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GERMANA DUCA RUGGERI: hanno scritto su Gli angoli della terra
 

 

Germana Duca, Gli angoli della terra, Joker, 2009

di Maria Grazia Maiorino

 

Il vero maestro è una luce perfetta.

Lao Tse, Dao De Jing

 

La prima poesia è un cammeo, una mandorla luminosa che contiene le attese future: il pudore e la speranza, il favoloso e il quotidiano si specchiano in un laghetto cittadino inventato da occhi di bambina già sensibili al valore poetico delle cose. Siamo all’inizio di un viaggio durante il quale la riflessione di Ingrid Betancourt scelta come esergo - Solo il tempo può aprire le coscienze ed elevare gli spiriti - ci guiderà echeggiando memorie bibliche e suggestioni di saggezza orientale.

Subito i versi si piegano in preghiera; al di là del lago è già comparso il mondo, “Dallo scaglio/ della prima pietra esonda il sangue”, e non ci resta che chiedere altro tempo per riuscire a vivere il padrenostro che il Signore ci ha insegnato. ”Noi assegnati gli uni agli altri” si dirà più avanti, in chiusura della prima sezione, con un nobile richiamo a responsabilità sociali disattese in un mondo dove regnano individualismo, competizione, mercificazione. Mi vengono in mente dialoghi e sequenze di film – dal mitico Grande freddo di Kasdan degli anni ‘80 a Saturno contro di Ozpetek , al recente Gran Torino di Clint Eastwood – dove si mettono in scena appartenenze e coinvolgimenti che vanno ben oltre i legami familiari e un poco ci consolano delle nostre solitudini.

MATERIALI / IMMATERIALI. Le due parti della raccolta per me prendono forma di TAVOLE, aperte una vicino all’altra, dove s’intrecciano continuamente “materiali da vivere”con le distanze illimitate della perfetta corrispondenza d’amore. Le offerte sono i nostri frammenti, ansiosi di ricomporsi in una poesia che non ha pretese di eternità né voglia di provocazione o compiacimento, ma si spoglia; come un calice si svuota per accogliere con curiosa e sacrale attenzione quello che il destino/tempo vuole.

I figli, le spose, i nipoti, nuovi innesti nell’albero della vita; cieli, aeroporti, paesi, continenti, babele di lingue e colori: tutto poi sembra convergere a Urbino, punto d’approdo, filo in cruna, Itaca di ogni ritorno. La tavola della bellezza, della poesia, della madre. Da lì lo sguardo è sempre largo, l’invocazione leopardianamente rivolta alle stelle.

La meditazione sulla morte si sviluppa come in filigrana precisandosi nella seconda sezione, aperta sul punto di vista di un angelo ancora ansioso di “finito”. I morti vivono in comunione con i vivi, sono presenze palpitanti legate concretamente alla terra dei ricordi e custodi benefici ai quali affidarsi sempre. Voci come polvere, fuoco, insignificanza, nulla, rovina, paura, vengono a disegnare la precarietà della vita, la folle insensatezza degli umani proiettata sulla divinità, ma non viene mai meno la ricerca di un’arte di vivere esercitata anche attraverso le infinite attese del femminile: è così che si aspettata anche la morte, una donna, l’ultima visitatrice, in uno dei luoghi topici del passaggio, del confine, nell’occhio aperto della casa, la finestra. La metafora ricorrente e ambivalente della luce prova a raffigurarne una parvenza, in un’atmosfera che ricorda la poetessa di Amherst.

Nell’età dei bilanci è dolce ripercorrere a ritroso il sentiero di una storia d’amore che dura, raccontarla con essenziale semplicità come fosse uguale a tante altre, con il richiamo alle naturali metamorfosi degli alberi nostri fratelli, al loro esempio di tenacia, all’azzurro di un altro cielo additato oltre i rami.

Mi piace unire a questa immagine vegetale la radice della parola poetica - storia d’amore parallela vissuta con uguale fedeltà.

Se si fa spazio alla parola

se ci si abbandona alla sua presa

si transita silenti e concentrati

in cunicoli di coscienza

scavati con amore esclusivo

e pazienza da altri per noi.

Cunicoli dove si apprende

la fragilità della terra

la durata di un giorno

la soavità della luce.

Se mi chiedessero che cos’è la poesia, farei volentieri l’esempio di questi versi dove sento che tutti i fili di questo libro si uniscono, ci uniscono, nella riconoscenza per ogni parola versata e arrivata a toccarci, a trasformarci/trasformarsi in infinite altre parole, che continueranno a salvare le cose leggere e vaganti amate da Umberto Saba, mentre bruciano gli angoli della terra fin dentro le nostre case.

 

Maria Grazia Maiorino

 

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