Alfredo  Zampolini:   Qui voglio rimanere

Bibliografia Zampolini
Inizio Indice Il pane della nonna A Marina La mia terra Rondine nera I fuochi dell'Assunta

 

 

 

 

QUI VOGLIO RIMANERE

 

Il lievito

della mia vita

è su queste antiche mura

che mi hanno visto nascere

su queste alture

battute dal vento

dove l'usignolo

canta il mattino

e colora di rosso

i campi

il papavero

 

Qui voglio rimanere

 

PRESENTAZIONE

Nell'approssimarsi del primo anniversario della scomparsa di Alfredo Zampolini la famiglia desidera presentare alcuni suoi scritti inediti a quel pubblico di concittadini che negli anni ha seguito con interesse e affezione la sua multiforme produzione letteraria (poesie in dialetto e in lingua, racconti, un romanzo pedagogico ),teatrale ( commedie in dialetto e in lingua),saggistica ( dialettologia, storia e tradizioni locali, linguistica). Gli scritti che presentiamo sono stati prodotti in un lungo arco di tempo, che va dalla fine degli anni '70 al 2008, e sono ripartiti in due parti:

   una raccolta di 15 poesie, di diverso contenuto, tutte caratterizzate da un profondo afflato lirico. In esse l'autore esprime l'attaccamento alla propria terra e la contemplazione della sua bellezza, l'amore appassionato per la natura e il rispetto per ogni essere vivente, la riflessione di carattere spirituale e religioso, il senso profondo degli affetti familiari. Si tratta di temi già affrontati in opere ben note ai concittadini ( da "La mi cità" a "Confiteor"),temi continuamente rielaborati e approfonditi nel corso degli anni;

   una sezione dedicata alla ricostruzione letteraria degli usi e costumi di un tempo (anni '30 del secolo scorso) nella città di Urbino e soprattutto nelle sue campagne: una poesia ,"11 taglio della seccia", e un lungo racconto, " I fuochi dell'Assunta". Il contesto è simile a quello di opere conosciute ("Fai Co' ", "La scampanata", "Gent de spirit"), ma l'inventiva guida l'autore verso situazioni sempre nuove e intriganti, pur nel rigore della ricostruzione socio-antropologica dello stile di vita dell'epoca.

Nel complesso si evidenzia la continuità e coerenza tematica e stilistica della sua intera opera, caratteristiche legate sicuramente anche al profondo radicamento dei temi trattati nel suo cuore e nella sua anima.

La famiglia

 

INDICE

 

 PRESENTAZIONE                                5

PARTE I - LIRICHE   

QUI VOGLIO RIMANERE                 11

LA MIA TERRA                                  12

CONFORTO AL MIO CUORE           13

RONDINE NERA                                14

IO TEMO PER TE                               15

VICINO A QUELLA STELLA            16

A PAOLO VI                                        17

COME TACERE DI TE                       18

NATALE 1995                                     19

IL PANE DELLA NONNA                  20

CARA INNOCENZA                           22

GENEROSO CUORE                          23

A MARINA                                          24

GENNAIO 1996                                   25

VESTITEMI A FESTA                        26

PARTE II -

LA VITA IN TERRA D'URBINO                             29

IL TAGLIO DELLA SECCIA

(O DELLA PAGLIA)                           31

I FUOCHI DELL'ASSUNTA               35

 

N.B. Cliccare sulle voci azzurre sottolineate per leggere il testo

 


Marina Zampolini © Pistoia 2016
In copertina Visione di Urbino di Marina Zampolini
Stampa: Il Papyrus Editore - Pistoia Prima edizione, febbraio 2016
 

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IL PANE DELLA NONNA

Lo stesso tema è sviluppato nel breve racconto "La vestizione della nonna"

pubblicato in "Fai co" e nel sito web www.casatea.com

 

Mia nonna aveva

una gamba piagata

camminava

appoggiata al bastone

Brillavano i bottoni

del suo corpetto

e i capelli bianchi

erano divisi a metà

 

Mia nonna

stava più di mezz'ora

allo specchio

per lisciarsi i capelli

Con dita leggere s

i faceva la crocchia

 

Sulla sedia a braccioli

leggeva la Filotea

e mormorava preghiere

 

 

Era bella la nonna

col fianco sottile

la lunga gonna

con pieghe

Mi pareva una grande signora

Io

ero il paggio

stavo in piedi

ubbidiente

a servirla

 

Mia nonna tagliava

in fette sottili

una pagnotta di pane

bianco

Quelle fette

mi sembravano ostie

Mia nonna

si cibava ogni giorno

del nutrimento di Dio

 

 

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MARINA

 

Quand'eri piccola

venivi con me

là, ai Cappuccini

a cogliere le primule

nei primi giorni di marzo

quando la tramontana

gela ancora le mani

e nel cielo corrono

le nuvole bianche

 

Sui campi spuntavano

i primi fili d'erba

esili

nel bosco

mille braccia rugose e immobili

in alto

erano i rami

 

 

Le primule fiorivano a mucchi

sulla terra indurita

sembravano falde

dell'ultima neve

 

 

Avevi un sorriso

semplice e felice...

io godevo di quella tua letizia

 

 

Ora sei donna

non vieni più con me

Ma io resto

quello di prima

a primavera

torno nel bosco

a vedere il prodigio

di quei fiori gialli

sulla terra appena sgelata

 

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LA MIA TERRA

 

Una distesa

di balze cime rupi

di campi rasati

di aggrovigliate valli

 

Ombre nei fossi

dove l'acqua gorgoglia

Sulla cresta delle colline

macchie verdi

di tenerissime foglie

 

In alto la città

con torrioni e mura

e un grande castello

Sulle piazzette deserte

le case

fanno morbide ombre

 

La gente è in piazza

nel gioco

del vento e del sole

Urla il vento ubriaco

sui vicoli stretti

L'Appennino è una riga

di denti neri

 

Ponetemi qui

in un angolo di primavera

dove il lupino fiorisce

e canta il grillo

con voce spezzata

 

 

RONDINE NERA

 

 

Rondine nera

sei salita in alto

danzando col vento

Hai intrecciato voli

sopra le case

in cerca dell'ultimo insetto

 

Oggi non ci sei

il cielo è vuoto

e senza fremito

E' un segno

che l'estate se ne va

 

Rondine nera

 

 

 

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I FUOCHI DELL' ASSUNTA

 

Alla Casina Rossa ci stavano in cinque: i due sposi, la Lisa e Celso, i genitori di Celso, la Marietta e Gigion, e lo zio Menghin.

Quel giorno, vigilia dell'Assunta, il sole stava andando sotto ma Gigion non era tornato dalla fiera.

In casa la Lisa scardassava l'ultima lana dei cuscini; la Marietta, nel suo seggiolone, rattoppava una fodera; Menghin, cognato della Marietta e irriducibile scapolo, chissà dov'era. Forse a far l'erba per i conigli dalla parte delle genghe, per strappare alla terra quel poco che era rimasto con tanta asciutta, o magari a raccogliere le sorbe, nella piantata. Gli piacevano le sorbe, le succhiava a una a una come si fa con l'uovo da bere. Tornava a casa col muso bagnato, che si riconosceva bene; e la Marietta a mugugnare:

-  Mangia che ti mangia le sorbe, un giorno a quello lì gli si intoppa il budello! -

-  Queste cose non si dicono, mamma, il Signore non vuole! - rispondeva la Lisa.-

-   E va bene, il Signore non vuole. Ma io i golosoni non li posso vedere! -

Anche Celso era andato alla fiera a cercare il fattore, a dirgli che quelle tre lire per la monta della vitella, da pagare da parte sua, erano troppe. C'era anche da comprare l'anguria bella e grossa da portare a casa e mettere al fresco nel pozzo per la festa del giorno dopo. I soldi glieli doveva passare Gigion, se vendeva quel paio di piccioni. Al ritorno, dopo cena, Celso doveva fare il "marzo". Aveva preparato un mucchio d'erbaccia secca e un altro di paglia. Li doveva portare sull'aia e aspettare la notte per fare un bel falò in onore della Madonna.

E dalle case vicine e lontane avrebbero risposto con altri fuochi. Il "marzo" andava ravvivato con qualche forcata di spino secco. Ma guai a toccare gli spini di casa! Ce n'erano cinque o sei fascetti sotto la tettoia del forno, ma quelli servivano per cuocere il pane. Beh, ne avrebbe preso solo uno, tanto uno non voleva dire niente!

L'ombra scendeva dal monte, a coprire il filone di trifoglio, la pozza con i salici e i primi pagliai. Dalla parte opposta, sul campo della seccia, c'era ancora il sole a formare un ritaglio di terra gialla.

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