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XV°  Concorso  2017

PRELIMINARI

INIZIO PAGINA

Premessa S.Balducci
Introduzione C. Dionigi

Bando

Elenco partecipanti

Verbale e Giudizi
della Giuria

 

Introduzione

Il Presidente della Associazione Pro Urbino Carmen Dionigi
 

L'Associazione Pro Urbino è orgogliosa di poter continuare a mantenere in vita una tradizione nata nel lontano 1998 presentando l'edizione 2015 del volume V'L'ARCONT IN DIALETT con i lavori proposti per il XV Concorso di Poesia Dialettale Urbinate "Renzo de Senili". Nel nostro archivio letterario dialettale sono custodite centinaia di poesie e racconti che, oltre al valore poetico, hanno anche un grande valore storico. Sfogliando le varie edizioni dei volumi possiamo ripercorrere nei lavori presentati i fatti e gli avvenimenti di un periodo storico che va dagli inizi del secolo scorso fino ai giorni nostri. E' nostra intenzione continuare in futuro per non perdere la memoria delle tradizioni sociali e culturali interpretate e raccontate nel nostro dialetto.

 

 

 

Presentazione

 

Il concorso dialettale della Associazione Pro Urbino è sempre vivo

 

La commissione del concorso di Poesia dialettale ha iniziato la sua seduta con un omaggio a Bruna Bernardini, la gentile Bruna, che con noi giudicava negli anni passati le poesie concorrenti.

Poi siamo stati ancora una volta di fronte a chi in qualche modo vuol rendere omaggio al dialetto di Urbino e a qualche dialetto dei dintorni. Sì, vuol cercare la sua personale affermazione, ma si vede chiaramente che più di tutti vale il proprio amore verso il proprio dialetto. Quello che del dialetto è rimasto. Perché soprattutto nello scrivere fa da padrone l’italiano che s’è ormai infiltrato in tutti gli aspetti del dialetto. Veramente il toscano – che ha fatto da padrino all’italiano letterario – s’era incuneato ben per tempo, già nella corte urbinate di fine Quattrocento. E poi chi non ha beccato o pascolato qui dalle nostre parti fino ai recenti anni? Non parlo del metropolita che per solo onore se n’è ito giù a Péser: ma la rocca di San Leo che in pieno giorno ce l’hanno rubata quei di Rimini? Ma volete dar la colpa agli anconesi cioè agli anconetani, tutti intenti a costruire le loro strade, università, porti e aeroporti? Badate: ci manderanno presto in dono e in risarcimento la raffineria di Falconara. E Gubbio che nel 1861 se l’enno sgraffignata quei di Perugia? Forse dite che i nostri caporali si stavano fortemente scaldando su un altro fronte, perché difatti gli anconetani cercavano di pigliarsi Senigallia; anche se i senigalliesi erano e sono mezzi ebrei e mezzi canaglia, quelli di Ancona se li sono insacocciati lo stesso. Ma allora noi dell’entroterra di chi ci dobbiamo fidare? De nisciuno: siamo circondati da latri.

Il dialetto urbinate soffre maledettamente sotto la pressione delle mille sopraffine lingue dei professori dell’università e dei loro allievi; soffre per i bombardamenti delle luccicose paroline televisive impachettate con l’indigesto e sfacciato romanesco. E se qualcuno dei nostri s’azzarda a parlare impastato di dialetto davanti al rettore, al dottore, al prete, all’usciere e a qualunque anima che cammini su due gambe? Giudicato agricola! I romani macché, anche un passo di là dal Brennero.

Allora mi piacciono le poesie di questo concorso, a volte tanto timide o anche presuntuose; ma so che la presunzione finirebbe in vergogna già verso Montecchio. Mi piacciono le canzoni di Duccio Marchi  in dialetto sgangherato d’Urbino. Non è sgangherato Duccio, ma il dialetto d’Urbino che alla chetichella, senza vergognarsene, da un bel pezzo prende o ha dovuto prendere in prestito da tutti: dall’italiano, dai toscani e sempre più dai romagnoli.

Il vecchio concorso però ha la sua vivacità. Non sparate sui pianisti. Guardate piuttosto se in giro ci rubano qualche altro pezzo di terra nostra. Dico bene, Bruna?

 

Urbino, 8 novembre 2015

 

                                                                       Sanzio Balducci

 

 

INIZIO PAGINA

BANDO

Associazione Pro Urbino via S. Domenico 1 – 61029 Urbino

XV CONCORSO DI POESIA DIALETTALE “RENZO DE SCRILLI”

BANDO

 

Art. 1 L’Associazione Pro Urbino con il patrocinio dell’Amm.ne Comunale bandisce la  quindicesima edizione del Concorso di Poesia Dialettale Urbinate articolato nelle seguenti tre sezioni:
a.
   POESIA;
b.
   PROSA drammatica, NARRATIVA e INDAGINI DIALETTALI. La sezione INDAGINI comprende:
     -Raccolta
di filastrocche, ninne nanne, indovinelli e canti tradizionali;
     -Ricerche
storiche sul dialetto;
c.
   POESIE, RACCONTI e FILASTROCCHE dei bambini delle scuole dell’obbligo di Urbino.

Art. 2 Possono partecipare i cittadini nati nei seguenti comuni, anche se residenti altrove: Urbino, Acqualagna, Auditore, Belforte all’Isauro, Borgo Pace, Cagli, Carpegna, Fermignano, Fossombrone, Frontino, Frontone, Lunano, Macerata Feltria, Mercatello sul Metauro, Montecalvo in Foglia, Montefelcino, Peglio, Petriano, Piandimeleto, Pietrarubbia, Piobbico, Sant’Angelo in Vado, Sassocorvaro, Tavoleto, Urbania e Vallefoglia.

Art. 3 È ammesso un massimo di tre testi per concorrente, non necessariamente della stessa categoria. A puro titolo esemplificativo, è possibile presentare 3 poesie; oppure 2 poesie e un racconto; o anche 1 poesia, 1 racconto e 1 indagine, ecc. Sono ammessi testi recenti o meno, sono ammessi anche testi apparsi in stampa, non sono ammessi però testi presentati in precedenti edizioni e testi premiati.

Art. 4 I testi partecipanti dovranno riportare correttamente e chiaramente titoli e nome, cognome e recapito (anche telefonico) del concorrente, e in calce una dichiarazione di conformità alle richieste dell’Art. 3.

Art. 5 I concorrenti dovranno inviare i testi entro e non oltre il 30 settembre 2015, preferibilmente via e-mail agli indirizzi mgianotti@alice.it michele.gianotti@gmail.com aprourbino@gmail.com oppure consegnarli a mano o inviarli per posta raccomandata (farà fede il timbro postale) alla sede di via S. Domenico 1. I testi consegnati a mano o inviati per posta dovranno essere in numero di cinque copie identiche ciascuno.

Art. 6 I lavori presentati non saranno in alcun modo restituiti e resteranno di proprietà della Pro Urbino che avrà facoltà di pubblicazione. La partecipazione al Premio è assolutamente gratuita.

Art. La giuria, la cui composizione sarà resa nota solo nel verbale finale, stilerà la graduatoria di vincitori e segnalati. Le sue decisioni sono inappellabili ed insindacabili. Ai primi classificati delle sezioni a, b, e c verrà corrisposto un premio; ai segnalati verranno consegnati attestati di merito con una motivazione; a tutti i concorrenti verrà dato un attestato di partecipazione.

Art. 8 La cerimonia  di premiazione avverrà nell’ambito delle manifestazioni natalizie, nelle settimane precedenti il Natale, e ne verrà data comunicazione preventivamente a tutti i partecipanti. In occasione dell’evento, sarà presentato anche il volume che raccoglierà tutti testi partecipanti, immagini storiche e un’antologia di testi dialettali: ai concorrenti che si dimostreranno in regola con l’iscrizione alla Pro Urbino per l’anno corrente, verrà donata una copia della pubblicazione.
Si
ricorda che la quota di iscrizione 2015 è di 20,00, da versare sul Cc. Bancario 180173 intestato a: Associazione Pro Urbino, BCC Metauro (IBAN IT14R08700 68701 000100 180173) oppure da pagare direttamente presso la sede in via S. Domenico 1, controllando preventivamente la presenza di un addetto tramite la chiamata al num. 0722 322721 o contattando Attilio Fini al num. 338 8434973.

Art. 9    Alla consegna dei testi, si intendono accettati tutti i nove articoli del presente bando.

La presidente Carmen Dionigi

 

CONCORRENTI:   POESIA

 

Ambrogiani Anna Rita

 

 

 

El caciatore mattiniero

El paesagg

L'eclissi del sol

Arcangeli Massimo

 

Miragg d'agost

Bernini Arturo

 

 

 

Tra ricord e realtà

Un cuncinin de storia 1

Un cuncinin de storia 2

Capellacci Anna Maria

 

La vita

Cecconi Matteo

 

La gent ch' c'è in gir

 

Corbucci Giorgio

 

 

I fiumi di Urbino

Sportività_ver1

Fraternale Egisto

 

Poesia poc'allegra

Valentin

Gaudenzi Roberto

 

 

 

Le moj

Ho giochèt tla nazionel

La casetta dla posta

Luslini Oliviero

 

El salut

Mancini Zanchi Stefano

 

Finestra galeotta

Mariotti Stefania

 

 

 

L'estat vola

E'fatt l'obbligh

I torricin liberati

Pambianchi Giuliana

 

La laurea de Eros

Quieti Ines

 

 

 

Le ceres

La mi ma'

Per Carla

Ranocchi Giuseppina

 

 

Gentil è...

L'amicizia

Ruggeri Gianfranca

 

 

El cellular

La mania

Smargiassi Stefano

 

 

Gentil è poesia

L'aria tla pansa

Speranzini Giorgio

 

El girarost

Spaccazocchi Maria Teresa

 

 

El pensier

Rinascita

Volponi Massimo

 

 

La campana

Fioj e poij

 

 

CONCORRENTI:   PROSA

 

Arcangeli Massimo

Ordin fals

Capellacci Anna Maria

I calsolar d'Urbin

Mancini Zanchi Stefano

E tanti Salutt

Ruggeri Gianfranca

M'arcod cla volta

 

 

PARTE ANTOLOGICA

Busignani Bramante, Tino

Biografia

Presentazione

Brani da "Amarsi ad Urbino"

Poesie in dialetto

Ambrogiani Anna Rita

Le parole

Nott fonda

Pora Italia

Volponi Giovanni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Verbale della Commissione giudicatrice del XVI Concorso di Poesia Dialettale
"Renzo De Scrilli"

Il giorno 27 Settembre 2016 nella sede dell'Associazione Pro Urbino in Urbino, via San Domenico 1, si è riunita alle ore 15.30 la Commissione giudicante del XVI Concorso di poesia dialettale urbinate "Renzo De Scrilli" per prendere in esame le opere inviate a concorso e formulare le graduatorie. La Commissione è composta da Sanzio Balducci, presidente, Michele Gianotti, segretario, Francesco Duranti, Davide Mascioli e Amleto Santoriello.
Ricordati i criteri generali stabiliti dalle norme del concorso, esaminati i testi ed espresse le valutazioni, la Commissione ha deciso quanto segue:

Premio per la poesia:
1° Classificato: Oliviero Luslini con Per Urbin
2° Classificato: Massimo Volponi con Palon e merenda


Segnalati per la poesia a pari merito:
- Anna Rita Ambrogiani con En me cnosc nisciun
- Stefano Mancini Zanchi con I ricord!!!
- Maria Teresa Spaccazocchi con Segreti

Premio per la prosa:
Vincitore unico: Arturo Bernini con Cum erne le fest di Ricch Sgnor pió de stant'ann fa

In allegato vi saranno le motivazioni che hanno portato alla scelta di vincitori e segnalati.
Alle ore 17.30 si chiude la riunione.
In fede,
Letto e sottoscritto da: Sanzio Balducci, presidente, Michele Gianotti, segretario, Francesco Duranti, Davide Mascioli e Amleto Santoriello
 

Giudizi approvati dalla Giuria:

Oliviero Luslini, poesia,  Per Urbin

Con pochi brevi versi, un dialetto dolce, Luslini, che si dice in cammino, riesce a costruire un'immagine minima, eppure inconfondibile dell'Urbino della sua infanzia, con appena le parole: “viculin”, “tapp” e “palin” usate come veloci tratteggi; un'immagine che si fa in un attimo desolata quando si scontra con la constatazione dell'attuale scomparsa di quell'atmosfera, per cui si arriva al finale paradossale in cui “en c'è manca piò i gatt”.

Quasi un'invettiva, ma giocata con un'ironia tutta urbinate per cui il contraltare dell'immagine di Urbino “da pcin” arriva ad esserne un'altra, desolata, e probabilmente specchio del poeta ormai in altra età. (Davide Mascioli)

 

Arturo Bernini, racconto, Cum erne piò de stant'ann fa le fest di ricch sgnor

Il racconto narra la preparazione delle festività natalizie nelle case dei signori di un tempo. L'episodio, un'occasione di lavoro per la madre, è motivo per descrivere la cucina dei signori in cui si svolge la preparazione dei cibi natalizi e le differenze tra i signori e i non signori. Una sera d'inverno, la madre dell’autore comunica al padre che sarebbe andata a lavorare a casa di alcuni signori per la preparazione dei cibi di Natale in quanto le mogli dei contadini erano dovute tornare a casa per la neve. La signora porta con se il figlio, profondamente colpito da quella realtà che descrive minuziosamente, offrendo così a chi legge un perfetto quadro di una cucina aristocratica del secolo scorso; i due partono la mattina presto, era molto freddo, il cielo scuro...'plava'! Finalmente madre e figlio arrivano al portone dove apre la governante; camminano fino alla cucina che colpisce tanto il piccolo Bernini: il lampadario, la mattra e la “vetrina granda” con tutto l'occorrente, dalle “tvai”, ai  “tigam de cocc”, le “bucalett”, le”pasarol de vinch”, i “filett de pan invrichiati ti mantil”, tutti particolari che fanno notare la differenza di stile di vita tra i più e i meno benestanti. La cucina era già occupata da donne indaffarate accorse dalla campagna, venute per fare i cappelletti, pasta un tempo limitata alle case dei signori; aiutate dai mariti, portano “la robba da magné sa i canestre” perche c'era la neve e, finita la giornata, dormono nell'appartamento della governante perché la neve e il freddo non permettevano il ritorno; addirittura in Cesana qualcuno scomparve e morì tra la bufera. L'indomani, il fattore dei padroni avvisa le donne che la “luppa” già era in movimento per far la rotta ai postali di linea e le signore fann ritorno a casa. Subito si sottintende la realtà più povera, molto diversa da quella prima descritta, una casa spoglia, una cucina modesta e le preoccupazioni con cui si chiude il componimento. Il racconto è scritto di getto, con l'immediatezza data dallo stupore di un bambino che, vedendo la differenza tra la sua e quella realtà, coglie ogni minimo dettaglio e nel narrare la descrizione minuziosa dell'ambiente e delle donne al lavoro. I molti particolari che descrivono gli abiti, gli utensili e tutto il necessario in cucina, lasciano emergere un particolare sentimento, non solo di meraviglia, ma anche di interesse nell'individuare il dettaglio che faceva la differenza. Un quadro storico dell'Italia della prima metà del Novecento, della Urbino benestante dell'epoca e della gente al lavoro tra la quotidiana fatica e l'incertezza dal domani. .(Francesco Duranti)

 

Massimo Volponi, poesia, Palon e merenda

 Palon e Merenda è il racconto spontaneo di un quadretto pomeridiano di alcuni nipoti e la nonna, gli uni all'inizio della vita, l'altra abbastanza avanti negli anni; l'attività domestica pomeridiana della donna, dedita alla casa,  è quella di scardassare la lana, pratica un tempo usuale durante la bella stagione, mentre l'occupazione dei bambini è quella di divertirsi  giocando a pallone con gli amichetti sotto casa. Il pomeriggio è il momento della merenda - la cui preparazione distoglie la nonna dallo scardassare - la tradizionale e sana merenda di un tempo: pane, olio e sale;  la gioia dei bambini in quel significativo gesto di semplicità è evidente: il panino in mano e, correndo, un calcio al pallone tra le grida spensierate dei bambini del quartiere. Una scena semplice, quotidiana, che fa riflettere l'anziana donna sullo scorrere del tempo: la giovinezza bella, breve, caduca e veloce è da lei ricordata in uno sguardo d'affetto verso la squadra di quartiere. Il ritorno in casa dei nipoti  interrompe il pensiero e riconduce tutto alla gioia e alla felicità che devono continuare e perpetrarsi nel tempo producendo il loro positivo effetto e, come per rendere eterno questo sentimento, i nipoti domandano il secondo panino! Tutto è veloce, rapido, svolto in pochi minuti: un panino veloce, una corsa sulle scale, una corsa sulla strada con l'incontro tra i bambini, un pallone e un breve pensiero di meditazione sulla bellezza di quella scena per la quale la nonna, per preparare il panino e per mirare dall'alto, interrompe le sue faccende. Immediatezza che ritroviamo anche nei versi che subito comunicano gioia e voglia di vivere sereni. La poesia e il dialetto, sono inoltre in grado di delineare un perfetto “quadro di quartiere” che, fino a non troppi anni fa, era possibile ammirare tra i vicoli e le piazzette di Urbino quando ancora le famiglie abitavano e coloravano di quotidiano gli angoli della città.(Francesco Duranti)

 

Anna Rita Ambrogiani. poesia, En me cnosc nisciun

 Tre coppie di versi a rima baciata, incastonati in due terzine. Il testo, composto da parole tratte dal lessico quotidiano, costruisce l'immagine stessa dell'anima dell'autrice che, proprio nel momento in cui sente perdersi, scomparire, ritrova ancora una certa corporalità, benché rappresentata appena da " 'na caressa de vent”.(Davide Mascioli)

 

Stefano Mancini Zanchi, poesia,  I Ricord

 Il componimento tratta il tema tradizionale del ricordo, del segno che lascia nell'interiorità di ognuno un episodio, un incontro, una storia; i ricordi, in quanto tali, aumentano col passare dei giorni e l'esperienza insegna che tutti hanno necessità di essere conservati e custoditi nello scrigno dei preziosi e da questo emerge nell'autore l'esigenza “d'acoi so” per non perderli, per non sfumarli, per poterli rivivere, forse per tramandarli. L’arduo compito diventa una “pena” e  quindi ecco emergere la buona idea di conservarli tutti,“sia chi più bei com pur chi piò balord”, senza mai separarsene in questa vita per poi portarli con se la dove il tempo cesserà di esistere. I versi sono carichi di freschezza, di spontaneità e la loro naturalezza permette a chi legge di immedesimarsi nell'autore collocando le scene dei propri ricordi come perle preziose nel filo della propria storia e diventano in grado di gustare ogni attimo del proprio passato che riacquista valore nel presente. Il non certo nuovo tema del tempo, coi suoi ricordi, è qui espresso ed elaborato in maniera lineare, fuori da ogni patetismo, e il dialetto, con la sua spontaneità e immediatezza, conferisce un carattere leggero e piacevole all'intero componimento. .(Francesco Duranti)

 

Maria Teresa Spaccazocchi, poesia, Segreti

Il testo della poesia presenta un andamento apparentemente irregolare. L’assenza della rima in fondo ai versi non nega però un certo ritmo giocato su assonanze e rime con parole interne agli stessi versi: “ment”/”vent”, “non fè”/”malè”. Il verso libero del componimento è inquadrato in due strofe di sette versi con un ottavo verso finale e in una serie di tre coppie di versi che hanno il secondo verso di ogni coppia a rimare invece fra loro: “fermè/sa fè/ sofiè.

L’autrice coglie, in un momento di riflessione personale, la difficoltà di leggere il senso di pensieri e segreti che arrivano a toccare la propria anima: la difficoltà è dettata da un vento che ne compromette l'ascolto. Ma proprio nel momento in cui cala quel vento, quella voce si fa chiara, inconfondibile, commovente, da provocare lacrime negli occhi al cospetto di una quercia che si staglia davanti all’autrice: la quercia è il simbolo della “Verità”, di quella “Verità” rivelata che fa tremare. Nell’attestazione della debolezza umana al cospetto di una verità maggiore, la preghiera non si volge alla “Verità”, ma a un'umanissima fuga, un cedimento simile all'invocazione del Cristo in croce che chiede “perché” al Padre. (Davide Mascioli)