' ha ingannato.

2.    Cara zitella, non te ne fidare (2)
Dell' uomo che ti fa le pantomine;
Par che sul cielo ti voglia portare
Con le sue care dolci paroline.

3.    Ti vai vantando che non m' hai volsuto, (3)
Ma mi vanterò io d' un' altra cosa:

 

(1)       Per tutto il c. e specialmente per il simbolo del I verso cfr. Dal Medico C. d. pop. v. p. 214 n. 2; Bemolli C. p. v., punt. II n. 43; Pasqualigo C. p. vicentini, Venezia Grimaldo 1876, n. 5;  Tigri Risp. 719; Andreoli p. 40 n. 67 e p. 286 n. 848; Marcoaldi  c. umbri p. 134; Morandi n. 14; Giannini C. p. d. mont. lucchese p. 131 n. 67; Cosetti e Imbriani I p. 172 (c. napol.) e l'ultimo distico di un c. di Grottaminarda II p. 85; Rubieri pp. 393,
394.

(2)       Vigo, Catania 1857, p. 211 n. 34; Bernoni C. p. v. punt. I p. 8.; notevole la lez. in Gianandrea p. 199 n. 52 che sembra la risposta al c. nostro:

Giovanettino, non te ne fidare
De quelle che te fa le madonnine;
Pare che in cielo te voja portare,
Quanno t' arconta quelle paroline.

(3)  Gianandrea p. 215 n. 15; Mazzatinti n. 238; Menghini, Archivio  IX   p.   409,   n.   238;   Tommaseo I p. 290; Tigri p. 278

 


 


E t' ho toccato il petto e t' ho baciata
E nel giardino tuo colsi la rosa. (1)

4.     Giovinettino che ti vai vantando (2)
Che mi potevi aver non m' hai volsuto;
Ma mi vanterò io d' un' altra cosa:
Tu fai l' appassionato ed io so' sposa.

5.    Fiore di mora;
Tu mi potevi amar quando m' avevi,
Adesso non m' hai più, suspira e mori.

6.     Quante le volte me 1' hai fatto dire,
L' amor con te non ce la vôi più fare!
Non ce la vôi più far, mi pòi capire.

7.     Non serve che ci fai 1' appassionato,
E che fai finta di volermi bene;
Come mi tratti ancor sarai trattato,
Non serve che ci fai 1' appassionato.

8.     Fiore d' argento; (3)
Per te, bellina, ho camminato tanto;
Poveri passi miei buttati al vento.


n. 1-104; Coronedi-Berti, Archiv. I  p. 545;  Ferraro C.  monfer. str. n. 80; Ive p. 478   n.  30;   Caselti-Imbriani  II p. 101; Pitrè I ediz. p. 286; Avolio p. 270 n. 504; la var. di Messina, Vigo ed. 1857, p. 251  n. 22 conclude:

Lu muttu di l'antichi accusì dici:

Cu pigghia primu un è gabbatu mai.

(1)  Contrasto di Ciullo d'Alcamo:
«.... se non ajo dello frutto - lo quale stae nel tuo giardino»; 
Carducci Cantilene e ballate, ecc. p. 54 n. XXIX:

Entrai nello giardino delle rose
 non le colsi per la mia follìa

      E finalmente richiama Ariosto, Orl. furioso c. XIX.

(2)       Per il I distico cfr. Mazzatinti n. 230, Ferraro Stramb. 80.

(3)       Blessig p. 259; Marsiliani p. 122 n. 372;  Tigri p. 339; Ive p. 310 n. 7 e nota; Imbriani, Propugn. VII p. 163 (c. d'Avellino).


 

 

9.    Vattene via, non ti voglio amare, (1)
Non mi ti profferir, che non ti voglio;
Un asin come te lo trovo in stalla. (2)

10.   So' stato a Roma e so' stato alle ville
Ed ho girato tutta la Campagna,
'Na capra come te ne trovo mille.

11.   Fiore di gesso; (3)
Con 'na manina scrivo e 1' altra scasso,
Non sei di genio mio, te lo confesso.

12.   Cosa m' importa a me se tu mi lassi?
Quest' è 'na malatia che s' aguarisce;
Quattro giorni di febre e poi si passa,
Fin ch' un altr' amante favorisce.

13.   Cosa credevi, amor, cosa credevi?
Ch' io ti donassi tutt' il ben ch' aveva?....
Ma non vedevi ch' io ti canzonèva,
Che '1 cuor d' un altro bello in pett' aveva?

14.   E tu credevi di farmi morire? (4)
L' era nel letto, m' hai fatt' arguarire.
E tu credevi di farmi 'malare?
L' era nel letto, m' hai fatt' arlevare.

15.   Tu m' hai lasciat' andar tutto smarrito,
Credevi di lasciarm' addolorata;
Non sai che dell' amor i' so' 'struita?

 

(1) I primi due versi in un disp. istriano (Ive pag. 174 n. 19);

«Fatene a li larghe, nun te ne acustare,»
«Nun te ne prufirei, ch' i' nun te vuojo».

(2)  In un altro disp. marchigiano (Gianandrea p. 236 n. 36);

«Somara come te 'n se trova in stalla.»

(3)       Var.: «Il campanil di Pisa l' è di gesso.» Cfr. poi Gianandrea p. 282 n. 33; Tigri p. 363 st. 377; Blessig p. 59; Giannini p. 58 n. 358; Pieri, Propugnatore XII, II p. 167 n. 81.

(4)       Mazzatinti n. 310; Tigri p. 363 st. 364; Pieri XV, I p. 260 n. 26; Giannini p. 57 n. 354; Menghini, Archivio IX p. 40 n. 10, e p. 286 n. 101; Ferraro stramb. 81.

 


 

 

16.   E lo ragazzo mio è di Montepeggio;
Bellin, se m' hai lassato, bon viaggio!
Per la mia fedeltà merito peggio.

17.   Fior di limone;
La limonara mi so' mess' a fare,
Perchè non ho fortuna nell' amore.

18.   Non ti ricordi, cara morettina,
Quando la giubba mia fu la lettiera?
Vo' alzaste gli occhi al ciel ed io la schìna,
Metteste lo stoppino alla lumiera.

19.   A Roma che si vende la pulenta, (1)
A Piazza Montanara ce n' è tanta,
E la ragazza mia la dà a credenza.

20.  M' è stato detto fai la vendarola,
E fai la vendarola dello sale;
M' è stato detto hai rotta la saliera,
Non tell' ampresto più lo pestasale.

21.  Sei stat' alla marina a prender acqua,
Lo marinaro t' ha rotta la brocca;
Chiama lo stimador che te la stima,
Farla pagar da chi 1' ha rotta prima.

22.   Vôi benedire li fagioli neri;
Eri 'na volta tu che li capavi,
Ora ti tocc' amar chi non volevi.

23.  M' è stato detto che prendi marito; (2)
Quando lo prenderai quel disperato,
Quando lo mangerai quel pan pentito?

 

(1) In senso metaforico anche: malattia venerea. Del resto questo dispetto è un travestimento di uno storn. comune tra noi e registrato anche dal Gianandrea (p. 184):

«A Roma che si vende la pulenta,
I pover Marchigian ne magnan tanta,
Aguzza 1' apetito e li tormenta.»

(2) Gianandrea p. 199 n. 53; Andreoli p. 181 n. 529; Giannini  p. 73 n. 464; Imbriani I 168 (c. di Lecce e Caballino).


 

 

24.  Fior di melella;
Dalla paura ti sei fatta gialla;
Quando t' amava io eri più bella.

25.   Fior di melella; (1)
Il tuo colore 1' hai dat' alla paglia,
Le tue bellezze son cadut' in terra.

26.  Era 'na volta ch' eri roscia roscia,
Adesso sei mutata di colore,
Perchè non ami più lo prim' amore.

27.  Fiore di noce; (2)
Le fiamme son 'rivate alla fornace,
Soffiateci, bellona, se vi coce.

28.   Fiore di lenta; (3)
La lenta si sementa e si trapianta,
Chi scappa de 'sto cuor più non ci arentra.

29.   Tu m' hai lassat' a me per trova' meglio,
Hai artrovato un lumicino giallo;
Ora ti sei pentito, io non ti voglio.

30.   Tu m' hai lasciat' a me senza ragione,
Vôi prega' Dio en ti dia mai bene,
E 1' anima tua vad' in consunzione.

31.   Fiorin di Pio;
Con 1' acqua dello sdegno mi lavai,
Ognuno baderà pei fatti suoi;
Bada pei fatti tua, badaci forte,
Per me ci baderò fin alla morte.

 

(1) Gianandrea p. 237 n. 43; Marsiliani p. 75 n. 191.

(2) Gianandrea p. 203 n. 70; Mazzatinti n. 400.

(3) Tigri p. 337 st. 140 e p. 364 st. 416; Andreoli p. 334 n. 342; Giannini p. 45 n. 275; Mazzatinti n. 413; Marsiliani p. 105 n. 278; Sabatini Il volgo di Roma I p. 54; Imbriani l p. 120 n. XXXVII.


 

 

32.   Allo mio amore li venga quel bene, (1)
Quello che li desidera il mio cuore:
Per colazione li si dia '1 veleno,
Per pranzo li venissa '1 batticuore;
Per merenda li si dia 1' olio santo,
Cl' altra matina morto e fatt' il pianto.

33.   Amor mio caro,
Voglio più ben a te ch' en è a 'n somaro!

34.  Amor amante, (2)
E non ti piglia mai un accidente
Di colpi e toni, fulmini e lampi?

35.   E ti vôi bene, ti vôi bene tanto,
Ti podessi vede' a cima 'n monte
Tra toni, fulmini, saett' e lampi.

36.  Fior di limone;
I limoni non fan su le persiane,
E per le brutte non prendo passione.

37.   Né cura che tu speri che tu speri,
Stampar ti voglio far quattro lunari, (3)
Portar ti voglio far i candelieri. (4)

38.   Se vòi venir con me fin a Loreto,
Ti pagherò 'n baiocco di sassate,
La minchionella quanto ne volete.

39.  Ti veng' a riferir pâia fututa, (3)

 

(1) Marcoaldi p. 49 n. 25; Mazzatinti 51 (b) e 221; Marsiliani p. 79 n. 203.

(2) Per q. e il seg. Gianandrea p. 246 n. 4, Giannini p. 84  n. 399.

(3)       Ti darò a intendere trottole.

(4)       Mi terrai il moccolo in un altro amore!

(3) Canti di Barga e S. Pellegrino n. 2 in La Parola 15 febbraio 1844; Gianandrea p. 2S4 n. 49:

Fior di trafojo;

La paja ribattuta non la pijo;

Me la batto da me, quando la vojo.


 


Avanzaticelo di cento vaccari,
Che 1' altro giorno t' ho riconosciuta
Alla campagna delle pecorare.

40.  Cosa credevi, o tòcco di stivale,
Mettermi di filetto (1) a far 1' amore?
Con tutti voglio rider' e scherzare
Hai da mori' di rabbia e di dolore.

41.   Vôi benedire 1' erba ch' è sul muro; (2)
N' ho minchionate trenta piano piano,
E se minchion' a te saran trentuna.

42.  Né cura che ti danni che ti danni,
Marit' en 1' èi d' ave' fin a cent' anni;
Né cura che t' astizzi che t' astizzi,
Marit en 1' èi d' ave' se t' arabisci.

43.   Marìtati marìtati, Veronica, (3)
E quando Venerdì vien di Domenica
E quand' un frate sposerà 'na monica.

44.   E lo ragazzo mio è guercio da 'n occhio,
Quell' altro 1' incominci' a lagrimare;
Ed ha 'na gamba rott' in un ginocchio,
Quell' altra non la pòl più strascinare.

45.   Vôi benedire le cinque e le sei; (4)
Per te, bellina, non ho pianto mai,
Nemmeno piangerò, puiana sei.

 

(1) Di filetto, a filetto, mettermi in riga; si dice, avverte il Gianandrea (p. 214 nota 11), dei cavalli legati a corto nelle stalle: un disp. di Pariana (Pr. di Lucca), Pieri, Propugnatore XV, l p. 244 n. 260:

E lo credevi di tenermi a filo,

Tu dell' amor volermi comandare ecc.

(2)       Gianandrea p. 225 n. 71; C. valdarnesi in La Parola apr. 1844; Pieri, Propugn. XV, 1 p. 258 n.  16: Rubieri p. 363.

(3)       Giannini p. 89; Tommaseo l p. 235; Menghini, Archivio IX p. 41  n. 21.

(4)       Giannini p. 56 n. 347.


 

 

46.   Ho fatta 'na piantata d'accidenti, (1)
A te, carina, n' ho mandati tanti;
Ten piàssa un che ti stroncass' i denti.

47.   Garofani, canella e pepe pisto; (2)
'Na volta ti ci ho presa nell' incastro;
Non me lo pòi negar, perchè t' ho visto.

48.   Fiore di mela;
Amici come prima e ... bonasera.

49.  L' era 'na volta ch' er' innamorata,
La parte della notte non durmiva;
Ed or che non so' pió innamorèta,
Vorrìa durmì la nott' e la giornèta.

50.   -Oh Dio, che doglia! (3)
L' anello di Pepin 1' era di paglia,
Di far 1' amor con me non ha più voglia!

51.  Quanti ce n' è che t' imprometteranno (4)
D' amarti tutt' il tempo della vita!
E verrà giorno che ti lasceranno,
Sarai come 'na pecora smarrita!

52.  Quante le volte Nina mel diceva,
L' amor di quel bellin che non durava!
Che non durava che si conosceva!

53.  Era 'na volta mi volevi bene (5)
Ed il ritratto mi volevi fare;

 

(1) Gianandrea p. 252 n. 33, Giannini p. 64 n. 403 e 404: un disp. lucchese [Pieri, Prop. XIV II p. 180 n. 82) comincia pure:

«L' ho seminato un campo di sagrati.»

(2)       Pieri, Propugn. XIII, II p. 175 n. 135.

(3)       Tigri p. 364 st. 375:

Oh Dio che doglia!

L' anello che mi desti era di paglia,

Di casa mia tu puoi baciar la soglia.

(4)       Andreoli p. 153 n. 437.

(5)       Mazzatinti n. 141.


 


Adesso sei mutato di parere,
Dop' il ritratto non mi pòi vedere.

54.  Ti voglio tanto ben, mi va alla spalla; (1)
Cogli occhi non ti posso più vedere;
Quando ti vedo il cuor mi si travaglia;
Considera lo grande ben volere!

55.  L' ansalatina che sta sotta terra (2)
La cerca sempre come pòl sortire;
C'è 'n morettino che m' ha fatto guerra
E verrà giorno si dovrà pentire.

56.   Avete 'n cervellin che in aria vola,
Avete da tene' 'n' amante sola;
Avete 'n cervellin che vola tanto,
Avete da tene' 'na sol' amante;
Avete 'n cervellin che salt' e grilla,
Oggi minchion' a me domani a quella.

57.  Tu credi di tirarmi per lenzetta,
Ed io ti tirerò per lenza nova;
Tu credi'd' ingannar 'sta giovinetta,
Trova la dama, ch' io 1' amante trovo.

58.  Vòi benedire la resta del pesce; (3)
I' ho trovo 'n altr' amante, a voi vi lasso;
Trovatela 'ncor voi, fate lo stesso.

59.   Vôi benedire 1' albero dipinto;
D' aver amato te ora mi pento,
il cuor mio è sincero, '1 tuo è finto.

 

(1)       Gianandrea p. 240 n. I.

(2)       Mazzatinti n. 186:

C è 'n' erbetta che sta de sotto terra
Che nun è nata e spera di fiorire;
Cosi fa 1' amor mio ch' è gito in guerra,
De corto tempo se n' ha da pentire.

(3)  Gianandrea p. 227 n. 83 e nota 53 ove cita 1' originale toscano.


 

 

60.   Voglio comprar un soldo d' aghi e spille, (1)
Te le voglio getta' dietro le spalle;
Ragazze, come te, ne trovo mille.

61.   Vattene via ch' hai avuto le tua, (2)
T' ho fatt' un bel piantón e t' ho lasciato;
Trovati 'na ragazza a genio tua,
Questo non è più fior per il tuo naso. (3)

62.   So' stat' alla montagna di Parigi,
Ho fatt' un discorsetto scelerato;
Per te, bellina, non c' è più marito.

63.  Nella catassa (4) mia non c' è più legna; (5)
Mi vien di dietro peggio d' una cagna;
Amare un morettin tu non sei degna.

64.   Non serve che ci veng' a perda tempo,
Tanto lo cuore mio 1' ho dat' a 'n altro;
En el vôi de ma te, furia di vento.

65.   Non serve ti ci butti ti ci butti
Giù per lo sciacquatore delli piatti;
Tanto la minchionella 1' hai da tutti.

66.   E guarda chi mi vien a minchionare, (6)
Un giovane più giallo d' un melone;
E del melone si buttan le becche,
Boccaccia 'ruginita e gambe secche.

67.   Visetto bello, adornato di fiori,
Se t' ho volsuto ben, carin, lo sai;

 

(1) Gianandrea p. 223 num. 36; Tigri p. 381; Menghini, Archivio IX p.  40 n. 15; Blesssig p. 10.

(2) Gianandrea p. 221 n. 45.

(3) Var: Quest' en è '1 fazoletto pel tuo naso.

(4) catasta.

(5) Gianandrea p. 223 n. 38.

(6) Nel ns. dialetto significa anche tradire in amore: un'altra lez. in Gianandrea p. 210 n. 21.


 


lo credo ch' en t' ho fatto disonore,
Per quelli pochi mesi che t' amai.
Quelli di casa tua fann' un rumore, (1)
E la cagion è mia de' tuoi mali;
Ferniti che sarann' i giorni miei,
Ferniti allor sarann' i tuoi rumori;
Ferniti i giorni, tarderan le sere,
Non so' morta per voi, non lo credete;
Non so' morta né mess' in sepultura,
L' olio della mia lampada 'ncor dura. (2)

68.   Ho pianto tanto, n' ho fatto 'na vasca,
Vado girando chi vòl 1' acqua fresca;
Le lagrime d' amor, carin, mi costa.

69.   Aria alli venti! (3)
Con te, bellina, ci ho da fare i conti,
E 1' ho giurato quant' è ver' i santi!

70.   Nè cura che ci fai tanto lo bello,
Se vòi fa' amor con me muta '1 capéllo;
Né cura che ci fai tant' el foletto,
Se vói fa' amor con me muta '1 corpetto;
Né cura che ci fai tant' el pulito,
Se vói fa' amor con me mut' el vestito;
Ne cura che ci fai lo pulachino,
Tella sacoccia en hai manc' un quadrino.

 

(1) Un risp. tosc. (Tigri p. 118 n. 874 e Andreoli p. 40 n. 84) ha questi due vv.:

la casa vostra c' e di gran rumori,
Perchè amato me v' hanno gridato.

(2) Questo v. si trova anche in un dispetto march., e fa annotare al Gianandrea (p. 233 n. 44) provenienza letteraria; ma leggo anche in una mattinata di Cingoli, edita dal Raffaelli, Fano Pasqualis 1882, n. VI:

Ma rmetteristi 1' ogliu a ra lucerna
Quannu d' amammo te 'edesse smossa.

(3) Simile esclamazione anche in Gianandrea p. 175 n. 34

 


 

 

71.   E non girate tanto tanto tanto;
Senza quadrini non s' artrova gnente.
Va sul casino, c' è 1' accampamento!

72.   Che ti credevi tu, mio bel visetto? (1)
D' avere preso lo tordo allo laccio,
O veramente la merl' al boschetto?

73.   E lo mio amore s' è fatto crudele,
S' è fatto lusingar dalle ruffiane;
Ha rinovato amor, ha fatto bene!

74.   A Roma sonan tutte le campane; (2)
Chi ha le scarpe rotte le risana,
Chi ha 1' amante vecchio lo rinova.

75.   Vôi benedire li fagioli tondi; (3)
Ne cura, bella mia, che ti ci adorni;
Ho fatto per passa' 'sti quattro giorni.

76.   Fior di cipresso;
Io dalle donne ci vado per spasso;
Quest' è 'na moda ch' è venut' adesso.

77.   La strada di Firenze io pigliava, (4)
S' era lo prim' amor, non ti lasciava.

78.   E tu, bellina, hai da mori' di bilia;

 

(1)  Mazzatinti n. 135; un c. tosc.   [Andreoli   p.   148   n.   420) comincia:

Ti pensi, bella, d' aver preso il tordo?
E so 1' ha' preso non lo pelerai....

(2)       Giannini p. 401; Menghini, Archivio p". 258 n. 176; Imbriani II p. 73; Ferravo Strambotto 47.

(3)       Gianandrea p. 225 n. 66.

(4)       Serva di commento questo tetrastico tosc. (Tigri p. 176 n. 665):

La strada di Firenze è grande e liscia,
Felice chi 1' ha presa a passeggiare!
L' ha presa l' amor mio, o poverino!
Firenze bella, fatelo tornare.

 


 


Quando t' amavo io eri più bella,
La notte la passavi più tranquilla.

79.   Casca la guazza e 1' erba 1' arcôi;
Per me è caduta la brina all fôi.

80.   Chi non magna 1' aglio del terreno (1)
Magna quel dell' amor ch' è più veleno;
Chi non magna 1' aglio trapiantato,
Magna quel dell' amor ch' è 'velenato.

81.  Non credere che io mora che io mora!
Né meno me la prend' in bizarìa;
A te ti stimo com' alla mia sòla
Quando 1' è tempo di buttarla via.

82.  Non creder ch' io mi voglia disperare!
Mi metto di bon cuor, ti vòi lasciare;
Mi vôi metter di cuor e bona fede,
Ti vôi lasciar andar, tu non ci crede.

83.   Se tu mi lasci gi', sola non so';
Sarò senza di te, senz' amor, no:
Tu credi che mi mora dal dolore,
Dove m' arvolto, aritrovo 1'amore.

84.  La strada di Firenze è fatt' a culla;
Io ci ho piantèt un ài e 'na cipolla;
I' teng la bocca dolcia e non la piglio.

85.   E so' stato lontano e 1' ho saputo (2)
Che un altr' amante avet' artrovato;
Tu ti credi che m' abbia dispiaciuto?...
Guarda lo viso mio quant' è calato!

86.  Era 'na volta ch' era 'na polastra,
Adesso non son più, porto la gresta;
Canzona chi ti par, ch' a me mi basta.

 

(1)       Nel c. di Apiro racc. dal Gianandrea seguono altri 4 vv.; il Ciavarini, riportando il nostro tra i proverbi, lo spezza in due parti (pag. 42 e pag. 238).

(2)  Gianandrea p. 217 n. 30.


 

 

87.   Io non me la vôi sta' gnent' a pigliare,
M' avessi da 'malare e poi morire ;
M' avessi da 'malare e poi morire,
Mamma 1' è vecchia, non mi pòl arfare.

88.   Fior di radice ; (1)
Se m' hai lassat' andar en mi dispiace;
Carin, senza di te campo felice.

89.   Fior di radice;
Sto in collera con voi, non fo più pace;
Sto in collera con voi, campo felice.

90.   Fiore d' erbetta ;
Se ti poss' incontra' fòr della porta,
Ti voglio schiaffeggiar, pettegoletta !

91.  Vattene via, che sei di trista pezza ,
Di trista pezza e di cattiva razza ;
A canzonar gli amanti sei avezza;
Sei vecchia al mondo, vòi far la ragazza.

92.  Quest' è la strada dei muri schiantati,
Di dentra e fòra tutti scornigiati ;
Matta la madre, più matta la figlia,
Vigliacc el padre e tutta la famiglia.

93.   Vattene via!
Amar più non la vôi la faccia tua;
Hai fatt' il ladro, hai fatto la spia,
Hai fatto da ruffian al sangue tua.

94.   M' è stato detto mi vòi da' le botte ; (2)
Fammi sape', bellin, do' 1' ho da métte' ;
Che mamma non m' ha fatte le sacoccie,
Me 1' ha tagliate e non me le cuscette.

 

(1)       Gianandrea p. 265 n. 68.

(2)  Mazzatinti n. 229; Marsiliani p. 4 36 n, 448; Giannini p. 84 n. 345.


 

 

95.  E la ragazza mia si chiama Checca,
E la camiscia sua 1' è tutta cacca
Trovate un cagnolin che ve la lecca.

96.  Bella che delle belle sei la pianta, (1)
Io ti teneva per 'na donn' onesta;
Fora sei bella, di dentra sei guasta.

 

(1) Un prov. marchigiano:

La donna è come la castagna,

Bella di fora e dentr' ha la magagna.

      Cfr. Ciavarini p. 120 e L. Castellani pag. 418 n. 30.


 

 

 

 

Dispetti contro le donne in generale

 

 

 

1.    Fiore d' ornello;
Chi dà ment' alle donne è 'n papagallo
O veramente scimo di cervello.

2.    Fiore d' ornello;
Le donne nella bocca ci han el callo
Pel troppo passeggia' che fa '1 fringuello.

3.    La strada di Firenze è fatta a culla;
Correte, giovinetti, alla cuccagna,
Tutte le donne la danno per nulla. (1)

4.    Fior di limone;
Oh quanto son di cor 'ste paesane!
Si fanno cavalcar senza sperone.

5.    Le donne d' oggi, o giovani miei,
Aprite gli occhi, dir più non saprei.

6.    Fiore di lino;
Tenetevi lontano dalle donne
Come la carn 'all' ugna è più vicina. (2)

7.    Ti devo da' 'n consiglio da fratello, (3)

 

(1)  Var.: Dov' è le donne non si spende nulla.

(2)       Marsiliani p. ÌÌ6 n. 391.

(3)       La canzonetta cinquecentista «Il gobbo di Rialto» «Sopra le pompe e malizie delle donne» ristampata dal Menghini (Canzoni antiche del pop. it. vol. I fasc. 2.):

De le donne non te fidare
Che son tutte vitiose, ecc.;

                                             

Se tu desideri tuor mogliere

Tu hai poco intelletto

Si te vuoi far suggetto

A un vaso pien di falsitade, ecc.


 


Che delle donne non ti pòi fidare,
Perchè le donne son finte e bugiarde,
Tirano all' uomo com' il gatt' al lardo.

8.     Fiore di canna; (l)
E guarda com' è perfida la donna,
Porta l'infern' in cuor e mai si danna.

9.     Fior di giacinto; (2)
La donna per un uomo piange tanto …
Il pianto delle donne è tutto finto.

10.   Quant' è brutta la donna senza petto! (3)
Mi par un tavolin senza li piatti.

11.   Quant' è brutta la donna quand' è vecchia, (4)
Quando non porta più 1' orcio dall' acqua!

12.   La donna quando cusce si trastulla,
E specialmente quando perde 1' ago;

 

(1) Gianandrea p. 240 n. 00; C. pop. bolognesi n. 1 in La Parola apr. 1844; Vigo, ed. 1857, p. 215 n. 61: un verso d' un c. umbro [Mazzatinti n. 209) dice della donna:

Porta lo foco adosso e non se bruscia.

(2) Risponde al dispetto delle donne contro gli uomini, che
suona:

Fior di giacinto;

La donna por un uomo piange tanto!
Poveri pianti miei buttati al vento.

(3) In un altro c. marchigiano (Gianandrea p. 180) si   trova dopo questo distico il v.:

Un morticello 'ntello cataletto.

      E uno storn. romanesco dice:

Quant' è brutta la donna senza  petto!
Mi pare un friggitore senza piatto
E come un morto senza cataletto.

(4) Lo stesso c. riporta la Pigorini-Beri a pag.  139. Un prov. marchigiano (Cfr. Ciavarini p. 121, Pigorini-Beri p. 74) è anche più crudele:

La donna quand' ha quarant' ami
Buttla tun l'oss con tutt' i pann.

 


 


S' alza su in piedi e scrulla lo zinale,
Artrova 1' ago, ma perde '1 detale.

13.   La mia signora fila con dó rócche, (1)
L' è un ann' e mezzo e n' ha filat' un fuso;
Dopo che 1' ha filato se 1' innaspa,
Ci abada da Natale fin' a Pasqua.

14.   La mia signora ha perduto la rócca,
E tutt' il Lunedì la va cercando;
Il Martedì la trova tutta rotta,
Il Mercoldi la port' a 'comodare;
Il Giovedì poi pettina la stoppa,
Il Venerdì la mette sulla rócca;
Il Sabato si pettina la testa:
En c' è manc un quadrin, doman' è festa!

 

(1) Ricorda i vv. dol Sacchetti (Carducci Cantileno, ballate ecc. p. 210 n. CLVII):

S' c' ci fosse monna Pocofila

Dir se ne possa oggi la vigila,

Che mai un fuso d'accia non filò.

      Cfr. inoltre Gianandrea pp. 172-173 n. 23; Giuliani p. 178; Tigri p. 319 Risp. 1185; Corsi Vita Senese, Archivio per le trad. pop. IX p. 116; Mazzatinti n. 51 al; Bernoni C. pop. v. punt. IV n. 75; Ive p. 248 n. 49; Nigra p. 484; Caselli e Tmliriani I p. 72 e p. 169; Corazzini I componimenti minori della letter. pop.ital. pp. 360 e segg.; D'Ancona pp. 207 e segg.

 


 

 

 

 

 

 

Dispetti comuni e vari

 

 

 

1.    Giù per 'sto vicinato maledetto (1)
Nessun ragazzo vi ci pòl passare;
E se ci passa s' incominci' a dire:
- Quell' è 1' innamorato della tale.

2.    Giovinettina dalla treccia bionda,
Che fai 1' amor col caporal di banda,
Tutta la notte ti sona la tromba.

3.    Tu bella fa veder s' è rott' o sana
La pigna che comprasti dentro Roma.

4.    E ci hai el calamar, en ci hai la penna,
E ci hai el maestrino che t' insegna;
E c' è chi è che l'insegna e chi l'impara,
Dmèn a matina fossi nella bara.

5.    M' è stato detto che ti chiami Anna, (2)
Chi te 1' ha messa la balz' (3) alla gonna?
Non hai marito e sei chiamata mamma.

6.    Brutta puiana, il tuo vascello è rotto, (4)
È stato rotto dall' artiglieria;

 

(1)       Gianandrea p. 105 n. 22; Tigri p. 204 n. 711; Andreoli p. 140 n. 391; Mazzalinti n. 344; Marsiliani p. 09 n. 170; Bernoni C. p. ven. punt. VII n. 65; Caselli e Imbriani I p. 238.

(2)       Questo v. è il principio <P un risp. amoroso che si trova in tutti i dialetti d' Italia; qui vi si allude probabilmente per cattivar l'attenzione e finir poi satiricamente (D'Ancona La p.p. it. 225-26). Il canto e identico nell'Istria, Ive p. 319 n. 32.

(3)       fascia, zona.

(4) In un c. di Paracorio (Imbriani I p. 02

«In Francia s'annegan lo to vascelli!»

      cfr.  Vigo, R. ampi. n. 2541, 2573, 2582,2585.


 


I finanzieri son passati sotta
E ti ci hanno piantèta 'n' osteria.

7.     Fior di farina;
Lassatela passa' ma 'sta cacona ('),
Mi par che pass' il re con la regina,

8.     C è la N. N. la dà a credenza,
D' un finestrino ci ha fatto 'na stanza,
Ci ha fatto il passo per la diligenza.

9.     Fiore di melarancia amareggiosa; (2)
Figlia di quella rustica villana,
Se fossi ricca come sei pomposa,
En ce la poderebbe 'na sovrana.

10.  Disse Sant' Agustin alle ranocchie: (3)
- Non siete degne di porta' stivali;
Ci avete le zampacce tutte storte,
Fareste disperar li calzolari.

 

(1) Vanitosa, boriosa. - Analogamente il millantatore, specialmente se piccolo di età o di statura, viene tra noi chiamato cacarella di Iesi: forse quelli di Iesi ebbero una volta fama di rodomonti, e potrebbe forse alludervi questo c. registrato dal Gianandrea (p. 207), che però sembra d' origine toscana e nel Lucchese è riferito alle donne di Pariana (Pieri Prop, XIII, II p. 175 n. 141):

Semo de Iesi bello e semo donne,
Andamo in guerra e non portamo l'arme,
Semo più forte no' che le colonne.

      Cacherello, per piccolo ed arrogante, è notato anche nel   Dizionario dei Frizzetti fiorentini di G. Frizzi  (Lapi, Città di Castello, 1890); e nella commedia del Nelli I vecchi rivali (a. II sc. 23) leggesi (ediz. Moretti):

«Né voi avete a far con me da
Rodomonte, signora Cacca da Reggio.»

(2) Gianandrea p. 238 n. 53.

(3) Contro coloro che hanno brutti piedi, i piéd d' Malca (quello che diede uno schiaffo a Gesù ed ebbe da Pietro tagliato un orecchio).

 


 

 

11.   Giulia bassa!
Che' c' è 'na donna si gratta 'na coscia.
S' afaccia la sua mamm' alla finestra:
- O figlia mia, t' arcàvan la canzona!...
- Se 1' arcàvan, lassatela 'rcavare;
A me mi rode, la voglio grattare.

12.  Aguarda che superba ch' è costìa! (1)
Sta sull' uscio e d' en vole' parlare;
Fussa la figlia di qualche regina,
Tanto non si podrebbe soportare.

13.   Bella che stai sull' uscio e non m' intendi,
E verrà giorno che m' intenderai;
Poretta come me diventerai.

14.  E quanto se n' arfà 'sta brutta mora, (2)
Dopo ch' ha fatto li pendenti a pera!
Va sulla piazza, minuzza minuzza,
Mi par un sorcio su 'na rama aguzza.

15.   Aguarda com sn' arfà 'sta brutta mora,
Dopo ch' ha fatto li pendenti a pera!
E non mi pare più 'na villarola,
E non aguarda più con bona cera.

16.   Aguarda com sn' arfà 'sta brutta mora,
Dopo ch' ha fatto li pendenti a pera!
Colla chiara dell' ovo si lavava;
Sarebbe meglio la fassa finita.

17.   E li sospiri miei vann' alla tomba
Accompagnati con soni di banda;
O civettona, dove ti confondi!

 

(1) Per q. c. ed il seg. Tigri Risp. 941 e 1016; Andreoli p. 136 n. 377; Mazzatinti n. 226; Marsiliani p. 77 n. 197; Menghini, Arch. IX p. 42 n. 30; Rubieri pp. 357-58.

(2) Per q. e i due segg. Menghini p. 42 n. 31.


 

 

18.   Vôi benedire lo fior di lupino;
Non mi piacete e non m' andate a genio;
V' avessi da sposa' saria 'n destino.

19.   Non giova che di qui voi ci passate, (1)
Che tanto la ragazza en ce 1' avete;
La robba mia voi non 1' asagiate, (2)
La chiave del mio cor voi non 1' avete.

20.   Né cura che spasseggi che spaseggi,
Tanto la robba mia tu non 1' asaggi,
Le chiavi del mio cuor (3) non le maneggi.

21.  S' è maritata la felice Palma, (4)
Quella che tutto il mondo la voleva;
Credeva di sposar un gran signore,
Per sua disgrazia sposa 'n servitore.

22. 'Facciti alla finestra, brutta strega, (5)

 

(1)       Per q. c. e il seg. Gianandrea p. 242 n. 7 e p. 254 n. 51; Tigri p. 347 storn. 229; Andreoli p. 299 n. 88; Giannini p. 55 n. 334 e 338; Tommaseo I p. 226; Vanzotini n. 6; Marsiliani p. 136 n. 444 e 443; Blessig p. 72; Bemolli C. p. v. punt. VI n. 48; Ive p. 171 n. 14; Coronedi-Berti, Arch. p. 544 del vol. I; Nerucci p. 164 n. 17 e 18 e p. 166 n. 22; Salomone Marino n. 177.

(2)       Var. La sóla delle scarpe voi Ingrato,

La michionella quanta ne volete.

(3)       La frase dantesca delle chiavi del cuore ricorre frequentemente nella p. popolare, v. D' Ancona p. 414 e nota I.

(4)       Qualche somiglianza col c. di Grottaminarda, Caselli e Imbriani I p. 170: l'espressione felice Palma è frequente nella p. pop.; cfr. per es. Gianandrea p. 37 n.  126, Mazzatinti n. 440.

(5)       Un disp. simile in Gianandrea p. 236 n. 39, e Menghini p. 44 n. 50, finisce: «Te vojo sega' '1 collo con la sega»; ma il nostro sembra piuttosto derivato da quest' altra lez. romanesca (Menghini IX p. 42 n. 32):

A bbrutta mòra;

Se vvengo ggiù te voijo da' la paga,

E pe' marito lo storto de Bèga (?).

 


 


Se vengo su, ti voglio dà' la paga;
E per marito tu piarai a bréga. (1)

23.   Vôi benedire 1' erba del stradone;
Col sangue tuo ci vôi lava' le mani,
La coradella per fa' colazione.

24.  'Facciti alla finestra, sì scannato,
Manico di padell' aruginito;
E sempre d' un pelon me vai vestito.

25.   Vattene via, brutta cagnaccia frolla,
I can dei macelar ti fan la folla.

26.   Fiore di ruta;
Hai fatto la ruffiana nell' armata,
Non trovi un cagnolin che ti saluta.

27.  Vattene via, puzona, che puzate
Con quelle cinque piaghe che ci avete;
Tutta la notte voi ve le gratate,
Alla matina vi lecate i déte.

28.   Fior di fagioli;
Gli uomini sono falsi e lusinghieri,
Han un' anima sola e cento cuori.

29.  'Sta sera tel dirò sott' al logión:
Chi tardi arriva aloggia tun cantón.
'Sta sera tel dirò sott' alla loggia:
Chi tardi arriva malamente alloggia.

30.   Tu sei la ruffiana della luna,
Le loff' e le scoreggi' è tutt' a una.

31.  Tira lo vento e tira de marina,
Per fàllo pià' tel sacc ma la Delina.

32.  Arvogg a chèsa, guard sott' i lenzôi,
Pulci e bidocchi con tutt' i fiôi.

 

(1) Brega dal tedesco brechen (rompere) vuol dir pezzo di legna; cfr. col sbreccà (sbregare nostro) del vernacolo montalese in Nerucci p132.

 


 

 

33.  Arvai a casa e guarda dietra 1' orto,
Se trovi 'na c...., dacci un morso;
Arvai a casa e guarda dentra 1' orcio,
Bocaccia 'ruginita e magnasorcio.

34.   Vatt a fé buzarè, vatt a fè riccia, (1)
Vatt a lave lo grugn' alla fontèna:
Ci atrovarè' 'na forca che t' ampicca,
Vatt a fé buzarè, vatt a fé riccia.

35.   Giovinettino da 'sta giubb' intica, (2)
Per dieci soldi 1' avete ampegnata,
Per mantenere il sighero e la pipa.

36.   Ecco che passa lo scrullacapèllo, (3)
Il civetón di tutt' il vicinato;
En ha manc un quadrin, e vòl fé '1 bello,
Con tutte ci vòl fè l'innamorato.

37.   Tu ci hai 'na buga ten mezz' al belico,
Ti ci ha fatto la cóva le formiche;
Tu ci hai 'na buga ten mezz' al cervello,
E te l'ha fatta 'l diavol col scarpello;
Tu ci hai 'na buga ten mezz' alla schìna,
E te l'ha fatta '1 diavol colla lima;
Tu ci hai 'na buga ten mezz' alla panza,
E te 1' ha fatta 'l diavol colla vanga.

38.   E chi la pia con me la pia col vento, (4)
E chi la pia con me 'n ci cava gnente;

 

(1)       a far riccia, forse a farti scarmigliare, come dire, a farti conciare per le feste.

(2)       Corsi Vita Senese, Ardi. VI p. 346.

(3)       sgrandìnatello (scarmigliato) nel c. tosc. Tigri p. 297 R. 1100; scrulla tritello (scrolla-cruschello) e anche sfioratritello in due altre lez. march., Gianandrea p. 242 n. 4 e o; sgrignatello (beffatore) nella lez. umbra, Mazzatinti n. 234, Marsiliani p. 80 n. 208.

(4)       Simili vanterie di piccoline in Pieri, Proptign. XV, 1 p. 240 n. 236 e p. 241  n. 241.


 


E chi la pia con me, per dinanora!
Voi metta sottosopra tutt' Ancona;
Son piccolin' e (1) ci vôi fa' la prova.

39.   Se tu sapessi quello che so io, (2)
Non mi faresti quello che mi fai;
La prenderesti per amor di Dio,
Se tu sapessi quello che so io.

40.  Maritati maritati, mataccia,
Un giorno venirò a casa tua;
Là troverò 'na céncia di casaccia
E 'na matraccia (3) che non è la tua.

41.  Giovinettino dallo zigaretto,
La spasegiate la strada maestra
Col zigarett' in bocca e gnent in tasca. (4)

42.  Passa e ripassa che ti romp' il collo,
La caminata ci hai di sbireria;
E ci hai 'na cera che mi par' un boia,
Trova chi t' ama, ch' io t' abrusceria.

43.  Ci ha due fratelli fan tremar la terra, (5)
E tanto brutta e vòl passa' per bella.

44.   M' è stato detto che mi vòl menare;
Non ho paura, te lo fo sapere;
Le mani 1' ho ancor io, farem a fare.

45.   Vôi benedire lo fiore dell' uva;
Un acin d' uva non fa vin da bere,
Manca la faccia tua non fa figura.

 

(1) Eppure.

(2)       Marsiliani p. 30 n. 47.

(3)       peggiorativo di mattra (madia).

(4)       Uno storn. lucchese finisce pure (Pieri, Propugn. XV, I, p. 236 n. 211:

«'L sigaro in bocca e la miseria in sacca.»

(5)  «La terra fai tremar dove ne vai» è detto, ma non in senso ironico come qui, in un risp. toscano (Tigri p. 55 n. 207).

 


 

 

40.    Tu ci hai le gambe grosse e schiavolate,
Bone per far la chiusa alle vallate;
Tu ci hai le gambe grosse e schiavoline,
Son bon da fare la chiusa a quel mulino.

47.   S' en so' bella, so' piacent,
S' en pièc a vó', pièc a 1'altra gent.

48.  Sei tanto brutta, che ti pìa la pesta, (1)
La rogna ten venissa 'na catassa,
E febra, malatìa, dolor di testa!

49.  Nè cura che ti butti che ti butti,
Tu sei la lavatura delli piatti;
Quand' ho paghèt a te, ho paghèt a tutti.

50.  Nè cura che tu vada tant' in pompa;
Non vedi che lo tempo tona e lampa,
Che le bellezze tue nisciun le compra? (2)

51.  Vattel' a piè tel sacc e salta e balla,
Vôi far quel che mi par, oh quest' è bella!

52.  Fiore di sale;
A casa mia non tengo li fattori;
Padrona son di far quel che mi pare.

53.  So' stato a Roma e ci so' stato tanto
E mi son fatto 1' abitin (3) d' argento,
E per dispetto di chi ciarla tanto.

54.  Nè cura che ci fai la pettinara,
Che delle corna tua non ho paura;
L' altra matina te n' ho mess' un para,
E più ten metterò s' il mondo dura.

55.  Vôi benedire lo fiore di noce;
A far lo vetturin non sei capace,

 

(1) Pieri in Propugn XIV, II p. 487 n.  1151.

(2) Gianandrea p. 239 n. 58.

(3) borsetta che contiene qualche reliquia e si porta  appesa collo.


 


Spaventi li cavalli con la voce; (1)
A far lo vetturin è un' arte giusta,
Spaventi li cavalli- con la frusta.

56.   A me mi s' è malata la vicina, (2)
E dalla rabbia magna la calcina;
E se la magna, lassala magnare,
Che la calcina la farà crepare.

57.  Voglio comprar un soldo di castagne, (3)
Le voglio mett' a cocia in sette pigne;
Allora scoprirò le tue magagne.

58.  'N baiocco vôi compra' di macaroni, (4)
Li vôi bollir in dodici caldari;
Lassali chiachiera' 'sti chiachiaroni.

59.  M' è stato detto che siete di Lucca, (5)
Il vostro parentale è 'na saracca;
Misericordia! quanto siete brutta!

60.  La vostra mamma ci fa la bravona,
Vi port' a spasso e vi fa la rufiana.

61.  Fior di lupini;
Sei diventata di mille colori,
Da quanti baci hai da 'sti paìni.

 

(1) Gìanandrea p. 203 n. 68 e p. 191 n. 19; Tigri p. 336 st. 307; Giannini p. 6 n. 31; Mongardi C. p. race, sugli Apennini romagnoli..., in La Parola n. 77-78 Marzo 1844: Munghini, Ardi. IX p. 258 n. 186.

(2) Pei due primi vv. Gìanandrea p. 248 n.  13.

(3) Gianandrea p. 253 n. 43.

(4) Gianandrea p. 254 n. 47: Menghini, Arch.IX p. 40 n. 14.

(5) Allusione alle madonne dei figurinai di Lucca; il Marcoaldi tra i vocaboli genuini del vernacolo l'abrianese inserisce (a p. 166) anche «pupetta de Lucca». Chi non ricorda poi i vv. del Lippi (Malmanlile c. VII):

«E tanto l'invernicia impiastra e stucca»

«Ch' ella par proprio un angiolin di Lucca»?

 


 

 

62.   A Roma che si vend' i scaldaletto;
S'è' compagnata 'na gabbia di matti;
Quando li mangerem 'sti bei confetti?

63.   Non cura che ci fai tanto la bella;
E va a contar li peli (1) a tua sorella.

04.    Giù per 'sto vicinato c' è tre belle, (2)
E una è la poeta (3) delle ciarle
E 1' altre due son le rufianelle.

65.   Fiore di giglio; (4)
E ci hai più amanti tu che mosche in Puglia,
E di tanti amator nisciun ti piglia.

66.  Giù per 'sto vicinato c' è 'na matta,
E va dicendo che non ha ragazzi;
N' ha uno per canton e cent' in piazza. (3)

67.  Ha fatto più battâi la tua sotana,
Che Garibaldi con la sua bandiera.

68.  La sora Camilla; (6)
Tutti la vole, nisciuno la piglia.

69.  Nè cura che ci fai tanto la bella,
Strascini (7) la ciavatta e la pianella;
Nè cura che ci fai la saputa,
Non ci hai un cagnolin che ti saluta.

 

(1) occuparsi dei fatti altrui.

(2) Sembra una parodia del risp. toscano (Tigri p. 86 n. 328:

In questo vicinato delle belle

Beato chi ci puole navigare!

E ce n' è tre... ecc.

(3)  poeta già semplicemente nel nostro dialetto vuol dire ciarlona, mettimale, intrigante.

(4)  Gianandrea p. 238 n. 55 e p. 234 n. 35; Mazsatinti n. 363.

(5) Per questa ed altre simili espressioni nel computare il numero dei rivali e degli amatori v. Rubieri pp. 363 e segg.

(6) Tigri p. 255 Risp. 941: per la Cammilla della p. pop. vedi poi D'Ancona p. 445 e Rubieri pp. 413-114.

(7); Strascinata nel ns. dial. vuol dire donna di cattivi costumi.

 


 

 

70.  Ho fatt un zinalin di seta e seta,
Per fatt armanna (1) a te, brutta poeta;
Ho fatt un zinalin di seta cotta,
Per fatt armanna a te, brutta marmotta;
Ho fatt un zinalin di seta cruda,
Per fatt armanna a te, brutta saputa;
Ho fatt un zinalin di lana e lana,
Per fatt armanna a te, brutta puiana.

71.  In mezz' al mare ci ho piantato 'n ago, (2)
Mancavi tu che ci mettessi il naso;
In mezz' al mare ci ho piantato 'n fuso,
Mancavi tu che ci mettessi il muso.

72.  Vattene vïa, cagnolin di fosso,
Bocaccia 'ruginita e leccalosso.

73.  E chi vòl mèl a me che sia butato
Più alto delle mura di Loreto,
E sia tritato come 1' insalata
E poi cundito con 1' olio e 1' aceto.

74.  Madonna di Loreto, fate fàallo,
Fate cader quello ch'è sul cavallo;
Fètel (3) cade' e po' fètl argi' gió
E fètl cade' con la testa d' angió.

75.  Maritati maritati tu, Rosa;
Ti s' è renduto lo trave di casa
Dallo troppo balla' quand' eri sposa.

76.  Fiore di uva;
Va da la gioventù dove gli pare,
E gli omini ammogliati in casa sua.

 

(1) rimanere.

(2) Gianandrea p. 250 n. 20.

(3) fatelo


 

 

77.   Vattene via tu, faciaccia ingrata, (1)
Sei diventat' el fiume di Toscana
Che butta 1' acqua da cento baloni,

78.   Chi passa giù di qui e non saluta,
Rótta di collo! (2) 'na bella caduta;
Tu sei passato e non hai dett' adi', (3)
Rótta di collo! eri ci podesci arni'. (4)

79.   Vattene via, gaggiaccia (5) spenacchiata, (6)
Giù per di qui non ci hai da far la cova,
E se ce la farai, sarà guastata;
Vattene via, gaggiaccia spenacchiata.

80.   Sei sciolta come 'na gamba di cece,
Sei la donna più brutta del paese;
Sei alta come 'na gamba di fava,
Sei la più brutta di tutta Saltara; (7)
Sei alta come 'na gamba di fiore,
Sei la più brutta di Montemaggiore.

81. Vattene via, bruttaccia delle Fratte,
Dove ti sprechi questa lisciatura?
Ci hai un par d' occhi che mi par' un gatto
Ed un musaccio che mette paura.

82. Siete più bianca voi ch' en è 'n caldaro,

 

(1)  Deriva dal risp. tosc. (Tigri p. 278 n. 1027):

Ogni tre dì li muta li amatori,

E fa come, lo fiume di Toscana,

Raccoglie 1' acqua tutta dei valloni.

      Il fiume di Toscana e ricordato   anche  in   altri  c.   marchigiani Gianandrea p. 128 n. il, L. Castellani p. 425.

(2)       Vada, cioè, a rotta di collo.

(3)       addio.

(4)       rivenire.

(5) peggior. di gaggia (gazza).

(6)       Qualche, espressione simile in Gianandrea p. 6 n. 20.

(7)       Paesello, come i seguenti, nei dintorni  di Fossombrone.

 


 


Siete più rossa ch' en è 'n cidirone, (1)
La caminata d' un porcell cignale.

83.  Se fosci ricca, portarisc' i guant, (2)
Se fosci bella, averesci 1' amant;
Se fosci ricca, portarisc' i fiori,
Se fosci bella, faresci 1' amore.

84.  E va giul fiume, c' è 1' acqua curìa,
Chi ha la cacca tel cul la mandi via.

85.  Fiore d' ornello;
Quanti bidocchi port' intorn' al collo!
Nè miga tante mosche giul macello.

86.  Vattene via brutto papagallo, (3)
Podesci fa la mort ch' ha fatt el grillo, (4)
Fosci tirato a coda di cavallo.

87.  Ti possano pïa' tanti dolori,
Per quanti peli portano li cani,
Per quanti punti danno li sartori!

88.  Vôi benedire 1' erba mercurella; (5)
Quella che fa sul Furlo (6) e spunta 1'alba;
Prend' un cestino e va 'rcòia la m …

89.  A Roma che si vende la pulenta; (7)
Il papa ci vòl fa' la terra roscia
Per da' '1 color a te, ranciaccia sténta.

 

(1) cetriuolo.

(2) Mazzatinti p. 239.

(3) Gianandrea p. 244 n. 12; Ive p. 313 n. 13.

(4) Allude forse alla  «canzone  del grilettino»  che  «casco giù, poverino!»   «e si rompe '1 cervello»: vedila più innanzi.

(5) Della famiglia delle euforbiacee.

(6) Nome del famoso passo dell' Apennino a cinque miglia circa da Fossomhronc lungo la Flaminia e verso Cagli.

(7)  Variante:

A Roma che si vende la gramaccia   gramigna,
Il papa ci vòl fa' la terra rossa,
Per dar color a te, brutta giallaccia.

 


 

 

90.  Ti voglio metta nome leccapiatti;
Va 'rcòia li ossi sotta li banchetti,
Rufiana dei signor, portabilietti.

91.  Vattene via, pezzo di lardo rancio, (1)
Arvanzaticcio di pizzicherìa;
La bava che ti cola in mezz' al petto,
Né men l' acqua del mar la laverìa:
Hai fatto la spia, '1 ladro e '1 ruffiano,
E poca faccia ci hai da galantomo.

92.  'Facciti alla finestra, o scolorita, (2)
Colla chiara dell' ovo sei lavata;
Ti credi d' esser la più riverita,
Del vicinato sei la più sfacciata.

93 A Roma che si vende lo merluzzo,
Quanti pezzi ne dai per un baiocco?
Ti vengo minchionando mamalucco.

94.   A Roma s' è scupert' un fontanone, (3)
Il papa ci vòl fa' quattro fontane,
E ci vòl mett' a te per mascarone.

95.  A Roma s' è scupert' un campanone,
Il papa ci vòl fa' quattro campane,
E ci vòl mett' a te per batocone.

96.   So' statt' a Roma per compra' 'n cavallo;
Quando m' arvolto l' era 'n asinello:
S' en è la faccia tua, poco mi sbaglio.

97.  Sei tanto brutto, che ti pîa un dolore, (4)
Ti rassomigli al peccato mortale;
E quando passi tu s' oscura il sole,
La luna non sa più do' ch' ha d' andare.

 

(1)       Gianandrea p. 246 n. 3.

(2)       Gianandrea p. 233 n. 22.

(3)       Gianandrea p. 253 n. 41.

(4) Gianandrea p. 457 n. 41; Mazzalinli n. 228; Blessig p.  73; Imbriani I pp.  108,  110 e 111, II p. 233.


 

 

98.  Vai dicendo ch' hai tanti poderi, (1)
Non ci hai la sedia da star a sedere:
A casa tua ci so' stato 'na volta,
C è 'n piatto rotto e 'na granata sciolta;
A casa tua ci so' stato 'na sera,
C è 'n piatto rotto e 'na pacca de mela.

90.  Signora Margarita di Bologna, (2)
Più long el zinalin ch' en è la gonna.

100. Signora Margarita di Bologna,
Vostro marito non vi tocca mai;
Quando vi tocca, vi gratta la rogna.

101. Pïassa n' accident a chi ti tròna (3)
Per quanti tocchi dà l'orloggi' a Roma,
Per quanti figli arcoglie 'na mamana!

102. Fior di pan bianco;
Non ti posso vede', sempre t' incontro;
Famm' il piacer di non guardarmi tanto.

103. Pïassa 'n accident a chi ti tròna;
(Il nome non lo posso palesare,
Lo tengo rinserrato nel cor mio),
Pïassa 'n accident a chi digg io!

104. Sei tanto bella; Iddio ti benedica,
E che ti possa dar bona giornata,
O veramente 'na galer' in vita!

105. Fiore di ruta;
E chi vòl mèl a me, digli che crepa;
Chi non mi pòl veder lo sangue sputa.

 

(1)       Qualche cosa di simile in Giannandrea p. 171-173  n. 20.

(2)       Che sia un' allusione alla canzone ricordata da S. Rosa?

Imparate qualche arte.onde la  vita
Tragga il pan quotidiano, e poi cantate
Quanto vi par la bella Margherita.
(La Poesia, vv. ITì-ilo ediz. Carducci).

(3)  parola d' oscuro significato.

 


 

 

106. Vòi benedire 1' erba schiantacuore,
Quella che fa sulla riva del mare;
Un accident a chi mi vuole male.

107. E se la pì con me, non ti ci metta,
Ti voglio ribalta' (1) com' un calzetto.

108. E chi vòl mèl a me 'na settimèlla (2),
La chèsa 'i s' arempissa di quadrini,
E 'i venissa 'na febra terzana,
En 'i bastasser per le medicine:
Se non 'i basta ci farò la giónta,
'Na febra maligna e un mal di pónta.

109.     Vattene vïa, rondóne di cova,
Faciaccia 'ruginita e porca scrova;
Vattene vïa, rondóne di fiume,
Bocaccia 'ruginita e leccalume.

110.     E guarda chi m' ha preso a seguitare!
E uno, 1' è più rancio del limone;
E del limone se ne fa le strisce,
Muso di cagnulin, musacci' arciso; (3)
E del limone se ne fa le fette,
Muso di cagnulin, musacci' arsecco. (4)

111. E tu che sei poeta (5) de 'sti fatti
Va contar quanti peli han mille gatti.

112. a) E la mia magna el moc, (6)
E la tua magna el foc!

 

(1)       rivoltare, rovesciare.

(2)       Gianandrea p. 249 n. 17; Bagli Saggio.... p. 403   (rispetto
(sic) imolese); Mazzatinti n. 237 b).

(3)       riciso cioè rugoso per raccorcianiento della pelle.

(4)       risecco.

(5) Vedi sopra al n. 64.
(6) Dispetti di pastori.


 

 

b) E la tua magna la breccia,
E la mia magna la veccia!

e) E la mia magna 1' erba,
E la tua magna la m....!

d) Tó da cena en c' è gnent,
Faciaccia 'ruginita e leccadent.


 

 

 

 

 

Canti   narrativi

 

 

 

1.     La serva del cucù, quando pisciava, (1)
S' aritirava in una selvoletta,
Quattordici mulini lia mandava,
La serva del cucù quando pisciava.

2.    L' altra matina m' alzai di bon' ora,
Trovai 'na vecchia che pisciava fora;
Pareva 'na fiumana che pisciava,
Che quindici mulini macinava.

3.    So' statt'a colazione a Terrapiana; (2)
Del vino ne bevei mezza cantina,
Del pane ne mangiai trecento croste,
E tre castrati con tutta la lana.
Quando vide il padrone, fuggì via,
E i 'armanèi padron dell' osteria;
Dalla paura 1' oste fuggì fora,
E i 'armanèi padron della fïola.

4.    Andiedi a spasso colli miei pensieri, (3)
Trovai 'na chiesa e lì m' inginocchiai,

 

(1)                                   Gianandrea p. 112 n. 23 e 24, e per altri riscontri con la p. pop. antica D' Ancona pp. 14 e segg.

(2)                                   Cfr. Gianandrea p. 168 n. 5; Mazzatinti 323; Bemoni I p. 9; Dal Medico p. 139; Ive p. 254; Imbriani II p. 373; Pitrè 1, 413; Salomone-Marino p. 280: il Gianandrea avverte saggiamente che chi compose il canto l'orse può aver avuto in mente le stanze
famose del Pulci intorno alla cena di Morgante e Margutte (c. XVIII).

(3)                                   Gir. Gianandrea p. 60 n. 15; Casetti-Imbriani II p. 175
(c. di Carpignano Salenlino); e vedi Rubieri p. 593.

 


 


E dissi un padrenostro e 'n miserere,
Quest' è '1 dovere mi convien di fare.
Tira 'n gran vento e romp' il lampanino,
Il sagrestano me lo fa 'rpagare.
E guarda s' el proverbio vòl dir vero,
Vado per far il ben, ricev' il male.

5.    a) E mio marit' è tanto picinino,
E mi vergogno di mandall' in piazza;
Questa matina lo mandai pel vino,
Una formica gli fece la caccia;
Dalla paura si mise a sedere,
'Rivò 'na mosca, lo fece cadere;
Dalla paura si mese tra gli orci
'Rivò '1 gatto, lo prese per un sorcio.
Io dalla rabbia lo misi a bollire,
Vado gridando per tutta la via:
- Chi vòl il brodo del marito mio?
Vado gridando per tutta la piazza:
- Chi vòl il brodo? Un soldo la tazza!...

       b) E lo mio amore è tanto picolello (1)
Che mi vergogno di mandall' un vello;

 

(1) Cfr. «Vita et morte dell' Huomo picinin con l'alfabeto disponido di G. C. Croce», e vedi ciò che ne dicono Olindo Guerrini (La V. e le Opp. di G. C. Croce, Bologna Zanichelli; 1879 pp. 502 e segg.) e V. Rossi (Canzoni ant. del pop. it. ripubbl. a cura di M. Menghini vol. I  fasc. IV e Arch. per le trad. pop. XI p. 564): cfr. inoltre Mazzatinti n. 233; Tigri R. 1011; Andreoli p. 43 n. 78; Giannini C. p. d. mont. lucch. p. 188 e Archivio XI p. 378; Sex: Ferrari Canti di S. Pietro Capofiume n. XV; Bernoni C.p.v. punt. VII n. 54; Nardo-Cibele Zoologia pop. ven. 162; Bolognini Annuario d. alpinisti tridentini 1885-86, p. 123; Ferravo C. p. parmigiani Arch. VIII p. 325, e C. del basso Monferrato VIII p. 67; Nigra pp. 431-435; Corazzini pag. 124; Pitrè C. p. sic. I p. 311  n. 321 e nota 3.


 


L' ho mandat' in cantina a cava' 1 vino
'I mis 'na gran paura un muscelino;
L' ho mandato giù nell' ort per l'insalata,
'I mis 'na gran paura 'na lumaca.
Io gli dissi: - lumaca maledetta,
A mi' marit 'i è fatt piè 'na stretta!
'Chiappo '1 marito '1 metto sotta '1 crino,
Arriva '1 gatto, el magna per pulcino!...

6.    E la mia bella ha nome Sofìa, (1)
E ci ha 'n grugnaccio che pare 'na spia;
E nella testa capélli non ha,
E 'na cianca di qua, 'n' altra di là;
E lo suo naso profilo non ha,
E 'na cianca di qua, 'n' altra di là;
Oh per bacco! poi quando 1' è notte, (2)
In nella bocca 'i ci stanno due pagnotte....

 

(1)       È incompleto.

(2)       quando sbadiglia, intendi, spalanca   tale  una  bocca  che ci entrano due pagnotte.


 

 

 

 

 

Canti   politici

 

 

 

1.     A Roma santa;
Ci stan li frati con poca coscienza,
Li preti in casa mia, Dio me ne guardi!

2.     Chi dice che li preti en galantomi,
Io dico ch' è li ladri e 1' assasini,
Che bramano la morte ai pover omi
Per robarli la cera e li quadrini.

3.     O prete, o frate, bad' a dir la messa,
E lass' anda' 1' amor, 1' è in tristo vezzo;
O prete, o frate, bada' a dir 1' ufìzio,
E lass' anda' 1' amor, 1' è 'n brutto vizio;

4.     La serva del curèt è pregna dura, (1)
Ha fatt' un barbachèn (2) con la multura. (3)

5.   Vittori' Manuëlli falla giusta, (4)

 

(1) Corazzini I comp. min. pag. -105, (di Firenze:

«La monaca in convento ha partorito,
«Ha fatto un soldatino monturato.

      Servano come riscontro anche  questi due fiori che   allogo  qui
in nota:

a    Fiore di ruta;
La serva del curèt tutta canuta.

b    Fiore di stoppa;
La serva del curèt si piscia sotta,

(2) barbacane, per disprezzo, soldato del papa.

(3)       montura.

(4)  Derivato dal tosc. riportato dal Tigri:

Napoleone fa le cose giuste,

Falla la coscrizion delle ragazze
Piglia le belle e lasciar star le brutte.

 


 


E fatt' un battaiôn di pret' e frati
E s' en vôin caminè, daï la frusta.

6.     Fior di lupino;
In quella spada ch' ha Vittori' 'n mano
Dell' Italia ci sta scritt' el destino.

7.     - Dies irae Dies illa, (1)
Tutta la Francia si scompiglia,
Il suo capo si sfavilla.

- Tu hai sciupato,
Tal venduto e tal rubato,
Ladro sei scomunicato.

- Della santa religione
Causa fu Napoleone,
Senza avere compassione.

- Venirai giù da Peluto (2)
Tu dirai :«baron fututo»
Al fin tu sei venuto

- A brusciarti nell' inferno,
Condannato in sempiterno
Dentra '1 fuoco ch' ard' eterno.

- Sempitern' è la Moscovia,
Sofogatel a 'sto boia,
L' è venuto tutt' in dôia.

- Quanti preti e quanti frati
Hai fatt' amazare?
Alla fin 1' hai da pagare.

- Chi ha perduto 'sta corona?
Questa stirpe buzarona.

 

(1) Questo c. riguarda la morte di Napoleone I, e se ne ricordano a mala pena le più vecchie delle nostre donne, come si vede chiaramente dalle irregolarità del metro e dalla mancanza, talvolta, di senso.

(2) Plutone

.


 

 

                «Tum, tum! Peluto, si pole?» (1)
«Chi siete, disgraziati?»

                «Siamo i tre campioni» (2)
«E da me cosa volete?»

«I trecento milioni.»

                «Ladri infami impertinenti,
Non è '1 regno dei minchioni;
Io non ho disposizioni.»

                Guerra, guerra, voglio io!
Che io sono Bonaparte.
Legge, legge, voglio io!»

                «Ma che dite, ma che legge,
Ma che guerra, che segreti!
Francia, ficcati in quel posto i tuoi decreti!

 

(1)                                   Bussano alla porta dell' Inferno.

(2)                                   Murat, Eugenio e Girolamo.


 

 

 

 

 

 

Romanze  ballate

 

 

 

                   1. DONNA LOMBARDA

 

-   Donna Lombarda, volermi ben,
Volermi bene, amami a me. -

-   O re di Francia, en ti poss' ama',
En ti poss' ama', che ci ho mari'. -

-   Se ci hai marito, farlo mori';
La medicina t' insegnerò.

E va giull' orto del signor cont,
Che c' è 'n serpente, che c' è 'n serpent

Prendi la testa di quel serpent,
Pistela bene, pistela ben.

Quand' aritorna '1 mari' dal camp,
Darli da bere, darli da be'. -

Ecc' 'aritorna '1 mari' dal camp
Con 'na gran sete, con 'na gran se'.

- Donna lombarda, darmi da be',
Ci ho 'na gran sete, ci ho 'na gran se'

- Cosa volete, el bianc o '1 rosé? -
- Portelo bono, portelo bon. -

-   Donna lombarda, cos' ha 'sto vin?
L' è intorbidito, 1' è inturbidè. -

-   Sarà li toni dell' altra se'
L' ha inturbidato, 1' ha inturbidè. -

Parlò 'n fanciullo di nove més:
- Non lo bevesci, che c' è '1 velen.

- Così fanno le donne tiranne
Al suo marito, al suo mari'!


 

 

-            Con questa spada che port' al fianco
Io t' amazerò, t' amazerò. -

-            Farò 'n fioretto al re di Francia
E poi morirò, poi morirò. (1)

-             

-             

2. CECILIA

 

 

La povera Cecilia
Compiang' el suo mari'
Iel' han mess' in prigione
El vôien fé' muri'.

-      Senta, sor Capitano,
'Na grazia voi da vo';
Di far el mio marito
Sorti' dalla prigion. -

-      Va là, va là, Cecilia,
Non dubita' di me;

 

(1) Il Nigra è d' avviso che accenni alla tragica fine di Rosmunda moglie di Alboino re dei Longobardi. Vedi Nigra C. pop. del Piemonte p. 1 e segg.; Aless. D' Ancona La p. p. it. pp. 117-119 e «I Canti pop. di Pieni.» nella N. Antologia 16 marzo 1889; G. Giannini C. p. d. mont. lucchese p. 133 e C. p. padovani in Archivio per le trad. p. vol. XI p. 186; Gianandrea  p. 273; G. Salvadori Storie p. tosc. VII p. 10; Ferraro C. Monf.  p. 1, C. di Pontel. p. 81, C. p. del basso Monferr. Archivio VI p. 199; Sabatini C. p. rom. li, 8; Finamore C. p. abruzzesi, Archivio II p. 84; Nerucci Storie e cantori montatesi, Archivio II p. 505; Sev. Ferrari C. p. di S. Pietro in Capoliume, Arch. X, n. V; Angelini C. p. piceni, Arch. X p. 380; Marcoaldi p. 177; Bemoni Trad. pop. venez. punto V. pag. 1; Ive p. 329 n. 7; Righi Saggio di c. pop. veronesi, Verona 1863, p. 37, Wolf Volkslieder aus Venetien p. 46, Wien 1864 p. 46. Il canto è originario dell' Alta Italia, e, come in molti altri, ne sono prova per noi certi troncamenti di parole (bè - bere, se' - sera e sete, marì - marito) non propri del nostro dialetto, che per troncar parole non è secondo a nessun altro.


 


La grazia ti sia data,
Ma vôi dormi' con te. -

- Adess' in fretta in fretta
Vado dal mio mari';
S' el mio mari' è contento,
Presto ritorno qui. -

Va là, va là, Cecilia,
Cosa m' importa a me?
Dormi col Capitano,
Salvi la vita a me.

Vestiti ben da sposa
Per pode' compari',
E poi col Capitano
Vattene pu' a dormi'. -

Cecilia pronta e lesta
Si cava '1 sotanin,
E poi col Capitano
Se ne andò a dormi'.

In sulla mezzanotte
Cecilia dà 'n suspir.
- Che hai, che hai, Cecilia,
Ch' hai dato quel suspir? -

- Una gran pena al cuore
Chi mi sent' a mori':
A posta prim' ho dato,
Ho dato quel suspir. -

E la matina s' alza
Cecilia e va '1 balcon,
Trova '1 marito morto
Legato a spendolon.

-      Grazia, sor Capitano,
M' avete ben tradì';
A me tolto 1' onore
La vita a mio mari'. -


 

125

 

-    Va là, va là Cecilia.
Cosa t' importa a te?
Principi e cavalieri,
Tutti veran da te. -

-    Non vôi più cavalieri,
Sol che lo mio mari';
Prendo la rócca e '1 fuso
E me ne sto così.

Addio, Castel d' Iverna,
Addio, bella città;
Addio, Castel d' Iverna
E chi ti goderà.

E quando sarò morta.
Portami a sepeli'
A San Gregorio Papa,
Dov' è lo mio mari'. (1)

 

(1) A molti è stata attribuita una scelleratezza come questa del Capitano. Il Macaulay parlando dei supplizi inflitti ai seguaci del Duca di Monmouth, dopo domata la ribellione contro Giacomo Il del 1685 nella battaglia di Jedgemoor, scrive: «Fu detto che il colonello Percy Kirke avesse vinta la virtù d' una donna promettendole di salvar la vita ad un uomo svisceratamente amato; e dopo ch'ella ebbe ceduto le mostrasse appeso alle forche il cadavere di colui, per amor del quale la sventurata aveva sacrificato il proprio onore. Ogni giudice imparziale è forza che non presti fede a siffatta novella, non essendovi prova che la confermi. La più antica autorità su cui si possa appoggiare è una poesia scritta da Pomfret. Gli storici più insigni di quell' età, mentre discorrono i delitti di Kirke o non ricordano punto cotesta  atrocissima scelleratezza e la raccontano come vociferata, ma senza prove.  Inoltre la storiella, innanzi che Kirke l'osse nato, era stata detta di molti altri oppressori ed era divenuto tema avidamente trattato dagli scrittori di drammi e di novelle. Due  uomini politici del secolo XV, Rhynsault, il prediletto di Carlo il Temerario Duca di Borgogna, ed Oliviero le Dain,

 


 

3. IL RITORNO DEL SOLDATO

 

- 'L conged, sor Capitano,
Per andarmene a ca'
A trovare mia bella,
L' è nel letto mala'. -

Congedo ti si dia
Per andartene a ca',
Purché vai in compagnia
Con degli altri solda'. -

Quando fu in mezz' al castello
Ha sentit' a sonè;
Era '1 son della bella
Che la givn a pigliè.


il prediletto di Luigi XI di Francia erano stati accusati del «medesimo delitto. Cintio lo aveva tolto a subietto di un suo romanzo, Whetstone dal racconto di Cintio avea desunto il rozzo dramma di Promo e Cassandra; e Shakespeare avea tolta da Whetstone 1' intreccio della sua insigne tragicomedia che chiamò Misura per Misura. E come Kirke non fu il primo così non fu neanche 1' ultimo, cui la voce popolare attribuisse cotesto eccesso di malvagità. Mentre in Francia infuriava la tirannide dei Giacobini una similissima colpa fu attribuita a Giuseppe Lebon ch' era uno dei più odiosi strumenti del Comitato di Salute Pubblica, e dopo anco i suoi persecutori conclusero che non aveva alcun fondamento «Storia d'Inghilterra, traduz. Emiliani-Giudici, vol. I cap. V pp. 593-94, Firenze Batelli 1853).
Per 1' origine del c. e per cfr. vedi: Nigra p. 43; D' Ancona La p. pop. it. p. pop. it. p. 119 e N. Antologia fase, cit.; Giannini C. p. d. mont. lucch. p. 66; Rubieri Storia d. p. pop. p. 305; Pitré Studi di p. pop. p. 294; Salomone-Marino Legg. pop. sic. Palermo Pedone-Lauriel 1880 p. 38 n.IX; Gianandrea p. 264 n, 3; Ferraro C. di Pontel. p. 108 e C. Monferr. p. 28; Salvadori VI p. 9; Nerucci, Arch. II p. 513;  Julia (c. calabr. di Acri) ivi VI p. 243; Ferrari (c. emiliano) ivi X n. 1; Finamore (c. abruzzese) ivi I p. 85; Ive p. 326 n. 5 Bemolli punt. V pag. 11  n. 7;  Wolf p. 64; Bolza p. 671.

 


 

 

- Fermati, portantina,
Ariposati un po';
Vòi de 'n bèsci' alla bella
E poi me n' anderò;

- Non l' ho bascèta viva
Morta la bascero'
…………...........

Parla, bocca d' amore,
E consolami un po'. -
E non vedi eli' è morta,
E parlarti non po'? -

- Addio, mio padre e madre
Addio, amici e parenti
Se c' fussa la mia bella
1' saria più content. - (1)

 

 

4. LA FUGA

 

- Do' vai, bella fantina, (4)
Si sola da per te? -
- Vad' a prendere 1' acqua,
Mamma m' ha comandè. -

- Se fosci un po' più granda,
Farìa 1' amor con te. -
- Benché so' piccolina,
L' amor la so ben fè.

 

(1) Nigra p. 50, Giannini p. 160; Rubieri p. 320; Ferravo C. monf. p. 30 e pag. 101, Marcoaldi p. 157; M. Carmi C. p. emiliani, per nozze Carmi-Niemack, Firenze Landi 1891, n. V.  Il Rubieri osserva che è lo stesso tema della bar. di Carini, con la differenza che nel c. siciliano 1' amante fa un viaggio all' inferno per rivedere 1' amata, nel nostro invece torna, per distrazione al dolore, a rifare il soldato.

(2) Boccaccio, Teseide: Per le bellezze di questa fantina. Tigri
p. 208 n. 734: Questo lo dico a te, bella fantina.


 

 

La mise sul cavallo
E via se la menò.
Facendo trenta miglia
La bella mai parlò.

Quand' arrivat' in Francia
Sì mise a lagrimè:
- Non giova che tu piangi,
Hai da dormir con me! -

- Managgi' a questo busto,
Non lo posso sdlacciè! -
Darmi la tua spadina,
La strènga vôi tàiè. -

Prese la spad' in mano
Se la passò nel cor;
La povera fantina
L' è morta per unor. (1)

 

 

5. LA RAGAZZA GUERRIERA

 

- Cosa piangi, Peppino,
Cosa piangi per noi?!
S' hai d' andar alla guerra
Ci anderò io per voi.
Mi cavarò la vesta,

Mi metterò i calzon;
Farò veder la forza,
La forz' e il mio valor.

La prima schiopetata,
Io cascherò per terra;
Fra mezzo d' una guerra
Mi tocarà morir.

 

(1) Nigra p. 10e p.111, Ferraro C. Monf. n. 2, c. di Pontel. p. 86; Bernoni punt. IX  L' Incontaminata; Caselli e Imbriani vol. II p,1; Finamore Arh. I p. 87.

 


 

 

E quando sarò morta,
Mi porta a sotera';
Nell' arco della porta
Mi veglia tre solda'.

Sopra quella mia fossa
Ci pianterann' un fior,
Il fior della Rosina;
L' è morta per amor. (1)

 

 

6. IL MARITO GIUSTIZIERE

 

- Chi buss' alla mia porta
Chi buss' al mio porton?

- Il capitan di Londra,
Vostro bon servitor. -

- Ma dimmi, dimmi, bella,
Dov' è lo tuo mari'? -

- Il mio marit' è in guerra,
Podessa restar lì. -

- Sta zitta, bella, un poco,
T' avessa da senti'. -
La bella dà 'no sguardo,
Conosce suo mari'.

Li si butta in ginocchio
E li chiede perdono.

- No, no; io non perdono
Chi m' ha tradit' a me.

Con un colpo di sciabbola;
La testa li tagliò;

 

(I) Nigra p. 286, Giannini p. 145; Ferraro C. Monf. p.54, C. di Cento p. 69, C. parmigiani in Arch. IX p. 268; Tommaseo p. 79; Wolf p. 37; Barbi C. p. pistoiesi, Archivio VIII p. 57; Gianandrea p. 280 n. 14.


 


La testa fè tre zompi,
In mezz' a chèsa andò.

Do' ch' si fermò la testa
Vi ci nacque 'n bel fior
Il fior di Margherita
Ch' è morta per amor. (1)

 

 

7. LA BEVANDA SONNIFERA

 

La mia mamma è vecchiarella,
Di bon' ora mi fa alzè;
Mi mand' alla fontanella
Per l' acqua da cucinè.

E quando fu a mezza strada
Un bel gioviri 1' incontrò:
- Dove vai, bella fantina,
Così sola da per te? -

- Io vad' alla fontanella
Per 1' acqua da cucinè. -
- Mi darest' un bicchier d' acqua,
Che ha sete '1 sor cavalie'! -

- Non ho tazza nè bicchiere,
Dar da be' al sor cavalie'. -
- Vanne vanne dai vicini,
Fàtti dar un bon bichie'. -

- Dai vicin en e vôi andare
En ho gnent di conosce';
Nella brocca se e vòl bere,
Volontie', sor cavalie'. -

 

(1) Per riscontri vedi Nigra p. 183; Ferraro C. Monf. n. 56, Maria Carmi una lez. emil. ed una tosc.) in Arch. XII 192.  La nostra lezione ricorda più da vicino la lezione veneta (Bernoni Trad. p. v. punt. I p. 28 e punt. II p. 37) e quella romana racc. dai Grimm,(v. Nigra l.c.)


 

 

Dopo poi aver bevuto,
'I domanda cs' ha d' ave'.
- La cintura ch' hai addosso
La podresti dar a me. -

- La cintura tla darei,
Ma è troppo di conosce';
Cento scudi ti darei
Sol 'na nott dormi' con te. -

- 'Spetta, ch' io vo dalla mamma,
Che consiglio mi vòl dè. -
- Senti, mamma, cento scudi,
Sol 'na nott dormi' con me. -

- Prendili, cara bambina.
Sarà la dote per te;
'I faremo 'na bevanda,
Tutta la nott dormirà. -

- Bevi, signor cavaliere,
L' è usanza del mio pae';
Veng' a lett, sor cavaliere,
Che le nove son sone'. -

E quando fu vers' il giorno
Il cavalier suspirè;
- Che sospir, sor cavaliere,
I cent scud ch' ai datt' a me? -

- Non sospir' i cento scudi,
Ma la notte ch' è passè;
N' altra cento tne darei,
N' altra nott dormi' con te. -

- No, no, no! sor cavaliere,
Che 1' onor mi piace, a me;
Bambina di quindici anni
L' onor el tengo per me. (1)

 

(1) Nigra p. 3'J3; Giannini C. p. d. mont. lucch. p. 157; Ferraro C. p. monf., p. 66, c. di Pontel. p. 94, c. di Cento  p. 53;


 

 

 

 

8. LA PÉSCA DELL' ANELLO

 

Ci aveva tre sorelle,
E tutte tre d' amor;
La 'Netta è la più granda
Comincia a naviga'.

Ritorn. Bella, vien vien vien,
Bella, vien a far 1' amor.

El naviga' che fece
L' anello gli cascò;
Guarda di là dal mare
E vede un pescator.

-       pescator, che pèschi
Vien a pesca' 'n po' qua;
Vien a pesca' '1 mio anello
Che m' è cascato qua. -

-       Dopo che 1' ho pescato
Cosa mi vòi dona'? -
- Ti dono cento scudi
La borscia recama'. -

-       Non voglio cento scudi
Ne' borscia recama';
Vogli' un bascin d' amore
Se mel volete da'.


Gianandrea
p. 217; Wolf p. 49; Righi p. 33; Bernoni punt. V |p. 6; Ive p. 324 n. 4; Severino Ferrari Bibl. di Lett. pop. Fasc. IV p. 218 (canz. antica), e Archivio per le tr. pop. vol. VIII p. 109 (lez. emiliana); Alfredo Giannini C. pop. di Massa Lunenso Archivio VIII p. 279; Nerumi, ivi II p. 524; Julia (lez. calabrese) ivi VI p. 244; Finamore (lez. abruzzese) ivi I, 89; Imbriani II I (c. di Chieti). Anche qui le forme sone' per sonèt, sonate, sospirè per sospirò, conoscè per conoscenza, aliene del nostro dialetto, sono servitù di rima e mostrano che il canto è d! importazione celtitalica.


 

 

-       Non te lo posso dare
Chè ved' il mio papà;
E la gente che vede
Diran: che cosa fa? -

-       Diran che sem parenti
Ci poderem bascia';
Ci bascerem di notte,
Nissun ci vederà.

Ci vederà la luna... -
- La luna spia non fa. -
Ci vederan le stelle
…………................(1)

 

 

9. LA PASTORA E IL LUPO

 

Sulla riva dello mare
C'è 'na bella pastorella;
Satollav' i suoi caprini
Con dell' erba tenerella.

Passa 'n giovin cavaliere
E gli dice: - o bella figlia,
Aritir' i tuoi caprini
Che lo lupo te li piglia. -

- Vadi là, sor cavaliere,
Che io so' sulla sicura;
Quand' il lup ved' a venire,
Io non ho mica paura. -

 

(1) Nigra p. 351; Giannini p. 164; Corazzini p. 250; Ferrarvo C. p. monfer. p. 49,  c. di Cento p. 60, c. di Pontel, p. 98 n. 9; Ive pag. 330; Bernoni punt. V n. 5; Wolf p. 53; Righi p. 27; Gianandrea p. 261 n. 1; Imbriani C. p. delle prov. merid. II pp. 116 e segg. e Propugnatore VII p. I p. 393; Sev. Ferrari in Arch. per le trad. pop. VIII p. 105; Menghini, ivi II p. 188; Angelini ivi X p. 380; Finamore ivi. I p. 91; Nerucci ivi II p. 506; Julia ivi VI p. 215.


 

 

Scapp' il lupo, ecco, dal bosco
E con la bocc' abbaiava;
Li mangia '1 più bel caprino
Che la pastora ci aveva.

La bella si mise a piangere
E piangeva tanto tanto:
- M' ha mangia' '1 più bel caprino
Che ci aveva nel mio branco! -

Torn' indietro il cavaliere
Con la spada nud' in mano;
E taglia la panz' al lupo,
E '1 caprino sortì fora…

- Prendi, o bella, il tuo caprino
E mettelo nel tuo branco:
Io t' ho l'atto 'sto piacere,
Tu, bella, fammene un altro. -

-    Che piacere 'i ho da fare?
Son 'na povera villana;
Quando toso i miei caprini,
'I darò un po' di lana. -

-    Io non fo, bella, '1 mercante
Né di lana, né di stoppa;
Io vogli' un bascin d' amore
Dalla tua propria bocca. -

-    Dica pian, sor cavaliere,
Che nisciuno mai ci senta;
Con 'no stranio di marito
E meglio di stare senza. - (1)

 

(1) Nigra p. 360; D' Ancona l c. p. del Pieni, in N. Antologia 16 marzo 1889; Giannini C. p. d. mont. lucchese p. 177, e C. p. padovani in Archivio XI p. 158; Gianandrea p. 269; Ferraro C. p. monf. p. 91, C. p. di Cento p. 47, e C. p. parmigiani, Archivio vol. VIII p. 59; Marcoaldi (lez. ligure) p. 175; Wolf p. 312: Bernoni punt. V p. 14; Ive p. p.40; Nerucci, Archivio II p. 515;  Barbi C. p. pistoiesi, ivi  VIII p. 59.


 

 

 

10. LA RONDINE IMPORTUNA

 

Oh che bella giornata
Che 1' è questa mattina!
Se vòi venir, o bella,
Con meco alla marina.

L' aria della marina
Mi dà gust' e piacere;
Andiamo, andiamo o bella,
Che ti farò godere.

Mi vesto e mi rispoglio
Per andar a dormire,
Arinsognai mia bella,
M' artorn' a rivestire.

Poi me ne vad' in casa,
Casa della signora;
L' aritrovai nel letto,
Che la dormiva sola.

La presi per la mano,
E lia non si risveglia;
E li toccai lo petto:
- Oimè, ch' io son tradita!

-        No, no, non sei tradita,
Non sei tradit' o cara;
Io son quel giovinetto,
Bella, che port' in petto. -

-    Se sei quel giovinetto,
Dimmi, do' sei passato? -
- Dalla finestra o bella,
Che tu m' hai insegnato. -

-      Se sei quel giovinetto,
Vieni da st' altra banda,
Noi dormirem insieme,
Finché le rondin canta. -


 

 

- O rondinella mia.
Tu sei 'na traditora;
Sei venut' a svegliarmi
Ancora non è l'ora!

O rondinella mia,
Tu sei 'na gran bugiarda;
Sei venut' a svegliarmi
Ancora non è 1' alba!

O rondinella mia,
Tu sei 'na traditrice;
Sei venut' a svegliarmi
Nell' ora più felice! - (1)

 

 

11. LO SPAZZACAMINO

 

Oh che stagion noiosa
E quella dell' inverno!
Si sta per in eterno
A' piedi del camin.

Per tutte le contrade
Si sent' un giovinetto
Gridare fortemente: -
- Chi vòl spazzacamin! -

S' affaccia 'na signora,
Li disse: - o giovinetto,
Il nostro caminetto
Volemo ripulì. -

 

(1) E una delle canz. pop. it. più antiche; vedi: Carducci Cantilene, ballate, ecc. p. 57 n. XXXII; D' Ancona La p. p. it. p. 22; Rubieri p..383; Nigra p. 341; Giannini p. 190; Gianandrea p. 274; Mazzalinti n. 301; Ferravo C. p. monf. p. 75; Wolfp. 8; Mtieller-Wolff Egeria, Lipsia Fleischer 1829;, p. 12; Bernoni C. p. v. punt. IV p. 22 punt. VII p. 18; Casotti e Imbriani I p. 55 o II p. 89; Ferrari, Archiv. vol. VIII, 0. p. di S. Pietro in Capofiume n. VI; Mernghini ivi, C. p. rom. IX p.  405, n. 231.


 

 

-       Non dubita', signora,.
Io sono del mestiere;
Vôi servirl' a dovere,
Saperla contenta'. -

-    Entrai in quella stanza,
In quel camin' oscuro,
Non era ben sicuro,
Di ritrovar la fin.

In fin vidi la luce,
Un sole arisplendente;
Gridai allegramente:
-.Chi vòl spazzacamin. -

-    Grazie, quel giovinetto,
Tu m' hai ben contentata,
E m' hai bene spazzata
La cappa del camin.

Ti prego' n' altra volta
Di qui a ripassare,
Di mettert' a gridare:
- Chi vòl spazzacamin! - (1)

 

(1) Ricorda il canto carnascialesco:

«Visin, visin, visin,»

«Chi vuol spazzar camin»,

      per cui vedi Rubieri p. 154; e ricorda inoltre la canzone dello spazzacamino menzionata nel centone bolognese (per cui vedi S. Ferrari, Propugnatore vol. XIII p. I) e pubblicata da R. Renier nella Miscellanea Caix-Canello p. 274, e dallo stesso ripubblicata nel Giornate Storico, a. XI fase, (III pag. 389, da una stampa rara del cinquecento. La lezione nostra poi è molto diversa da quella riportata dal Gianandrea a p. 276, dall' emiliana edita dalla Carmi, Archivio XII pp. 193-194, e dalla veneziana, che la annotare al Bernoni (Trad. p. v. II p. 47): «questo xe
el spazacamin a la vecia, e quel che i canta adesso el xe un altro, ma 1' è massa sporco e pò el xe stampà.»


 

 

12. L' AVVELENATO

 

- In dove tu sei stato,
Gentil mio cavalie'? -
- So' statt dalla 'morosa;
Oimè, ch' io moro me! -

- Cosa t' han datt da cena,
Gentil mio cavalie'?
- Un inguilett a 'rosto;
Oimè, ch' io moro me! -

- In dove 1' han pescata,
Gentil mio cavalie'?
- Nella vasca dell' orto;
Oimè, ch' io moro me! -

- Con cosa 1' han 'mazata,
Gentil mio cavalie'? -
- Con la stanga dell' uscio;
Oimè, ch' io moro me! -

- In dove te 1' han cotta,
Gentil mio cavalie'?
- In 'no spitin d' argento;
Oimè, ch' io moro me! -

- Cosa lassi alla serva,
Gentil mio cavalie'?
- 'L ciavatt per-s-ciavattare;
Oimè, ch' io moro me! -

- Csa lasci' a tuo fratello,
Gentil mio cavalie'?
- 'L cavall ch' è nella stalla;
Oimè, ch' io moro me!

- Csa lasci' alla 'morosa,
Gentil mio cavalie'?


 


- La corda per strozzarla;
Oime', ch' io moro me! (1)

 

 

13. LA SERVA DEL PRETE

 

Mentr' un giorno andava a spasso
Incontraïi un bel pretino;
Con un gesto graziosino
Mi cominci' a saluta':

- O bon dì, buona ragazza,
Dolce e vaga giovinetta;
Perchè mai così soletta
Siet' uscita di città?

Ecco, io sono 'n buon rettore
E ci ho 'na parocchia buona;
Senza dirt' altra parola,
Vôi venir a star con me?

Voi con me staresti bene
E staresti allegramente;
Né fagioli né pulenta
Non ne mangeresti più.

Voi con me staresti bene,
Mangeresti bon bocconi,
Carn' arrosto e macaroni
E del vin in quantità. -

Io son qui con due pensieri
E non so quel che pigliarmi;
L' un mi dice maritarmi,
L' altro star in libertà. (2)

 

(1) Per l' orìgine del canto e per cfr. vedi D' Ancona La p. pop. ital. pp. l05 e segg.; Rubieri p. 421; Wolf Egeria p. 59; Bolsa p. 668.

(2) Ha comuni più strofe con la canzone montalese «La serva d' i 'prete», ed. dal Nerucci, Saggio cit., pp. 193-195.


 

 

14. LA FALSA MONACA

 

S' innamorò d' una figlia,
Una figlia tanto bella;
Non sapeva come fare
Per andarl' a ritrovare.

Si vestì da monichella
E si mis' a caminare.
- Tanto tempo che camino,
Son 'rivat' all' osteria.

Bona sera, signor oste;
Se ci aveste da 'llogiare... -
- Ci ho da bere e da mangiare,
Bon letto da riposare.

Margari', Margaritella,
Fa '1 lett' alla monichella. -
- Padre, no, non ci vôi gire,
Che ci ha gli occhi da furbarella! -

- Cos' hai detto, sfaciatella?
Chè ci ha gli occhi da santarella... -
- Sol 'na cosa vi vôi dire;
Non so' avvezz' a dormi' sola. -

- State zitta, monichella,
Ti darò la moglie mia!...
State zitta, monichella,
Ti darò la moglie mia! -

- Feci un voto e 'l vói seguire;
Con le donne maritate
lo non voglio mai dormire...
Con le donne maritate.

- State zitta, monicliella,
Ti darò la moglie mia. -
- Feci un voto e 'l vôi seguire,
Con vergini vôi dormire.


 

 

Quando fu che si spogliava
Le pistol 'i casch in terra.
- Margari', Margaritella,
Cosa fu quel bott in terra? -

- Padre, padre, non è gnente,
L' uffizio dla monichella,   •
Quando fu che si spogliava,
Li è caduto giù per terra. -

Quando fu la mezzanotte
Cominciò a parlar d' amore.
- Se tu fosti rnonichella,
Non parleresti d' amore. -

Io non sono monichella,
Son quel giovili di Milano;
lo non sono monichella,
Margari', dammi la mano... -

O bon giorno, signor oste,
La tua figlia me 1' hai data.
.................................
.................................

 

15. L' AMANTE CONFESSORE

 

Ci avevo 'n' amorosa
Che 1' era tanto cara;
Com' aveva da l'are
Per andari' a trovare?

 

(1) Nigra p. 107; Bolza p. 007; Ferraro C. p.. moni'. p. 86, c. di Cento p. 36; Bernoni XI p. 7 n. VI; Righi n. 09 p. 30; Wolf  p. 75; Casetti-Imbriani II p. 253; Salomone-Marino Legg. p. sic.p. XI n. XVI; Finamore, Arch. 1 210; Villanis ivi XI 30 (lez. zaratina). Nel c. piem. 1' eroe dell' avventura non è un giovine di Milano, ma il principe di Garignano.

 


 

 

E mi vestii da frate
E montai sulla scala
Per andari' a trovare
La mia Ninetta cara.

- O frate capuccino,
Fermatevi un tantino,
Che ci ho la mia figliola
Che la sta per morire.

- Se la sta per morire,
Io cosa gli ho da fare?
Chiamat' un confessore
La veng, a confessare. -

- O frate capucino.
Voi siete capitato;
Fatela confessare
La mia Ninetta cara. -

- Fate chiuder le porte
E ancora le finestre,
A ciò che non si sentano
Le cose disoneste.

- Fate chiuder le porte
E ancora li portoni,
A ciò che non si sentano
Le nostre confessioni. -

Di' su, di' su, Ninetta,
Di' su li tuoi peccati:
Quanti amorosi avete,
Avet' aritrovati? -

- N' ho 'ritrovato uno,
. N' ho 'ritrovato due,
N' ho 'ritrovato tre,
Il quarto siete voi. -

- Prendi questo cordone,
Bascialo con pazienza,


 


A ciò che torna bene
La santa penitenza. -

La confession è fatta,
Il capucin va via,
La figlia s' alza in piedi:
- Guarita, mamma mia! -

Sia benedett' il frate
Con quel cordon che porta!
Se non era quel frate
La mia figli' era morta.

Sia henedett' il frate
Con quel cordon che ha!
Che fa. guarir le femmine,
Le donne marita'!

- O mamma, la mia mamma,
Oh che maggior tormento!
Che di dentr' alla panza
Un capucin io sento!

O mamma, la mia mamma,
Oh che maggior destino!
Che di dentr' alla panza
Mi senti' un capuccino! -

Dopo di nove mesi
Li nacque un bel bambino;
S' arisomiglia tutto
Al frate capucino. - (')

 

(1) Nigra p. 482; Giannini C. p. d. mont. lucch. p. 173; Ferravo C. p. monf', p. 98, c. p. di Cento p. 94; Marcoaldi (lez. ligure) p. 158; Demoni C. p. v. XI p. 11 n. 9; Dal Medico p. il n. 12; Ive p. 322 n. 2; Alfredo Giannini C. p. di Massa Lunense Arvhivio Vili p. 274; Menghini ivi X p. 187; Imbriani U. p. 243; Vigo R. ampi. n. 4475;  Pitrè II p. 100 n. 904.