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Attilio  Fini

POESIE IN DIALETTO & INDAGINI DI COSTUME

 

La refezione e il patronato

Questua carnevalesca

 

Mode alternative

FUNEBRE.- Ogni giocatore posizionava il proprio "tiro" in un punto dello spazio-gioco a piacere. Aveva il diritto a tirare per primo il più lontano dalle palline.

ANDA - Come Funebre, con la differenza che la pallina anziché venire posizionata in un punto a piacere, veniva tirata da dietro le palline.

INTORNO - L'ultimo giocatore delle due mode precedenti aveva il vantaggio di valutare la situazione, e poteva decidere di stare intorno, cioè ad un palmo circa dalle palline, avendo quindi la possibilità di colpirne il più possibile, delle eventuali restanti dopo i tiri degli altri.

 

La refezione e il patronato

Solitamente le partite a palline si svolgevano nello spazio di tempo che andava dall'uscita delle lezioni e l'inizio della "refezione scolastica", ambita mensa offerta dal patronato ai bambini, le cui famiglie erano iscritte nell'elenco dei poveri del comune. La prova dell'iscrizione era data dal possesso di una tessera di colore nero con stampato all'interno il certificato di stato di famiglia. Possedere la tessera non era discriminante, in quanto la maggioranza delle famiglie viveva (con dignità)  alle  soglie della miseria. Quasi tutti i bambini della città si ritrovavano quindi alla refezione.

Nell'attesa che il pasto venisse distribuito, il maestro organizzava dei momenti di intrattenimento, facendo esibire i bambini disponibili nella recitazione di poesie, o cantando canzoni di vario genere.

Personalmente ebbi un momento di gloria, ero infatti il più applaudito quando mio esibivo con un pesante microfono in mano, cantando canzoni e imitando l'allora astro nascente Adriano Celentano detto "il Molleggiato". Il cavallo di battaglia del mio repertorio era una canzone dal titolo "Il ribelle", un rock scatenato che mandava n visibilio la platea dei piccoli mangiatori.

Per questa mia disponibilità avevo un'attenzione particolare da parte della "Teresa", la cuoca distributrice, che ripassava più volte con la fumante minestra a riempire il mio piatto. Ai bambini in possesso della brutta tessera nera, veniva garantito il diritto allo studio, anche attraverso altre iniziative. All'inizio dell'anno scolastico il direttore didattico consegnava a tutti del materiale che doveva essere, diceva lui, (con una serietà che quasi spaventava) usato con attenzione e parsimonia. Il materiale era costituito dai seguenti oggetti: due matite già temperate cori gomma da cancellare incorporata, un temperino, due cannelli e otto pennini, quattro quaderni, due a quadretti e due a righe, con la caratteristica copertina nera e le pagine bordate in rosso, sei matite colorate Giotto per l'educazione artistica.

Dopo aver ricevuto una ulteriore raccomandazione per un uso razionale del materiale, lo infilavamo nelle nostre cartelle finto cuoio, il più delle volte rattoppate perché avute in eredità dai fratelli maggiori, e tornavamo a casa soddisfatti.

A casa si raccomandavano di comportarsi bene, ma soprattutto di salutare con rispetto il caro direttore per la bontà dimostrata.

 

Periodo di interruzione del gioco

Carnevale per il "Ciccol-ciccol

Questua carnevalesca

Durante la settimana di carnevale era d'obbligo interrompere il gioco delle palline per dedicarsi completamente al tradizionale "Ciccol-ciccol".

II "Ciccol-ciccol" era una sorta di questua fatta casa per casa, da quasi tutti i bambini, che oltre al guadagno, si divertivano mascherandosi. Per la scelta dei costumi vi erano poche alternative, di solito i maschi si vestivano da donna e viceversa, la maschera era per tutti la stessa, veniva infatti ritagliata con precisione dalle copertine nere dei quaderni del patronato scolastico.

I bambini dividendosi in gruppi di due o tre ed orientandosi in punti diversi della città, bussavano nelle case, recitando una nenia di origine contadina, ma riproposta fedelmente dai bambini di città, anche se le offerte anziché essere in natura erano in denaro.

Sandro era il mio compagno di giro, bambino, molto scaltro, bussava infatti a tutte le porte senza nessun timore.

Fu lui infatti che ebbe il coraggio di bussare in un austero portone signorile, che ci aveva sempre intimoriti per non essere mai riusciti a sapere chi ne fosse il proprietario.

Si affacciò dalla finestra del secondo piano una anziana signora dall'aspetto gentile, abbondantemente agghindata da orecchini e collane, con voce dolce ci disse di attendere perché aveva una sorpresa per noi.

Un minuto dopo si affacciò facendo scendere lentamente un cestino colorato che normalmente si usava per ricevere la posta, quando il cesto fu alla nostra altezza notammo due pacchetti al suo interno, uno dei quali piccolissimo, la vecchina ci suggerì di dividere tutto in parti uguali. A quel punto si pensava ad un regalo di particolare valore, scartammo allora con emozione i pacchettini.

Delusione! Dovemmo dividerci infatti una cresciola (tipico dolce di Carnevale) e due monetine da una lira. Perdemmo ulteriormente la fiducia nei ricchi pensando con orgoglio alla nostra brutta tessera nera comunale.

In una giornata si riusciva a raccogliere mediamente dalle 400 alle 500 lire, una discreta somma, parte della quale veniva consegnata ai genitori per l'acquisto di beni di prima necessità.

In alcune famiglie particolarmente disagiate e con numerosi figli la "questua" si protraeva per tutta la settimana di Carnevale.

Questa entrata straordinaria permetteva di aumentare per un breve periodo il magro bilancio familiare.