PERCHE’ URBINO E’ IN UMBRIA ?

Prof. Rolando Bacchielli

PREMESSA

E sì ! Gli urbinati, ridotti ormai ad una esigua minoranza, devono rassegnarsi. Dato che la verità, oggi più che mai, la fa sempre la maggioranza, è proprio vero: Urbino è in Umbria ! E c’è da crederci, perché l’opinione, assai diffusa perfino fra persone di un certo livello culturale, è anche largamente suffragata dai “media”. Capita purtroppo abbastanza spesso che un giornale, una rivista, una pubblicazione anche autorevole, una istituzione culturale prestigiosa e la stessa televisione collochino Urbino in Umbria.

Quando si viaggia poi nelle regioni periferiche o più lontane dal centro Italia è la regola.

“Di dov’è Lei ?” – “D’Urbino”. E quello con un sorriso raggiante per l’occasione offertagli di fare sfoggio della sua erudizione:”Ah, in Umbria !”

Mia moglie mi racconta del battibecco avuto all’esame di terza media in quel di Genova col suo esaminatore che si meravigliava che tra gli artisti umbri avesse dimenticato di elencare proprio il grande Raffaello di Urbino !

Al Metropolitan Museum di New York una targhetta dice: “Raffaello Sanzio, pittore umbro” !

Gli urbinati una volta reagivano con indignazione, oggi soltanto con un sorriso di rassegnazione.

E come si spiega tutto questo ? In fondo Urbino non è Roccacannuccia ! E allora?

Per capirci qualcosa dobbiamo avventurarci a fare qualche supposizione, rivisitare la nostra lingua e rinverdire la nostra memoria storica di cui oggi c’è veramente bisogno!

Prima di tutto però, a mo’ di premessa, dobbiamo fare una considerazione d’ordine generale: rispetto ai popoli che hanno raggiunto l’unità politica molto tempo fa, gli italiani, diciamo gli ultimi arrivati, si sono fatti una coscienza territoriale e politico-amministrativa molto tardi, tant’è che le loro cognizioni geografiche traballano ancora. Per altro dobbiamo anche dire che finora nessuno ha mai pensato di indagare le ragioni di tale paradossale e macroscopica stortura: bisognerebbe veramente che qualcuno facesse una minuziosa indagine demoscopica e nell’attesa che questo avvenga ci accontentiamo di fare soltanto qualche riflessione.

Cos’è che induce tanti italiani ad associare Urbino all’Umbria ? Non è facile trovare risposte convincenti e definitive: siamo alle prese con un groviglio di ipotesi che non è semplice dipanare.

Abbiamo già detto della scarsa dimestichezza degli italiani con la geografia.

Possiamo pensare al fatto che in epoca ducale i traffici erano più intensi con l’Umbria e la Toscana: si guardava oltre l’Appennino (non a caso i Torricini guardano verso l’Umbria e la Toscana) anziché verso la costa (la scarsa vocazione marinara degli urbinati è cosa nota!).

Le correnti culturali ed artistiche dominanti erano quelle che provenivano da oltre l’Appennino.

Di fatto poi dall’epoca romana con la Via Flaminia Urbino si trovava agevolmente collegata con l’Umbria.

Possiamo mettere in conto anche certe reminiscenze culturali:

  1. La Urbino originaria era stata fondata dagli Umbri (vedi i reperti umbri nel retro dell’ex-Caffè Paci) il cui territorio comprendeva, oltre a Urbino, anche Pesaro e Rimini e si estendeva a nord fino all’area etrusca di Spina.

  2. Il nome di Urbino: Urvinum Metaurense è di origine umbra (urvinum = manubrio dell’aratro)

  3. Il Duca Federico era nato a Gubbio

  4. Gubbio era diventata possedimento del Ducato di Urbino

  5. Raffaello era stato allievo del Perugino.

  6. Non va dimenticato poi che il Monte Urbino si trova in Umbria (un po’ a sud tra Gubbio e Umbertide) e su questo monte si produce un formaggio che viene commercializzato come “casciotta d’Urbino”.

  7. E ancora: Urbino, nonostante la sua alta tradizione artistica e culturale, è troppo spesso ignorata dai servizi “marchigiani” di carattere informativo e turistico: sembra proprio che non faccia parte delle Marche !

  8. Infine possiamo metterci la storia molto travagliata, come vedremo fra un po’, della nostra regione che certamente ha contribuito a confondere le idee della gente.

In definitiva le spiegazioni di questa insistente associazione di Urbino all’Umbria sono molteplici e del più diverso tenore.

Diciamo pure, en passant, che in fondo gli urbinati dovrebbero essere contenti di venire associati a quell’area umbro-toscana che è stata terreno di coltura della straordinaria stagione artistica, letteraria e musicale del Rinascimento. E diciamolo senza ipocrisie, a livello di “affinità elettive”, oltre che dei rapporti viari, politici e culturali, gli urbinati più consapevoli si sono sempre sentiti più vicini all’Umbria e alla Toscana che non alle Marche. Prova ne sia il fatto che ancor oggi gli urbinati ci tengono a distinguersi dalla “bassa Marca” o “Marca sporca”. Questa specie di “campanilismo” ha però i suoi fondamenti perchè anche secondo gli storici la distinzione tra la regione a sud dell’Esino e quella a nord è per vari motivi netta. Due diverse direttrici d’altra parte hanno caratterizzato la vita e lo sviluppo delle Marche: la parte nord, attraverso la Flaminia ha gravitato verso il bacino del Tevere; la parte sud, attraverso la Salaria, verso la Sabina. Tale distinzione è stata mantenuta anche dalla Chiesa quando, con la restaurazione del potere papale in seguito alla caduta di Napoleone, istituì le delegazioni. Tali delegazioni erano di prima e di seconda classe: Urbino e Pesaro erano di I° classe ed erano rette da un cardinale chiamato legato, mentre tutte la altre erano di II° classe ed erano rette da un monsignore detto delegato (sia i legati che i delegati erano coadiuvati da un consiglio comunale a capo del quale c’era un gonfaloniere).

C’è da considerare infine che il Ducato del Montefeltro, nonostante le sue propensioni per l’Umbria e la Toscana e le vicissitudini politico-amministrative, ha sempre sostenuto la propria identità politica e culturale specialmente nei confronti del Piceno.

Ma tutto sommato questa è soltanto una faccia della medaglia; andiamo quindi a esplorare l’altro versante che sarebbe: quando e come sono nate le Marche, da dove viene il loro nome e quand’è che Urbino è stata accorpata alle Marche. Scopriamo  sullo sfondo uno scenario storico complicato che riassumiamo velocemente in termini essenziali.

 

SCHEDA STORICA

 

Storicamente la Regione Marche ha avuto una vita travagliata: con essa hanno avuto a che fare gli illirici, i pelasgi, gli umbri, i piceni, gli etruschi, i sabini, i greci, i galli, gli apuli, i siculi, gli eruli, gli ostrogoti, i longobardi, i franchi, gli eserciti bizantini e quelli napoleonici, ecc. e questo spiega la variegata composizione antropologica ed etnica della regione. La sua storia è caratterizzata da un continuo mutar di confini a causa delle numerose invasioni, delle guerre dovute alle mire espansionistiche delle signorie locali e delle ripercussioni dei grandi conflitti europei come quello tra Impero e Papato.

Lasciamo da parte le popolazioni illiriche ed i Pelasgi, che hanno certamente contribuito al nostro sostrato etnico, linguistico e culturale, e cominciamo dagli Umbri, popolazione italica. In origine essi occupavano tutta l’Italia centro-meridionale e quindi anche tutte le Marche, poi arrivarono i Piceni, (divisi in Picentes a sud, di origine italica o comunque indoeuropea, e Picenes a nord, forse pre-indoeuropei, di cui non si conoscono con certezza le sedi di provenienza; la loro cultura eclettica ha lasciato alte testimonianze tra il Foglia e il Pescara, ma ne troviamo tracce anche nella Romagna meridionale; si vedano in particolare le civiltà di Novilara e di Fermo). Essi si insediarono nelle Marche per cui, a partire dal III° sec. a C. il territorio marchigiano fu detto Piceno. Il Piceno si estendeva dal fiume Esino fino a Teramo.

Con la divisione adottata da Augusto il Piceno costituì la regio V°, mentre l’Umbria costituì la regio VI°. Bisogna però precisare che la parte nord delle Marche comprendente Urbino, Pesaro e Rimini faceva parte dell’Umbria (rientrava cioè nella regio VI°) e non del Piceno. L’Umbria si estendeva infatti fino alla zona etrusca di Spina.

Questa situazione venne temporaneamente modificata nel III° sec. a.C. con l’arrivo dei Galli Sènoni che occuparono le Marche del nord spingendosi poco oltre il fiume Esino e fondando Senigallia (a questi Galli dobbiamo le parole: Apsa, braghe, benna, brega, buiòl, ecc.).

Quest’ultima vicenda ci interessa da vicino, perché oggigiorno gli studiosi prendono l’Esino come confine tra i dialetti italiani settentrionali e quelli meridionali: i dialetti di Urbino, Pesaro, Fano, e Senigallia con le loro parole tronche (magnè, fè, pertichè, avé, ecc.), l’evoluzione di /a/ verso /è/ (el pèn, la chèsa, le mèn, ecc.) e la caduta delle vocali atone (figur’te, mand’le, mett’le, st’mana, d’man, b’sogna, v’dutta, ecc.) rientrano come tutti i dialetti del nord nel territorio d’influsso gallico e appartengono quindi all’area dialettale italiana settentrionale. Dall’Esino in giù cominciano i dialetti meridionali caratterizzati soprattutto dall’assimilazione di certi nessi consonantici (granne, quanno, sammuco, lu munnu, annamo, me domanno, ecc.). Linguisticamente quindi gli urbinati, col loro dialetto di sostrato umbro e di superstrato gallico e poi latino, non sono marchigiani.

In ogni caso l’Esino viene preso simbolicamente come il confine tra il nord e il sud delle Marche in tutti i sensi: linguistico, politico, amministrativo, storico, ecc.

Dopo i Galli arrivarono i Romani che sottomisero tutto il territorio. Urbino fu eletta a municipium nel 46 a.C.

Nel tardo impero (292 d.C.) la parte nord-est dell’Umbria venne staccata e incorporata nella provincia romana Aemilia et Picenum. Sotto Diocleziano la zona nord delle Marche formò insieme all’Umbria la circoscrizione Flaminia et Picenum Annonarium (dall’Esino al Foglia), mentre la rimanente parte della regione rientrò nel Picenum Suburbicarium (dal Salino all’Esino), così detto perché più vicino a Roma.

Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 e le prime invasioni barbariche le Marche divennero terreno di contesa tra gli invasori germanici e le truppe bizantine dell’Impero Romano d’Oriente. Odoacre, re degli Eruli, stabilì a Ravenna il I° regno barbarico in Italia (476-493); a lui subentrò Teodorico, re degli Ostrogoti (493-526), ma nel 540 il grande generale bizantino Belisario, inviato dall’imperatore Giustiniano, riconquistò tutto il territorio e costituì l’Esarcato di Ravenna che divenne la capitale e il centro amministrativo dei possedimenti bizantini in Italia (Urbino venne assediata e conquistata da Belisario nel 535 o 536). Venne costituita una Pentapoli Marittima che comprendeva Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona ed una Pentapoli “montana” che comprendeva Urbino, Cagli, Fossombrone, Iesi, Osimo e Gubbio. Le Marche a sud di Ancona erano fuori dell’Esarcato.

Poi nel 568 arrivarono in Italia i Longobardi che ebbero buon giuoco, perché Bisanzio aveva lasciato militarmente sguarnito l’Esarcato (Urbino fu assediata e occupata dai Longobardi all’incirca nel 570-2). La loro dominazione durò due secoli e terminò nel 774. Essi occuparono la parte sud delle Marche, associandola al Ducato di Spoleto e fondarono i Ducati di Ancona, Osimo e Fermo. La parte nord delle Marche fino al fiume Esino, quindi anche Urbino, rimase dominio bizantino.

Della lingua longobarda i dialetti italiani e l’italiano stesso portano abbondanti tracce (strons, sturza, stols, sgrigna, truogol, Guald, magon, sparagnè, guadagnè, visciola, ecc.).

Nel 729 Liutprando, re dei Longobardi, donò al Papa il Castello di Sutri e da questa donazione ebbe inizio il potere temporale della Chiesa.

Ci furono poi avvenimenti importanti per la storia d’Europa, del Papato e anche delle Marche: Carlo Magno, re dei Franchi, nel suo grandioso progetto di costruire un impero che riunisse tutti i popoli cristiani, si era schierato dalla parte della Chiesa di Roma ed aveva combattuto aspramente, sottomesso e convertito i popoli di religione cristiana ariana come i Sassoni ed i Longobardi. D’altra parte la Chiesa di Roma aspirava ad avere un imperatore a capo dell’Europa d’occidente da contrapporre all’Impero Bizantino d’Oriente. Carlo Magno fu infatti incoronato imperatore da Papa Leone III° la notte di Natale a S.Pietro nell’800.

Cosicché quando i Franchi ebbero sconfitto definitivamente i Longobardi, donarono i territori dell’ex-Esarcato (ex-Pentapoli Marittima ed Annonaria) e il resto delle Marche (ex-Piceno) alla Chiesa: la donazione fu fatta da Pipino nel 752 e riconfermata da Carlo Magno nel 774.

E’ così che Urbino per la prima volta entra a far parte dei possedimenti della Chiesa di Roma.

E’ nel X° sec. che la denominazione Piceno riferita alle Marche decade. Nei documenti del X° sec. infatti si comincia ad usare il termine Marca che ha però un valore particolare perché riferito alla Marca di Camerino, poi alla Marca di Fermo e infine alla Marca di  Ancona.

Dopo il crollo dell’Impero Carolingio Ottone I° di Sassonia, per risollevare le sorti dell’occidente, pensò di fondare il Sacro Romano Impero Germanico e, dovendo fronteggiare le velleità e la riottosità dei feudatari, chiamò vescovi e grandi abati ad amministrare il territorio: nacquero così i vescovi-conti. La Chiesa, già valorizzata e potenziata da Carlo Magno, entrava ora massicciamente nella struttura del sistema feudale. Ben presto tuttavia si scatenò la “lotta per le investiture” e in questa fase conflittuale tra Impero e Papato prese l’avvio un movimento di autonomie locali per cui molti centri urbani si costituirono in “liberi comuni” sottraendosi all’autorità imperiale o papale. Barbarossa scese in Italia per restaurare l’autorità imperiale (e soprattutto per non perdere i grossi cespiti che queste città potevano rendergli: aveva bisogno di soldi per far fronte ai potenti feudatari tedeschi). Ma alla fine la situazione si risolse a favore dei comuni che con la pace di Costanza nel 1183 si videro sancita l’autonomia.

Anche Urbino nel XII° secolo divenne libero comune.

Ma i comuni divennero presto teatro di conflitti tra le fazioni interne e per risolvere tale disagio si pensò di ricorrere alle signorie nell’illusione che un signore super partes potesse gestire la cosa pubblica più equamente e a vantaggio di tutte le componenti sociali. Nelle Marche del XIII° sec. le signorie che consolidarono il loro potere furono i Montefeltro a Urbino, i Malatesta da Pesaro a Osimo, i Varano a Camerino, i Chiavelli a Fabriano. A loro si deve lo straordinario sviluppo economico, politico ed artistico di questi centri.

All’inizio del XIII° sec. il Papa Innocenzo III° volle rivendicare i diritti della Chiesa contro l’invadenza dei Marchesi imperiali da una parte e dei liberi comuni dall’altra. Di qui nacquero le lotte tra le fazioni dei Guelfi, sostenitori del Papato e dei Ghibellini, sostenitori dell’Impero.

Urbino perse l’autonomia comunale sotto gli Svevi e fu data in vicariato imperiale da Federico Barbarossa nel 1115, e poi in feudo, ai Montefeltro nel 1213: Buonconte fu il I° signore di Urbino, mentre Oddantonio fu il primo ad essere insignito del titolo di Duca nel 1443 da Papa Eugenio VI°.

Tuttavia le signorie delle Marche avevano finito per limitare fortemente il potere papale per cui la Chiesa, che non si era mai costituita in stato territoriale, verso la metà del ‘300 affidò al Cardinale Egidio Albornoz, politico e capitano espertissimo, il compito di sottomettere all’autorità pontificia tutte le signorie ed i comuni delle Marche. Il Cardinale Albornoz prima ridusse i Montefeltro all’obbedienza poi li cacciò, ma nel 1376 gli urbinati si ribellarono riconoscendo come loro signore Antonio da Montefeltro. Alla fine del secolo tuttavia lo Stato di Urbino venne reso vassallo della Chiesa ed i Montefeltro furono nominati Vicari pontifici, titolo che avrà ripercussioni determinanti sui problemi di successione (a ricordo di tutta la vicenda agli urbinati rimane la Fortezza Albornoz). Con il ripristino dell’autorità papale anche nel nord delle Marche saranno proprio le Costituzioni Egidiane promulgate, come dice il nome stesso, dal Cardinale Egidio Albornoz nel 1357, che rimasero in vigore fino al 1815, a dare alle Marche un assetto politico-amministrativo che anticipa la fisionomia che la regione attualmente ha.

Dopo le temporanee incursioni di Francesco Sforza e del Valentino e le lotte tra le signorie dei Montefeltro (Urbino), dei Malatesta (Fano e Pesaro), dei Varano (Camerino) nel XV° sec. la regione fu pacificata e retta da cardinali legati.

Nel 1538 lo Stato della Chiesa acquisisce il territorio di Fermo e nel 1539, estinti i Varano, il territorio di Camerino.

Con Francesco Maria II° Della Rovere, ultimo esponente del casato, avvenne la devoluzione del Ducato di Urbino alla Chiesa nel 1631, cosìcchè di fatto Urbino entrò a far parte dei possedimenti pontifici che ormai andavano sotto il nome di Marche.

Dopo la campagna di Napoleone in Italia (Urbino venne occupata dalle truppe francesi nel 1797) le Marche, sottratte temporaneamente allo Stato Pontificio e incorporate nel Regno d’Italia nel 1808, vennero recuperate dalla Chiesa nel 1815 e da quella data in poi la denominazione Marche rimase stabile e definitiva.

Nel 1860, dopo la sconfitta dell’esercito pontificio a Castelfidardo da parte delle truppe regie di Vittorio Emanuele II° guidate dal generale Cialdini, alle Marche fu applicato, con gli efficaci interventi del Commissario Lorenzo Valerio, l’ordinamento civile del regno unito e fu così che le Marche da possedimento pontificio divennero una regione del Regno d’Italia.

 

 

NOTA DIALETTOLOGICA

 

Le Marche non hanno un sistema dialettale regionale unitario. Tale mancanza di unitarietà si spiega in tanti modi: la configurazione territoriale, i contatti ed i movimenti demografici, le vicende storiche, gli sviluppi culturali ecc. La posizione delle Marche è infatti caratterizzata da tre diversi assi direzionali che hanno finito per determinare la situazione attuale: quello verso il tipo dialettale romagnolo a nord; quello verso il tipo dialettale umbro-laziale al centro e quello verso il tipo dialettale abruzzese a sud. Come considerazione di fondo che può aiutarci a spiegare tale situazione, va detto che le Marche hanno raggiunto una unità politica e amministrativa molto tardi e non hanno mai avuto un polo linguistico e culturale dal quale potesse irradiare ed imporsi un modello dialettale.

 

Classificazione delle aree dialettali marchigiane sulla base delle vie di penetrazione del latino (quattro aree di cui due accorpabili):

 

1)      Via Flaminia, passo della Scheggia, valle del Metauro fino a Fano, su sostrato

      umbro e penetrazione fra genti galliche o popolazioni che avevano assimilato

      la lingua dei Galli Sènoni (i dialetti di quest’area, alla quale appartiene anche

      quello urbinate, si ricollegano a quelli romagnoli);

2)a Via Flaminia, passo di Fossato, fino a Fabriano, Jesi e le coste dell’Esino e

      penetrazione fra genti galliche o gallicizzate  e picene (l’influsso gallico è

      presente soltanto nella zona della costa fino a nord di Ancona, mentre all’interno

      rimane forte l’impasto umbro-latino; i dialetti di quest’area sono la

      prosecuzione di quelli dell’Umbria);

2)b Via Flaminia attraverso Foligno verso Nocera Umbra e nelle valli del Potenza

      e del Chienti fino al mare e nella zona da Ancona a Porto S.Giorgio;

1)      Via Salaria fino al mare costeggiando il Tronto che fa da confine con il

      Teramano, ma che non ha impedito l’infiltrazione di elementi abruzzesi (tale

      area è completamente libera da influenze gallo-italiche).

 

La zona centrale delle Marche (2a + 2b) con Macerata, Ancona e la parte sud della Provincia di Ancona costituisce l’area più arcaica e più conservatrice dell’apporto del latino e dei dialetti transappenninici umbro-laziali.

 

 

      SCHEDA TOPONOMASTICA

 

Volendo ora affrontare il problema terminologico diciamo subito che la denominazione Marche, che è stabilmente in uso dal 1815 - da quando cioè le Marche vennero restituite alla Chiesa con la dissoluzione del Regno Italico - “designa un insieme di diverse aree amministrative che hanno partecipato ad eventi comuni e che un processo storico ha unificato”.

Lo stesso nome Marche è una storia tutta da raccontare. Deriva dal germanico marka che indicava un “segno di confine”, di solito tracciato sugli alberi. Probabilmente è stato introdotto in Italia dai Longobardi, ma lo si ritrova in tutte le lingue europee dove è stato diffuso dalle varie popolazioni barbariche germaniche che hanno scorazzato un po’ per tutta Europa. Da “segno di confine” è passato poi ad indicare “un territorio o contea di confine” militarmente più dotato rispetto ad una normale contea, perché aveva il compito di provvedere alla difesa dei confini. E’ infatti con questo significato che il termine marca viene adottato in tutto l’impero germanico.

Per quel che ci riguarda, il termine Marca venne dapprima applicato a Fermo e Camerino che erano territori di confine del Ducato di Spoleto costituito dai Longobardi; in seguito il termine venne esteso anche alla Marca di Ancona.

Quei capitani che venivano inviati coi loro soldati a guardare le marche di confine furono quindi detti marchesi. Essi avevano maggior potere e prestigio dei conti che reggevano una normale contea (se ne ha oggi un riflesso nella scala gerarchica nobiliare: conte, marchese, duca, principe, ecc. – marchese, sia detto per inciso, è l’unico termine nobiliare di origine germanica).

Da marca nasce poi il termine marchigiano per “abitante della marca” che compare per la prima volta nel 1294 negli scritti di Guittone, mentre la forma marchisciano è anteriore ed è attestata già alla fine del se.XII° e la forma marchesiano addirittura in un documento latino del 1172.

Esisteva poi la variante marchiano, cioè della “Marchia (= marca) di Ancona” che ha poi assunto il significato odierno di “madornale”, “spropositato”. Sul perché di questo slittamento di significato si sono scervellati vari studiosi e tra le varie ipotesi fatte le due più interessanti, curiose e credibili, a patto poi di optare per l’una o per l’altra, sono le seguenti:

1)      era cosa ben nota che la Marca di Ancona fosse “a maraviglia fornita d’asini”, per cui i

      marchigiani o marchiani erano ritenuti dei sempliciotti sempre  soggetti “a combinarne delle

      grosse”;

2)      come testimonia S.Bernardino da Siena (1427) le Marche erano famose anche per le celebri e “grossissime” saragie (= cerase) marchiane, qualcosa quindi di “spropositato”.

A questo punto, messa da parte la questione linguistica, ci permettiamo una ulteriore riflessione: per lungo tempo nei secoli passati quando si diceva marchigiano ci si riferiva generalmente alla Marca di Ancona, perché era diventata più importante delle altre due Marche per cui, si tranquillizzino gli urbinati, il detto romano “Meglio un morto in casa che un marchigiano alla porta” si riferiva non a loro bensì agli anconetani.

A conclusione del nostro discorso non possiamo fare a meno di ricordare che gli urbinati non sono del tutto immuni da “velleità secessionistiche”: negli anni passati, sotto l’onda del tumultuoso sviluppo turistico-commerciale della costa romagnola e del mito della buona amministrazione, si auspicava una unione con la Romagna e più recentemente invece, secondo precisi e concreti progetti turistico-culturali, si proponeva una unione con Gubbio (di nuovo l’Umbria !), e questa volta forse con maggior convinzione. Sarebbe veramente un ritorno alle origini !

In definitiva Urbino, possedimento umbro in origine, poi municipio romano sempre di area umbra, assorbito nell’area dell’Esarcato bizantino (Chiesa d’Oriente) passata successivamente nella sfera di influenza della Chiesa di Roma, in seguito libero comune e signoria indipendente sotto l’egida ora imperiale, ora papale, entrò a far parte delle Marche (possedimento papale così denominato ufficialmente a partire dal 1815) con la devoluzione del Ducato da parte di Francesco Maria II° allo Stato Pontificio nel 1631.

I dati che abbiamo accumulato ci presentano quindi una situazione controversa e paradossale: per tante ragioni il territorio urbinate è stato omologato alle Marche pur avendo una fisionomia che lo distingue nettamente dal resto della regione e senza che gli urbinati manifestassero un’aperta vocazione all’annessione, dall’altro lato, invece, c’è un  cordone ombelicale storico-culturale che ha sempre legato Urbino all’Umbria e alla Toscana. Questa situazione ha sicuramente contribuito a creare un certo disorientamento fra la gente, ma è chiaro che la ragione vera del equivoco sta nella mancanza di una solida e sistematica conoscenza della nostra storia. Ragione di più per invitare gli italiani (e gli aficionados stranieri) a coltivare la memoria storica senza la quale ogni identità viene annullata.

 

 

 

Saremo lieti di accogliere nel nostro sito pareri ed argomentazioni che possano arricchire e rendere più completa e stimolante questa nostra proposta d’indagine.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

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Balducci Sanzio, I dialetti della Provincia di Pesaro e Urbino, Amministrazione Provinciale di Pesaro e Urbino, 1984

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