Coen Erminia

 

Coen Erminia, poetessa di origine ebraica, nata a Urbino il 10 luglio 1866, figlia di Bonaiuto e Clementina Coen, muore a Terni il 19 marzo 1939. Emigrata a Terni tra la fine degli anni ’80 del 1800 e i primissimi del 1900. È probabile che ella, nubile, sia emigrata nel capoluogo umbro per vivere accanto ai propri familiari. La sorella Elena vi si era trasferita nel 1887, seguendo il marito Ercole Beer che, appunto il 30 aprile di quell’anno, fu nominato ingegnere capo del Comune.

 

“La gentile poetessa Erminia Coen, nostra concittadina, mi manda questa poesia, visione nostalgica di certe sere estive nella cara Urbino” (Conte Ettore Gherardi, Direttore responsabile del periodico “L’Eco Di Urbino”).

 

Sere Estive

 

Io le vidi nel sogno, ovvero furo

le dolcissime sere

nel lontano passato?

Sorge là dall’oscuro

triste velo degli anni

nitida visione la solinga

cappella di Loreto,

bruna nell’alto fra i cipressi annosi,

che allungan sugli erbosi

declivi al mite raggio della luna

le sagome giganti.

Ecco il nostro sedile laggiù presso

la cancellata aperta

della villa deserta.

Ed un lungo viale tutto bianco

nel chiaro plenilunio,

tutto odoroso

di gelsomini.

A mille, a mille stanno i bianchi fiori

nel folto della siepe

non so se pur sbocciati

dal mistero dei bruni aggrovigliati

rami, o discesi,

così candidi e fragili, dall’alto

della volta azzurrina

portentosa, divina

emanazione

della limpida notte.

Oh! la purezza di quel cielo terso

di quell’aura si mite !

Oh! quel sogno d’amore,

che dell’aura e del cielo era più puro,

ch’era più grande

dell’universo!

Io credevo vedere

fantasime leggiere

passar nel folto dei cespugli e tutta

la chiara vastità del firmamento

era come un immenso occhio pensoso,

che parlava alla fisa mia pupilla

un’arcana favella.

Si fondevan le meste lontananze

di passato e avvenire

e l’anima vibrava in una sola

tenerezza d’attesa e di rimpianto.

Or risento l’ascosa

estasi deliziosa,

che troppo intensa angoscia divenia

quasi un desio struggente

di dissolvermi spirto evanescente

nell’alma delle cose.

 

Terni, 1913      Erminia Coen

 

Bibliografia: Erminia Coen, Sere estive, in “L’Eco di Urbino”, 10 agosto 1913.

 

 

 

 

A VALBONA

 

Eppur l’ho amata; eppur per ogni via,

ove di mille lampade s’effonde

il vivido fulgore,

ove ferve il rumore

delle folle, nel cuore io l’ho portata,

la mesta nostalgia

di te dolce Valbona.

Dolce Valbona mia; bianca nel lume

Della pallida luna,

o tutta bruna

cheta nell’ombra delle vecchie case.

Canta l’antica fonte là d’appresso

alla vetusta arcata,

canta un suo ritmo pieno di dolcezza

unica voce nel silenzio. Oh fonte,

che la calma hai cullata

de’ miei sonni di bimba

e l’ebrezza del pianto,

la sola della triste giovinezza!

Le piccole botteghe! un raggio fioco

n’esce e la via per poco

tratto si rischiara

e col raggio n’emana

siccome un'aura di bontà tranquilla,

l’essenza delle cose

umili e sane. Il filo

che scorrerà di fra le dita leste

della massaia

nelle veglie operose,

la pia candela, il farmaco benigno,

il semplice alimento

delle mense modeste,

dopo i giorni fecondi di lavoro.

Tutti io numero ancora col pensiero

su-su, su-su per la contrada cheta,

le brevi zone luminose

tutte un nome richiamano alla mente

e una mite figura,

che si perde lontano nell’oscura

nebbia degli anni.

 

Erminia Coen, 19 luglio 1916

 

Bibliografia: Erminia Coen, Risalendo il sentiero, Terni 1920.