Mostra Internazionale del Nuovo Cinema
Pesaro FilmFest
40 anni: 1965-2005
Com Stampa Pesaro n°1
PESARO CONFERENZA STAMPA LOCALE
INIZIANO LE DANZE. La 41esima Mostra Internazionale del Nuovo Cinema approda finalmente a Pesaro, suo "luogo dello spirito" di elezione e, ormai, di sicura e reciproca appartenenza. Da domani, sabato 25 giugno, a domenica 3 luglio si succederanno, come da programma anticipato lunedì 20 giugno a Roma, proiezioni di film, dibattiti, incontri e tavole rotonde, presentazioni di libri e di dvd, eventi legati al mondo del cinema e, marcatamente, del "nuovo cinema".
Presentandola alla stampa locale nella prestigiosa sede delle industrie Della Rovere di proprietà della famiglia Forni, il Sindaco di Pesaro Luca Ceriscioli ha infatti sottolineato "il sentimento sempre più forte, in termini di stima e rispetto, che nel tempo la città di Pesaro è riuscita a consolidare con la manifestazione cinematografica e viceversa", una peculiarità che vive la sua estrema sintesi nel momento serale del Cinema in Piazza, con la rivivificazione del cinematografo inteso ancora come rito sociale, e che quest'anno è rafforzata ulteriormente dalla presenza, concreta e altamente simbolico, del produttore di cinema Amedeo Pagani. Il Sindaco aggiunge simpaticamente che il programma di questa edizione, vista la massiccia presenza dell'esperienza cinematografica finlandese e visti i recenti avvenimenti successi nel campo della politica estera, potrebbe anche fungere da "momento di recupero della politica culturale nazionalela politica culturale nazionale"". Il Sindaco ha inoltre formalmente promesso di inviare un messaggio di accoglienza da parte di Pesaro alla signora Tarja Halonen, Ministro degli Esteri finlandese recentemente offesasi per il presunto "corteggiamento" del nostro premier.
Il Direttore della Mostra Giovanni Spagnoletti, e in generale tutti gli invitati, insistono sulle qualità precipue e inattaccabili del Pesaro Film Fest: "è un festival non di passerella difficilmente imitabile, che da sempre mira a unire, all'interno di un'arte così complessa e stratificata come è il cinema, il popolo, da cui e per cui è nata, e l'impegno intellettuale della ricerca, tuttavia orientata non soltanto verso i cinefili e gli addetti ai lavori". Del resto, la Mostra, che ha tra gli scopi ultimi quello di "contribuire in maniera attiva a togliere il cinema italiano dalle secche artistiche, produttive e distributive in cui si trova da anni" come puntualizza Spagnoletti, rimane in Italia, in termini di priorità ministeriali, il festival di cinema più importante dopo quello di Venezia.
PESARO CITTA' E PESARO FESTIVAL DI CINEMA. Ormai ben radicato nella cultura e quindi nella politica del luogo, il Pesaro Film Fest è riconosciuto e sostenuto da una serie di enti e di istituzioni ad alto tasso di localizzazione regionale: la Regione Marche, il Comune di Pesaro, la Provincia di Pesaro Urbino. Come ha ricordato Enzo Pellegrino della Banca Popolare dell'Adriatico, azienda che ha reso possibile l'iniziativa collaterale al festival vero e proprio "L'attimo fuggente", nell'ambito dell'aut-aut di anglosassone memoria "o ti distingui o ti estingui", Pesaro ha semplicemente scelto di distinguersi, fra tutte le città e fra tutti i festival di cinema.
A fianco di questa opera pubblica di mecenatismo, rivestono un ruolo sempre più importante, per quanto riguarda l'aspetto della fiducia e dei finanziamenti/investimenti, gli sponsor privati locali, un ulteriore segno evidente dell'avvicinamento della città al suo festival, e in maniera inversa ma assolutamente reciproca, del festival alla sua città. Come sottolinea Roberto Forni, "patron" della ditta Della Rovere specializzata nello sfruttamento/utilizzo di materiale ligneo, "non è più tempo, almeno per Pesaro e il suo festival, di parlare di «sponsor» ma piuttosto di «partner», un concetto che spazza via i molti pregiudizi mercantilistici reintroducendo immediatamente il carattere industriale, oltreché quello artistico, del cinema, fatto che lo lega ancora più indissolubilmente al lavoro, sia artigianale-artistico che commerciale, della nostra azienda".
Proprio per l'edizione di quest'anno, la ditta Della Rovere ha fatto costruire alcune porte d'ingresso in legno da posizionare nei luoghi strategici di accesso diretto al centro della città e, a breve, verranno installati, lungo il Corso che conduce alla Piazza del Popolo, un bizzarro tappeto composto da fotogrammi di film famosi e, proprio in un angolo della Piazza, una mattonella in stile "Walk of Fame" hollywoodiana con sopra riportare le impronte delle mani di Bellocchio, primo di una lunga serie di artisti che verranno così a decorare e impreziosire con la loro arte il destino della bella Piazza cittadina.
Tale duplice aspetto pesarese - sostegno locale/interesse mondiale, meritorietà artistica e industriale - è quest'anno ulteriormente confermata, e mirabilmente sintetizzata, dalla figura del produttore di cinema Amedeo Pagani, uomo di cultura e capitano di industria di livello mondiale intimamente legato alla piccola realtà di Pesaro, città in cui è vissuto per molti anni e che, secondo le sue parole, lo ha formato e influenzato notevolmente. Ulteriore motivo di attaccamento a Pesaro è, per Pagani, il ricordo del bisnonno paterno Mario Paterni, valente uomo di affari e di cultura che si trasferì a Pesaro per seguire le derive esistenziali dei figli e a cui, ora, è intestata meritoriamente una strada della città.
CONFERME E NOVITA'. Mentre si confermano appuntamenti noti - la terza volta del "progetto di comunicazione" che Pesaro instaura con la Facoltà di Sociologia di Urbino (è la professoressa Leila Mazzoli a ricordarlo), la mostra dei bozzetti preparatori ai film realizzati da Marco Bellocchio stesso, in esposizione permanente durante la Mostra alla Galleria Franca Mancini e comprendente i disegni inediti del nuovo film di Bellocchio Il regista di matrimoni -, spetta a Pierpaolo Loffredo, uno dei responsabili del Comitato Scientifico, introdurre le iniziative più a carattere locale che arricchiranno il catalogo della Mostra. Il primo motivo di orgoglio è la presenza di Gianluigi Toccafondo, uno dei registi di animazione più importanti nel panorama italiano, a cui toccherà inaugurare una personale di illustrazioni e la proiezione (alla Galleria Alidoro) in loop del suo ultimo lavoro, il cortometraggio di sedici minuti La piccola Russia; importante è anche la larga visibilità concessa ad alcuni film della mostra, o ad altre pellicole legate comunque a essa, che verranno proiettati, esternamente a Pesaro, in altri tre comuni della Provincia di Pesaro, nella fattispecie Urbino, Gabicce Mare, Sant'Ippolito; si conferma, invece, "L'attimo fuggente", rassegna dedicata ai cortometraggi legati al territorio; tra le novità di rilievo, infine, si inscrive la campagna che lega internazionalmente la Mostra ad Amnesty International finalizzata alla riduzione massiva del numero di armi presente nel mondo.
Subject: MOSTRA PESARO: il film su Horst Buccholz con gli spezzoni di LA VITA E' BELLA
UFFICIO STAMPA
LA VITA E' BELLA: COME RICORDARE UN PADRE ATTORE ATTRAVERSO IL CINEMA
( E CON GLI SPEZZONI DEL FILM OSCAR DI ROBERTO BENIGNI)
Pesaro, 26 giugno. Presentato alla Berlinale 2005 e ora in concorso a Pesaro , il documentario HORST BUCHHOLZ. MEIN PAPA diretto da Christopher Buchholz (in collaborazione con Sandra Hacker), figlio di Horst e attore a sua volta, è un ritratto, sentimentale e artistico, di un attore taciturno e poco propenso a parlare di sé stesso. Un padre famoso eppure sconosciuto agli occhi del figlio Christopher, il quale tenta dunque di riconciliare le due figure di interprete e di genitore.
Dice, infatti, il figlio: "Mio padre non ha mai amato tanto parlare di sé stesso. Diversamente da altre star della sua generazione, che hanno scritto un'autobiografia, lui non si è mai sentito portato a fare la stessa cosa. Così, per incoraggiarlo a parlare della sua vita, ho deciso di intervistarlo di persona, dal vivo. Dal 2001 fino alla sua morte, avvenuta nel marzo del 2003 a 69 anni, abbiamo registrato molte ore di conversazione durante le quali mio padre si è "aperto" a me come mai era accaduto prima. Questo materiale è diventato la base fondante per il mio documentario. Spero che ognuno possa trovare un pezzo di sé nel film. Fondamentalmente, ho voluto realizzare un film sulle famiglie."
Nel documentario, girato con una camera DV e intervallato dalle immagini dei film (comprese le scene dell'ultima intepretazione di Horst, quelle de La vita è bella di Roberto Benigni), emerge un Horst Buchholz, attore e uomo, non lontano dalle parti che lo hanno reso celebre: una persona tormentata da un passato misterioso e tragico (non ha mai conosciuto il padre biologico, ha vissuto gli orrori della guerra) e, per questo forse, dura e sospettosa anche se spesso serena e accondiscendente, franta nelle sue contraddizioni esistenziali (il suo ruolo di star, sia pure effimera, è coinciso con la frenetica vita hollywoodiana e con il suo ruolo di padre), .
Il film, dunque, diventa una sorta di documento tragicomico, più nostalgico che malinconico, all'interno della parabola umana di Buchholz padre, all'interno del suo mondo, raccontato da lui stesso e mediato da chi, il figlio, lo ha in parte conosciuto, amato, osteggiato, condiviso. Una sorta di viaggio catartico, si immagina dunque, tanto per Buchholz figlio quanto per Buchholz padre, per esorcizzare fantasmi di ieri e dubbi di oggi, in nome di un umanesimo convinto e appagante, non utopico perché nato (e raccontato) da esseri umani reali, autentici, tangibili e, cosa non da poco, sopravvissuti.
Nell'incontro che è seguito, incalzato dalle domande introduttive di Giovanni Spagnoletti e da quelle curiose di un pubblico vivamente gratificato dalla proiezione, Christopher Buchholz ha spiegato, in un italiano perfetto, che "realizzare l'intero film è stato duro poiché ha significato confrontarsi, quotidianamente e professionalmente, con il lutto di una persona cara". Ha proseguito, poi, dicendo che amerebbe assai riuscire a continuare la strada intrapresa con il documentario, "genere che permette di raccontare la vita, di incontrare la gente reale". La co-regista Sandra Hacker ha aggiunto che il materiale girato ammontava a circa quaranta ore (comprendente un vasto materiale di repertorio) e che è stato soltanto grazie alla bravura del montatore Jean-Marc Lesguillons - il quale, in controtendenza con le modalità del cinema attuale come ha fatto notare lo stesso Buchholz, "ha preferito indugiare sui tempi e ha lasciato vivere le cose" - se il film ha potuto essere inscritto in una sua forma intensa e peculiare. Alla domanda sulla mancanza di spezzoni dei film più celebri del padre (I magnifici sette su tutti, che Buchholz simpaticamente definisce, chissà quanto volontariamente, "un film fichissimo"), il regista ha spiegato che il problema va ricondotto all'ingenza dei diritti d'autore di tali opere e, proprio per questo, ha formalizzato invece i ringraziamenti alle persone (viene citato Roberto Benigni) che hanno prestato o quasi regalato spezzoni di film permettendo la buona integrazione di materiale originario e di materiale di archivio.
Subject: MOSTRA PESARO: PARABOLA SULLA DITTATURA IN FILM IRANIANO
UFFICIO STAMPA
UNA NAVE DI FOLLI AL COMANDO DEL CAPITANO NEMAT PER UNA PARABOLA SULLA DITTATURA
UN FILM DELL'IRANIANO MOHAMMAD RASOULOF IN PIAZZA A PESARO
Pesaro, 27 giugno. Un gruppo di poveri rifugiati e senza casa si è installato su una petroliera affondata al largo delle coste meridionali dell'Iran. Il capitano Nemat ne diventa il portabandiera e, come tale, chiede alle autorità di non ottenere il rimpatrio a terra; intanto, intrattiene anche affari e trattative commerciali con i suoi subalterni. Quello della nave diventa un mondo autosufficiente e autoreferenziale, dove ognuno può bastare solo a se stesso. Nemat organizza così anche il lavoro e, pezzo per pezzo, inizia a vendere clandestinamente le parti della nave che riesce a recuperare, infrangendo sempre più il delicato equilibrio su cui si fonda l'esistenza stessa della nave e, di conseguenza, dei suoi abitanti; la sua influenza si esercita anche a livello esistenziale e penetra lentamente nelle vite intime degli occupanti il cargo navale: riuscirà a rompere matrimoni e, in generale, a corrompere le loro vite. Quando il proprietario della nave e le autorità proveranno a "destituire" il potentato di Nemat, il capitano ignorerà rispetto e avvertimenti legali. Uno solo dei suoi occupanti-schavi, il giovane assistente Ahmad, rifiuterà di seguirlo ciecamente, improvvisando una silenziosa recita di scambio di oggetti con la donna amata e da cui è amato. "Nave di folli", la petroliera presto affonderà.
Presentato a Cannes 2005 e ieri sera nella sezione "Cinema in Piazza" Alla Mostra di Pesaro, Iron Island (Jazireh Ahani il titolo originale) di Mohammad Rasoulof è una parabola sulla dittatura che si avvale di un ritmo rallentato, tipico peraltro di un cinema intimista e meditativo come quello iraniano, particolarmente congeniale a introdurci lentamente nel clima, assolutamente senza speranza di un futuro, di asfissia e di dispotismo di questa comunità di umani reietti, abbandonati a sé stessi (anzi, neanche) e ai primari istinti di sopravvivenza, primo fra cui domina incontrastata la legge del più forte, il bisogno, (in)consapevole, di primeggiare fisicamente sugli altri, di crearsi un mondo a propria immagine e somiglianza, quindi per forza di cose claustrofobico, conservatore, bulimico, infido, "monogarchico". Il sonno della ragione, dunque l'ignoranza, generava mostri dai tempi di Goya e non ha smesso di farlo: questi, pur condotti con una poetica ironica e surreale, i risultati evidenti.
Subject: PESARO: MISURACA e LA VIDE CAMERA > >
UFFICIO STAMPA
Vissi D'Arte: Misuraca e la videocamera
PESARO, 27 giugno - La Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro ha presentato ieri all'interno della sezione Fuori Programma Vissi d'Arte di Pasquale Misuraca (Italia, 2004). Il lungometraggio, a metà strada tra film e documentario, è un "trittico digitale itinerante sul tema della vita artistica" dove personaggi diversi in tempi e città diverse fanno uso della videocamera per lasciare un testamento, una lettera o una semplice memoria sul prima, il durante e il dopo della loro relazione con l'arte.
In La Vigilia (Santiago de Chile) una ragazza registra davanti alla videocamera il suo saluto alla famiglia, al fidanzato e al mondo intero prima di suicidarsi per non aver realizzato il suo sogno di diventare attrice. La Battaglia (Roma) è invece una video-lettera di un giovane scultore combattuto tra la vita artistica e quella normale e infine La Relazione (Parigi) è la videoregistrazione di un ex-scimpanzè sopravvissuto alla 'gabbia' del mondo umano divenendo artista del teatro di varietà.
L'uso esclusivo della videocamera come mezzo di ripresa ha determinato non solo la tecnica ma, e soprattutto, la storia raccontata da Misuraca. I personaggi guardano in macchina rivolgendosi direttamente allo spettatore originando in questo modo generi come il testamento, la lettera e il video-autoritratto. "Da bambino i contadini mi dicevano che ogni albero si pota in un certo modo", afferma il regista facendo riferimento alla peculiarità espressiva raggiunta grazie al mezzo utilizzato. E in effetti alla base di tutto il lungometraggio si intravede l'intenzione di sfruttare e far emerge le potenzialità della videocamera e con esse tutte le questioni sul rapporto cinema-documentario che ne derivano.
Subject: MOSTRA PESARO:LE PROVOCAZIONI DI KHAVN
UFFICIO STAMPA
BABY E L'ARENA DI COMBATTIMENTO PER POLLI.
LE PROVOCAZIONI DI KHAVN CONTRO LA SOCIETA' E LA FAMIGLIA NELLE FILIPPINE
Pesaro, 27 giugno. Già presentato al Film Festival di Rotterdam, The Family That Eats Soil del guru filippino della destabilizzazione Khavn De La Cruz arriva a Pesaro nella sezione "Fuori Programma" insieme ad altri suoi lavori più brevi. Il lungometraggio in questione è una sorta di apologo surreale e provocante sulla società filippina e la sua natura storicamente violenta e repressa. Come sostiene l'autore, il film è meglio ancora "un'allegoria per un popolo che ancora cammina e respira dentro un incubo senza fine".
L'assunto è semplice e autentico: nella società filippina, la famiglia, così come la terra, è santa perché la società è ancora essenzialmente agricola. Quindi, i valori - presumibilmente buoni e intesi all'armonia del tutto - sono ancora molto tradizionali, arcaici, quasi primitivi.
Nel bizzarro e surreale universo orchestrato dal regista, invece, è presentata una famiglia strana e disfunzionale che per tre volte al giorno siede a tavola e consuma pasti a base di terra. Al di fuori del tempo concesso al mangiare, i singoli membri della famiglia sperimentano stravaganti avventure.
La tesi del regista è altrettanto semplice ma provocatoria: rovesciare totalmente i valori tradizionali di una società così incartapecorita in sé stessa da non comprendere il bisogno di rinnovarsi e autorigenerarsi.
I protagonisti, tutti personaggi della famiglia, sono emblematici di questa inattualità storica della società filippina: c'è Baby, che scappa dalla sua stalla per andare in un'arena da combattimento per polli; poi c'è Sister, una prostituta ninfomane, il fratello Brother (in un assunto tanto primitivo e tautologico, il ruolo sociale-familiare diventa nome tout-court del personaggio) che picchia tutti sul cranio; Father, invece, ha miscelato una pozione velenosa e la vuole donare ai bambini di un ospedale, Mother è una spacciatrice dotata di una spiccata personalità medianica, il nonno Grandpa è proprio morto e tanto basta.
Aspetto bizzarro con i suoi capelli biondo platino e aria schiva ma simpatica, Khavn, introdotto da Giovanni Spagnoletti, è di pochissime parole, nove per la precisione: "Sono le 23,30. Mi sono appena svegliato. Tanti auguri". La sua opera, in compenso, dirà tutto ciò che serve sapere.
Subject: Pesaro RICORDA FERNALDO DI GIAMMATTEO
UFFICIO STAMPA
A PESARO PRESENTATO IL DIZIONARIO DEI CAPOLAVORI DEL CINEMA DEL COMPIANTO FERNALDO DI GIAMMATTEO, CUI SARA' DEDICATO UN PREMIO
Pesaro, 27 giugno. Proseguono gli "incontri con gli autori", iniziativa collaterale del festival di Pesaro da quest'anno più ricca e importante, sempre nella Sala Convegni di Palazzo Gradari.
Il terzo libro di/sul cinema a essere presentato è Dizionario dei capolavori del cinema, a cura di Cristina Bragaglia e Fernaldo Di Giammatteo, edito da Bruno Mondadori, da sempre attenta alla divulgazione (critica) nel campo delle arti visive. Introdotta da Bruno Torri, che ha approfittato dello spazio soprattutto per ricordare affettuosamente le qualità umane e professionali del collega/amico recentemente scomparso, e da Giovanni Spagnoletti, che invece ha subito inoculato una legittima vena di diffidenza nei confronti del titolo altisonante, la co-autrice ha illustrato prima la genesi del volume - delucidando innanzitutto che il titolo si deve a precise scelte editoriali - e le sue peculiarità principali.
Da L'arrivo di un treno alla stazione della Ciotat (regia di Louis Lumière, anno 1895) a La sorgente del fiume (regia di Theo Anghelopoulos, anno 2004): una forbice che comprende uno spazio di centonove anni per oltre un secolo di immagini, storie, visioni, sogni, racconti impossibili. All'interno di questa ampia parabola espressiva e storica hanno operato, con buona sintonia e omogeneità, Fernaldo Di Giammatteo e Cristina Bragaglia, nel tentativo di illustrare la storia dell'arte cinematografica attraverso le opere più rappresentative e significative (per la precisione 1245) apparse in più di un secolo di vita di questa disciplina. Ne è venuto fuori un testo di oltre mille pagine che rappresenta un percorso articolato e ricco di informazioni utili ma anche un po' chiuso in sé stesso e non sempre convincente.
La particolarità principale è la decisione di strutturare il percorso cinematografico in maniera cronologica e non in ordine alfabetico per titoli. Così, anno per anno, a cominciare dal 1895, è possibile attraversare la storia del cinema contestualizzando a livello temporale le numerose pellicole che hanno reso il cinematografo una forma di espressione certamente popolare ma anche una mezzo di creatività finalizzato ad una comunicazione poetica libera e in continua evoluzione.
Il libro parte da un nome-promessa scomodo ma, allo stesso tempo, esaltante: analizzare, tra tutti i film della storia del cinema, solo e soltanto i capolavori, categoria di qualità quanto mai soggettiva e opinabile. I due autori ovviamente lo sanno, e non solo per esperienza diretta; così, nella prefazione, delucidano le loro ragioni con sincerità e giudizio. Ecco una loro illuminante dichiarazione sul senso da attribuire al termine capolavoro: "Un evento, infine e soprattutto, che resista al tempo, che sia meritevole di attenzione anche a molta distanza dal suo primo apparire sullo schermo. Nel bene e nel male, a seconda dei punti di vista da cui è osservato. Un evento, in sostanza, che abbia trovato, o presumibilmente possa trovare, una sua collocazione nella storia". Il volume, in realtà, non mantiene sempre questa legittima premessa (c'è chi solleva la pressoché totale mancanza di titoli del cinema asiatico) e si abbandona anche alle preferenze degli autori (Moretti e il cinema italiano che fu per il compianto Di Giammatteo, il cinema francese in particolare per Cristina Bragaglia), come la co-autrice è pronta ad ammettere.
Interessanti invece le due iniziative collaterali legate al nome di Fernaldo Di Giammatteo anticipate dalla Bragaglia: il Premio Fernaldo Di Giammatteo (http://www.sncci.it/default.asp?content=%2F34%2F50%2F1872%2Fcenter%2Easp%3F ), lanciato dalla casa editrice Il Castoro e dedicato a saggisti esordienti desiderosi di vedere il loro lavoro finalmente pubblicato (dalla Cadmo di Firenze), e una nuova serie di saggi sul cinema sempre edita dalla Cadmo (il primo volume sarà dedicato all'analisi del cinema protestante nelle varie parti del mondo, con privilegio accordato all'Europa) che recupera lo stile e la politica delle passate edizioni di "Il cinema e le idee".
Subject: PESARO: alla MOSTRA l'esperienza di CANECAPOVOLTO
UFFICIO STAMPA
"Nulla è vero, tutto è permesso":
A Pesaro retrospettiva e incontri con CANE CAPOVOLTO
PESARO, 27 giugno - "Progettovideo", la tradizionale sezione della Mostra del Nuovo Cinema dedicata alle nuove ricerche video e curata da Andrea Di Mario, presenta anche in questa edizione interessanti retrospettive e omaggi tra i quali brillano nomi come Laura Waddington, Carlo Michele Schirinzi e Cane CapoVolto.
A Cane CapoVolto, gruppo catanese fondato nel 1992 e composto da Alessandro Aiello, Enrico Aresu e Alessandro De Filippo, "Progettovideo" ha dedicato una completa retrospettiva che ripercorre tutta la sua produzione dalla visionarietà e esteticità dei primi lavori al predominio dell'ideologia delle ultime esperienze. Il gruppo incentra la sua indagine sul riutilizzo dell'informazione visiva, letteraria e sonora, estendendosi sino all'uso del radiogramma e dei 'film-acustici', per affrontare i temi di manipolazione e persuasione. A Pesaro si potranno vedere tra gli altri filmati del progetto Video Plagium, del progetto STEREO-30 drones for television fino all'ultimo Anti-war pack.
"Nulla è vero, tutto è permesso": è questo uno dei temi alla base della ideologia di Cane CapoVolto che da sempre cerca di sottolineare le costanti linguistiche dell'immaginario collettivo per farne emergere la strategia di manipolazione sottostante. La manipolazione tecnologica produce poesia e solo svelando gli strumenti che le stanno alla base si può svelare e così combattere la persuasione.
L'ideologia e la base filosofica del gruppo è stata spiegata dagli artisti stessi in un seminario-incontro che ha seguito la proiezione di alcuni loro video. L'importanza che essa ha per la comprensione del lavoro di Cane CapoVolto permette di affermare che il seminario è complementare ai video stessi, li completa e ne fa emergere il significato. I loro video infatti esasperando l'uso del montaggio, della voce off, del segmento minimo in una ricerca linguistica-espressiva hanno l'intento di lasciare spazio alle mille interpretazioni dello spettatore che può così perdersi in quella che Umberto Eco chiama 'Opera Aperta'.
CONCORSO VIDEO
“L’ATTIMO FUGGENTE” 2005
Per il sesto anno consecutivo la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, grazie alla sponsorizzazione della Banca Popolare dell’Adriatico, ha istituito il concorso “L’attimo fuggente”, riservato agli studenti di tutte le scuole italiane (per video a tema libero della durata massima di 3 minuti) e coordinato da Pierpaolo Loffreda. Quest’anno la giuria del concorso, composta dal giornalista Paolo Angeletti (“Il Resto del Carlino”), da Gualtiero De Santi (saggista e docente universitario), dal giornalista Alberto Pancrazi (RAI) e da Fiorangelo Pucci (Direttore del “Fano International Film Festival”), fra le oltre settanta opere pervenute, ha selezionato i seguenti lavori, che verranno proiettati alla Sala Video del Teatro Sperimentale venerdì 1 luglio a partire dalle ore 15.45:
1. SONNO MASCHERA di Michele Busca, Luca Di Sciullo, Simone Furlani, Ermanno Milani, David Roccabella (Istituto d’Arte Scuola del Libro di Urbino)
2. IL FATTO CHE ANCORA NON PIOVA di Eugenia Monti (Istituto d’Arte Scuola del Libro di Urbino)
3. MARSELO di Antonello Novellino e Luca Granato 4.
4. FERMA IL CONTATORE di Andrea Urbinati, Alberto Pagnotta, Abderrahman Essoussi, Giuseppe De Tomasi, Stefano Sebastiani, Daniele Gustamacchia (Liceo Scientifico Marconi di Pesaro)
5. LYMPHAE di Annachiara Mongiello (Accademia di Belle Arti di Urbino)
6. E IL CIELO PUO’ SEMPRE CADERE SULLE NOSTRE TESTE di Matteo Antonini (Accademia di Belle Arti di Macerata)
7. HARDBOILED di Domenico Teodori e Alan D’Amico (Accademia di Belle Arti di Urbino)
8. UNTITLED di Daniela Mini (Accademia di Belle Arti di Urbino)
9. SIGNORI DELLO SPAZIO E DEL TEMPO di Susanna Strapazzini (Accademia di Belle Arti di Urbino)
10. L’ATTIMO FUGGENTE di Rita Giancola e di un gruppo di studenti del Liceo Linguistico di Pesaro, Ist. Professionale Benelli di Pesaro, Liceo Scientifico Nolfi di Fano e Hamlet International School di Pesaro
11. PER CHI SOGNA LA FARFALLA di Simone Loi, Giordano Loi e Andrea Michetti (Accademia di Belle Arti di Urbino)
12. ESSI VOTANO di Maurizio Failla (Accademia di Belle Arti di Macerata)
13. ARIA DI PLASTICA di Riccardo Rossi, Silvia Crocetti, Peppino Neroni, Maria Laura Malvestiti (Accademia di Belle Arti di Macerata)
14. GENTE DELLA SNAI di Francesco Sabbatini (Accademia di Belle Arti di Macerata)
15. IL NAUFRAGO di Andrea Alemanno (Accademia di Belle Arti di Macerata)
16. SENZA TITOLO di Alice Bramucci (Accademia di Belle Arti di Macerata)
17. HOMO di Giada Foresi (Accademia di Belle Arti di Macerata)
18. VITA (DETTAGLIO) di Pier Mauro Tamburini (Scuola Holden di Torino)
19. QUELLO CHE RESTA di Milo Busanelli (Facoltà di Scienze delle comunicazioni dell’Università di Modena e Reggio Emilia)
20. L’ATTIMO FUGGENTE di Alessandro Eusebi, Elena Guerra, Laura Graziani
Fuori concorso: CLOAKA a cura del Centro Audiovisivi Provinciale di Pesaro e dell’Aula multimediale del Centro per l’impiego e la formazione professionale di Urbino
I tre video premiati dalla giuria (il cui responso verrà reso pubblico nei prossimi giorni), saranno proiettati di nuovo sabato 2 luglio alle ore 21.45 in Piazza del Popolo.
Subject: mostra pesaro: L'INVENTORE DEL LEGGENDARIO DIMI...
UFFICIO STAMPA
IL FUTURO DIRETTAMENTE DAGLI ANNI '60
ERKKI KURENNIEMI, L'UOMO CHE INVENTO' IL LEGGENDARIO SINTETIZZATORE DIMI E IL PRIMO MICROPROCESSORE INFORMATICO, ADESSO STA FACENDO L'AUDIO DIARIO DELLA SUA VITA
Pesaro, 29 giugno. Prosegue l'importante omaggio al lavoro sperimental-musicale di Mika Taanila.
Erkki Kurenniemi è stato uno dei grandi pionieri, poi dimenticati, dell'era elettronica, un uomo-artista la cui carriera comprende innovazioni costanti in campo musicale, sia queste applicate al cinema, alla tecnologia informatica e alla (ingegneria) robotica.
Kurenniemi, da esploratore delle interrelazioni tra arte natura e tecnologia, è stato una figura chiave dell'avanguardia finlandese degli anni Sessanta, soprattutto per quanto riguarda la musica appunto: è il creatore del leggendario sintetizzatore DIMI alla fine del decennio e, con ogni probabilità, si può far risalire alla sua persona la creazione del primo sintetizzatore digitale del mondo. Nel 1973 creò il primo microprocessore informatico, una sorta di manufatto artigianale con tanto di marca riconoscibile, e questo ben due anni prima della comparsa dell'Altair 8800 creato dall'American MITS.
Il documentario di Mika Taanila mostra gran parte delle creative innovazioni di Kurenniemi grazie a una ricerca attenta su materiale di archivio inedito dei primi anni dell'arte elettronica e a una selezione accurata di estratti da un suo cortometraggio sperimentale mai completato.
Il lavoro condotto da Taanila ha dunque il pregio di far interagire il momento effettivo del progresso attuato da Kurenniemi con i suoi strascichi e le sue influenze infinite ed eterne, e difatti giunte fino a oggi: non a caso, il
nocciolo del film risiede nell'attualità, nel mostrare ciò che fa Kurenniemi al giorno d'oggi, ovvero - progetto quanto mai significativo e ambizioso - la progettazione di un metodo di catalogazione/collezionamento molto particolare.
Kurenniemi è infatti totalmente devoto all'ossessivo, e anche maniacale, sforzo di registrare la sua propria vita, nel tentativo di preservare al tempo tutti i suoi pensieri e le sue osservazioni, tutto ciò che lo può riguardare finanche agli oggetti triviali, in un costante flusso di immagini, continuativamente registrate e conservate su una sorta di audio-diario, su videocassette e su materiale fotografico (Kurenniemi produce qualcosa come 20.000 immagini fotografiche all'anno).
Questo accumulo massivo di documentazione è poi regolarmente inserito in un computer, il cui fine ultimo è catalogare "il registro della sua esistenza, della sua mente e della sua coscienza in bit digitali, allo scopo di creare una ricostruzione più esatta possibile della sua vita, una persona virtuale" da rendere pubblica per la prima volta nel luglio del 2048.
Forse teso a risolvere le questioni più pressanti riguardo alla nostra mortalità e alla presunta/possibile immortalità, il progetto di Kurenniemi può essere visto come la logica estensione della nozione di uomo-macchina, di ricostruzione tecnologica dell'anima umana.
Nel suo documentario più ambizioso, visti questi presupposti, l'autore finlandese Taanila riesce a mantenersi in saggio equilibrio tra biografia e film-saggio, donando valori aggiunti al già rimarchevole insieme di elementi visivi e di elementi sonori.
di Victor Erice,Nell'incontro con Taanila dopo la proiezione, condotto da Mazzino Montinari, l'autore indica i luoghi di destinazione privilegiati per le sue opere: formatosi come cineasta tout-court, preferisce ovviamente il grande schermo delle sale cinematografiche, quindi reputa i festival un veicolo adattissimo, e non soltanto per il lancio iniziale, per la conoscenza dei suoi lavori sperimentali. La sua produzione di stampo più documentario, invece, aggiunge Taanila, va di diritto alle emittenti televisive; last but not least, ci tiene a ricordare il cortese Taanila, l'uscita in dvd, a settembre, della sua intera produzione filmica per una casa distributrice di Amsterdam e destinata al mercato internazionale. "E' un momento florido e fortunato per la produzione cinematografica; siamo un piccolo paese orgoglioso dei nostri lavori e desideroso di propagandare, anche attraverso i film, la nostra cultura" è l'ultima battuta di Taanila.
Subject: mostra pesaro:storie al femminile in concorso
UFFICIO STAMPA
STORIE AL FEMMINILE E FERITE DEL CORPO E DELL'ANIMA
Las mantenidas sin suenos in concorso alla Mostra del nuovo cinema
Pesaro, 29 giugno. Già presentato in anteprima al Festival di Rotterdam e ora presentato nella sezione Concorso della Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, Las mantenidas sin sueños (Kept & Dreamless il titolo internazionale) rappresenta l'esordio alla regia di Vera Fogwill e Martín Desalvo.
Eugenia è una bambina di quasi nove anni che la vita costringe a crescere troppo in fretta: sua madre Florencia (interpretata dalla co-regista Fogwill), infatti, è tossicodipendente e incapace di prendersi cura di sé stessa e della figlia. Così, la relazione filiale è quasi invertita ed è Eugenia ad aiutare Florencia, la cui madre l'ha abbandonata molto tempo fa, incapace di sostenere emotivamente il peso di una figlia tanto problematica. Di tanto in tanto, le fornisce aiuti finanziari, ma potrebbe non essere abbastanza.
Nella storia, ora tragica ora distesa, di tre donne i cui ruoli parentali sono sfuggenti e alle prese con vicende di degrado familiare c'è il senso tutto femminile della maternità sopra a ogni cosa e uno sguardo duro e non consolatorio (sebbene un happy ending ambiguo) che è prima di tutto serena, sicura accettazione di sé e delle proprie congenite possibilità procreatrici.
I due autori toccano con cautela tasti delicati e spesse tragedie, trovano respiri felici (i bei sprazzi, quasi onirici e quasi reperti archeologici perché sepolti nella memoria di ciascuno di noi, di intimità infantile della bambina che fa il bagno e gioca a fare la subacquea), gestiscono con padronanza cinematografica e drammaturgica ferite del corpo e dell'anima.
Un Gummo al femminile, verrebbe da dire (quella papalina rosa che ricorda le orecchie da coniglio dello stesso colore di uno dei personaggi del film di Harmony Korine sarà soltanto un caso?), ma anche un'opera che si inserisce con facilità nel contesto della rinascita del cinema latinoamericano.
Si respira aria di verginità e di innocenza, evidenti simboli della poca bellezza che è rimasta a questo mondo, in una storia che si snoda non sempre con lo stesso tenore autentico ma riesce a possedere, e mantenere, vitalità e coraggio.
Subject: mostra pesaro: VICTOR ERICE , FINALMENTE...
UFFICIO STAMPA
VICTOR ERICE, FINALMENTE.
EL ESPÍRITU DE LA COLMENA: IL CINEMA AL POTERE
Pesaro, 29 giugno. Finalmente arriva Victor Erice, è davvero l'ora di dirlo. Dopo tanto cinema sperimentale, di nuovo cinema di fiction e non-fiction, il festival di Pesaro sentiva davvero, anche per comprendere meglio il presente e il futuro del cinema, il bisogno di un passo indietro, e in questo senso quale migliore omaggio di quello a un cineasta dalla produzione parca - tre lungometraggi in più di trent'anni di carriera - ma intensa come lo spagnolo Victor Erice? Omaggio che prende le mosse dal suo primo film, lo struggente Lo spirito dell'alveare (El espíritu de la colmena), anno 1973, e si concluderà il 30 giugno con un piccolo evento vista la sua ritrosia a mostrarsi in pubblico: una vera e propria lezione di cinema condotta dal regista in persona, che avrà luogo alle ore 12 al Teatro Sperimentale.
C'è una frase che potrebbe identificare il lavoro di ricerca di tutto il cinema di Erice, in particolare di questa opera prima: "E' così, attraverso la scrittura, che un giorno ho cominciato a pensare il cinema, scoprendo un modo di prolungarne la visione e anche di realizzarlo. Fu nell'estate del 1959, dopo aver visto I quattrocento colpi al Festival di San Sebastián. Al termine della proiezione uscii in strada commosso. E quella stessa notte sentii la necessità di mettere per iscritto le idee e i sentimenti che le immagini di François Truffaut avevano risvegliato in me".
Lo spirito dell'alveare, di fatto, come già il film di Truffaut, parla di innocenza perduta e di visioni rubate, restituisce letteralmente lo sguardo di bambino. Siamo nel 1940, in uno sperduto paesino della pianura castigliana: la guerra civile si è esaurita da poco e il processo di ritorno alla normalità è letargico e sonnambolico. E' tempo di ricostruzione ma ancora domina la siesta e l'apatia. Finchè, in un pomeriggio d'inverno, arriva il furgoncino malconcio del cinema: un'epifania. La piccola Ana, figlia di un agiato borghese dedito allo studio delle api, assiste alla visione del Frankenstein di James Whale e ne resta ossessionata. Quando un fuoriuscito repubblicano ferito si rifugia in un casolare isolato, Ana si convince che è la "creatura" delle sue fantasticherie, gli va incontro, l'aiuta. Nel suo inconscio, ha intuito che il "mostro" non è tale perché malvagio, ma perché diverso.
Una vera e propria favola, intinta nella magia e nel mistero dell'infanzia, in cui lo sguardo oggettivo del regista si fa portavoce assoluto dello sguardo sospeso e incantato della sua protagonista; in un contesto realista come quello in cui Erice ambienta la vicenda, il cinema diventa la vera porta di percezione, soglia magica attraverso la quale è possibile sospendere l'incredulità e, conseguentemente, accedere a un'altra dimensione che si ricollega direttamente alle radici del mito della creazione.
Come scrive Morandini, "favola rarefatta e sconsolata sulla solitudine e l'isolamento, parabola sulla guerra civile rimossa, è un film magico e statico, come sospeso in un triste incanto, che ha il passo lento e irradia echi misteriosi". C'è di più, però: come già Truffaut, Erice è poeta per immagini toccato dalla grazia e capace di realizzare un'opera pudica finanche nella messinscena - essenziale, a questo proposito, l'utilizzo del campo lungo - che è anche un omaggio al cinema muto delle origini (se i dialoghi sono esigui, l'attenzione al sonoro rivela invece un acuto percettore della realtà) e, ovviamente, al primo Frankenstein cinematografico, evidente nella straordinaria scena notturna in cui i paesani cercano la piccola Ana nel bosco. La compenetrazione sensibile di paesaggio e fauna umana fa pensare al miglior Terrence Malick, guarda caso esordiente nello stesso anno con il prezioso La rabbia giovane e attento conoscitore delle esperienze artistiche europee, mentre l'osservazione al contempo distaccata e partecipe del mondo infantile permette echi simbolici (la presenza immanente della morte, l'educazione all'assenza e alla violenza - si veda il dettaglio del fungo velenoso schiacciato impietosamente dal piede paterno e destinato a spargere le sue spore venefiche) che ritroveremo in tutti i film dedicati all'universo dell'infanzia, tra i quali è giusto ricordare due esiti recenti e mirabili quale Riflessi sulla pelle (1990) dell'inglese Philip Ridley e Io non ho paura (2002) di Gabriele Salvatores.
Subject: Fwd: BELLOCCHIO A PESARO
UFFICIO STAMPA
Pesaro, 29 giugno. Giovedì 30 giugno, alle 18.30 nel cortile interno di Palazzo Gradari, il regista Marco Bellocchio, a cui quest'anno è dedicato l'evento speciale della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, apporrà l'impronta delle sue mani sulla piastrella di ceramica creata dall' atelier Franco Bucci (www.francobucci.com <http://www.francobucci.com/ ), da un'idea di Roberto Forni. Ispirato alla celeberrima "Walk of Fame" hollywoodiana, il simbolico gesto accompagnerà il rituale delle fotografie d'autore firmate da Giacomo Guidi e sarà il primo di una lunga serie dedicata agli artisti dell'evento speciale dei futuri festival pesaresi.
A Bellocchio è dedicata anche l'esposizione, alla Galleria Franca Mancini e per tutta la durata della mostra, dei bozzetti preparatori ai film realizzati dallo stesso regista, compresi i disegni inediti del suo nuovo film Il regista di matrimoni.
Come è noto sabato 2 luglio, al cinema Astra , ci sarà la tavola rotonda a conclusione dell'Evento Speciale dedicato a Bellocchio, che in serata, in Piazza, presenzierà alla cerimonia di premiazione e alla proiezione di "La balia".
com stampa n°13
Subject: Fwd: mostra pesaro: estetiche mediterranee e morte....
UFFICIO STAMPA
ESTETICA MEDITERRANEA E BISOGNO DI PARLARE DELLA MORTE
Nuove Proposte Video dall'Italia a Pesaro
PESARO, 29 giugno - Proseguono le proiezioni e gli incontri cinefili nella saletta video del Teatro Sperimentale di Pesaro. Il "Progettovideo" della Mostra del Nuovo Cinema presenta "Nuove proposte video dall'Italia", debutti e inediti di autori nazionali, con l'intento di dare una panoramica dell'evoluzione e delle nuove tendenze del video.
Nefeli Misuraca debutta con Tutto il mio tempo (2005), il suo primo tentativo di "esprimere visivamente quello che normalmente dico scrivendo"; Candidato a sette premi Oscar (film di superficie) (2005) di Davide Rinaldi propone un insieme di pensieri e miti contemporanei accomunati da una forte critica alla società della televisione; Antonello Matarazzo con il suo Miserere (2005) rappresenta la dura realtà di ragazzi disabili tra le surreali rovine industriali del sud Italia; Mucche (2005) di Barbara Favonio e Morning Star 2 (2004) di Salis & Vitangeli, sono due video che ognuno a suo modo parlano della morte: il primo rappresentando l'URLO della morte di mucche al macello e il secondo, esempio di videoarte e parte di un'istallazione più ampia, creando il SUONO della morte con la breve immagine di una falena che brucia imprigionata in una grata elettrica. Tutti i video trasmessi sono in un certo senso legati da una comune "estetica mediterranea" che unisce orrore e bellezza e da un generale bisogno di parlare della morte e rappresentarla nelle sue diverse sfaccettature.
A far parte di questa sezione troviamo anche il corto di Gaetano Gentile Fiumicino Mon Amour (2005), una riflessione melanconica sul cinema e sulle sue illusioni. Il video, un collage di materiale eterogeneo creato con diverse tecniche di ripresa e tratto da diversi lavori del regista, gode della presenza di perle del cinema italiano come Franca Scagnetti, Ettore Garofano e Nico D'Alessandria che ognuno a suo modo parlano del proprio rapporto di amore e disillusione per il cinema che "prima ti esalta e poi ti abbandona".
Subject: Fwd: MOSTRA PESARO: foto spagnoli
Nella foto: il regista catalano Carles Torras, appena arrivato a Pesaro, in compagnia di Judit Uriach, protagonista del suo film "Joves", che sarà programmmato giovedì 30, alle 16.30, al Teatro Sperimentale.
Subject: Fwd: MOSTRA PESARO: una passione chiamata skateboard...
UFFICIO STAMPA
UNA PASSIONE CHIAMATA SKATEBOARD
Levelland in Piazza a Pesaro
Pesaro, 29 giugno. La provincia americana, le aspirazioni frustrate di un gruppo di adolescenti e soprattutto la passione per lo skateboard sono i temi affrontati nell'opera prima Levelland, diretta dal texano Clark Lee Walker e presentata ieri sera in Piazza Grande a Pesaro, nella quarta giornata della Mostra del Nuovo Cinema diretta da Giovanni Spagnoletti. Mentre in sala spopola il documentario Dogtown e Z-Boys e si attende a luglio l'uscita di Lords of Dogtown, anche il festival pesarese punta i riflettori sullo sport metropolitano che ha appassionato milioni di giovani negli anni '70 e che, dopo il periodo buio degli anni '80, ha vissuto un revival proprio nell'ultimo decennio. Produttore, sceneggiatore e attore, Walker racconta la storia di alcuni giovani skateboarders e delle loro apatiche e annoiate esistenze nella periferia di una cittadina americana. Unica valvola di sfogo per i fratelli Zach e Nick e per i loro amici è la "tavola a rotelle" dalla quale sono inseparabili e sulla quale proiettano tutte le loro ambizioni e aspirazioni. "Sarà lo skateboard a portarlo dove non è mai arrivato lei" urla in un eccesso di rabbia uno dei ragazzi al padre di uno dei suoi compagni. Sullo sfondo di questa comune passione, le vicende personali dei due fratelli: la depressione dell'uno, che lo porta fino in una clinica psichiatrica, e la relazione dell'altro con la propria insegnante di recitazione.
Il fim è interpretato interamente da attori esordienti, Matt Barr, Marie Black, Lathan McKay, Simon Bingham e Kelly Bright. "Non è un film sulla vita dei teenager - dice il regista - vi sono momenti che si riferiscono a quella vita in particolari condizioni".
Levelland concorre al premio attribuito dal pubblico della Mostra, ma ieri sera è stato accolto da tiepidi applausi. Questa sera sarà la volta di O diablo a Quatro di Alice De Andreade (coprodotto da Francia, Brasile e Portogallo) che sarà proiettato alla presenza della regista. Prosegue intanto l'omaggio allo spagnolo Víctor Erice, giunto ieri a Pesaro, con la proiezione di El Sur. Mentre nell'ambito dell'Evento Speciale dedicato quest'anno a Marco Bellocchio sarà presentata la versione restaurata de Il gabbiano, film diretto dal regista italiano nel '77.
Com stampa n°16
Subject: MOSTRA DI PESARO: in PIAZZA le strade di Rio....PER LE STRADE DI RIO
O DIABLO A QUATRO IN PIAZZA
Pesaro, 30 giugno. "Una commedia agrodolce sull'amore e l'amicizia e su come questi due sentimenti possono nascere anche nelle condizioni più avverse". E' O diablo a quatro, opera prima brasiliana presentata ieri sera dalla regista Alice de Andrade alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro.
Accolto da un caloroso applauso dal pubblico in
Piazza del Popolo, O
diablo a quatro è un "film sociale e delirante - come lo definisce la stessa
autrice, figlia del celebre cineasta Joaquim Pedro de Andrade - e mostra una
visione molto personale della città in cui sono nata e crescita, Rio De Janeiro"
La vicenda è incentrata sul personaggio di Rita (la bellissima Maria Flor), una timida diciassettenne che lavora come governante per una ricca donna d'affari e che si innamora perdutamente di Paulo Roberto (Marcelo Faria), un incallito dongiovanni che abita nel palazzo di fronte e che scorge dalla finestra della casa in cui lavora. Il suo amore non è tuttavia corrisposto: Paulo Roberto frequenta soltanto il giro di prostitute di Tim Mais (Márcio Libar), un amico che non gli fa pagare neanche i servizi. Pur di conquistare il giovane, Rita decide di diventare anche lei una prostituta e con il nome di Mystery diventa l'attrazione numero uno del bordello. Le cose si complicano quando Tim finisce per pedere la testa e decide di sposarla.
Alla storia di Rita e Paulo s'intreccia anche quella del piccolo Waldick (Netinho Alves), che vive per le strade e cerca di racimolare qualche soldo vendendo sveglie ai passanti, ma coltiva il sogno di strasferirsi a San Paulo per diventare un presentatore televisivo. E' sulla spiaggia di Copacabana che incontra Luca, una teppistella che, dopo avergli sfregiato il volto con un coltello, diventa lo stesso sua amica. L'idillio ha però vita breve: la ragazzina viene uccisa da un poliziotto corrotto convinto che i due bambini si siano impossessati di un barattolo di marijuana.
Per due mesi, avvalendosi della collaborazione di alcuni sociologi, Alice de Andrade ha vissuto nelle strade di Rio, alla ricerca di quel "materiale umano" che voleva riprodurre sulla pellicola. Grazie al supporto di numerose associazioni contro lo sfruttamento della donna e dei minori, ha potuto far recitare, nella parte di sé stessi, vere prostitute, veri clienti, veri poliziotti e veri ragazzi di strada. Il risultato è un ritratto del Brasile, fresco e colorato ma penetrante a livello sociale. Dramma e tragedia vengono affrontati con delicatezza e con un pizzico d'ironia che tanto ricorda la commedia all'italiana.
Questa sera toccherà a un italiano, Tre giorni di anarchia di Vito Zagarrio. Saranno presenti il regista e fano la protagonista femminile Maria Coco.
Subject: mostra pesaro: ERICE INCANTA LA PLATEA DEL FESTIVAL
UFFICIO STAMPA
"IL CINEMA E' UNA FORMA DI DESTINO":
VICTOR ERICE INCANTA LA PLATEA DELLA MOSTRA DEL NUOVO CINEMA
Pesaro, 30 giugno - Questa mattina nel Teatro Sperimentale di Pesaro è avvenuto qualcosa di unico e magico, "uno dei momenti più commoventi che io ricordi" ha aggiunto il direttore Giovanni Spagnoletti: Victor Erice, noto cineasta spagnolo dalla produzione parca ma importantissima che fisicamente rievoca un po' la figura esile del malinconico feudatario interpretato da Sam Shepard ne I giorni del cielo (1978) di Terrence Malick, ha tenuto una straordinaria lezione di cinema all'interno della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, che quest'anno ha dedicato un omaggio in suo onore. Avere Erice a un festival è di per sé evento degno di nota data la risaputa riservatezza del regista.
Nella sua conferenza, letta in uno spagnolo caldo e accogliente e aperta a dissertazioni anche sulla tecnologia digitale (indice di un autore vivo e informato), Erice ha parlato del "cinema dopo il cinema" ma senza nessuna finalità funambolica, come ha subito sottolineato: ha presentato, invece, un percorso del tutto personale attraverso le date cruciali della storia del cinema che, soprattutto, hanno influenzato la sua storia intima di uomo e di artista. In questo senso, il periodo del muto diventa quindi l'età d'oro del cinema e, chi ha avuto la fortuna di vedere le sue opere, avrà una conferma decisiva di questa prima affermazione.
"Io ho vissuto il cinema come arte popolare, come memoria visiva del XX secolo, e ho vissuto la perdita di questa condizione con molto dolore", ha affermato il regista ricordando malinconicamente ma senza nostalgia (sensazione miracolosa che puntualmente ritroviamo nei suoi film) la modernità incipiente di film quali Roma città aperta e Ladri di biciclette nel rappresentare la cruda realtà ("il cinema non deve esprimere una verità conosciuta in anticipo, bensì farla emergere dalle immagini, in definitiva rivelarla") e delle opere della Nouvelle Vague - di cui ricorda soprattutto gli sguardi in macchina truffautiani e godardiani - per la moralità dello della messinscena e, quindi, dello sguardo.
Il cineasta incanta per la sicurezza degli assunti ("il momento di nascita del cinema moderno si ha con evidenza nella sequenza della tortura ad Aldo Fabrizi in Roma città aperta, opera bella e necessaria, quindi giusta") e per la 'scandalosa' serenità dei toni che contraddistingue anche le sue opere, e scuote le corde dei cinefili e degli appassionati: anche se finisce per esprimere dissensi verso le politiche nazionali in termini di educazione cinematografica e per sancire una volta di più la superiorità congenitamente artistica del mezzo cinematografico rispetto a quello televisivo, non manifesta rancori repressi né solleva invettive personali, nemmeno quando, candidamente, conferma che la sua filmografia è esigua anche per motivi prettamente economico-produttivi. "I film realizzati", aggiunge con l'ironia e la sfuggevolezza che lo ammantano, "sono comunque il risultato di quelli che non ho potuto fare".
E' un poeta completo che rivendica le qualità evocatorie del cinema ("il cinema è la comunità, il sogno comune nel buio della sala, una festa, il perdersi e il ritrovarsi negli occhi degli altri, un dispositivo che non si limita a riprodurre e divulgare ma nasce per creare": Lo spirito dell'alveare, visto martedì scorso e in replica domenica mattina, è la sistematizzazione per immagini di questa teoria) e ne esemplifica la peculiare alterità insita nelle immagini di cui è composto.
Conclude infine, e la commozione raggiunge l'apice, rivendicando il proprio desiderio di essere marginale - che ricorda molto "il desiderio di essere inutile" di Hugo Pratt, altro artista visuale intransigente e isolato: "Sono un cineasta. Il cinema è per me una forma di destino e di conoscenza, un mezzo di comunicazione, una scrittura. C'è cinema dove c'è il viaggio autentico, l'esperienza e l'incontro. Scrivere, come diceva Marguerite Duras, e si potrebbe ora dire filmare, significa realizzare film di insistenze, di sguardi introspettivi per poi abbandonarli e non finirli mai".
Prima dell'incontro è stato proiettato il documentario El sol del membrillo (Il sole del melocotogno, Spagna 1992), lavoro nato da un'idea del regista e dell'amico pittore Antonio Lòpez. Il documentario, che riprende il pittore all'opera mentre tenta di dipingere un melocotogno piantato nel suo giardino, tratta il tema della creazione artistica e, insieme a questo, delle peculiarità specifiche di varie tecniche espressive. Antonio Lòpez vuole rappresentare la realtà del melocotogno, seguirlo nella sua evoluzione biologica, ma la pittura non gli permette di farlo. E' allora il cinema a venirgli in aiuto, documentando nel tempo il suo lavoro.
Il lungometraggio è stato seguito da una raccolta visiva di appunti, realizzati successivamente dallo stesso Erice, tesi a documentare la genesi del film e la natura della riflessione intellettuale dei due artisti.
Pesaro Barbora Bobulova Subject: mostra PESARO: Barbora Bobulova...
UFFICIO STAMPA
UNA STELLA CHIAMATA BARBORA
LA BOBULOVA ALLA MOSTRA DI PESARO
Pesaro, 2 luglio. Barbora Bobulova è arrivata a Pesaro. Astro nascente del cinema italiano, premiata con un David di Donatello per Cuore sacro di Ferzan Ozpetek, è ospite della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, per presentare il cortometraggio .Spendo soldi che non ho di Daniela Ceselli e partecipare questa mattina alla Tavola Rotonda organizzata in omaggio a Marco Bellocchio, con il quale ha esordito ne Il principe di Homburg e al quale il festival diretto da Giovanni Spagnoletti dedica quest'anno l'Evento Speciale.
Spendo soldi che non ho rappresenta l'esordio alla regia della Ceselli, nota soprattutto come aiuto regista e sceneggiatrice, tra gli altri anche di Bellocchio per La balia e Buongiorno, notte. Il film della durata di 28 minuti, racconta la storia di Anna (Bobulova), una giovane traduttrice che si occupa di poesia. Un giorno trova tra la posta di casa un cartolina sulla quale sono stati scritti dei versi, ma non indirizzata a lei. Decide di riconsegnarla alla reale destinataria, una ragazza di nome Alba, che le confessa di essere stata lasciata dall'uomo che l'ha spedita. Anna resta impressionata dall'incontro, ma quando conosce il ragazzo scopre che in realtà è tutto falso.
Nonostante i molti impegni, Barbora Bobulova spiega di aver accettato di far parte del cast di questo cortometraggio (con lei anche Alba Rohrwacher, Alessandro Luci e Marzia Lorenzo) non solo perché le era piaciuta la sceneggiatura, ma "perché mi attirava l'idea - spiega - di tornare a lavorare con i ritmi dei tempi della scuola, quando tutto era più rilassato e senza responsabilità, e ancora ci era concesso di sbagliare".
Questo lo spirito con cui si è lanciata nel progetto la regista. "Il film è nato su sollecitazione di alcuni amici (tra gli altri anche il regista Paolo Franchi con il quale ha lavorato per La spettatrice, film interpretato proprio dalla Bobulova, n.d.r.) - racconta la Ceselli - non avevo mai pensato alla regia ma mi sono lasciata coinvolgere dal loro trasporto quando mi hanno proposto di fare qualcosa insieme".
.Spendo soldi che non ho è stato realizzato "praticamente con un no-budget - continua la regista - a questo allude il titolo del mio cortometraggio. Lo abbiamo fatto rompendo le scatole ai negozianti e alla gente dei quartieri romani di Trastevere e dintorni e grazie alla generosità degli attori che hanno accettato di lavorare gratuitamente. All'inizio non ero sicura che mi sarebbe piaciuta quest'esperienza, ma oggi se ne avessi la possibilità lo rifarei".
Pesaro-La Corea a Pesaro
Subject: MOSTRA: LA COREA A PESARO
UFFICIO STAMPA
LA COREA A PESARO
LA DELEGAZIONE DEL SUD-EST ASIATICO IN CONFERENZA A PESARO
Pesaro, 2 luglio. All'interno del generale omaggio alla cinematografia sudcoreana contemporanea, si è tenuto nella sala principale del Teatro Sperimentale, un importante momento di incontro tra il Festival di Pesaro - rappresentato dalle figure del direttore Giovanni Spagnoletti, dell'ex direttore Adriano Aprà e del giovane saggista Davide Cazzaro, co-autore insieme a Spagnoletti del volume dedicato a Jang Sun-woo e alle tendenze del nuovo cinema del sud-est asiatico - e una delegazione di cineasti e rappresentanti istituzionali della Corea del Sud - composta dalla presidentessa del Korean Film Council An Cheong-sook, dal direttore del Pusan International Film Festival Kim Dong-ho, dal responsabile del Dipartimento di Promozione Internazionale del KOFIC Francesco Won, dal direttore della Korean Academy of Film Arts, produttore e regista Park Ki-yong, dalla montatrice Kang Mi-ja del film Ten Oxherding Pictures diretto da Lee Ji-sang, dal regista cinese di origini coreane Zhang Lu (Grain in Ear) - dibattito coadiuvato e reso possibile anche dal mestiere della professoressa e interprete Vincenza D'Urso, presenza amica e fidata.
Introdotto da Giovanni Spagnoletti, che ha immediatamente approfittato per ricordare la lungimirante retrospettiva dedicata al cinema sudcoreano, la prima in ambito europeo, già nel 1992 dall'allora direttore Adriano Aprà, il dibattito si è incentrato sullo "splendido ritorno" di tale cinematografia, oggi sempre più sulla cresta dell'onda e, qui a Pesaro, incarnata stavolta dall'opera poliedrica di Jang Sun-woo.
A parlare per primi sono gli studiosi italiani: da Spagnoletti la parola è passata ad Adriano Aprà, il quale, in un breve ma intenso excursus, ha riabbracciato la sua esperienza passata e avanguardistica ("quella del 1992 fu effettivamente una rassegna pionieristica, forse persino troppo in anticipo sui tempi visto lo scarso successo che ebbe"), evidenziando le caratteristiche di quella cinematografica sudcoreana e anticipando, sia pur brevemente, le peculiarità della nouvelle vague attuale, profondamente influenzata dagli sconvolgimenti sociali, politici e culturali che il Paese tutto ha subito negli ultimi dieci anni.
E' stato il giovane Davide Cazzaro, invece, a presentare un rapido profilo di questa 'novella' cinematografia sudcoreana appunto, precisando le specifiche più interessanti: la floridissima creatività, sopra a tutto, e il diffuso equilbrio che si è creato fra stili generi e autori, pregio non riscontrabile nemmeno in cinematografie significative quali quella hongkonghese e quella taiwanese.
I delegati coreani, ognuno rispettivamente al proprio ambito di interesse professionale, hanno parlato dei radicali mutamenti del proprio Paese ("ciò che ha vissuto la Corea del Sud negli ultimi dieci anni ha del miracoloso", ha ricordato Cazzaro citando un critico anglofono), evidenziando come la crescita culturale collettiva sia potuta avvenire grazie a un'attenta politica economica statale - a presiedere la giunta coreana è stata la prma direttrice donna del Korean Film Council - che investisse, in pratica, in tutti i settori cinematografici, da quelli strettamente connessi all'area artistica a quelli di maggior respiro industrial-commerciale.
Pesaro-tutti i premi 2005
Subject: mostra pesaro: TUTTI PREMI 2005
UFFICIO STAMPA
GRAIN IN EAR VINCE IL CONCORSO PESARO NUOVO CINEMA
Pesaro, 2 luglio. Per la seconda edizione della sezione competitiva Pesaro Nuovo Cinema, selezione di nove pellicole provenienti da tutto il mondo, la giuria composta da Eraldo Affinati (scrittore), Maria Pia Fusco (critico cinematografico), Giuseppe Piccioni (regista) ha deciso all'unanimità di assegnare il Premio Lino Miccichè (5.000 euro) a Zhang Lu, il regista del film cino-coreano "Grain in Ear", con la seguente motivazione:
"Una storia di frontiera e il ritratto di una donna che lotta con ostinazione per conservare dignità, umanità e speranza. Per se stessa e per il figlio. In un territorio ostile, raccontato in un difficile momento di passaggio verso una modernità che comporta un costo lacerante soprattutto per le minoranze. Il regista rivela uno stile asciutto, sempre allusivo e mai compiaciuto, in particolare nei momenti più drammatici, oltre alla capacità di dare forza espressiva ai personaggi anche minori".
Sorpreso dalla notizia, il regista cinese di origini coreane Zhang Lu manifesta con umiltà la decisione dei giurati: "Prima di tutto, vorrei esprimere la mia contentezza e per questo ringraziare di cuore il Pesaro FilmFest per la bella ospitalità e i giurati per avere permesso questa personale conclusione felice. Ci tengo, inoltre, a ringraziare i cineasti e i produttori coreani che, fin dal mio primo film, hanno avuto fiducia in me e mi hanno sostenuto con tutti i mezzi. Senza di loro, non ci sarebbe stato questo momento di gloria. Per quanto mi riguarda, invece, prometto di lavorare sempre al meglio delle mie possibilità per realizzare film di qualità che vengano apprezzati come questo".
Grain in Ear, "il grano nell'orecchio", presentato a Cannes nella sezione "La semaine de la critique", racconta la storia di Cui Ji, una donna cinese di origini coreane. E' madre, e cresce da sola il proprio bambino, vivendo lontano dalla città natale e vendendo abusivamente kimchi, i sottaceti coreani, sempre sotto rischio e sempre in fuga dai commercianti locali che la inseguono.
Kim è un coreano e si innamora di Cui Ji; ma Kim è anche un uomo sposato e il loro amore deve rimanere una cosa nascosta.
Un film profondamente lirico che sposa volentieri il non-detto con il non-mostrato, in cui le emozioni, attraverso la poetica dell'ellissi, sono costantemente trattenute e protratte a lungo termine.
"Vorrei chiamare il mio film 'antiterrorista'. Qui il terrorismo non può avere un senso politico, si riferisce alla tragedia che deriva dalle tensioni tra il forte e il debole, tra il ricco e il povero, tra l'oppressore e l'oppresso. In quanto donna povera e appartenente a una minoranza etnica, Cui Ji è un personaggio tipicamente oppresso. Vive ai margini della società", così il regista Zhang Lu commenta la sua intensa opera.
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PREMIO DEL PUBBLICO
IL PREMIO DEL PUBBLICO, riservato alla sezione "Cinema in Piazza", è stato assegnato a "Kekexili" (Mountain Patrol / I protettori della montagna).
La storia, raccontata attraverso immagini potenti ed evocative, è tratta da una storia vera: Ga Yu, un giornalista di Pechino, è determinato a scoprire la vera storia dei volontari di una pattuglia che proteggeva le antilopi tibetane destinate a essere massacrate dai bracconieri. In cerca della verità, accompagna la pattuglia per quarantamila chilometri quadrati di deserto. Da osservatore distaccato, Ga Yu si sente sempre più coinvolto e realizza che questa non è un semplice pattugliamento ma un viaggio intorno alla vita. Gli occhi di Ga Yu sono testimoni di una battaglia dove il bene e il male non hanno confini.
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PREMIO "L'ATTIMO FUGGENTE"
La giuria del concorso "L'attimo fuggente", premio organizzato dalla Fondazione Pesaro Nuovo Cinema grazie alla collaborazione della Banca Popolare dell'Adriatico e riservato agli studenti di tutte le scuole italiane (per video a tema libero della durata massima di 3 minuti), composta dal giornalista Paolo Angeletti ("Il Resto del Carlino"), da Gualtiero De Santi (saggista e docente universitario), dal giornalista Alberto Pancrazi (RAI) e da Fiorangelo Pucci (direttore del "Fano International Film Festival"), quest'anno ha premiato all'unanimità i seguenti film:
Primo premio:
HOMO di Giada Foresi (Accademia di Belle Arti di Macerata)
Secondo premio:
ESSI VOTANO di Maurizio Failla (Accademia di Belle Arti di Macerata)
Terzo Premio
E IL CIELO PUO' SEMPRE CADERE SULLE NOSTRE TESTE di Matteo Antonini (Accademia di Belle Arti di Macerata)
I tre video in questione saranno proiettati oggi sabato 2 luglio alle ore 21.45 in Piazza del Popolo nell'ambito della serata conclusiva della Mostra.