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Attilio  Fini

POESIE IN DIALETTO & INDAGINI DI COSTUME

 

Bagnarola multipla

 

Anche la meteorologia era determinante per il gioco delle palline. Nei giorni piovosi il campo da gioco era invaso d'acqua. L'unico spazio alternativo era il muretto sopraelevato che correva lungo il perimetro del Palazzo Ducale. Si organizzavano percorsi, gara da compiere con le palline evitando la caduta nella pavimentazione sottostante, pena l'esclusione dal gioco.

Bagnarola multipla

La pioggia per i bambini, era dunque un impedimento al gioco, e quindi non era ben accetta, al contrario per le famiglie era una soluzione ai gravi disagi creati dalla mancanza di acqua per lunghi periodi dell'anno.

L'acqua non era soggetta ad alcuna tassazione, anche perché la maggioranza delle famiglie era sprovvista del servizio all'interno dell'abitazione. L'approvvigionamento infatti avveniva quasi esclusivamente in rubinetti pubblici o fonti.

Nel mio condominio eravamo tutti sprovvisti di acqua in casa, che veniva prelevata nella fontanella del cortile sottostante. II cortiletto era quindi molto frequentato dalle donne che portavano in una mano un secchio zincato per l'acqua da lavaggio e nell'altra mano un orcio di coccio per acqua da bere. Ogni quindici giorni si faticava tremendamente per riempire la "bagnarola", che serviva a tutta la famiglia per il bagno dei due sabati del mese.

I cinque fratelli della famiglia in ordine di età indipendentemente dal sesso si immergevano a turno nella "bagnarola" contenente sempre la stessa acqua, appena usciti ci si asciugava e immediatamente si veniva cosparsi di abbondante borotalco Roberts in busta verde. Io che ero il più piccolo mi immergevo per ultimo, e questo per me era un vantaggio, poiché potevo rimanere in acqua più tempo degli altri, purtroppo questo vantaggio aveva un prezzo. Essendo l'acqua stata usata da altri quattro prima di me, non era certamente al massimo della limpidezza, la mamma diceva: "È tutta roba nostra, sta sitt e lavte", questo mi rassicurava alquanto, e alla fine tra il borotalco e brillantina ero pronto ad affrontare la giornata di domenica con più sicurezza degli altri giorni.

La fontanella era anche sede di riunioni di bambini per l'espletamento di un importante rito che si ripeteva più volte quotidianamente. Il rito consisteva nella preparazione del "viscì" o idrolitina, tutti infatti aspettavamo ansimanti l'introduzione nella bottiglia della seconda bustina, quella rossa, che determinava la spumeggiante reazione, che per noi aveva il sapore di un esperimento di alta magia. Eravamo inoltre attenti al momento culminante dell'operazione, la veloce azione di chiusura per la parte centrale del palmo della mano, per evitare dannose perdite della deliziosa bevanda. Quando tutto andava alla perfezione non mancavano applausi e grida di gioia.

Qualche problema di approvvigionamento si creava negli inverni particolarmente rigidi.

In questi periodi infatti nell'apertura della fontanella a causa della bassa temperatura si formava un tappo di ghiaccio che impediva la fuoriuscita dell'acqua.

Solitamente il problema veniva risolto dalle nonne, le quali possedevano un recipiente chiamato "scaldino", pieno di brace ricoperta di cenere per mantenere calde le mani, le nonne a turno avvicinavano lo scaldino al tubo della fontanella e determinavano di nuovo la funzionalità, tornandosene a casa con l'orgoglio di essere state utili a tutta la collettività.

Quando alla fine degli anni '50 venne accettata la domanda per l'assegnazione di un alloggio popolare, ci trasferimmo nella nuova abitazione, alla periferia della città. La cosa che più mi colpì nella nuova casa fu la presenza di ben quattro rubinetti solo per la mia famiglia, due in bagno ed uno in cucina con possibilità di acqua calda e fredda ed uno in lavanderia. In un primo momento la sensazione fu di piacevole meraviglia, ma anche di un inutile spreco, cosa potevamo fare con quattro rubinetti? Due sarebbero stati sufficienti. Ci rassegnammo all'utilità di due rubinetti in bagno, uno in cucina e uno in lavanderia.