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   HANNO DETTO   di  BRAMANTE  BUSIGNANI

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IL CAPITELLO

Cagliari  via Barcellona, 9

 disegni ad olio di bramante busignani   20  Novembre  1965


In venticinque tavolette Busignani espone l'esperienza ed il lavoro di un intero anno, dedicato per sua confessione, alla pittura ad olio.  E diciamo subito che Busignani è quell'ottimo incisore che tutti conosciamo, il quale, in passato, si è concesso solo occasionali esperimenti a tutto colore.

Sul piano espressivo non è possibile ammettere una particolare differenza linguistica passando da una tecnica all'altra.  Pure dobbiamo credere che per un artista grafico l'esperimento si sarà svolto in un clima di particolare eccitazione, quasi per un inconfessato desiderio di superare una presunta inferiorità che per lungo tempo lo abbia condizionato.

Ripeto che non vi è gerarchia di prestigio fra l'olio e l'incisione, ma il caso di Busignani non è il primo che io ricordi, ed il fenomeno è portante soprattutto sul piano psicologico.  In realtà, alla verifica dei valori, i dipinti confermano quella spiccata vocazione cromatica che già il bianco e nero dimostrava, solo che l'aroma delle spezie e la densità dei sughi si fa più scoperto in questa cucina forte e saporosa di colori, in cui la pasta cromatica ora è scoppiante e sfioccata, ora invece è concentrata e plasticata a smalto in incastri ed alveoli limosini, ora infine è vaporosa e soffiata.

Busignani pittore è dunque lo stesso Busignani incisore, nè poteva essere altrimenti, che persino il taglio delle sue tavolette ricorda la dimensione dei suoi rami.  E sono reperibili quegli stessi scarti di umore che da sempre.

Dieci tavole caratterizzano nei passaggi bruschi da una «morsura» di satira bonaria esercitata sulla realtà, ad un distacco lirico da questa per una introspezione con una «velatura» di tristezza pensosa e quasi venata da sconforto, sicché nella serie delle sue tavolette ora è dato di cogliere un taglio arguto d'interno di paese fra picaresco e metafisico, con rapporti dialettici di luci ed ombre e presenze inquietanti di chierichetti e suore cappellone, ora invece tu scopri interni pudi-chi ed intimi con stanchi arlecchini, misteriosi nudini evocati da una nebbiolina sottile e tonale, scalata dal viola azzurro al verde muschio.  E mentre qui il colore si fa pastello e quasi stinge al tatto, altrove è smalto a gran fuoco e vitreo come tessera musiva.

Nè mancano in questi estremi pendolari del suo carattere le fasi intermedie con rossi stalloni visti in una dimensione senza luogo e senza tempo, che svaporano, sudati, in una sfocatura da presbite che si perde i primi piani, oppure soluzioni ad arabesco in quel prezioso frammento di porto che impania gru e marittimi ad una splendida tela di ragno.

Sarebbe ozioso in questo diagramma del suo carattere isolare il vero Busignani, che è tutto qui col suo candore e l'innocenza della sua infanzia, ed è, come tutti i timidi, precipitoso nell'aggredirti ed altrettanto nel rimorso che segue e lo sprofonda nello sconforto.

Nel «vangelo aperto» di Busignani, è tutto il suo merito: la sua schiettezza di emozioni è vissuta in presa diretta e senza filtri o schermi intellettuali.

Sabino Jusco