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Mostra 1987:  Omaggio ad Ungaretti
Luigi Stradella

 

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PUBBLICATA NEL 1985

 

 

 

 

 

 

STRADELLA: TRA SOGNO E NATURALITÀ

 

La meraviglia è forse la condizione che consente a Stradella di far apparire senza resistenze ventiquattro variazioni disegnative su di una base litografica, tutte ispirate a “Il dolore” di Ungaretti. Ed è anche, ovviamente, la reazione estatica di ogni riguardante dinanzi ad una così stupefacente progressione di immagini, concatenate indissolubilmente e tuttavia ciascu­na formalmente autonoma per proprio conto.

Per la verità la base litografica appare quasi “cancellata”, svolge cioè il solo ruolo di supporto iniziale, come un semplice materiale e in quanto tale emette un suono lieve e costante, una sorta di basso continuo in una musica che conosce invece toni ampi e distesi, cupi e avvolgenti, forti e squillanti.

La connotazione fortemente letteraria del lavoro di Stradella costituisce la ragione esplicativa da un lato di siffatti termini di lettura e, dall’altro, della ripetizione ossessiva di variazioni formali che configurano in realtà le pagine di un “joumal”, di un personale diario visivo delle emozioni.

E evidente dunque come l’artista lavori in una condizione di abbandono che risulta indispensabile all’affioramento di immagini che provengono da recessi a volte bui e a volte luminosi, che hanno una chiarissima dimensio­ne onirica - come aveva già notato dieci anni orsono Giuseppe Marchiori - cariche perciò di storia e soprattutto di memoria, in una simultanea combinazione di molte provenienze.

Le vesti di tali immagini sembrano a prima vista quelle del naturalismo lirico ma, a ben vedere, esse vivono, anche senza tali riferimenti, di vita propria perché la loro vera identità e probabilità esistenziale dipendono in realtà dalle sole oscillazioni emotive dell’artista che determina così la loro apparizione.

Per tale via i supporti che Stradella utilizza, assolutamente privi di vita prima dell’operazione, diventano alla fine superfici che contano, che trattengono in forma definitiva e significante i segni e le tracce che l’artista vi produce e le stesse forme sembrano espandersi verso molteplici direzioni alla ricerca di una connotazione diversa e prima di allora insospettabile ed imprevedibile. Come ha scritto lucidamente Franco Martelli, infatti, “le strutture del contingente vanno dissolvendosi in apparenti rarefazioni, per riaffermarsi in immagini certe di realtà interiore”, quella per l’appunto che l’artista immette al loro interno nel corso del processo di disvelamento delle forme e delle figure.

Il fascino dell’opera di Luigi Stradella sta proprio in questo divenire della forma, in questo dialogo anzi tra forma e informe, nella dilatazione e nella trasfigurazione “in progress” dei segni e dei colori, verso approdi finali che forse lo stesso artista ignora e comunque non prevede ma intuisce soltanto con la forza della sua capacità immaginativa. Questo processo si manifesta naturalmente nel segno della seduzione e dell’ambiguità e risulta perciò abbastanza inutile e perfino fuorviante tentare di riconoscere all’intemo di un evento siffatto i primitivi e seppure dichiarati segnali di riferimento ispirativo.

La verità è che nei lavori di Stradella non c’è traccia di una scrittura che pretende il diritto alla descrizione né una forma o una figura che detengano la centralità delle immagini.

I piccoli scarti e le lievi variazioni di questa sequenza di fogli configurano semmai, nel loro assieme, una sola grande immagine, un unico vasto racconto, un solo itinerario espressivo da leggere unitariamente per cogliere il significato dei frammenti, delle tessere di cui è composto e decifrare il cupo, profondo e solenne canto che essi compongono. Un canto colmo di dolore ma non disperato, seppure a volte contiene gli accenti del grido, ma piuttosto un rombo potente e maestoso, epico, che fa capire anche come l’artista si ponga in questo caso all’intemo dell’immagine con la quale prende possesso della realtà minacciosa che lo circonda. Ma è proprio qui, nel conflitto voglio dire con la sorda orizzontalità del quotidia­no che l’opera di Stradella assume il suo valore più autentico, eccentrico rispetto alla norma del consumo, in una persistenza duratura che costringe alla riflessione, ad una sosta lunga di stupefazione e dunque alla contem­plazione. È evidente allora che per Stradella l’immaginazione non è una condizione astratta ma il luogo di apparizione delle sue pulsioni più profonde. E si capisce anche perché le sue opere si manifestino senza sforzo, naturalmente, perché possiedono la straordinaria forza della inevi­tabilità, che, a ben vedere, è la forza dell’arte e della poesia.

Venezia 22.3.86                                                                    Enzo Di Martino