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Mario Gambedotti: giudizi critici e rassegna stampa

CRITICA

A. Gusmano 2007

A. B. Varotto 1991

F.Carnevali 1985

G. Mosci 1985

R. Violi 1978

 

 

 

RASSEGNA STAMPA

Attili-RestoDelCarlino 1981

 

 

Le decorazioni di Mario Gambedotti

in GRAPHICUS  aprile 2007

Un primato nella xilografia italiana del Novecento

Alessandro Gusmano

La xilografìa, ovvero la stampa con torchio tipografico di incisioni scavate in legno, ebbe in Italia particolare fortuna, nel recente passato, tra le due rovinose guerre del Novecento. Il lavoro dell'artista incisore in legno non è facile, occorre infatti eliminare dalla superficie della matrice di stampa i contrografismi, zone che non devono ricevere inchiostro (si ragiona perciò su un'immagine "negativa"-; basta una scheggia di troppo per creare insolubili problemi. Forse anche per questo, o forse per un mero fenomeno di moda, l'arte, antica e cospicua, nel secondo dopoguerra conobbe una stasi.

 

Illustri incisori hanno onorato la xilografia nel Novecento; di italiani, nella fattispecie, non possiamo non citare i grandi maestri della scuola urbinate d'illustrazione: De Carolis, Bruno da Osimo, Acqualagna; altrettanto importanti, nella seconda metà del secolo, Marangoni, Morena e pochi altri.

 

Mario Gambedotti si colloca in questo milieau culturale e in questa dinamica artistica. È nato a Urbino nel 1936, ha frequentato il celebre Istituto Statale d'Arte per la decorazione e l'illustrazione del libro, seguendo i corsi di incisione e stampa d'arte, specializzandosi successivamente nella tecnica del cinema di animazione; ha dunque le carte in regola per la xilografia appunto. Le sue opere sono caratterizzate sia dalla specificità dei soggetti elaborati, sia, naturalmente, dalla notevolissima capacità tecnica di esecuzione.

 

Realismo antiretorico

Si può citare un riferimento culturale specifico ai "bamboccianti" romani del Seicento e alle figure grottesche, per inquadrare la produzione di Gambedotti, assai figurata e tutta imperniata sull'uomo, con le sue problematiche, intese però con ironia giocosa e realismo antiretorico, di vena prevalentemente narrativa. Accurate e minute sono le sue descrizioni di vita popolare e quotidiana, con ricostruzione di ambienti e personaggi della tradizione centro-italica più schietta.

Non manca il lato favolistico e fantastico, sempre risolto in modo ameno e rasserenante, a completare il panorama dei contenuti delle incisioni di Mario Gambedotti. Abile nella realizzazione di gustosi ex-libris, Gambedotti scava nel legno le segrete ambizioni dei suoi clienti, coglie lati psicologicamente precisi e significativi delle loro abitudini e i loro desideri, per questo è assai apprezzato in questo esclusivo ambito.

 

Cinema e TV

Già nel 1957 Gambedotti è a Milano presso la Gamma Film, nel 1958 si trasferisce alla RAI di Torino, dove risiede tuttora, e nel 1961 passa alla Sipra. Realizza illustrazioni per l'editoria, scenografie per la televisione, copertine di dischi, cartelloni, una serie di illustrazioni librarie per vari editori. La prima cartella di incisioni risale al 1966, quando realizza, per la Sipra, i Segni Zodiacali, poi editi in un apprezzato calendario. Seguirà, per la stessa azienda, una lunga serie di gustosi almanacchi. Nel 1975 allestisce una prima mostra personale a Finale Emilia; ne seguiranno molte, specie in Piemonte

e Valle d'Aosta, ma anche e in Italia centrale (Carpi, Urbino-.

 

Xilografìe d'arte editoriale

Parallelamente, Gambedotti si fa notare per le illustrazioni editoriali, tra le quali emergono, per qualità e impegno, quelle (33 xilografie di grande formato- per l'opera Poeti, Santi e Maledetti del Duecento, realizzate per le Edizioni Priuli & Verlucca, casa dell'eporediese assai nota per la qualità della

produzione, in particolare per gli ottimi facsimili di antichi codici miniati. Per la stessa editrice realizza le xilografie del volume Il processo di Frine, e ancora illustra con xilografie il libro Canti e canzoni piemontesi. 1 suoi volumi vengono presentati più volte, con vetrina personale, alla Fiera Internazionale del Libro di Francoforte. Sempre per le Edizioni del Pavone di Priuli & Verlucca, realizza / Tarocchi di Gambedotti 22 xilografìe per 1000 esemplari numerati.

 

700 matrici xilografiche

Nel 1986 si impegna a incidere in legno una nuova intera serie di tarocchi (78 carte-, che riscuotono un notevole successo per l'originale figurazione. Si dedica in seguito anche all'illustrazione di libri per ragazzi: // principe e la rana, Chichibio, la leggenda della cicogna per la Emme Edizioni. Nel 1991 al Palazzo della Giunta Regionale, a cura della Regione Piemonte, viene organizzata una sua mostra personale; ne seguono altre e Gambedotti viene premiato in più occasioni; durante la sua intensa e prolifica attività ha prodotto circa 700 xilografìe, stampate in proprio con una tiratura media di 30 copie. Un vero primato!

 

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Un linguaggio di cristallina serenità

di Attilio Boccazzi Varotto

 

Nel dogmatico contesto delle arti figurative la presenza dell'urbinate Mario Gambedotti, xilografo accurato di un mondo unanime, costituisce un caso gioioso, giocoso, ma censurabile nei propositi come vedremo poi.

La visione ch'egli ha della vita prevede il rifiuto delle emozioni violente, il rigetto dei sentimenti sanguigni; il confluire, in tavole d'antica tradizione, di un linguaggio di cristallina serenità teso a governare il viluppo sorprendente dei suoi personaggi e delle situazioni alle quali essi presenziano. Quest'ultimo verbo non è usato a caso. Essi, omotti o donnotte paradigmatici, apparentemente coinvolti in scene di lavoro o di commercio, che della fatica è il vago simulacro (non me ne vogliano i bottegai che so essere razza risentimentale- altro non sono che pretesti, fantasie grafiche, invenzioni letterarie, frodi consapevoli, parole d'ordine, suggeritori di ideologie incongrue, protagonisti di fiabe. Nelle tavole di Gambedotti esiste un solo personaggio: Gambedotti, o meglio la sua maschera, la sua divertita maestria. Ma anche questo è un gioco deviante, una ulteriore mistificazione che ci viene proposta: quegli omotti e le loro paffute compagne sono esattamente come egli vorrebbe essere; e fanno, o piuttosto non fanno, come egli vorrebbe poltrire. Vergognandosi di tali attitudini, e con ragione, riversa quegli attributi sulle sue creature e attraverso lo specchio deformante dell'arte cerca giustificazione. Alberi, distese di tetti, animali, tutto il fitto ordito di segni circostanti gli omotti, sono un mero pretesto atto subdolamente a fuorviare l'attenzione dal vero soggetto delle xilografie di Gambedotti Mario, classe 1936: l'elogio dell'ozio. Possono apparire paradossali tanto sforzo e tanta fatica per perorare una causa che si propone comportamenti esattamente opposti, occorre però precisare che Gambedotti è giunto

a chiarire la sua posizione ideologica in età relativamente avanzata, e per vie tortuose, con un singolare gusto per la clandestinità e la simulazione: solo con grandi sforzi, pare, si giunse a convincerlo dell'inutilità di usare pseudonimi o roboanti nomi di battaglia. L'attivismo dei neofiti è proverbiale.

Ed è diluvio. Come soprammobili, affolla di ozianti camuffati i fogli bianchi. Un pullulare di danze e bevute. Un brulicare di piatti appena consumati su tavole consumate da quello stesso uso. Bimbotti scorazzano a caso con volto estatico, protesto verso un futuro di radiosa indolenza. Un umore vinoso essuda da baccanali diligentemente svolgentisi sotto alberi vetusti d'anni e di noia. Di una festa fa una processione grottesca. Di un mercatino un groviglio di corpi con e senz'anima. Di un eroe un giullare.

Nel labirinto gambedottiano convergono le antiche e serene certezze dell'uomo primitivo; la indubitan, te, sicura coscienza festaiola dell'uomo contemporaneo.

Al fondo del suo sistema fabulatorio egli pone una irrefutabile verità: l'arte è gioco, la vita è gioco. Gambedotti disegnando, incidendo i suoi legni alteri «di testa», gioca e sa di giocare. Giochiamo con lui?

Attilio Boccazzi Varotto      

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Per Mario Gambedotti  illustratore

di Francesco Carnevali

 

Il grande volume di tiratura limitata apparso nelle Edizioni del Pavone, di Priuli&Verlucca, primo di una serie che ogni bibliografo attenderà con ansia, è realizzato con preziosa cura.

Esso è intitolato:  «ALL'INSORGERE DEL VOLGARE / Poeti Santi e Maledetti del Duecento»

Raccolta di liriche dunque, accompagnate da 23 xilografie originali, di Mario Gambedotti.

Le prime pagine del libro, in cui sono minuziosamente elencati i nomi dei collaboratori, e i luoghi, e le materie usate, recano a parte una succinta e precisa nota su Mario Gambedotti.

Urbinate, classe 1936, ex allievo di quell'Istituto d'Arte dedicato alla «Illustrazione e decorazione del Libro». E a questo punto mi sia permesso di unire una mia nota sull'evento: perché esso diviene per me causa di rievocazione, di ripensamento e di gioiosa stupefazione! Aggiungere alcunché riferito a Mario Gambedotti, da me ricondotto alla sua età giovanissima sui banchi di scuola per constatare la personalità che ne è derivata, tutta intessuta e protesa ad accenti popolareschi, resa palese sia attraverso i calendari da lui eseguiti per la SIPRA (la importante ditta torinese di pubblicità- sia da una mostra personale ch'egli presentò in Urbino nella Casa di Raffaello, e ancora, e più chiaramente palese, in quel libro che reca il suo nome quale autore-raccoglitore di «Canti e Canzoni Piemontesi» (Priuli & Verlucca, editori; Dicembre 1982-; per constatare infine il grado da lui raggiunto in quella sua tecnica incisoria prescelta, alla quale diresti sia naturalmente portato. Tale è la sua bravura nella esecuzione nitida e vibrante, capace di preziose variazioni, di raffinati passaggi chiaroscurali, tanto che in alcuni casi la materia sembra trasfigurarsi pur non tradendosi mai. Quali siano oggi i bulini da lui adoperati per tagliare i suoi duri legni di bosso e di pero, ancor più sottili dei cogniti bulini a pettine, non sono in grado di giudicare, ma i trapassi dal robusto al prezioso devono essere ben valutati poiché la genuinità dell'incisione lignea rimane inalterata. Nel libro «Canti e Canzoni Piemontesi» sono poste, a commento dei vari testi dialettali, pagine con gustose e appropriate figurazioni, fra le quali a lato de «Su la vita in campagna» un superbo tacchino e una chioccian-te gallina, e poco più oltre un gallo impettito nel chicchirichì incisi direi, piuma per piuma e troneggianti sul bianco della carta; inoltre v'è inciso un grande «Giuoco dell'oca» e non mancano i propiziatori veggenti «Tarocchi», né le nostrane «carte da giuoco», incisi alla maniera popolana. Vi sono poi, all'apertura e chiusura del volume, due note riferite all'autore, l'una iniziale di Amerigo Vigliermo, l'altra

finale, di Attilio-Boccazzi Varotto datata Da sotto una pianta nella piena calura estiva del 1982 che a me sembra, con le sue osservazioni attentissime sui personaggi inventati da Mario Gambedotti, ritrarne in pieno il carattere e gli umori. Che ora nel volume dei «Poeti del Duecento» aperto dal Cantico delle Creature di San Francesco d'Assisi, con una ingenua elencazione, e concluso dalla musicale lirica di Dante Alighieri nella prima giovinezza «Guido i' vorrei che tu e Lapo ed io fossimo presi per incantamento...» direi sia racchiuso quanto di meglio Mario Gambedotti ci abbia mostrato, quanto cioè egli abbia dato alla pagina del libro; ossia, come queste pagine per la disposizione negli spazi delle parti del testo e delle figurazioni, abbiano trovato gradevoli ed espressivi equilibri, sicché la parte incisa è divenuta decorazione della parte stampata. Certamente vi è stata una stretta collaborazione fra l'editore progettista del libro, lo stampatore, e l'illustratore incisore, tali sono le disposizioni delle parti. Vi basterà aprire il libro con le due pagine affrontate peraccertarsi in quali accorte misure siano stati situati e l'armonia sia stata raggiunta fra i bianchi, i grigi, i neri di vario peso, quale geometria ne derivi che in alcuni casi diviene anch'essa espressione.

Siano le parti figurate disposte verticalmente a guisa di colonna e si prolunghino in alto di angolo o occupino intera la pagina come parete affrescata, siano poste a intestazione o a chiusura, oppure segnino una linea zigzagante per le due pagine aperte, il legame ben visibilmente sussiste. E questi accorgimenti a me appaiono realizzazione di una rinnovata ricerca di bellezza e di cura, confrontandola a recenti edizioni raffazzonate, in cui i disegni posti a illustrarle, stanno come intrusi, non avendo alcun legame con le pagine tipografiche; ernie sembrato dunque una attualissima possibilità di sviluppo proseguendo gli esempi delle pagine armoniose quali sempre furono studiate e raggiunte con mezzi diversi in ciascun secolo, e i mutevoli gusti attraverso lo scorrere dei tempi.

Azzardo dire che non tutte le parti raffigurate abbiano in Gambedotti trovato l'illustratore consenziente, comunque l'armonia del libro non ne soffre (tante e diverse sono le voci dei poeti!-.

E quanti sono i poeti convenuti nel volume? E di quali provenienze? E di quali accenti? Una succosa nota biografica, presenta ciascuno. Ne conterete diciassette non considerando la duplicità delle «due tenzoni» e la pluralità, sia pure anonima, dei memoriali bolognesi. Non dirò i nomi di tutti indicando soltanto quelli il cui commento figurato che ne ha tratto Gambe-dotti, sembra legarsi più solidamente al sapore del testo. Che dire dei «Mesi» di Folgore da San Giminiano e della

«Risposta» di Cenne de la Chitarra? o delle «Noie» di Girar-do Patecchio e dell'«Alfabeto dei proverbi» di Garzo? Come non consentire al «Detto» di Matazone di Caligano (Na-tivitas rusticorum- o al «Convito» di Bonvesin de la Riva? Come non ammirare l'ingegnosa stesura delle imprecazioni e la balzante cattanza delle lamentazioni di Cecco An-giolieri; o l'obliquo occhieggiare delle due donne, nelle rime dei «Memoriali Bolognesi» e la rigorosa ritmica gioia delle tre danzatrici (Vegna vegna... Sdegna sdegna...- della cadenzata lirica di Guittone d'Arezzo? Brunetto Latini ben cognito dall'episodio dell'Inferno Dantesco e l'Alighieri delle rime e della visionaria Vita Nova e di più, l'accorato «Pianto della Madonna» di Jacopone da Todi richiamati dalle pagine del libro, rimangono invece quali nell'adolescenza li avevamo intesi, alla prima classe di Liceo (credo fosse il 1908- e li studiavamo sulla Antologia del Torraca.

Francesco Carnevali       

Urbino, febbraio 1985     

    Presentazione per la Personale nel 1985

    alla Sala del Castellare

    del Palazzo Ducale di Urbino

 

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da «Notizie da Palazzo Albani», 1985

di Gastone Mosci

 

...molti giovani cresciuti e formati alla Scuola del Libro hanno trovato altrove la loro strada, hanno fatto il loro tirocinio, hanno approfondito la loro arte e dopo un pò ' di tempo sono ritornati a Urbino per far conoscere il loro nuovo lavoro e sancire un riconoscimento. Di questi casi ce ne sono molti, vale a dire molti artisti con una intenzionalità più o meno orientata hanno fatto questo esperimento rinnovando un incontro con la città. Penso a Salvatore Fiume, Remo Brindisi, Arnoldo Ciarrocchi, Renato Volpini, Walter Valentini, Mario Logli, Alceo Quieti e ultimo Mario Gambedotti.

Gambedotti ritorna a Urbino in questa grande mostra di più di un centinaio di incisioni su legno e s'impone per la compiutezza della sua arte. Ma chi segue la vita della grafica e tiene qualche contatto con questo ormai specialissimo mondo della xilografia ben conosce il valore ed il consenso di Gambedotti in questo campo. La sua xilografia è un prodotto puro, cioè genuino, autentico, valido e altamente espressivo di un antico insegnamento nella Scuola del Libro di Urbino. Le sue opere d'illustrazione — è ormai sulla soglia dei venticinque anni di lavoro artistico — rappresentano anche la sintesi didattica di una scuola: il segno elegante e scattante di Aleardo Terzi, i neri e le decorazioni di Ettore Di Giorgio, il movimento delle figure di Mario Delitala, le luci e gli intrecci di Umberto Franci, le immagini disincantate di Alberico Morena, le linee asciutte di Pietro Sanchini. L'elenco potrebbe essere più ampio: sono tutti maestri di xilo legati alla Scuola di grafica di Urbino. Però il mondo di Gambedotti è segnato da un altro insegnamento, da un altro mondo poetico, una storia antica, un mondo di favola, un mosaico d'intreccio popolare, come poteva essere la vita a Urbino negli anni Cinquanta: si tratta della guida spirituale di Francesco Carnevali, del minimo teatro dei suoi personaggi. Carnevali ha comunicato un amore per il disegno ed un canovaccio che è anche stile di vita, passione per l'arte, amore per il lavoro, attenzione ai segnali della vita.

Gastone Mosci     

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Gambedotti riesce a «retinare» il legno

quasi fosse tenero metallo

di Raffaele Violi

 

 

A ben osservare un legno inciso dal Dùrer o da Holbein, c'è da essere presi da un profondo scoraggiamento. Mario Gambedotti, invece, non si è scoraggiato, ma ne è stato stimolato come da un traguardo possibile. Piano piano, armato di sgorbie, di lisce tavolette di legno di pero, e di tanta passione, si è tracciato con mano maestra un suo sentiero grafico dove il segno (e il legno- si vanno via via spiritualizzando, dove la tecnica (già intensamente vissuta da allievo della Scuola d'Arte di Urbino- si è affinata al punto di fare concorrenza alle altre tecniche incisorie. Gambedotti riesce a «retinare» il legno quasi fosse tenero metallo, a condurre esilissimi fili di ragno attraverso corpose composizioni piene di campiture a contrasto fra di loro, a gremire di personaggi, di cose e, soprattutto, di «humour» le compatte mattonelle lignee. Oramai la sua «tavolozza» di grigi è uno svariare di toni che qualche tempo fa lui stesso avrebbe considerato impossibili. Per non parlare delle ariose prospettive, della profondità ottenuta con tagli sapienti (una finestra, un loggiato- e con un magistrale gioco di piani. Ma le considerazioni tecniche sono meno importanti di quanto l'arte di Mario Gambedotti ci offre in abbondanza, e che è il suo gustoso leitmotiv. Quel grande corale, sentire l'umanità e amarla. Amarla nei suoi aspetti più cordiali, più umili, più vissuti. Un'umanità che gioca a tressette, o a bocce, o si maschera per carnevale. Che mangia, che beve, che fa le cose di tutti i giorni. Frataccioni ridenti che si rincorrono fra alberi in fiore, grasse casalinghe che rimescolano la polenta, sbracati contadini che, sorretti da una chitarra, stonano allegramente insieme... Si pensa a Brueghel, a un modo di essere «sociali» forse irrecuperabile (almeno per noi cittadini-. E si è grati a Mario Gambedotti come a chi ci offrisse, con amicizia e semplicità, una scodella di fumante pasta e fagioli e un bicchiere di buon vino rosso.

Raffaele Violi   

Marzo 1978  

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Anna Maria Attili

Gambedotti espone ad Urbino

UNA BELLA MOSTRA DI XILOGRAFIE ALLA BOTTEGA DI GIOVANNI SANTI

il Resto del Carlino  Domenica 26 luglio 1981

 

URBINO — Mario Gambedotti è nato a Urbino e nulla città feltresca si è diplomato presso l'Istituto statale d'arte. Quindi, come tantissimi giovani urbinati, ha lasciato la sua terra per cercare lavoro e successo altrove. Ha trovato prima l'uno, poi, grazie alla sua abilità nell'incisione del legno, è stato scoperto dalla critica ed ora il suo nome gode di un meritato rispetto e di un notevole apprezzamento tanto che, sicuro di non demeritare dai suoi concittadini, è tornato nella sua città ed ha allestito nella Bottega di Giovanni Santi, presso la Casa di Raffaello, una mostra molto interessante che resterà aperta fino al 2 agosto.

Nelle incisioni di Mario Gambedotti si legge una storia: non è solo lo schema mentale del «visore» che vuole ad ogni costo trovare una chiave di interpretazione; sono gustosi personaggi, quelli che ci presenta nei suoi «scorci» di piccolo mondo antico, che narrano la loro vita, con i visi bonari e sornioni, i sorrisi larghi e familiari, le espressioni ironiche e trasognate. La struttura compositiva delle xilografie è infatti brulicante di figure e di cose: sono allegre e vivaci composizioni di gruppo che si innestano sia nella rigida geometria degli interni, sia in quella libera e spaziosa di paesaggi e luoghi in cui si delinea, quasi sempre, una Urbino idil-. Itaca e popolare: è una umanità varia e viva, non maschere psicologiche e distorte di un mondo babelico affannato dietro falsi bisogni - consumi.

Al di là di quei paesaggi, di quelle morbide colline, di quelle ripide viuzze, dietro quelle ampie cucine in cui cuociono cibi genuini, si mangiano polente, si impastano tagliatelle e sfogliate, si prepara il presepe, si giocano accanite partite a carte, oltre le aie dove si celebra il rito dell'uccisione del maiale, oltre le chiassose osterie scosse da canti stonati, ci siamo noi: i cittadini di oggi, con i nostri affanni, le nostre nevrosi, le nostre angosce.

 

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